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Autore: velocity girl    06/05/2011    9 recensioni
In un mondo tutto suo, dove le parole non possono turbarlo. E se adesso non vede i mille difetti che questa caratteristica può portare - e porterà sicuramente - è solo perché infatuato.
Tanto vale approfittare di questa predisposizione, si dice, mentre negli occhi dell'altro passa un pensiero - gli scurisce le iridi, le illumina di un sentimento - ed accetta ugualmente. Come se niente fosse.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Second Sight.


Prologo.



Sono le undici, più o meno, le undici e qualcosa al massimo. Camminare per quelle strade non è particolarmente sicuro, considerando chi si può incontrare da quelle parti, ma questa sera non gli interessa visto che ha già affrontato il peggio.
Vuole solo arrivare alla sua destinazione, senza altri casini.

Quando ci arriva davvero si sorprende: per una volta è stato fortunato.
Il portone è aperto, come sempre, quindi si limita a salire le scale frettolosamente, senza badare a fare silenzio. Dalle porte dei vari appartamenti proviene di tutto: musica, schiamazzi, litigate, chiacchiere - sembra quasi che i vari abitanti si siano dimenticati che è notte e che esistono persone che, magari, vogliono anche dormire.
Ma questi non sono suoi problemi.

Bussa quando è arrivato di fronte ad una porta del terzo piano.
Bussa di nuovo, incerto se suonare o meno.
Questa si apre poco dopo ed è proprio Jude ad apparire sulla soglia, dimostrazione che per questa giornate le cose hanno smesso di andare male.

«Oh,» si limita a dire l'inglese quando riesce a guardarlo in faccia, a rendersi conto dei lividi, «vieni.» Continua mentre si fa da parte, invitandolo ad entrare in quel piccolo appartamento, quello dove vive con altri studenti e che appare sempre troppo disordinato o troppo pieno di cose o troppo pieno di persone o... troppo, insomma, gonfio di quella vita studentesca che Robert invidia perché ne vorrebbe fare parte.

Si dirige verso la cucina, stranamente vuota per questa volta, e una volta arrivato torna a guardarlo.

«Posso prepararti qualcosa?»
«Uhm...» Mormora in risposta, pentendosi di non aver ancora detto una parola. In effetti, non è riuscito nemmeno a salutarlo.
Non che questo offenda l'altro, «Un toast, magari?»
«No, non serve.»

Ma Jude non lo sta ascoltando, non lo fa mai. Si limita a prendere un po' di pane e ad adoperarsi in quella che crede essere una cenetta notturna, fatta alle undici di sera. L'altro lo fermerebbe anche, visto che un semplice caffè basterebbe per farlo sentire meglio, ma continua ad avere quel blocco alla gola, nessuna voglia di parlare; sicuramente è ancora un po' scosso per gli ultimi avvenimenti.

«Sai,» si sforza, mentre è lui a guardarlo, «non è stata esattamente colpa mia. Non me la sono cercata, questa volta.»
«Qualche teppista?» Chiede.

Vorrebbe dire "Hooligan" ma non può perché probabilmente questi sono in salotto.

«Direi più... Artisti di strada
«Esistono?»
«Certo che esiston-» e si ferma. Sa per certo che ci sono ancora questo genere di musicisti ed è proprio per colpa di uno di questi se altri di loro hanno deciso di sfasciare mezzo centro, compreso il posto dove lavorava; è proprio questa consapevolezza a farlo fermare di nuovo.

Dicono che l'Inghilterra sia fredda e grigia, sempre bagnata e sempre troppo stanca, ma Robert vive nella periferia da anni ed ancora non ha trovato niente di tutto questo. Il sole non spacca le pietre, né riscalda come fa a New York, ma non ha ancora sentito il gelo. Ci si può vivere, nonostante tutte le differenze culturali e sociali alle quali è andato incontro - e che solo recentemente ha imparato ad apprezzare.

«A che cosa stai pensando?»
«Ad una storia.» Ed è la sua vita. Vorrebbe aprire il proprio cuore e comunicare che cosa c'è dentro, confessare tutti i suoi sentimenti.
«Me la racconti?»
«No, tanto non la ascolteresti.»

Ed è davvero così: Jude non ha mai sentito una sola parola di ciò che ha detto fino ad ora, e di cose gliene ha dette tante.

Prende una sigaretta dal pacchetto un po' ammaccato che porta sempre in tasca, «Non avevi smesso?» Chiede subito l'altro, mentre posa il toast finalmente pronto davanti a lui - e dentro ha messo del formaggio, solo quello, cosa che a Robert farebbe anche ridere se non fosse che deve mangiarlo in ogni caso - e si siede su un'altra sedia, per niente turbato dalle sue parole, forse perché non le ha colte, «avevi detto che quel musicista ti aveva convinto...»

Già.
Si domanda dove si può trovare adesso e si risponde che, probabilmente, è in qualche locale a suonare il suo jazz poco commerciale ma venduto ma ascoltato ma.
«Sono nervoso.» Giustifica.
«Mah, certe volte mi viene in testa che sono io a farti agitare.»

Certo che è lui. Tra le tante caratteristiche che ha, fra le prime c'è sicuramente la capacità di scombussolargli la testa - incasinarla, sconfiggerla, piegarla alla sua presenza.
Ed è fumo: nella sua mente, nella stanza, nel momento, in quella notte; è la cenere che non sa dove buttare, ricordo di giorni meno sereni e prospettiva di un futuro incerto.

Lo licenzieranno di certo, se vedono com'è ridotto, perderà il lavoro se il locale è irrimediabilmente distrutto.

«Puoi dormire qui se ti va.»
«C'è spazio?» Si limita a domandare. E per quanto non lo stia mostrando, il suo cuore sta battendo e battendo, perché dormire qui significa dormire con Jude, stargli accanto, sfiorarlo, il tutto fingendo di non adorarlo.
I suoi sogni si infrangono subito, immediatamente, non appena lo stesso inglese fa: «Abbiamo una stanza vuota... puoi dormirci tu o-» e continua a dire qualcosa, mentre Robert si sforza di mangiare il toast.

Per nascondere la propria espressione, se non altro, per non fare il solito malinconico misterioso.
«Sì, va bene.»
E sorride, dopo un attimo di incertezza, per calcare un po' il concetto. Il ché fa scattare Jude come una molla mentre - oramai in piedi - aggira il tavolo e corre verso la stanza in questione, probabilmente per mettere delle coperte sul letto.
Lo sente canticchiare da lontano - I used to wake up in the morning - e riconosce i The Who che ascolta dalla mattina alla sera; stonato, stonatissimo, praticamente inascoltabile.

Per la seconda volta non scoppia a ridere, ma sospira. Come se si fosse rassegnato.
Forse dovrebbe capire bene che cosa pensa, cosa gira per la sua testa. Forse sta tutto nella logica delle ultime settimane. Ed anche messa così... non sono altro che belle frasi, nulla di concreto, per quanto sia stato un cammino pieno di musica, rumori e bisbigli.





Note:
Uno svampito disordinato che ha come motivo di vita i The Who? So cosa state pensando: non sono io travestita da Jude; lasciatemi un paio di capitoli e ve lo dimostrerò.

Quindi sì: ecco la long che avevo promesso. È una AU ed è anche abbastanza corta: solo nove capitoli.
È ambientata a Bristol, precisamente nel borgo di Redland. Avevo bisogno di un posto che stesse nella "periferia" - quindi lontano da Londra - e ho scelto Redland perché è quello che più di tutti corrisponde alla mia idea di "Quartiere Studentesco".
Ma è solo per dare un po' di precisione alla fanfic, non serve immaginarla o averla vista (e va beh, i personaggi studiano ai veri indirizzi dell'università di Redland, ma ne parleremo quando sarà il momento... x'D)

Qualche nota "tecnica":
Ho praticamente azzerato la differenza di età: Jude ha 20 anni, Robert uno e mezzo di più. Il primo è uno studente, il secondo lavora ed ha una strana tendenza a mettersi nei guai.
Jude è vegetariano, quindi anche il mio lo è (e mangia i toast proprio come piacciono a me, lol).
Robert è nato a NY, ma in effetti è cresciuto a Londra... va beh, è una AU, quindi si può far finta che sia cresciuto lì dov'è nato xD

E questa fanfic meriterebbe talmente tante dediche che non so da dove iniziare. Quindi la dedico a tutte quelle meravigliose persone che hanno letto, commentato, preferito e ricordato la mia oneshot: vi adoro
Ma in particolare a Manu & Barbara che mi sono sempre state accanto durante la stesura di questa fic e che mi hanno aiutata in una maniera indicibile, tenendomi la mano anche quando vagavo nel delirio più puro. mi ha persino aiutata a postare, consolandomi quando blateravo di cestinare tutto (cosa che avrei seriamente fatto senza di lei), quando - invece - avrebbe dovuto staccarmi la testa dal collo, semplicemente & senza troppi complimenti. Ed anche a Roberta, che ci teneva davvero molto a leggere qualcos'altro di mio. Grazie donne! ♥

Il titolo viene dalla canzone dei Placebo ovviamente e, vi avviso fin da ora, non c'entra proprio niente con la fic in sé xD

Au revoir~
  
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