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Autore: Imaginary82    01/04/2011    5 recensioni
Quando sollevo lo sguardo è come ricevere un pugno nello stomaco.
Quegli occhi...due occhi color cioccolato mi fissano curiosi. Sono grandi, limpidi, luminosi. Nel momento in cui riesco a mettere a fuoco tutto il resto, vorrei che qualcuno mi desse uno scossone per ridestarmi dal sogno.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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L'odore dei ricordi 2

Come promesso, eccovi il secondo capitolo.

Ringrazio tutti coloro che hanno letto (dalle visualizzazioni sembrate tanti e la cosa mi riempie di gioia *___*), le persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. E DUE grazie a chi ha inserito me tra gli autori preferiti. Non ho parole.

Ciò che scrivo non ha alcuna pretesa, è solo uno svago, ma sapere che può piacere a qualcuno mi riempie di orgoglio.

Ma vi lascio al capitolo...che è meglio. Ci vediamo "giù" XD

Secondo capitolo

EYES FROM THE PAST


- EJ che hai? - dice una vocina sottile – non piangere.

Alzo lo sguardo e vedo due occhi spalancati che mi guardano. Sono lucidi, tremano e in un attimo si riempiono di lacrime.


Bellina- E ora tu perché piangi? - Le domando, tirando su col naso.

- Perché EJ c'ha la bua – dice abbassando il capo e nascondendo il viso.

Mi alzo e mi asciugo gli occhi – non piangere – le dico sforzando un sorriso – guardami: è passato.

Quando alza la testa un sorriso le si apre sul suo visetto a forma di cuore ed è come se non fosse successo nulla.

Si rimette dritta velocemente e con le manine si liscia le pieghe del vestitino.

- Allora andiamo a giocare – esulta porgendomi la sua mano.

Devo prenderla...voglio prenderla...ma lui arriva.

-EJ che diavolo fai lì? Pensavo di avere un figlio maschio! Da quando te la fai con le femminucce? - la sua grassa risata mi fa vergognare.

Perchè quando capo Swan gioca con sua figlia ride e la sua risata è dolce, tranquilla.

Ma quando lui ride è ubriaco e dopo si avventa sulla mamma.

E infatti mi afferra per un braccio, trascinandomi dentro casa.

Anche se per un attimo, vedo la sua mano che lentamente si abbassa e poi il buio...


Lui continua a picchiarla ma io non riesco a fermarlo.

Li vedo lontani e corro, corro per raggiungerla, ma è come se andassi nella direzione opposta

- Mammaaaaa – urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni, ma lei non mi sente.

È riversa per terra, immobile e lui continua...continua...

-Edward...Edward svegliati – la voce che sento è lontana, vorrei svegliarmi...vorrei, ma non ci riesco.

Vorrei aiutare la mamma e non posso, vorrei non sentire questo macigno sul petto, ma lo sento premere sempre più forte...e vorrei non piangere, ma le lacrime si riversano inarrestabili e i singhiozzi mi scuotono violentemente.


Quando apro gli occhi mi ci vuole un po' per capire dove mi trovo. Il respiro è affannato e il cuore sembra voglia uscire dal petto.

- Non è niente calmati, era solo un brutto sogno.

Due mani fredde mi trattengono il viso e ciò non fa che aumentare la sensazione di panico che si è impossessata di me. Mi scanso bruscamente e poggio i piedi a terra. Una piccola luce si accende e, finalmente, capisco dove mi trovo. Lo capisco dal colore della moquette, dai vestiti sparsi per terra e da questo maledetto profumo che adesso mi dà la nausea.

- Edward, c'è qualcosa che non va?

- No, nulla...ho avuto un incubo. Non preoccuparti. Adesso passa – le rispondo, cercando di convincere me stesso. E mi rendo conto che sarebbe stato meglio se lo avessi chiamato quel fottuto taxi. Mi sarei svegliato a casa mia, nel mio letto e non avrei dovuto fingere che va tutto bene. Perché non va bene un bel niente!

Sento il materasso muoversi e capisco che lei si sta avvicinando, vorrà tranquillizzarmi, penso un attimo prima di sentire la sua lingua avvolgermi il lobo dell'orecchio.

- Vieni qui...ti faccio passare io la paura – sussurra. Le sue unghie percorrono i muscoli contratti della mia schiena, ma questo non contribuisce a rilassarmi, anzi, sento la tensione farsi sempre più insopportabile.

-Tanya, non è il momento...dammi un attimo – cerco di non sembrare eccessivamente disturbato dal suo atteggiamento, ma se potessi me la scrollerei di dosso e la manderei al diavolo. La voce di mio padre risuona ancora vivida nella mia testa. Chissà cosa direbbe se mi vedesse...sarei abbastanza uomo adesso davanti ai suoi occhi? Probabilmente no. È vero, io le donne le uso...ma non le ammazzo. Razza di...

- Eppure non mi sembra che tu abbia bisogno di un momento – ghigna portando la mano tra le mie gambe.

Testa e corpo sembrano scollegati oramai: la prima vorrebbe solo un attimo di tregua, vorrebbe cercare di cacciare i torbidi pensieri che miBocca tormentano...vorrebbe che le labbra di Tanya non prendessero il posto della sua mano...e invece, cazzo! Lo fanno!

Il secondo quei pensieri li ha già scacciati ed esulta in maniera indecente, assecondando il movimento della sua bocca.

Ho talmente tanta rabbia dentro che la prenderei per capelli pur di farla allontanare da me. Ma è un'azione che non posso permettermi di compiere, per un bel po' di motivi: lei, oramai, è la mia principale fonte di reddito, mi paga profumatamente e per questo posso concedermi di rifiutare altre offerte, se dovessi contrariarla sarei nella merda totale; inoltre non sono un violento...e già papà...rassegnati...non farei mai del male intenzionalmente ad una donna, non se non è lei a chiedermelo, ovviamente!

In ultima analisi, lei è fottutamente brava!

Cerco con tutto me stesso di non pensare a ciò che sto subendo, ma il modo in cui la sua lingua mi avvolge, mi lambisce...il modo in cui la mano accompagna il movimento, il contrasto della sua pelle dorata con quella oramai arrossata del mio sesso, i capelli che mi solleticano le cosce, ogni cosa mi sta facendo perdere il contatto con la realtà.

Senza nemmeno accorgermene il fiato si fa corto e gemiti sempre più rapidi escono dalle mie labbra. Mi porto indietro con la schiena, poggiandomi sui gomiti, e chiudo gli occhi.

È come se riuscissi a vedere la scena dall'esterno: nudo, seduto sul letto, i piedi poggiati sul pavimento, i fianchi che si muovono su e giù, in una danza dettata dalla bocca di una donna, che se ne sta scompostamente per terra, tra le mie gambe, i capelli le coprono in parte il viso, in parte le cadono sulle spalle, che ritmicamente ondeggiano regalandomi pura estasi.

Questa femmina non ha il minimo pudore...

...il modo in cui i suoi occhi, senza vergogna,

sguardo mi osservano maliziosi, rivendica ciò che sta facendo, sottolinea che è lei la padrona adesso. Mi ha in pugno...in tutti i sensi!

Potrei lasciarmi andare. Potrei, per una volta, pensare solo ad ottenere senza dare...ma non è quello che vuole lei e, stranamente, non è ciò che voglio io.

Non si tratta della mia donna, farle terminare ciò che ha iniziato sarebbe una cosa troppo personale. Non è mai successo e mai permetterò che accada.

Per stanotte sono stato fin troppo succube delle mie debolezze.

Le avvolgo una guancia con la mano, carezzandole l'orecchio con il pollice e infilando, poi, le dita tra i capelli.

Si stacca da me per nulla contrariata, anzi...vogliosa e piena di aspettative. Sa benissimo che adesso tocca a lei.

…...


Quando la luce impietosa penetra dalle finestre, mi coglie nel pieno del sonno.

Avrò dormito un paio d'ore, per fortuna senza incubi, stavolta.

Allungo una mano e cerco alla rinfusa i pantaloni. L'unica cosa che trovo è una scarpa...col tacco...la lascio cadere e mi allungo, scivolando col torace sul materasso, afferrando qualcosa. Una calza...

Porc...cominciamo bene!

Apro gli occhi imprecando mentalmente e cercando di capire dove cazzo siano finiti i miei pantaloni.

All'ennesimo tentativo finito male decido di alzarmi.

Dall'altro lato del letto arriva un fruscio di lenzuola.

-Mmh...Edward? Che fai...vieni qua – dice allungando una mano verso di me.

- Tanya devo andare, è tardi, ho da fare e devo passare da casa per farmi una doccia.

Continua a borbottare qualcosa, ma non la sto a sentire, faccio il giro della stanza per scovare i miei vestiti e li sistemo sulla sedia, cercando di lisciare le pieghe.

orologioPrendo l'orologio dalla tasca e, per fortuna, mi accorgo che non è tardi.

Tardi per cosa poi?

Semplicemente voglio andare via, se ancora non fosse chiaro.

- Falla qui...la doccia. Hanno installato un nuovo box.

La sua voce è più chiara adesso, segno che si sta svegliando. Entro nel bagno per sciacquarmi il viso e non posso fare a meno di notare l'astronave che quella pazza ha fatto montare al posto della vecchia ed obsoleta doccia...scuoto il capo passandomi le dita tra i capelli.

Perché no?

- Vuoi farla insieme a me? - dice, raggiungendomi e allacciando le braccia alla mia vita.

Mi volto verso di lei, facendo scontrare i nostri corpi nudi e posando le labbra sul suo piccolo orecchio sussurro – No! Non sono previsti extra per oggi.

- Uhmf...lo sai che i soldi non sarebbero un problema – il suo tono è visibilmente offeso. In fondo è ancora una ragazzina viziata ed io sono solo il suo giocattolino. Quando si stuferà di me, non ci penserà due volte a gettarmi via.

Com'è che si chiamava? Ah sì...Ken. Sono il suo Ken gigante e umano, da vestire e spogliare a suo piacimento...beh, con una piccola differenza. Anzi...non tanto “piccola”.

Esce dal bagno chiudendosi la porta alle spalle e finalmente posso concedermi questa esperienza ultraterrena.

docciaQuando riesco a capire come azionare i comandi, sei getti d'acqua colpiscono simultaneamente il mio corpo. Il massaggio che eseguono sui muscoli riesce a sciogliere la tensione accumulata durante la notte. Non ho scordato l'incubo che ho fatto, anzi...le immagini scorrono nella mia testa nitide. Probabilmente si tratta di un ricordo vero, di qualcosa che ho rimosso crescendo e che, non so per quale motivo, il mio subconscio ha ripescato.

Schiaccio un altro pulsante ed un getto vigoroso mi investe dall'alto.

Poggio le mani sul vetro e mi lascio andare ud una sensazione di puro godimento.

Ma cosa...?

Qualcosa alla base della cabina comincia a muoversi sotto i miei piedi. Il massaggio è vigoroso e si trasmette dalla pianta alle gambe.

Potrei stare qui dentro per ore.

Le mensole sono piene di boccette, tutte dall'aspetto costosissimo. Ne afferro una a caso e dopo aver svitato il tappo la annuso per controllare che non sia uno stucchevole sapone zuccheroso. Per fortuna l'odore è gradevole, speziato e pungente. Ne verso un po' sulla mano e comincio a passarla sul petto, sulle braccia, insapono l'addome e scendo giù sull'inguine e poi le cosce e le gambe. Lascio che l'acqua lavi via la schiuma, concedendomi ancora qualche minuto di questa meraviglia.

Un piccolo schermo lampeggia sotto lo specchio. Una playlist alquanto discutibile fa bella mostra di sé. Lo scroscio dell'acqua è un sottofondo decisamente migliore. Me la immagino Tanya dimenarsi sulle note di Lady Gaga.

A malincuore chiudo l'acqua ed esco fuori. L'ambiente del bagno è decisamente più freddo, rispetto alla cabina e rabbrividisco a contatto con l'aria. Afferro un a spugna ampia e morbida e me la passo sul viso, sul petto e sulla testa, per poi avvolgerla attorno ai fianchi.

Maledizione...i vestiti...

Faccio ritorno in camera da letto sperando che la mia mise non la inviti a sferrare un altro attacco.

Per fortuna il broncio che ha messo su prima è ancora lì e, nonostante mi osservi dallo specchio, non mi rivolge la parola...

Quando si accorge che sorrido per la sua finta indifferenza, abbassa lo sguardo e comincia a rivestirsi.

Indossa l'intimo, con movimenti lenti, sensuali...vorrebbe essere fermata, ma non lo faccio. Comincio a rivestirmi anche io, senza staccarle gli occhi di dosso. Non voglio lasciarla così e so come farla cedere.

TanyaGuarda per un attimo il proprio riflesso, passandosi le dita tra i capelli arruffati, per poi cominciare a spazzolarli, consapevole del mio sguardo su di lei.

Vorrei sorridere, ma mi impongo di rimanere serio.

Tra di noi è una sfida continua.

Sappiamo bene che è lei ad avere il comando, di tutto, ma mi ha sempre trattato come un suo pari, lasciandosi provocare e provocando a sua volta. Spesso mi chiedo se questo suo comportamento non sia dettato da qualcos' altro, ma scaccio subito il pensiero, illudendomi, forse, che le sia ben chiara la situazione e che un coinvolgimento di quel tipo da parte sua, implicherebbe la fine di tutto.

Una persona come me non è capace di amare.

O probabilmente il mio è un semplice rifiuto, dettato dal fatto che ogni persona in cui ho riposto il mio affetto è venuta a mancare, o peggio, mi ha usato, maltrattato, umiliato.

Scaccio questo ennesimo pensiero deprimente dalla testa e afferro la camicia.camicia

Maledizione...è cominciata proprio bene questa giornata!

Finisco di abbottonarla e vedo che lei stavolta mi guarda seria. Le braccia lungo i fianchi, un'espressione delusa, le labbra strette in un broncio.

Mi avvicino lentamente, mentre i suoi occhi si spalancano increduli.

- Devo andare davvero...mi dispiace.

Le circondo il collo con una mano e dolcemente la costringo ad indietreggiare fino a farle incontrare il comò. Le boccette di profumo tintinnano e qualche cosmetico cade per terra. Le stringo un fianco, infilando le dita sotto il bordo dello slip. L' altra mano scende sulla stoffa liscia del reggiseno, raffinato, ma molto più casto di quello di ieri sera. Col pollice le accarezzo il seno e la risposta è immediata: i brividi che ricoprono il suo petto culminano nel capezzolo che, turgido, spinge contro il tessuto sottile.

- Oh Edward...rimani ti prego.

Il suo corpo è già caldo e se fosse un altro giorno, un altro momento, non avrei esitato.

- Per stavolta basta così – soffio sulle sue labbra prima di premervi le mie. Quando sento che le schiude per approfondire il bacio mi stacco da lei, allontanandomi, solo dopo essermi assicurato che avesse i piedi ben piantati a terra.

- Chiamo un taxi.

- NO! - è la sua risposta quasi urlata.

- Tanya, ti ho dett...- poggia un dito sulla mia bocca, per azzittirmi, e per un attimo spero che non mi chieda ancora di rimanere. Mi preparo mentalmente ad un rifiuto, quando invece è lei a voltarmi le spalle.

Si dirige verso l'ingresso e si china a raccogliere qualcosa, mi sporgo per cercare di capire cosa stia facendo. Si alza e lancia ciò che ha raccolto verso di me. chiaveAfferro prontamente il piccolo oggetto e, quando apro la mano, noto che si tratta di un'unica chiave. Il logo impresso sopra è inconfondibile.

- Non c'è bisogno che mi presti la tua auto – le dico controvoglia, senza alzare gli occhi. In realtà il solo pensiero di poggiare le mani sul volante mi eccita a dismisura.

- Non si tratta di un prestito, consideralo come...un piccolo regalo!

- Ma...ma...no. Tanya no! N-non potrei mai accettare – balbetto come un idiota, o peggio, come un bambino che vorrebbe mettere le mani su un giocattolo ma sa che non dovrebbe farlo.

- Certo che puoi. E poi oramai cosa potrei farne? Lo sai che giro in Limo e se avessi dovuto comprarla per me, non avrei assolutamente scelto una macchina del genere.

- Io...io non so cosa dire.t

- Oh, non dire nulla. Ci sono altri modi per ringraziarmi. Modi che preferisco.

Non so per quanti minuti me ne sto lì, impalato. Quando alzo gli occhi davanti a me non c'è più la donna che mi ha sedotto stanotte. La donna che paga per sentirsi tale è scomparsa. Ora davanti a me c'è la signora Leech, bellissima, seria, fiera...e spenta.

- Vado avanti io – dice cupa – aspetta dieci minuti e poi esci. Non preoccuparti della porta, tra un'ora viene la domestica.

È nel momento del commiato, che involontariamente lei sottolinea l'abisso che corre tra noi. E, per questo motivo, il metallo della chiave brucia sul palmo come ferro incandescente. Non essere riuscito a rifiutare mi mette in una posizione scomoda...troppo scomoda!

Non ho mai lasciato che si creasse un legame. Avrei dovuto troncare quando ho cominciato a provare compassione per lei. Quando vederla imbronciata mi causava un senso di pietà.

Coglione...sei un coglione!

Poggio le spalle al muro ed è proprio così che mi sento...senza via d'uscita. Quando arriverà il momento, e prima o poi arriva sempre, sarà difficile tagliare con lei.

Estraggo l'orologio dalla tasca e mi accorgo che posso andare.

Per un attimo, fuori dall'appartamento, dimentico tutto e guardo compiaciuto la mia macchina.

È favolosa. Nemmeno fra cent'anni avrei mai potuto possedere una cosa simile. Premo il pulsante sulla chiave ed il bip che segue è un armonioso invito a salire a bordo.

Sistemo il sedile all'indietro, di poco, considerando la notevole statura di Tanya, sistemo lo specchietto e indosso la cintura di sicurezza.

Wow...

Il rombo del motore mi causa un brivido lungo la schiena e quando, lentamente, quasi con timore, lascio andare la frizione, sembra che la strada si apra al mio passaggio. Sono consapevole che non sia giusto, ma in questo momento voglio solo godere di questa sensazione di benessere.

Abbandono la postura rigida che avevo assunto, per poggiarmi completamente sullo schienale morbido.

Ho letto su una rivista che le prestazioni di questa macchina sono elevatissime. Il motore è in grado di raggiungere in pochissimi secondi velocità impronunciabili. Ma non è questo ciò che voglio fare adesso. La mia guida è tranquilla, rilassata. Voglio vedere il paesaggio che scorre e sentire i rumori, che, all'interno, arrivano ovattati e lontani.

Ho mentito prima. In realtà non ho alcun impegno. Volevo solo starmene da solo e cercare di capire il motivo di certi ricordi.

Avevo rimosso completamente la mia amicizia con la figlia degli Swan. Avevo rimosso che, dopo quell'episodio, non le avevo più rivolto la parola.

Lui accusò mia madre di aver cresciuto una femminuccia, di essere una buona a nulla, ed era colpa mia. Cercavo di comportarmi in modo che non trovasse un pretesto per picchiarla, ma ogni giorno c'era un motivo: la cena era troppo calda o troppo fredda, la casa non era pulita, non c'era abbastanza birra in frigo...se tutto andava bene, si limitava a capovolgere il tavolo, far volare qualche sedia e imprecare.

Sennò...

Colpisco il volante con entrambe le mani e cerco di scacciare questi pensieri.

Forse con un po' di musica...

Sfioro il computer di bordo con le dita e vedo un piccolo dispositivo usb inserito.

Quando premo play, vengo investito da un rumore assordante


Don't call my name
Don't call my name
Alejandro
I'm not your babe
I'm not your babe
Fernando
Don't wanna kiss
Don't wanna touch
Just smoke my cigarette and hush
Don't call my name
Don't call my name
Roberto

Afferrare quell'aggeggio e lanciarlo fuori dal finestrino è qualcosa che faccio senza nemmeno pensarci su.

Fottiti Tanya, tu e la tua musica del cazzo!

Smanetto un po' con i pulsanti, fino a trovare una stazione che trasmetta qualcosa di decente...impresa assai ardua al giorno d'oggi.

Quando le prime note di Nothing Else Matters si diffondono nell'abitacolo, chiudo per un brevissimo istante gli occhi.

Ascolto la melodia tamburellando con le dita il ritmo sul volante.

Penso a mia madre...cerco di ricordare i momenti in cui sorrideva. La musica la faceva sorridere,

guardarmi giocare dalla finestra, suonare. Le risate della piccola Swan la facevano sorridere, adorava quella bimba.

Ma come diavolo si chiamava?

caffèSenza nemmeno rendermene conto mi trovo nella stessa strada di ieri pomeriggio. Rallento e abbasso il volume.

Perché no?! Il caffè non era tanto male...

Arrivato davanti l'ingresso del locale, accosto e spengo il motore.

Rispetto a ieri c'è un po' più di gente. Nulla di caotico per fortuna.

Senza dire buongiorno mi siedo allo stesso tavolo e dalla vetrina controllo che nessuno si avvicini alla mia macchina.

- Cosa desidera?

Questa voce...Uff...di nuovo lei.

- Un caffè...e nient'altro – rispondo seccato, sperando che stavolta faccia diligentemente il suo dovere.

Dopo qualche minuto sento posare qualcosa sul tavolo e il rumore della bevanda che fuoriesce dalla caraffa. Immediatamente l'odore deciso mi riempie le narici.

Non faccio in tempo ad ingoiare il primo sorso che un altro rumore attrae la mia attenzione.

- Ecco! È appena sfornata! Ho apportato alcune modifiche alla ricetta. Vedrà se non si tratta della più buona torta di mele che abbia mai mangiato!

Ma dannaz...Quando sollevo lo sguardo è come ricevere un pugno nello stomaco.Bella

Quegli occhi...due occhi color cioccolato mi fissano curiosi. Sono grandi, limpidi, luminosi. Nel momento in cui riesco a mettere a fuoco tutto il resto, vorrei che qualcuno mi desse uno scossone per ridestarmi dal sogno.

La sua pelle è come una distesa di neve candida, che non è mai stata calpestata da nessuno, liscia, perfetta. Un lieve rossore colora le guance, sottolineandone le curve deliziose.

Sembrano essere state create per posarvi dolcemente il palmo della mano, per essere ricoperte da leggeri baci.

Il naso, piccolo e grazioso guida lo sguardo più in basso, verso la sua bocca.

Le labbra...Dio quelle labbra...tirate in un timido sorriso, sono tra le cose più belle che io abbia mai visto.

Quale rosa è stata privata del suo colore?

A cosa hai rubato tanta morbidezza?

E il tuo profumo? Da cosa si ottiene un distillato così puro? È forse una pozione? È così che incanti gli uomini? Una strega forse....

- Hey? Che fai, dormi?

Le sue parole sono quello scossone che temevo. Ma il sogno rimane reale e vivido davanti a me.

Cazzo Edward! Datti un tono...sembri un idiota!

E poi l'occhio cade lì...sulla piccola targhetta appuntata sul colletto bianco della divisa.

Isabella S.

...Bella...ecco come ti chiami piccola Swan!

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Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto.

Grazie.

Miki.

PS: il prossimo, tra una settimana, forse meno ;)




   
 
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