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Autore: Hyakkaryouran    05/01/2011    5 recensioni
雪月花 "Neve, luna e fiori".
Una ragazza esce dal Pozzo Mangia-ossa, 4 anni dopo la distruzione della Sfera
dei Quattro Spiriti.
Non ricorda nulla né del mondo che ha lasciato alle sue spalle né del mondo che
troverà una volta uscita dal pozzo. Con sé porta una spada dai poteri
misteriosi.
Intanto, un'aura demoniaca esplosa pochi giorni prima del suo arrivo, sembra
mettere in allerta Inuyasha e i suoi amici.
Non è l'unico: anche Sesshomaru, il Principe dei Demoni, si mette sulle tracce
di nuovi nemici, finendo per incrociare il suo cammino con quello di una ragazza
che non è nulla di ciò che sembra essere.
Tre oggetti magici, antichi rancori, vecchi e nuovi nemici, dipingono le linee
che ricreano storie mai raccontate e nuovi imprevedibili percorsi nei destini
dei protagonisti.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sesshoumaru, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3

L’odore del sangue

 

Acqua.

Il rumore dell’acqua che scorre velocemente. Era un rumore continuo, come il brontolare di un grosso animale che, nel sonno, sogna qualcosa che lo infastidisce.

Sentiva il suo scorrere incessante, proprio sopra la sua testa.

La grotta di roccia bianca, testimonianza dell’onnipresente presenza dell’acqua, era uno stretto e lungo cunicolo che seguiva il letto di un torrente montano.

L’acqua correva sopra il soffitto della grotta e la rendeva un luogo umido e gelido, freddo come un inverno e bagnato come un prato estivo dopo una forte pioggia.

Lì, seduto a terra, lui ascoltava.

Non solo il rumore dell’acqua, anche i suoni che provenivano dall’esterno, dal mondo. Il sibilo minaccioso del vento, il grido senza pace dei falchi, il camminare lento e stanco dei monaci erranti che percorrevano la valle in pellegrinaggio.

Giù, oltre le pendici della montagna sacra, nella pianura che toccava anche il mare, udiva indistinto il brulicare frenetico e laborioso della città dove risiedevano gli imperatori umani.

Appoggiò la testa alla parete di roccia e aprì lentamente gli occhi. Ambra rossa e intensa, come un tizzone di fuoco che ancora lottava per rimanere vivo.

Occhi pieni di fuoco che sarebbero stati in grado ardere il mondo e avvolgerlo nel suo dolore e nella sua sete di vendetta.

I lunghi capelli neri scivolavano oltre le spalle, fino a metà schiena, imprigionati in una stretta fasciatura che li racchiudeva dalle spalle fino a pochi centimetri dalle punte.

Un nastro rosso come il sangue.

La casacca del kimono maschile era azzurra come il cielo terso dell’estate mentre il resto del suo abbigliamento ricordava gli indumenti del continente, stretti pantaloni bianchi e bassi calzari a punta. Anche la sua armatura proveniva dal continente e alla cintola, portava due lunghe katane.

Il suo viso era giovane ma i suoi occhi lasciavano trapelare la maturità della sua età. Sulle gote, due strisce scarlatte e sulla fronte, una luna crescente.

L’elegante figura si alzò, avvicinandosi alla parete che costituiva il fondo della grotta. Udiva un rumore di passi, in direzione opposta. Qualcuno si stava pesantemente avvicinando a quel luogo.

Il suo fiuto gli permise di riconoscere subito chi era l’intruso.

“Kumagi, non porti con te ciò che ti avevo chiesto.” proruppe senza voltarsi. La sua voce profonda riempì di echi la camera, risuonando lungo tutto il corridoio della grotta.

Da dietro l’angolo, un enorme demone orso avanzò, inginocchiandosi con rispetto al suo cospetto.

“Sono mortificato, nobile Nenbou ma a quanto pare recuperare la spada non è così semplice come avevate predetto.” proferì con la voce pesante il demone orso.

Aveva l’aspetto di un grosso orso bruno ma era vestito come un guerriero umano, con un’armatura rossa e diverse spade allacciate a essa.

Non era un demone maggiore ma apparteneva al clan Yū dei grandi Orsi del Nord ed era un guerriero formidabile, conosciuto e temuto nella stirpe demoniaca delle regioni più a nord.

Il demone orso alzò la testa per guardare il suo padrone.

Nenbou sì girò a guardarlo e gli si avvicinò con passo lento. Non emetteva rumore, quando camminava come se non avesse peso.

“La ragazza è un’umana, com’è stato possibile non sottrarle una spada demoniaca?” domandò facendogli cenno di alzarsi.

Kumagi si rimise in piedi e i suoi movimenti fecero tremare le pozze d’acqua sul pavimento.

“Sembra che la spada reagisca a ogni tentativo di prenderla con la forza.” cominciò.

“In più, ho potuto scorgere qualcuno che non avrei mai pensato di poter incontrare, in un villaggio umano.” aggiunse con un ghigno.

Nenbou lo guardò, incuriosito.

“Di chi parli, Kumagi?”

Il grosso demone orso fece una risata e appoggiò una mano sull’elsa di una delle sue sei spade.

“Non solo la spada è protetta da un mezzo-demone che puzza di cane ma a dare il colpo di grazia al sicario che avevo mandato, è stato il cucciolo di InuTaishō!”

Nenbou sorrise e scosse la testa, incredulo.

“Sesshomaru, è il suo nome e se quel han’yō era un cane, deve trattarsi sicuramente del figlio bastardo di Tōga. Due amorevoli fratelli, invero.”

“A dire il vero, mio signore, non credo che fra i due scorra buon sangue, però potrebbe essere un problema doverli affrontare subito.”
Nenbou annuì e incrociò le braccia al petto.

“I figli di quel maledetto potrebbero ostacolare i miei piani, senza volerlo. Mi chiedo cosa spinga Sesshomaru a intrattenersi con degli umani, conoscendo l’avversione che il suo clan ha sempre avuto per quella debole razza.”
Kumagi annuì gravemente e fece due passi verso il Nenbou.

“Mio signore, ho sognato per secoli di potermi scontrare con Sesshomaru. Vi scongiuro, concedetemi l’onore di poterlo uccidere!” ruggì con eccitazione il demone orso mentre l’altro rimuginava sul da farsi.

“Potrai combattere con Sesshomaru a tempo debito, ora è più importante recuperare la spada prima che sia troppo tardi.” Nenbou gli diede le spalle e tornò verso il fondo della grotta.

Tese una mano verso la parete e una luce violacea cominciò a scaturire da un punto, nella roccia.

Dopo qualche istante, la luce si fece più intensa e dalla parete fuoriuscì una pietra, grande come un pugno chiuso, di un colore simile all’ametista.

Sprigionava una forte aura demoniaca ed era così tetra e cupa che Kumagi si sentì rabbrividire come un cucciolo spaventato.

Nenbou sorrise e prese fra le mani la pietra che cominciò a pulsare con violenza.

“Fra tre giorni la luna arriverà al suo primo quarto.” iniziò, parlando con calma. “Allora sarà troppo tardi per prendere la spada, poiché l’incantesimo sulla ragazza si spezzerà. Questa è la nostra unica occasione per entrarne in possesso, poiché se riuscisse a tornare in possesso del Tempio, sarebbe praticamente impossibile prenderla.”

Nenbou strinse la presa sulla pietra che sembrava pulsare come un cuore umano.

“Richiamerò per te, dal sud, i demoni del cotone. Portali con te e sottrai la spada a quella ragazza prima che scada il tempo, sono stato chiaro? E’ di vitale importanza che tu la porti qui senza farti scoprire.”
Kumagi s’inchinò di nuovo e uscì lentamente dalla grotta.

Nenbou attese di non udire più i suoi passi per guardare la pietra che teneva in mano. Al suo interno, si percepiva il rumore del vento che lambiva l’Oltretomba e i gemiti senza fine di miriadi d’anime.

“Fa attenzione, Kumagi, per entrare in possesso di questa pietra ho dovuto stravolgere l’intero ordine del mondo. Ci sono antichi pericoli pronti a risvegliare il loro altrettanto antico potere.”

Con un gesto lento della mano, Nenbou lasciò cadere a terra il cristallo, rompendolo in mille pezzi. Improvvisamente, dai frammenti del cristallo si alzò un terribile vento demoniaco che si cominciò a vorticare con una forza spaventosa.

Il soffitto della grotta si spezzò e l’acqua che scorreva sopra di esso si riversò con violenza nella grotta, cercando una nuova strada verso la valle.

Nenbou si appoggiò alla parete dietro le sue spalle e ammirò con attenzione il suo capolavoro. Nel vento, si udivano miriadi di grida e voci e centinaia di piccole luci vorticavano senza tregua.

“Andate! Andate e ricongiungetevi a questo mondo! Tornate a vivere e gettate il mondo nel caos!” urlò con forza, con un sorriso inquietante sulle labbra.

Il piccolo tornado violaceo esplose, spezzando la cascata dell’acqua e tutte le luci che erano contenute nel vortice si diressero fuori, percorrendo il cunicolo della grotta e schizzarono fuori dalla montagna, in direzioni diverse.

Nenbou sorrise, soddisfatto e allungò una mano davanti a sé, richiamando tutti i frammenti del cristallo ancora ai suoi piedi. Questi si riunirono nella sua mano, riformando il cristallo che però appariva vuoto e senza bagliore.

Il demone lo ripose all’interno della roccia e sigillò quel luogo con la sua aura demoniaca.

Camminò sul pelo dell’acqua irrequieta, senza però toccarla davvero e si diresse fuori dalla grotta, continuando a camminare nell’aria anche quando l’acqua del torrente dovette seguire la gravità.

“Sorella mia, non disperare. Il tuo sacrificio non sarà vano.”

 

Erano passati tre giorni dall’aggressione del demone serpente e Inuyasha era talmente deciso a non perderla di vista per anche solo un istante, che doveva implorare Kagome di accompagnarla al fiume per lavarsi, altrimenti l’avrebbe fatto lui.

Kagome rideva e annuiva, intimando a Inuyasha di fare la guardia alla spada e di lasciare a lei il compito di sorvegliare Ayami in certe circostanze.
Quando lui rimbrottava che poteva essere pericolosa anche per lei, non solo per Ayami, Kagome gli sorrideva con ancora più dolcezza del solito e gli indicava le frecce e l’arco che portava in spalla. Inuyasha allora si calmava e la lasciava andare, non senza esprimere ripetutamente la sua disapprovazione in merito.

“Non dovresti sottovalutare l’apprensione che sente nei tuoi confronti, Kagome…” pigolò all’improvviso Ayami, sbottonando la camicia della sua divisa.

Kagome sospirò ed emise un mugolio soddisfatto.

“Oh, non ti preoccupare! Inuyasha riesce a essere carino solo quando è preoccupato e a me non dispiace ricevere qualche attenzione in più!” rispose con un sorrisino malizioso la giovane sacerdotessa.

Ayami la guardò e sorrise, finendo di togliersi la divisa e infilando un piede nell’acqua.

“Com’è fresca! Kagome, vieni anche tu, dai!” la incoraggiò la ragazza, addentrandosi nelle acque calme e limpide. In quel punto, il fiume che attraversava quella regione creava un’ansa, dove la corrente era quasi immobile e l’acqua non era profonda più di un metro e venti centimetri. Era ideale per fare un bagno, d’estate.

Kagome scosse la testa e si sedette sulla riva, concedendosi solo di mettere a mollo i piedi.

“Prima fallo tu, poi lo farò io, così ci diamo il cambio!”

Ayami annuì e s’immerse, nuotando liberamente per diversi minuti, senza allontanarsi troppo per non essere portata via dalla corrente che si faceva più forte, più si allontanava dalla riva.

“Kagome, tu e Inuyasha state insieme, vero?” domandò improvvisamente mentre si riavvicinava alla riva.

Kagome arrossì vistosamente e balbettò in assenso, stropicciandosi la stoffa degli hakama.

Ayami sorrise e nuotò ancora un po’, prima di alzarsi e tornare sulla terra ferma.

Kagome le offrì degli abiti per cambiarsi. Era una veste da miko, proprio come quella che indossavano Kagome e la vecchia Kaede. Ayami la accettò e cominciò a vestirsi mentre l’amica faceva il contrario.

“Quindi non è un problema, per te che sei una sacerdotessa, stare con un mezzo-demone? Le persone al villaggio non sembrano spaventate da lui.”

Kagome piegò la propria veste ed entrò in acqua, rabbrividendo appena per il contatto con l’acqua fresca.

“Inuyasha è ben conosciuto dalla gente del villaggio e dopo la sconfitta di Naraku, la gente non ha più dubbi su di lui, nonostante abbia un caratteraccio e sia scorbutico da morire!” rise la sacerdotessa mentre s’immergeva.

Ayami si allacciò l’hakama e la casacca in pochissimo tempo, stupendosi dell’abilità con cui era riuscita a farlo. Era come se i gesti compiuti fossero impressi nella sua testa, come un’esperienza. Era come se avesse indossato e allacciato quegli abiti da tutta la vita.

Strizzò i capelli bagnati e se li appoggiò su una spalla, mentre prendeva la divisa scolastica e si avvicinava alla riva, cominciando a pulirla e strofinarla nell’acqua.

“Kagome, posso chiederti chi è Sesshomaru? Rin sembrava così felice di vederlo, eppure Inuyasha è restio anche solo a nominarlo…”

La miko si avvicinò alla riva e guardò Ayami.

“Devi sapere che Sesshomaru è il fratello maggiore di Inuyasha. E’ un demone completo, quindi è il figlio di due demoni completi. Inuyasha, come sai, è un mezzo-demone, figlio di una donna umana e di un demone. Hanno lo stesso padre ma non sono assolutamente in sintonia uno con l’altro.”

Ayami annuì gravemente e riprese a lavare la divisa.

“Quindi, si odiano perché hanno madri diverse?”

“Non proprio: in realtà è Sesshomaru ad aver avuto sempre un atteggiamento ostile verso Inuyasha, questo per via dell’eredità che il padre ha lasciato loro.”

Kagome uscì dall’acqua e prese i propri vestiti, cominciando a vestirsi.

“Che tipo di eredità?”

“Spade, o come le chiamano loro, zanne.”

Il vento di fine estate arrivò come una folata fresca, accarezzò le fronde degli alberi che stavano cominciando a ingiallirsi e andò a danzare sul pelo dell’acqua.

Kagome finì di vestirsi e alzò gli occhi al cielo che s’intravedeva fra le fronde degli alberi.

“Faremo meglio a muoverci verso il villaggio.”

Ayami alzò la testa e la guardò, sorpresa.

“Di già? Ma siamo fuori da pochissimo!” si lamentò Ayami, tirando fuori i vestiti dall’acqua e cominciando a strizzarli.

Kagome si voltò di scatto, ascoltando i rumori attorno a sé. Uccelli?

“Ayami, muoviamoci.” Le intimò inforcando l’arco e la faretra.

Ayami annuì e prese le sue cose, affiancandola velocemente. Se Kagome assumeva quel tono, era sicuramente per un motivo più che valido, ne era certa. Forse aveva avvertito una presenza ostile o forse era stato il suo sesto senso a metterla in allerta.

D’alta parte, se era una sacerdotessa, doveva per forza possedere qualche potere speciale, no?

Camminarono velocemente, seguendo il sentiero che avevano preso all’andata. Kagome sembrava attenta a ogni più piccolo rumore, cosa che riuscì a spaventare Ayami. Doveva esserci qualcosa di seriamente pericoloso, nell’aria.

“Kagome, cosa succede?” chiese la ragazza, al limite.

La sacerdotessa si fermò, facendole cenno di non aggiungere altro. Sentiva una presenza ostile, vicino a loro. Le stava seguendo.

Prese l’arco e inforcò una freccia, tendendolo e puntandolo in basso, in attesa di capire dove si nascondeva quella presenza.

Ayami guardò febbrilmente intorno a sé. Era spaventata e non riusciva a controllarlo. La prima volta che le era successo di trovarsi in pericolo, in quel mondo, era a causa di un lupo affamato.

Anche allora era spaventata ma non come lo era ora. Era lucida e sapeva cosa le sarebbe potuto accadere. La stessa cosa quando lei e Rin erano state attaccate da un demone serpente.

Avrebbe voluto gridare ma non l’aveva fatto. Anche quella volta era consapevole che sarebbe potuta morire, ma la lucidità le aveva permesso, quantomeno, di provare a resistere alla morte.

Ora, però, si sentiva completamente schiacciata dalla terribile sensazione di essere senza scampo.

Cosa c’era di diverso? Stava rischiando esattamente come le altre volte, anzi, forse di meno, contando che non riusciva nemmeno a vedere chi le stava minacciando.

Cosa cambiava?

“Non può essere…” mormorò fra sé Kagome, puntando la freccia contro un cespuglio lontano.

Scoccò con decisione e la freccia si caricò di un bagliore rosato e finì esattamente dove la ragazza aveva mirato. Ci furono un fruscio e un rumore, poi la sensazione di ostilità sembrò aumentare.

Stavano ancora cercando con gli occhi fra quei cespugli, quando un rumore alle loro spalle le fece trasalire.

Si voltarono e Kagome spalancò gli occhi. Non era possibile.

“TU, MALEDETTA RAGAZZINA!!! TU DEVI MORIRE!!”

Ayami sentì il cuore schizzarle in gola: un enorme demone con il busto da donna e il corpo da millepiedi le stava attaccando.

“Non è possibile…” bisbigliò Kagome prima di spingerla a terra.

Ayami finì a terra a pochi metri da loro. Kagome riusciva a tenere il demone lontano con il proprio arco che sembrava farle da scudo ma aveva bisogno del suo aiuto.

La ragazza fece per alzarsi ma il suo corpo non sembrava rispondere ai suoi comandi. C’era qualcosa che la paralizzava, come nella capanna di Kaede e le si stava anche stringendo attorno al collo.

Kagome riuscì a estrarre un fuda dalla cintura dell’hakama e con un rapido movimento, lo attaccò sulla testa del demone che la stava attaccando.

Il millepiedi urlò e cominciò a dimenarsi, cercando in ogni modo di togliersi il fuda dal viso. Kagome ne approfittò per avvicinarsi ad Ayami, quando scorse qualcosa di terribilmente familiare.

Capelli.

Ayami era completamente avvolta da una grossa massa di capelli neri. Kagome continuò a ripetersi che non era possibile, quando percepì una presenza maligna alle proprie spalle.

“Quanto tempo, ragazzina, sembra passata un’eternità, invece ci ritroviamo ancora a combattere. Peccato che, questa volta, sarai tu a morire!” Yura, il demone dei capelli, levò velocemente la sua corta spada contro Kagome.

Ayami chiuse gli occhi e pregò con tutta se stessa che qualcuno accorresse a salvarle.

Come a esaudire i suoi desideri, un lampo pallido sembrò squarciare il tempo e lo spazio. Kagome stava ancora guardando, incredula, gli occhi della demone che la stava per uccidere, quando la vide dissolversi in un bagliore azzurro. Anche il millepiedi svanì, come dilaniato in mille pezzi.

Kagome si lasciò cadere sulle ginocchia, confusa e spaesata.

Ayami sentì la presa addosso al suo corpo svanire e si ritrovò coperta da infiniti capelli corvini, senza riuscire a capire da dove provenissero. Tossì più volte, riprendendo fiato.

Sesshomaru scrollò la mano ricoperta di sangue di demone e si chinò a controllare i capelli che ricoprivano Ayami.

“Un demone dei capelli.” constatò mentre Ayami se li scrollava di dosso.

Sesshomaru guardò di sottecchi la ragazza, con un moto di fastidio, come se il ritrovarsi di nuovo a salvarle l’osso del collo gli desse la noia. Chi diavolo era quella ragazza e cos’aveva di così speciale da attirare tutti i demoni delle vicinanze?

“Kagome!” Ayami si alzò di corsa e si avvicinò all’amica, ignorandolo completamente.

Sesshomaru si rimise in piedi, scocciato e si avvicinò alla miko, ancora a terra.

“Kagome.” proferì, serio.

“Io proprio non capisco…” borbottò la sacerdotessa mentre si faceva aiutare da Ayami a rimettersi in piedi.

“Com’è possibile che tu non sia riuscita a sconfiggere dei demoni tanto miseri?” continuò, incurante il demone.

Kagome scosse la testa e si voltò a guardarlo.

“Sesshomaru, ti ringrazio per quello che hai fatto.”

“Non ho fatto niente, se non evitarmi il fastidioso perseguitarmi della voce di Inuyasha, nel caso tu fossi morta.”

Kagome deglutì a vuoto e strinse forte l’arco.

“Sesshomaru! Quei demoni... Quei demoni io li ho già visti, li conosco! Yura dei capelli e il Millepiedi Jōrō!”

Lui la guardò come se questo non cambiasse molto ma lei insistette, facendo un passo verso di lui.

“Io li conosco perché li ho uccisi, insieme a Inuyasha, cinque anni fa!”

Come se questo dipanasse le nubi nella sua mente, Sesshomaru assottigliò gli occhi dorati, senza dire niente. Kagome abbassò lo sguardo e si voltò verso Ayami, prendendola per un braccio.

“Andiamo, dobbiamo subito tornare al villaggio, non c’è un minuto da perdere.”

Ayami annuì e la seguì, guardando la figura di Sesshomaru davanti a loro. Kagome aumentò il passo e la figura svanì poco prima che la sacerdotessa ci passasse attraverso, rivelando che il demone era già lontano da qualche minuto.

Ayami non disse nulla finché non arrivarono al villaggio, dove furono accolte da Inuyasha, Kaede, Sango e Miroku.

“Kagome, che cos’è successo?” domandò febbrilmente Inuyasha. Era fuori di sé.

Kagome sospirò e lo guardò negli occhi.

“Siamo state attaccate da due demoni.”

“Di che demoni parli?” chiese allora Sango, facendosi avanti.

Kagome fece una smorfia sofferente e chiuse gli occhi.

“Di Yura dei Capelli e il Millepiedi Jōrō.”

“Ne sei sicura?” domandò Kaede, sconvolta, mentre Inuyasha sgranava gli occhi.

“Sì, ne sono certa, erano loro, non posso sbagliarmi.”

Tutti si guardarono, allarmati. Non era possibile che due demoni fossero tornati in vita così, da un giorno all’altro.

“Sesshomaru ci ha salvate, io non sono stata in grado di fare nulla, ero troppo sconvolta…” mormorò in scusa.

Kaede emise un lunghissimo gemito pensieroso.

“Questo spiegherebbe perché Sesshomaru ha portato via Rin.”

Kagome e Ayami si allarmarono.

“Rin? E dove? Perché?”

Kaede scosse la testa e le guardò con aria grave.

“Non so dove l’abbia portata. So solo che è stato qui e se n’è andato con Rin poco prima che voi compariste dal bosco.”

 

“Dannazione.” Inuyasha sferrò un pugno al pavimento, rompendo le assi di legno.

Kaede sospirò, guardandolo con sconforto.

“Inuyasha, non fare così, vedrai che le cose si risolveranno.” cercò di calmarlo Miroku.

Il mezzo-demone gli riservò un’occhiata che non lasciava intendere nulla di buono e tornò nel suo angolo, abbracciato a Tessaiga.

Non sopportava l’idea di aver fallito per ben due volte il tentativo di proteggere le persone a cui teneva.

Prima Rin e Ayami, poi Kagome. Come poteva non sentirsi responsabile, soprattutto quando era stato suo fratello a compiere quello che lui non era stato in grado di fare?

Non era sorpreso che Sesshomaru avesse portato via Rin, lo aveva avvertito che l’avrebbe ripresa con sé se avesse trovato insicuro l’ambiente in cui l’aveva lasciata.

Anche per questo si sentiva in colpa. Era colpa sua se Rin non era più con loro.

Sango teneva in braccio un bel bambino che giocava con un lembo del suo kimono, mentre Ayami giocava con le due gemelle. Il clima era pesante e la sterminatrice appoggiò una mano su quella di Ayami, per ridestarla dai suoi pensieri.

“Così tu vieni dalla stessa epoca di Kagome-chan, vero? Com’è stato ritrovarti in epoca Sengoku?” domandò con un sorriso la bella sterminatrice.

Ayami la guardò e sorrise timidamente.

“Beh, è stato meno traumatico del previsto, se solo non fossi stata attaccata da lupi e demoni di ogni sorta… Però sto bene qui!” aggiunse con entusiasmo.

Sango inclinò leggermente la testa.

“Non vorresti tornare nel tuo tempo?” chiese, curiosa.
Ayami si stupì, a quell’affermazione. Perché non aveva mai pensato, neanche per un solo istante, di poter tornare indietro? Forse perché non conservava memoria di quel luogo e non ne sentiva la nostalgia o forse perché sapeva, in cuor suo, che se fosse tornata indietro, si sarebbe probabilmente sentita spaesata e sola, proprio come quando era capitata lì, nell’epoca Sengoku.

“Sango, la ragazza non si ricorda nulla del mondo futuro dal quale proviene.” tagliò corto Inuyasha, sempre chiuso nel suo malumore.

“Perché non provate a riportarla al pozzo? Magari tornare alla sua epoca potrebbe aiutarla a ricordare.”

Miroku annuì gravemente e Inuyasha mosse le orecchie più volte, considerando l’ipotesi.

“Potrebbe essere la soluzione migliore, quella di farti tornare nella tua epoca.” considerò il mezzo-demone mentre si alzava.

Ayami rimase in silenzio ad ascoltarli. Non sapeva perché, ma si sentiva ferita da quelle parole.

“Sarà solo lei a decidere se tornare o no nella sua epoca, sono stata chiara?” Kagome appoggiò con forza una ciotola sul pavimento, emettendo un rumore secco, come la sua voce.

Era infastidita da quei discorsi e poteva chiaramente leggere il disagio sul volto di Ayami. Come poteva, Inuyasha, essere così cieco da non accorgersi di quanta paura aveva, Ayami, di ritrovarsi nuovamente sola?

“No, Inuyasha ha ragione, è solo colpa mia se siete stati attaccati da questi demoni ed è sempre colpa mia se Rin è stata portata via da qui. Non era più un posto sicuro, per lei, vero?” Ayami alzò lo sguardo verso Inuyasha che la guardava con la coda dell’occhio, leggermente voltato in sua direzione.

“Ma cosa credi, che non sia stato lo stesso per me, quando sono arrivata in questa epoca portando con me un oggetto tanto potente come la Sfera dei Quattro Spiriti? E allora, pensi che mi abbiano cacciata perché attiravo i demoni su questo villaggio? No, non è mai successo e non succederà nemmeno a te, io non ti caccerò da qui e se te ne andrai sarà perché lo vuoi tu, non per altri motivi!”

“Ora basta, smettetela.” Kaede alzò la voce, spezzando la tensione che si era venuta a creare.

“Ayami resterà sotto la protezione del tempio di questo villaggio e il discorso può chiudersi qui. Ci siamo riuniti qui per consumare insieme un pasto, in serenità e con spirito di amicizia. Smettetela di urlare e battibeccare.”

Tutti, perfino i bambini, si zittirono senza emettere un suono. L’unico a non farlo, come al solito, fu Inuyasha.

“Ehi, vecchiaccia! Passi da momenti in cui sembri morta a momenti in cui sai ancora tirare fuori la voce, eh?” ghignò, canzonatorio.

Kaede mugugnò, infastidita e guardò Kagome.

“Kagome, a te.”

La giovane miko sorrise e annuì, riprendendo a distribuire la cena a tutti.

“A CUCCIA!”

 

“Allora noi andiamo.” Miroku s’inchinò e alzò la tenda, lasciando passare Sango e i bambini.

“Venite a trovarci, mi raccomando!” aggiunse la sterminatrice, salutandoli con una mano.

Inuyasha, Kagome, Kaede e Ayami li salutarono e rimasero davanti al fuoco del piccolo braciere.

Dopo aver sistemato le ciotole e le bacchette in una grossa tinozza piena d’acqua, Ayami si alzò in piedi e si diresse alla porta, calzando degli zori.

“Dove stai andando?” chiese Inuyasha, curioso.

“Volevo controllare se i miei vestiti si sono asciugati.” rispose lei abbassando lo sguardo e uscendo.

Kagome fece cenno a Inuyasha di seguirla e lui, brontolando, obbedì.

Appena uscito, la vide ferma a pochi passi dalla capanna, intenta a guardare il cielo stellato brillare sopra le loro teste. Era una notte meravigliosa, le stelle brillavano con un’intensità che Ayami non aveva mai visto.

Non scorgeva ancora la luna, ma doveva essere nascosta dietro alle colline, perché c’era un bagliore tenue che si poteva scorgere, all’orizzonte.

“Ayami.”

La ragazza si voltò e incontrò il viso serio di Inuyasha.

“Inuyasha, cosa c’è?” chiese, mentre lui le si avvicinava.

Il mezzo-demone si fermò al suo fianco e sospirò, cominciando a massaggiarsi la nuca.

“Mi dispiace se prima ti ho lasciato intendere che non volevo rimanessi, non era quello che pensavo.” proruppe, in evidente difficoltà, il ragazzo.

Lei lo guardò e scosse la testa, gentilmente.

“Non ti preoccupare, io capisco come ti devi sentire in questo momento.”

Questa volta fu Inuyasha a guardarla, stupito da quelle parole. In che senso capiva il suo stato d’animo e, soprattutto, perché?

Ayami portò lo sguardo al cielo, sorridendo, malinconica.

“Facciamo due passi?” chiese, cominciando a camminare. Inuyasha annuì e la seguì, guardando anche lui il cielo stellato.

“Sai, Inuyasha, non so per quale motivo, ma da quando sono qui, sento come un’oppressione al petto, come se avessi addosso il senso di colpa per non essere riuscita a proteggere qualcuno.”
“Cosa intendi dire?” chiese lui, curioso.

Ayami abbassò lo sguardo sull’orizzonte, davanti ai suoi occhi.

Già, cosa voleva dire? Era un mistero. Lei stessa era un mistero e non riusciva a capire perché si trovasse lì o perché non ricordasse nulla. Si sentiva inutile e sapeva di essere solo un peso per le persone che si stavano prendendo cura di lei.

“Non lo so, davvero. Non capisco, non riesco a trovare spiegazione, so solo che forse hai ragione tu, forse dovresti riportarmi a quel pozzo e dovrei tornare da dove sono venuta, qualunque luogo sia, ovunque esso sia.”

“No, tu appartieni a questo mondo, ormai.”

Gli alberi muovevano pigramente le fronde ricolme di foglie. C’era un leggero vento fresco che arrivava da lontano. Strinse i lembi delle maniche del suo kosode e guardò il ragazzo.

“Perché? Perché adesso dici queste cose? Non è forse a causa mia che Kagome e gli altri hanno dovuto compromettere la loro incolumità? Inuyasha, io non so cosa devo fare, lo capisci?”

Gli occhi erano lucidi e colmi di lacrime che stavano per rigarle il volto. Inuyasha, guardandola, sentì qualcosa che non era in grado di esprimere. Quella donna, quella ragazza umana portava con sé un alone, una traccia di odore così familiare che lo stordiva.

“Io credevo che fosse la tua spada a portare quell’odore, eppure nonostante ci sia una traccia anche su di essa, è da te che proviene. E’ nel tuo sangue e non capisco come sia possibile ma quell’odore è simile, terribilmente simile al mio.”

Ayami lo guardò, sbalordita. Cosa stava dicendo? Che il loro sangue aveva lo stesso odore?

Inuyasha pestò più volte un piede a terra e si scompigliò i capelli, frustrato.

“Dannazione, non riesco proprio a capire come sia possibile! E’ debole e si sente appena ma quell’odore è l’odore del sangue demoniaco di mio padre, ne sono certo!”

Ayami era confusa e le sembrava di capire tutto sempre di meno, anziché di fare chiarezza. Inuyasha si calmò e si accucciò a terra, pensieroso.

“L’unico problema, è che mio padre era un demone completo, mentre tu sei solo un’umana e in te non è percettibile neanche un’aura spirituale, figurarsi una demoniaca. Non riesco a capire come sia possibile.”

La ragazza si accucciò vicino a lui e appoggiò una mano sul suo braccio.

Inuyasha voltò il viso a guardarla e la vide sorridergli, nonostante gli occhi fossero ancora lucidi. Com’era idiota. Era lei ad aver bisogno di essere rassicurata, non lui.

Il mezzo-demone le sorrise, rassicurante. Aveva ragione Kagome, quella ragazza misteriosa non poteva essere lasciata da sola, non tanto per i demoni e i pericoli che avrebbe potuto correre, quanto perché, ormai, faceva parte del loro gruppo e loro dovevano prendersene cura.

“Coraggio, togliti quell’espressione piagnona dalla faccia e torniamo indietro!” intimò lui, alzandosi in piedi e invitandola a fare altrettanto.

Ayami annuì e guardò alle spalle del mezzo-demone, alzandosi.

E quello cos’era?

“I-Inuyasha…” mormorò, guardando spaventata alle spalle del giovane.

Il mezzo-demone comprese, dalla faccia che stava facendo, che qualunque cosa ci fosse alle sue spalle, non era nulla di buono.

Ora che i suoi sensi erano in allarme, percepì con chiarezza delle presenze demoniache tutto intorno a loro.

Appoggiò la mano sull’elsa di Tessaiga e si girò, sfoderandola.

Erano circondati da dei demoni che nona aveva mai visto, sembravano innocui ma la loro aura demoniaca era ostile. Quei demoni erano delle lunghe fasce di garza bianca, fluttuanti, con piccoli occhi gialli minacciosi che stonavano con l’aspetto non propriamente spaventoso.

“Tsk, e voi cosa dovreste essere, precisamente?” domandò sprezzante Inuyasha, scagliando contro di loro un Kongōsōha. I demoni travolti dal colpo svanirono all’istante.

“Cosa pensavate di fare, deboli come siete?” ringhiò con derisione Inuyasha, brandendo altri colpi contro di loro. Erano inutili ma sembravano non finire mai.

“I…nu…ya-sha…”

Il mezzo-demone trasalì e si voltò di scatto verso Ayami, ancora dietro di lui.

Alcuni di quei demoni le si erano avvolti intorno al collo, altri le tenevano le braccia aderenti al corpo, impedendole di potersi liberare.

Si sentiva soffocare e stritolare nello stesso tempo. Un altro demone cominciò ad avvolgersi attorno al suo viso, impedendole completamente di respirare e di vedere.

“Ayami!” Inuyasha le si avvicinò e provò a colpire i demoni con le proprie unghie ma non sembravano cedere.

“Maledizione!” tentò di strapparli via con la forza ma più tirava, più la presa su Ayami si faceva più forte.

“Ahahahah, non avrei mai pensato che potesse essere così facile!” una voce, alle sue spalle, lo fece voltare.

Un enorme demone orso stava avanzando verso di loro. In mano, reggeva la katana di Ayami, quella che era custodita nella capanna della vecchia Kaede.

Un’immagine di Kagome attraversò la mente di Inuyasha come una scarica elettrica. Stava bene?

Ayami rantolò, sotto il tessuto bianco che le avvolgeva la testa.

“E io che temevo questa notte, convinto che il suo risveglio potesse compromettere la mia missione, invece è stato molto più semplice rubare la spada oggi!”

“Tu chi sei?!” intimò Inuyasha, brandendo con rabbia Tessaiga.

Il demone orso lo guardò con sufficienza e avanzò verso di lui.

“Tu puzzi di cane e di uomo insieme, quindi devi essere il figlio immondo di quel cane rognoso.” comincio, fermandosi a guardarlo con disgusto.

“Non mi sembra il caso di sprecare l’occasione di uccidere anche te, quindi, dato che morirai, ti concedo di conoscere il nome del tuo assassino, piccolo mezzo-demone! Il mio nome e Kumagi, Signore del clan Yū delle terre del Nord e tu, Inuyasha, stai per morire assieme a quell’inutile donna!”

Il grande demone orso si lanciò contro di loro, brandendo tre spade per mano. Inuyasha prese Ayami per la vita e balzò a lato, schivando il terribile colpo con cui Kumagi gli si era lanciato contro.

L’orso creò un’enorme voragine sul terreno, nel punto dove prima c’erano Inuyasha e Ayami, alzando un grosso polverone.

Quando si rialzò, estraendo dal suolo le lame conficcate nel terreno, Kumagi si mise a ridere.

“E’ inutile che tenti di fuggire, allungherai solo la tua agonia, per non parlare del fatto che quegli Ittan-Momen avranno sicuramente già ucciso quella donna!” sbraitò, divertito.

Inuyasha digrignò i denti e controllò Ayami che sembrava svenuta. Accostò l’orecchio al suo petto. Nessun battito.

“Ayami!” urlò, scuotendola. Gli Ittan-Momen, i demoni del cotone, si allontanarono da lei, abbandonando il suo corpo senza vita fra le braccia di Inuyasha.

“Ahahah, finalmente è morta, dunque! Il mio padrone sarà così felice che mi ricompenserà con tesori inimmaginabili!”

Inuyasha strinse a sé il corpo della ragazza. Non era possibile, non così. Non mentre cercava di proteggerla.

Non poteva aver fallito di nuovo, portando alla morte una ragazza innocente.

“Lei non meritava di morire così. Non per mano tua, non per colpa di quella stupida spada e non di certo per MIA NEGLIGENZA!” Inuyasha lasciò a terra il corpo di Ayami e brandì con due mani Tessaiga, la cui lama divenne nera come la notte. Lanciò un Meidō Zangetsuha con una rabbia e una disperazione che aveva provato poche volte.

Kumagi si stupì ma non indietreggiò, anzi, prese in mano la katana dal fodero bianco e se la tenne davanti. Questa assorbì il colpo lanciato da Tessaiga come se non fosse stato altro che uno scherzo.

“Che cosa credevi di fare, stupido e immondo mezzo-demone? Osi scagliare contro di me una tecnica simile?”

Kumagi ripose la katana e riprese le sue spade, pronto a colpire, quando un bagliore oscuro, alle spalle di Inuyasha, lo fece immobilizzare.

“Non è possibile, avevo mandato dei demoni a rallentarle…” borbottò, prima di usare le spade per pararsi da una devastante onda oscura.

Inuyasha guardò alle proprie spalle, percependo due aure demoniache spaventose.

Dal buio profondo della foresta, proprio dal sentiero che conduceva al pozzo, due ringhi violenti si alzarono, facendo vibrare tutta la vegetazione intorno a loro.

Occhi rossi come il sangue, si avvicinavano lentamente verso di loro, grandi e rabbiosi. Inuyasha riconosceva l’odore: erano cani.

Kumagi ordinò ai demoni del cotone di attaccare e questi si scagliarono contro le figure, ancora indistinte, nell’ombra. Bastò un istante e con un’altra ondata di potere demoniaco, tutti i demoni del cotone svanirono, distrutti.

Quando furono abbastanza vicini, Inuyasha li riconobbe subito: due grandi demoni cane dal pelo nero e corvino come la notte senza luna, gli occhi rossi, spietati e un simbolo di luna crescente sulla fronte.

Kumagi ringhiò e si preparò ad attaccare.

Uno dei due cani demoniaci si voltò verso Inuyasha, guardandolo fisso negli occhi. Inuyasha comprese che erano amici e che non volevano attaccarlo, anzi, erano lì per aiutarlo. Con un ringhio, il cane demoniaco più grosso fece dei passi verso Kumagi mentre quello più piccolo si avvicinò a Inuyasha e Ayami.

Con l’enorme muso, il cane demoniaco che aveva guardato Inuyasha annusò il corpo di Ayami e alzò di scatto la testa al cielo, ululando come se fosse un lupo. Un latrato disperato. Un latrato triste.

“Ormai è troppo tardi!” urlò Kumagi, scagliandosi contro il demone cane che gli ringhiava di fronte.

Questo balzò in aria, schivando il colpo e morse con forza una spalla del demone orso, facendolo urlare dal dolore. Dalle zanne del demone cane uscì un veleno nero che fece urlare ancora di più Kumagi. Quest’ultimo, utilizzò tutta la sua forza per scrollarsi di dosso l’avversario, lanciandolo lontano da sé.

Inuyasha non poteva restare a guardare. Brandì di nuovo Tessaiga e scagliò contro Kumagi un altro Kongōsōha.

“Non farmi ridere, lurido mezzo-demone!” Kumagi si parò dal colpo e si preparò a colpire verso Inuyasha, quando una luce saettante andò a conficcarsi nell’armatura del demone orso.

Inuyasha s’illuminò in volto.

“Kagome!” urlò mentre la sacerdotessa incoccava un’altra freccia sacra.

Inuyasha corse da Kagome, mettendosi in sua difesa.

“Ora mi sono stancato dei vostri giochetti.” sibilò Kumagi e si avvolse  nella sua stessa aura demoniaca, accrescendo lentamente il proprio potere.

I due cani demoniaci guardarono la spada dal fodero bianco al fianco del demone orso. Stava tremando.

Anche Kumagi se ne accorse e si fermò subito, guardando la spada al suo fianco. Era avvolta da un’aura bluastra e continuava a tintinnare con forza, dentro al fodero.

“Cosa sta succedendo?” domandò Kagome, abbassando l’arco.

Inuyasha guardò la spada e poi, istintivamente, alzò gli occhi al cielo. La luna era comparsa, enorme come se fosse solo a qualche metro di distanza dalle loro teste. Un sottile spicchio di luce bianca nel buio della notte. Neanche le stelle si vedevano più, tanta era la luce che emetteva. Un quarto di luna crescente.

La spada bianca cominciò a muoversi con così tanta forza da strappare la fibbia che la teneva al fianco di Kumagi e schizzò in cielo, verso la luna.

Il demone orso imprecò e fece un balzo, pronto a raggiungerla. L’aveva quasi presa quando la terra cominciò a tremare.

Kagome si avvinghiò a Inuyasha che la tenne stretta a sé, protettivo.

“Inuyasha, è proprio come l’aura di sei giorni fa!” pigolò Kagome, stringendosi di più a lui.

Inuyasha si guardò intorno, cercando di capire cosa stesse succedendo e sgranò gli occhi quando capì qual era la fonte dell’aura demoniaca che stava facendo tremare il suolo.

Il corpo di Ayami era avvolto dalla stessa aura bluastra che avvolgeva la spada e Inuyasha si accorse solo in quel momento che si trattava di un’aura demoniaca.

Kumagi guardò in basso qualche istante, sempre all’inseguimento della spada. Quando guardò giù, due occhi verdi e chiari come il ghiaccio lo fissavano da giù, dal suolo.

“Non è possibile…” bisbigliò prima di venir colpito dalla spada che, per tornare a terra, lo trapassò come se fosse fatto di burro. Era ancora nel fodero.

Che forza straordinaria, pensò mentre si sfiorava il foro che la spada gli aveva fatto, trapassandolo da parte a parte, dal petto alla schiena.

Prima di venir recuperato da un vortice di vento oscuro, guardò la luna. Sembrava così vicina.

L’ultima cosa che vide, prima di essere portato via, fu il sorriso derisorio della luna.

La spada, intanto, precipitò di nuovo verso terra, puntando un punto preciso.

Un braccio di Ayami era alzato, proteso verso il cielo e verso la spada. Quest’ultima si bloccò a pochi centimetri dalla mano della ragazza, rimanendo verticale, in piedi.

Inuyasha e Kagome si avvicinarono.

“Ayami! Ayami, cosa sta succedendo?”

La spada uscì dal fodero, rivelando a tutti la sua lama nera e si avvicinò al petto della ragazza. Solo allora, Kagome e Inuyasha notarono che Ayami aveva gli occhi aperti.

Kagome fece per dire qualcosa, ma la spada si conficcò nel petto della ragazza, facendole raggelare il sangue nelle vene.

“No!! No, Ayami!!” urlò, cercando di avvicinarsi al corpo della ragazza ma l’aura demoniaca la teneva lontana.

Il corpo di Ayami ebbe degli spasmi, contorcendosi piano mentre la ragazza sembrava ansimare pesantemente. Un’altra ondata violenta di aura demoniaca scosse il terreno.

I due cani demoniaci ulularono e furono avvolti dalle rispettive aure demoniache, riprendendo le loro sembianze umane.

Erano due donne, una dai capelli lunghi e l’altra dai capelli corti fino alle spalle. S’inginocchiarono a terra a guardare il corpo di Ayami, visibilmente in ansia.

Improvvisamente, le due donne li guardarono, allarmate.

“Allontanatevi, presto!”

Inuyasha prese di peso Kagome che cominciò a protestare e la portò al riparo, dietro alcune rocce.

Poco dopo, un enorme fascio di aura demoniaca, partendo da terra, squarciò il cielo verso l’alto. Il boato fu così forte che sia Inuyasha sia Kagome dovettero tapparsi le orecchie.

Durò interminabili minuti e fu straziante. Era come un’energia che li schiacciava al suolo, togliendogli il respiro.

Quando cessò, Inuyasha ci mise diverse minuti a riprendere padronanza dei propri sensi. Kagome, invece, sembrava stare molto meglio di lui, infatti si alzò subito e corse verso Ayami.

“Ayami! Ayami!” urlò, gettandosi in ginocchio al suo capezzale. Con  le lacrime a offuscarle la vista, Kagome ci mise un po’ a vedere i segni sul volto della ragazza.

Quando si strofinò gli occhi sulle maniche del proprio kimono, Kagome si trovò davanti agli occhi il sorriso di Ayami che la guardava con infinita tenerezza. Era diversa, però.

“Ayami, cos’è successo?” domandò, senza capire e cominciando ad accarezzarle piano i capelli.

La ragazza le sorrise ancora e socchiuse gli occhi.

Erano diversi da prima, erano diventati chiarissimi, come la neve ma non erano privi di colore. Erano verdi, chiarissimi come l’acqua cristallina di un ruscello di montagna e la pupilla non era più piccola e rotonda come quella degli umani, era più simile a quella di Inuyasha, assottigliata, come quella di un animale. Anche il suo viso era diverso: sembrava più grande, i lineamenti erano meno rotondi e più adulti ma, ancora più evidenti, sui suoi zigomi c’erano due sottili strisce rosate e sulla sua fronte una falce di luna crescente.

“Kagome…” la voce di Ayami era più calma e bassa del solito. Era morbida e sembrava poter sciogliere tutte le parole che pronunciava.

Kagome si sentì arrossire, sentendo il suo nome pronunciato così.

Ayami riaprì piano gli occhi e la guardò, sempre dolcemente.

“Fate attenzione, stanno arrivando…” bisbigliò e guardò verso Inuyasha che si stava avvicinando.

“Chi, chi sta arrivando?” domandò Kagome, agitandosi. Non poteva permettere che succedesse altro a quella ragazza.

Ayami la guardò negli occhi, facendola rabbrividire.

“Kagome tu stai pensando di proteggermi ma, in realtà, sei tu che devi essere protetta, ora…” mormorò girando la testa dall’altra parte, verso le due donne che erano ancora inchinate al suo capezzale.

“Tomoe, Nioi…” le guardò e le due sussultarono.

Ayami sorrise di nuovo, divertita.

“Che stupida… Volevo dire, Reiya, Reimei, nascondetevi nelle vicinanze insieme a Kagome e Inuyasha.”

“Ma Ayami-sama…” obbiettò Reiya, la più piccola delle due.

“Stanno venendo per la spada, ma sia lei e il mio potere non sono stati ancora completamente ristabiliti, perciò gliela lascerò prendere, tant’è che il potere della spada può ristabilirsi solo finché è conficcata nel mio petto. La prendano pure, sarà inutilizzabile ma io avrò tempo di ristabilire il mio potere e potrò riprenderla prima che la portino dove non potrò più toccarla.” spiegò e le due demoni annuirono, alzandosi.

“Aspetta un momento, Ayami, cosa sta succedendo?” domandò Kagome mentre Reiya e Reimei la prendevano per le braccia.

“Aspetta e capirai da te, Kagome-chan.”

Inuyasha guardò Ayami e rimase in silenzio. Lei gli sorrise ma lui non rispose e seguì Kagome e le due demoni.

Calò un silenzio inquietante, nel bosco. Nulla si muoveva, neppure il vento.

Gli animali sembravano troppo spaventati anche solo per spostarsi.

Si nascosero non molto distanti da lì, dietro degli alberi e dei cespugli.

Kagome era irrequieta e Reiya le spiegò che era necessario non emettere un solo suono, per il bene loro e di Ayami. Così, in silenzio, restarono in attesa.

Ayami provò a muoversi e constatò che il suo corpo era quasi totalmente mutato. Poteva muoversi, eccetto per il busto, bloccato a terra dalla spada. Già, la spada.

La guardò con attenzione, scorrendo lo sguardo sulla lama che sembrava farsi più lucente ogni istante che passava.

‘Padre…’, pensò con nostalgia, poco prima di percepire un’aura demoniaca avanzare verso di lei.

Era un unico demone ed era molto grande e veloce.

Inuyasha lo percepì allo stesso modo e intimò a tutti di fare attenzione. Dal fitto del bosco, videro gli alberi essere travolti da qualcosa che avanzava, inarrestabile.

Pochi istanti dopo, un enorme demone metà donna, metà ragno si avvicinò al corpo di Ayami.

“Dunque sei qui, fetida cagna!” urlò per scherno la demone ragno.

“Jorōgumo… Che sorpresa vederti. Sei qui per la spada?” domandò Ayami, guardando con un sorriso ironico la donna-ragno.

“Brillante deduzione, d’altronde non sono di certo venuta per vedere la tua orrenda faccia, signorina! Vedo che non hai ancora recuperato tutti i tuoi poteri, interessante… Cosa ne dici se ti divorassi?”

Ayami ridacchiò e la guardò con aria di sfida.

“Perché non ci provi, se ne sei in grado, ovviamente.” la canzonò.

Jorōgumo si avvicinò, muovendo le lunghe zampe da ragno e si chinò su di lei, guardandola con curiosità.

“Che bella scena, vederti infine trafitta dalla tua stessa spada. Provo quasi dispiacere all’idea di doverti divorare e rovinare quest’immagine sublime!” la demone ragno spalancò l’enorme bocca e cercò di addentare Ayami ma una barriera le impedì di avvicinarsi, ustionandole il volto da donna.

Jorōgumo gridò e urlò di dolore, dimenandosi mentre si copriva il viso con le mani.

“Maledetta!!! Tu sia maledetta!!!” sbraitò con rabbia mentre Ayami rideva.

“Quanto sei patetica, vecchia Jorōgumo. Avanti, prendi questa spada e vattene, non è forse questo che ti è stato ordinato di fare?” chiese, sprezzante.

La demone ragno digrignò i denti e allungò una mano, prendendo la spada con una mano.

“Quando la estrarrò, ti ucciderò e ti mangerò in un sol boccone, maledetta!”

Ayami sorrise e la incitò a farlo.

Jorōgumo non se lo fece ripetere e le strappò dal petto la spada, fiondandosi contro il suo corpo.

Inuyasha si alzò in piedi, insieme a Kagome e alle due demoni.

Stava già per mettere mano a Tessaiga quando percepì come un brivido.

Ayami guardò negli occhi la demone ragno e ghignò. Teneva un braccio teso e la mano serrata attorno al collo di Jorōgumo che la guardava con rabbia.

“Maledetta…” sibilò il ragno, cercando di divincolarsi.

“L’hai già detto.”

Ayami richiamò il suo potere demoniaco e in un istante, il suo corpo fu avvolto da una nube nera. Quando si diradò, Inuyasha e gli altri poterono vedere con i loro occhi un gigantesco e nero Inu-yōkai, mordere con forza il corpo del demone ragno.

Jorōgumo si divincolò e cominciò a colpire il grande cane con le zampe, per scrollarselo di dosso ma con poco successo. Così, piegando i busto fino a toccare per terra, riuscì ad alzare la parte posteriore del suo corpo e lanciare un liquido biancastro e filamentoso tutto intorno a sé, colpendo anche il grande cane.

Ayami guaì e lasciò la presa mentre le ragnatele cominciavano a ustionarla. Si scrollò di dosso i filamenti e ringhiò con rabbia mentre Jorōgumo rideva e ingoiava la spada che le aveva rubato.

“Sei troppo debole per contrastarmi, piccola stupida che non sei altro e mi dispiace dovermene andare, ora che potevo darti il colpo di grazia… Ma ci sarà un’altra occasione, ne sono certa!” il demone ragno lanciò altre ragnatele per impedire a chiunque di seguirla e corse lontano, portando con sé la spada.

Ayami la guardò andare via ed emise un lungo ringhio prima di accucciarsi a terrà, guaendo per il dolore. Improvvisamente, perse la sua forma demoniaca, ritornando nella sua forma umana e si lasciò cadere in ginocchio, stremata.

“Ayami-sama!” le due demoni corsero fuori dai cespugli, avvicinandosi alla giovane che respirava affannosamente.

Kagome e Inuyasha le seguirono, restando a qualche passo di distanza. Kagome, soprattutto, era molto scossa.

Non riusciva a credere a quello che aveva visto. Ayami era…

“Tu, chi sei?” Inuyasha domandò, secco, senza aspettare un minuto di più. Aveva domande che chiedevano risposte.

Ayami alzò la testa e guardò Inuyasha, in piedi vicino a lei.

Era serio ma non sembrava arrabbiato con lei, semplicemente, sembrava meravigliato ed emozionato nello stesso tempo. Ayami si ricordò del discorso che stavano facendo, poco prima che gli Ittan-Momen gli attaccassero.

L’odore del sangue.

La giovane si alzò in piedi, a fatica e lo guardò negli occhi.

“Hai ragione, devo presentarmi ora che possiedo la conoscenza per farlo.” si fece aiutare da Reiya e Reimei, facendo qualche passo verso di loro.

Guardò entrambi, sia Kagome, sia Inuyasha e sorrise.

Entrambi capirono che era sempre la stessa persona che avevano conosciuto pochi giorni prima.

“Il mio nome è Mikazuki no Ayami. Sono un Inu-DaiYōkai per linea di sangue e faccio parte del clan Mikazuki, i cani demoniaci dei monti Akimori.”

Inuyasha si rabbuiò.

“I monti Akimori, dici? Nessuno li ha mai trovati, sono considerati una leggenda persino nel mondo demoniaco.”

Reimei fece un passo verso di lui.

“Non lasciamo il passaggio aperto a chiunque, i sentieri che portano al nostro rifugio sono conosciuti solo da chi ha il permesso di raggiungerlo.” spiegò, seria la demone.

Kagome guardò Ayami.

“E la tua spada? Perché quei demoni la volevano?”

Ayami sospirò e guardò la ragazza e poi Inuyasha.

“Quella spada è un potente cimelio che apparteneva a mio padre. Io ne sono la custode.”

Il vento riprese a soffiare, dolcemente.

“Inuyasha, per quanto riguarda il discorso che stavamo facendo prima, devi sapere una cosa importante.”

Il mezzo-demone sentì il cuore balzargli nel petto e non distolse per un solo istante gli occhi da quella della demone.

“Mio padre apparteneva al clan Misoka, era una Demone Maggiore ed era il fratello d’arme e di sangue di Tōga, tuo padre.”

 

 


 

Non riesco a credere di aver scritto questo capitolo in 24 ore. Sono sconvolta! XD
Non vedevo l'ora di postare, lo ammetto e spero davvero che questo capitolo abbia placato almeno un po' la vostra curiosità! Ovviamente, tutto continuerà nei prossimi capitoli, quindi, fatemi sapere cosa ne pensate, ok?

Nel prossimo capitolo, altre rivelazioni, altri incontri inquietanti e - cosa davvero importante - molto più Sesshomaru! XDD *impazzisce*

Mi interessa molto mettervi la traduzione di alcuni nomi che ho dovuto inventare e creare per questa storia, ma lo farò alla fine del prossimo capitolo!
Qui voglio solo aggiungere una piccola precisazione: non ho inventato io gli 一反木綿 (いったんもめん - Ittan-Momen) ovvero i "fantasmi del cotone", né 女郎蜘蛛 (じょろうぐも - Jorōgumo) alias "la prostituta-ragno" ma sono due O-bakemono ovvero due mostri o demoni, del folklore giapponese!

I primi sono degli spettri all'apparenza innocui, che hanno l'aspetto di lunghe strisce di stoffa bianca fluttuante. si dice che soffochino la gente avvolgendosi alle loro teste e al loro collo. ò__ò *paura*

Il secondo, ovvero la donna-ragno, ha testa e busto di donna ma il resto del corpo è di ragno. Il nome Jorōgumo, oggi, indica anche una specie zoologica di ragno. Si dice che i Jorōgumo siano spesso associati ai proprietari di cascate e di piscine naturali. *molto, molto inquietante*

Bene, ora basta sproloqui!
Vi aspetto nelle recensioni. ù__ù
Ancora auguri di buon anno a tutti! <3

   
 
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