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Autore: Scribak    10/07/2011    2 recensioni
"...Tra i più remoti recessi della sua coscienza, il ragazzo si affannava a cercare un’immagine rassicurante o, per lo meno, non deprimente quanto i suoi ricordi più recenti: il sorrisetto vagamente compiaciuto del fratello Prussia e quello raro e misurato di Kiku erano guide sicure verso un riposo di pochi minuti, bastevole a renderlo di nuovo abbastanza cosciente da permettergli di sfuggire alle spire tenebrose della sua malinconia. Quel giorno, tuttavia, non poteva fare a meno di pensare a quel ragazzetto snello che l’aveva ferocemente tradito, ed all’unico momento in cui i suoi occhi, dello stesso colore cupo della resina d’una quercia, si erano spalancati, inchiodandolo con il fucile in mano su una collina del Piemonte...". Attraverso la carta ed il dolore, solo una giovane nazione spensierata potrà salvare Ludwig dalla disperazione in cui l'ha gettato la Seconda Guerra Mondiale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Through the paper and the pain

Talvolta, è difficile conferire il vero nome ad un sentimento, soprattutto se sgradito e ci si abitua a ricacciarlo in un angolo della nostra coscienza, sforzandoci di non considerarlo, ogni qualvolta che si ripresenta davanti a noi: ciò che non ha nome, si sa, incute sì più paura, ma finisce per rappresentare un’idea talmente astratta, da non costituire un’effettiva minaccia alla nostra tranquillità, specie comparandola alla vita frenetica che siamo, spesso, costretti a condurre.

Leggendo quel nome, Ludwig si era trovato in questa situazione: era stato facile, in fin dei conti, soffocare nell’odio giustificato dal tradimento e dalle numerose umiliazione subite, tutto ciò che Feliciano aveva rappresentato per lui negli anni precedenti: l’italiano era stata la prima persona (o, per meglio dire, nazione) che gli si fosse mai affidata totalmente, seguendolo con un’ammirazione goffa e gentile, che, pur risultando pericolosa per entrambi su un campo di battaglia, aveva vagamente intenerito il suo animo chiuso e diffidente. Era questo che Ludwig aveva negato durante ogni singolo giorno dell’anno passato: la ferita che l’italiano aveva scelto di infierirgli proprio quando era più debole e prossimo alla sconfitta, non si era ancora rimarginata, ma, al contrario, continuava a bruciare, negandogli quella pace che tanto si struggeva a cercare nel sonno. Il sentimento che aveva così sovente evitato di riconoscere, preferendo annegare lentamente nella paura della pioggia e nelle veglie notturne sempre più confuse, era un dolore così puro e limpido, da rendere insopportabile il solo soffermarsi su di esso per un tempo più lungo di un respiro.

Era bastato il solo nome dell’italiano a costringere Germania a fronteggiare tutto questo, e lui si sentiva, ancora, come trafitto da quegli occhi così feroci e consapevoli: nudo, svuotato e terribilmente solo, davanti a quel ridicolo foglio di carta segnato da numerose cancellature, provava la medesima fitta martellante al petto, che, immancabilmente, era tornata a visitarlo durante ogni assalto in trincea, tra il sibilo angosciante dei proiettili ed il rombo dei cannoni.

Hallo, Ludwig.

Non mi azzardo  a scrivere “liebe”, perché so che non l’avresti ritenuto appropriato, e quasi mi pare di indirizzare una lettera ad un'altra nazione, e sentire la tua voce ammonirmi di mantenere un tono freddo e distaccato. D’altronde, come  mi  sta ripetendo anche mio fratello, non si rivolgono parole gentili alla persona che si è minacciata sul terreno di guerra,: ma un ignobile traditore come me, se ha avuto il coraggio di voltare le spalle al suo alleato, può permettersi di prendere qualche libertà rispetto alle consuetudini epistolari, non ti sembra?

Ti scrivo in nome della nostra amicizia, perché è questa che sto cercando disperatamente di salvare: ciò che le altre nazioni si dimenticano troppo spesso, o che, forse, neppure sanno, è la differenza tra l’alleanza, stretta per dovere nei confronti del popolo che abbiamo giurato di servire e proteggere con la nostra stessa nascita, ed il vero, autentico affetto che non vede né politica, né confini geografici.

Quel giorno, tra le colline, ho aperto gli occhi perché così ha voluto la mia gente. Troppe voci mi pregavano di destarmi. Quel giorno, ho suggerito ad un tedesco di suicidarsi, piuttosto che continuare a seminare orrore per l’Europa, cercando di ignorare chi fosse realmente: Feliciano Vargas non avrebbe mai potuto  puntare la pistola contro un amico, e questo lo sai, Ludwig.

Ho rotto la nostra alleanza, ma la nostra amicizia non morirà mai: se ne è reso conto anche Friedrich Overbeck, intitolando a noi  questo quadro (l’originale di quello che ho dipinto per te). L’ha compreso un semplice essere umano. Spero che un giorno possa capirlo anche tu.

Ti amerò per sempre.

Feliciano, Der Verrater

Le parole scritte dal giovane italiano lambirono lentamente le orecchie di Ludwig, cavalcando il suono di una voce che non aveva più udito dal giorno dell’armistizio: il susseguirsi fitto delle vocali pronunciate in modo curiosamente allungato, e delle liquide arrotate con più garbo di quello che imponeva la sua lingua, crearono una melodia ricca e familiare, così intima, perché lui solo, in quel momento, poteva sentirla, così dolorosa e straordinariamente desiderata. Per qualche strano motivo, che neppure lui stesso riuscì a spiegarsi fino in fondo, Germania sollevò lo sguardo dalla lettera, rivolgendolo al quadro di Feliciano che ancora giaceva sulla scrivania: gli occhi della ragazza dai capelli bruni, che ora capiva essere la rappresentazione dell’Italia, erano socchiusi, lasciando che le ciglia sfiorassero la pelle del viso, così come soleva fare, un tempo, il suo alleato.

In quel momento, Ludwig comprese tutto, sorridendo involontariamente alle due giovani nazioni: certo, il dolore e la vergogna non potevano essere cancellate da una sola, breve lettera, eppure, un tenue sollievo pervase il tedesco, che, posata la tela, si alzò dalla sedia con nuova energia.

Le sue dita corsero allo stoppino della lampada lì accanto, spegnendola: l’oscurità avvolse il ragazzo, mentre quest’ultimo, facendosi strada tra i pesanti mobili di quercia, si diresse verso una delle vetrate della sala, coperta da una spessa tenda di velluto.

Con un gesto deciso, Ludwig tirò da una parte i due lembi di tessuto, illuminando la stanza di una luce grigia e fresca, curiosamente vibrante. Pioveva ancora, a Francoforte, eppure il lieve sorriso che si era disegnato sulle sue labbra non vacillò: il ticchettio delle gocce d’acqua portò con sé i ricordi di mesi passati nel freddo e nella miseria, ma il ragazzo era animato da un nuovo, potente pensiero.

Feliciano aveva vinto le sue paure, se erano mai esistite, ed aveva aperto gli occhi per la sua gente, preferendo passare per un traditore, piuttosto che venir meno al suo dovere. Aveva dimostrato un coraggio che mai il tedesco aveva sospettato che avesse, e, tuttavia, era rimasto sempre lo stesso ragazzo. Era divenuto più forte, quando lui era più debole; si era reso conto della follia dei suoi superiori, mentre lui, invece, aveva preferito rinchiudersi dietro un cancello di filo spinato, non per stare vicino al suo popolo, ma per puro disgusto del nazismo.

Il sorriso di Ludwig si spense, lasciando il posto ad un’espressione sorpresa: portandosi una mano al viso, si rese conto che una lacrima aveva rigato lentamente la sua guancia.

La mascella del tedesco si contrasse in modo deciso, mentre volgeva gli occhi al cielo, incontrando lo stesso, identico grigio-azzurro delle sue iridi; la sua mente aveva acquisito nuova chiarezza, come se le parole di Feliciano avessero sollevato in un turbine inizialmente confuso, i suoi pensieri, per poi dar loro un ordine migliore. Eppure, c’era ancora un angolo della sua coscienza che, nella pace e tranquillità che si stavano insediando in Germania, continuava a lavorare febbrilmente, ritornando, impazzito, sulla conclusione della lettera appena letta.

Ho rotto la nostra alleanza, ma la nostra amicizia non morirà mai…Ti amerò per sempre.

Ed a quelle parole, Ludwig si sentiva pronto a risollevare la testa e le spalle con la sua antica fierezza. La Germania era pronta a rinascere.

 

Angolo dell’autore

La fanfiction, incredibilmente rispetto i miei soliti canoni, continua: ho cercato di seguire i consigli datimi nelle recensioni, ma, nonostante le numerose revisioni al capitolo, credo che le parti introspettive siano ugualmente lunghe ed intricate. Mi scuso anche nel caso non vi sia piaciuta la lettera scritta da Feliciano: mettersi nei panni di un personaggio rivisitato in una chiave così diversa dal solito è piuttosto difficile, ed io, del resto, non ho una grande capacità di immedesimazione. Per quello che riguarda, invece, la fanfiction in sé, credo che conterà ancora uno o due capitoli, e spero di inserire al più presto anche tutti gli altri personaggi menzionati nell’introduzione. Non penso di dover aggiungere altro, se non i dovuti ringraziamenti ai recensori (Suigintou, nena92 e Catherina Earnshaw, cui cercherò di rispondere singolarmente) e chi ha incredibilmente messo la storia tra le preferite e/o seguite (Mareike Tiaycia, GreenKiller, GingerTrickster e Kuro_Renkinjutsushi): mi auguro di non aver deluso le vostre aspettative con questo secondo capitolo. A presto, con la continuazione della storia :)

Arianna F. alias Scribak

N.B. Qualche nota di chiarimento è d’obbligo: innanzitutto, Friedrich Overbeck, il pittore citato da Feliciano nella lettera, è l’autore del celebre dipinto “Italia e Germania”, attualmente conservato presso la “Neue Pinakothek” di Monaco di Baviera. Secondariamente, per quello che riguarda le parole in tedesco, mi sono dovuta affidare principalmente a traduttori on-line, pertanto non sono sicura che le lettere, in Germania, comincino effettivamente con “liebe” (traduzione letterale di “caro”); l’appellativo, inoltre, con cui Feliciano firma la lettera (ossia “Der Verrater”, letteralmente “il traditore”) richiama sempre la fanfiction cui ho accennato nel capitolo scorso. Vorrei spiegare, infine, l’espressione usata da Italia in riferimento a Ludwig (“Ti amerò per sempre…”): desidero solo chiarire che non l’ho inserita a scopo Yaoi, come si potrebbe facilmente pensare. Molto più banalmente, non ho trovato una sostituta degna del sentimento così profondo e forte che lega Feliciano a Germania, che, credo, vada al di là dell’amicizia o, addirittura, dell’amore, inteso quale passione romantica.

  
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