Dopo più di un anno
lontana da questa storia, eccomi ricomparire. Mi piacerebbe poter dire
che le
difficoltà trovate nel corso di scrittura sono del tutto
sparite e ormai riesco
a scrivere spedita come un tempo, ma ahimè, le cose non
stanno affatto così. Non
so bene da cosa dipenda, ma ora come ora faccio una gran fatica a
scrivere. Forse
per superare questo blocco, che ormai va avanti da troppo tempo, non
devo far
altro che affrontarlo come si fa con i problemi. Fin ad ora ho pensato
di
aspettare che la voglia di scrivere tornasse da sola, ma a quanto pare,
davanti
alle difficoltà non va così. Allora finalmente mi
sono decisa. Devo essere
sincera, non lo faccio per me, ma per le persone che hanno sempre
seguito
questa fic, non è giusto per loro lasciare questo punto
interrogativo, sparire
e basta, così… Sono mortificata per questa mia
lunga, lunghissima sparizione,
mi dispiace tantissimo! Ma con tutta sincerità vi dico anche
che probabilmente
i prossimi capitoli, quando arriveranno, e se arriveranno, saranno
diversi da
quello che è stato il mio lavoro fin d’ora. E mi
aspetto qualcosa di deludente,
quindi ritenetevi tutti avvisati: Se prima quelle quattro parole
piacevano a
qualcuno, non credo che ora possa essere così, semplicemente
perché per adesso
non ho lo stesso spirito di quando ho iniziato questa storia. Magari
provando e
riprovando troverò una soluzione e potrei anche riuscire a
scrivere qualcosa di
soddisfacente.
Ora, vorrei spendere
qualche altra parola riguardo questo capitolo in particolare. Devo
ammettere
che non ho fatto granché, il capitolo era quasi completo, ma
per tutto questo
tempo non mi sono mai sentita tanto motivata da rivederlo e
pubblicarlo. E più
passava il tempo e più diventava difficile! Mi dispiace se
magari qualcuno si
aspettava qualcosa di diverso, capisco che dopo un anno passato ad
aspettare,
questo capitolo non basterebbe a nessuno, ma purtroppo non sono
riuscita a fare
di meglio, e non mi sembrava il caso di prolungare ancora,
quindi… ecco il
capitolo, breve, e pressoché inutile… Ora non mi
resta altro da fare che
aspettare e scoprire se dopo tutto questo tempo, a qualcuno interessa
ancora
quello che scrivo, e sapere cosa ne pensa…
Buona lettura! E spero di
risentirci quanto prima per un nuovo capitolo!
P.S. : Forse mi sono ripetuta troppo, forse ho fatto 1000 errori, ma l’ansia di aggiornare finalmente non mi fa riflettere a dovere, quindi non ho riletto nulla… Se ci sono degli errori, a partire dallo sproloquio qui sopra, mi dispiace davvero… Ma capitemi! Dopo 1 anno che manco, devo riprendere confidenza! XD
Capitolo
17
Adattarmi
al branco non fu
affatto facile, era incredibile vedere come stavano bene tutti insieme,
come
giocavano tra loro, sembravano davvero tutti fratelli. E io? Che ci
facevo io
in mezzo a loro?
Non avevo nulla in comune con
gli altri. Per prima cosa ero scontrosa, non avevo nessuna voglia di
socializzare con loro. Mi dava un enorme fastidio vederli
così allegri, che
cosa ci trovavano di bello in quella forma di schiavitù?
Avevano dimenticato
così facilmente i periodi di solitudine passati prima di
entrare a far parte
del ‘branco’? Persino mio fratello non ci mise
molto a legare con gli altri,
anzi, sembrava completamente a suo agio, come se non avesse bisogno
d’altro o
non avesse aspettato altro nella vita che giocare a fare i lupi
supereroi. Io
non lo trovavo affatto così semplice! E poi, cosa
più importante: ero una
ragazza, l’unica. Che cosa ci faceva una ragazza in mezzo ad
un gruppo così
numeroso di ragazzi? Perché non ce n’erano altre?
Perché solo io? E perché
proprio io?
Non potevo fare a meno di pormi
queste domande, più li osservavo e più mi
assalivano i dubbi.
Parlare con gli anziani non
aiutò affatto. Neanche loro sapevano spiegarsi il motivo
della mia
trasformazione. Seppero dirmi solo che da secoli, era la prima volta
che si
manifestava una cosa del genere, ovvero che ci fosse anche una ragazza
nel
branco. Che cos’ero? Potevo davvero considerarmi una di loro?
No, non ci sarei
mai riuscita. E allora iniziai a pensare che non poteva esistere
quell’armonia
che vedevo tra loro quando ci riunivamo. Ero crudele, lo ammetto. Ma
ero molto
infelice, e nessuno poteva aiutarmi. Non c’era una soluzione
al mio problema,
ma non me ne sarei stata con le mani in mano a vedere solo volti sereni
intorno
a me!
Trovare un modo per disturbare
i miei ‘fratelli’ fu semplice, e a dirla tutta
involontario. Eravamo tutti
trasformati, e ognuno di noi dava libero sfogo ai propri pensieri,
quasi tutti
rivolti alla foresta e ai suoi particolari abitanti. Invece io
preparandomi,
iniziai ad elencare uno per uno tutti i difetti e le
particolarità di ogni
membro del branco. Si sentiva chiaramente il fastidio che provavano
mentre i
miei pensieri scorrevano, ma non mi fermavo. E quello fu solo
l’inizio.
Partii così, semplicemente con
i loro difetti, ma arrivai persino a ricordare uno degli scandali
sepolti da
tempo a La Push. Col senno di poi so di aver sbagliato, e nella mia
posizione
ora è facile chiedere scusa, ma non mi sento di dire che se
mi trovassi nella
stessa situazione non lo rifarei. Odiavo tutto questo.
Fu un caso che ci trovammo a
fare la ronda insieme quella notte.
Sam chiese a Embry e a me di
stare di guardia insieme a Jared. Embry, Jared e Seth erano gli unici
con cui
potevo stare. Jacob era troppo suscettibile quando si parlava di Bella
Swan,
lasciare Paul e me da soli equivaleva ad una carneficina, e Sam non
aveva
alcuna intenzione di passare del tempo con me (davvero carino, il mio
ex
fidanzato), e sentire tutto il dolore che mi aveva causato.
Fu proprio quella notte che,
presa dalla solita acidità che mostravo ai miei
‘fratelli’, mi ricordai della
situazione familiare di Embry, che sua madre l’aveva sempre
cresciuto da sola,
dicendo in giro che il padre non era un membro della tribù.
Ma a quanto pareva
quella era una bugia bella e buona, in quanto essendosi trasferita a La Push da giovane,
neanche lei aveva
origini della tribù, quindi Embry aveva sicuramente
ereditato il gene dei lupi
da suo padre. Più andavo avanti coi miei pensieri e
più dimenticavo di prestare
attenzione a ciò che pensava il mio compagno. Chi poteva
essere il padre di
Embry Call? C’erano solo quattro persone che coincidevano col
resto della
storia: mio padre, Billy Black, il padre di Sam e il padre di Quil, il
che era
tutto dire, visto che erano tutti già sposati alla nascita
di Embry. Il cerchio
si stringeva ancora se eliminavamo Billy e papà, si erano
fatti in quattro per
aiutare la giovane donna a crescere un bambino, e di sicuro non
è il
comportamento che avrebbe usato chi intende nascondere
un’eventuale relazione.
Quindi restavano solo Uley e
Ateara. E
secondo il mio parere, arrivata a tal punto era fin troppo semplice,
tutti
sapevano che il padre di Sam era un tipo poco raccomandabile, chi
avrebbe mai
pensato che il giovane e stimati figlio del vecchio Quil potesse avere
una
relazione extra coniugale e nascondere un eventuale bambino? No, tutte
le
ipotesi portavano al padre di Sam.
In un attimo mi trovai
immobilizzata sotto la presa forte del lupo che prima mi correva
accanto. Ero
stata così presa dai miei pensieri da non rendermi affatto
conto di ciò che
Jared mi stava gridando nella mente: BASTA! Un urlo tanto forte, ed io
non mi
ero accorta di niente. Ero tanto interessata a quella faccenda da non
riuscire
più a sentire il resto. E subito dopo riuscii ad avvertire
ancora più potente
il dolore di Embry. Quel ragazzo tanto carino che non aveva fatto
assolutamente
niente di sbagliato per meritarsi questo, se non essere stato tanto
sfortunato
da non avere un padre degno di tale nome. E in quell’istante
capii quanto male
gli avessi fatto.
E fu più forte di me. Jared mi
lasciò andare, mi conosceva e conosceva bene anche le mie
reazioni.
Scappai, scappai veloce. Tornai
indietro, ripresi le mie sembianze e una volta a posto mi nascosi tra
gli alberi
e piansi. Piansi tutte le mie lacrime, piansi per il male che avevo
fatto ad
Embry, ai miei amici del branco, per ciò che era successo ad
Emily, per mio
fratello e mia madre, che oltre a sopportare la perdita di mio padre
dovevano
fare i conti con me. E piansi per me. Per quello che mi aveva fatto
Sam, per
l’imprinting con Emily, per aver perso una fidanzato, una
cugina e dopo poco
ogni mio amico. E soprattutto per aver perso mio padre, a causa della
mia
stupida trasformazione e di non averlo potuto evitare in alcun modo.
Quella notte rimasi così,
nascosta tra gli alberi, da sola a combattere col mio dolore. Non
ricordo molto
altro, solo che il giorno dopo, all’alba, sentii mio fratello
spostare qualche
ramo e prendermi tra le braccia. Così tornammo a casa,
mentre mi aggrappavo a
lui, come una bambina.