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Autore: Herit    14/09/2011    4 recensioni
Filippo e Lorenzo sono gemelli, opposti in tutto e per tutto dall'aspetto esteriore e caratteriale, alla scelta della scuola, per passare in fine all'orientamento sessuale.
Arianna è la migliore amica di Lorenzo, ed è innamorata di Filippo più o meno da sempre. Phill però non la vede. Lui guarda altro, a differenza del fratello.
Giovanni è al primo anno di magistrale ed è costretto a dare ripetizioni un po' in tutte le materie a Phill. Ma tra loro c'è anche altro.
Riccardo è l'ex di Giovanni, partito per studiare all'estero senza lasciare notizie di sé, che ora vuole tornare nella vita dell'universitario. O forse non è davvero così? Il cuore umano è volubile, infondo.
E poi ci sono Vanessa, Stefano... e la droga.
Vite che si intrecciano e che prendono distanze. Frammenti che cadono a terra come foglie d'autunno e come sfondo una Venezia fin troppo calda.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo: I, my, me.


Like a moth I'm drawn into your flame
(Come una falena brucio nelle tue fiamme)
Not strong enough
Apocalyptica


Venezia è strana, quando la vivi.

Venezia è strana quando hai diciotto anni e una sigaretta in bocca. E' strana quando la guardi dal basso, sentendoti piccolo sotto quelle tonnellate di storia, che sì, trovi un po' ovunque in tutta Italia, ma che lì senti fremere in ogni capitello nascosto in un qualche campiello che non hai mai visto prima ed in ogni palazzotto che ti scruta dall'alto, con il suo aspetto fatiscente. Ed arrivi a chiederti da quanto tempo è lì a guardare flotte di gente passare.

Venezia è strana ed è magica anche quando hai diciotto anni, una sigaretta in bocca e schiatti, tramortito dall'afa che ti si appiccica addosso come una seconda -se non una terza- pelle. Anche quando la cartella pesa sulle spalle e tuo fratello si lagna di quando schifo faccia quella cazzo di città dove avete trascorso quei primi e fottutissimi diciotto anni della vostra vita.

Ma Venezia è fatta così, e la scopri piano piano. Puoi viverci da ere, ma ha sempre qualcosa di anticamente nuovo da regalarti.


Filippo Pedrotti -Phill per gli amici e a quelle due “l” ci tiene- lo sa. E' per questo si volta perplesso verso il ragazzo che gli cammina un passo dietro, con le mani infilate in tasca e la sigaretta in bocca, sbuffando dal naso. Suo fratello non parla così. Mai. Di solito è freddo e composto. Fine ed educato. E' lui quello matto estroso. E' lui quello che di lì a poco compirà diciannove anni e nell'animo sembra averne ancora dodici. E' lui quello che scivolando con lo sguardo lungo quella figura tanto familiare riesce a cogliere i frammenti di una nicchia un po' in ombra, nascosta. Un'immagine sacra gioca a nascondino con i raggi del sole. Si cela silenziosa tra il marmo che una volta doveva scintillare pallido contro la pietra rossa e viva del muro che la ospita e che ora, invece, mostra di sé solo pietra sbeccata e la tristezza della decadenza di quella città che traspira storia e passato da ogni angolo. Ciondola il capo, un po' a destra, ed il profilo quasi completamente privo di naso di una madonnina pallida come la morte si mostra con la timida compostezza degli umili. Un po' verso sinistra e quel profilo scompare, obliandosi come presto accadrà se qualcuno non interverrà.

“E che cazzo, Phill, mi stai ascoltando o sto parlando con un muro?” La voce scocciata di Lorenzo gli arriva alle orecchie e lui si limita a sollevare un sopracciglio, continuando con quel sapiente gioco di sguardi con quella statuina che ancora fiera resiste alle intemperie ed agli agenti atmosferici.

“Ma non ti fa rabbia, Lore? Tutti dicono che Venezia è una cartolina. Che va salvaguardata. Eppure, ti pare giusto?” La sua ingenuità fa ribollire il sangue nelle vene del fratello, lo sa, ma non può farci nulla per evitarlo. Eppure le sue parole hanno il potere di catturarne l'attenzione, tanto che gli occhi ghiacciati del suo gemello vanno a correre in direzione del suo sguardo, abbracciando quel capitello malconcio. E' lui a sbuffare, questa volta -un baffo di fumo grigio che sale verso l'alto- e parte alla carica, a passo spedito, agguantandolo per un braccio e trascinandoselo dietro.

“Sì, Phill, mi fa rabbia. Ma mi fa ancor più rabbia pensare di doverti accompagnare ancora a casa di quel... quel... non mi vengono definizioni più gentili di “finocchio”, di Boscardi. Possibile che tu non abbia trovato nessun altro cui rivolgerti?” Non gli vengono definizioni più gentili perché lui è omofobo. Filippo lo sa ed è una delle tante cose che non capisce del fratello. E una di quelle cose che non riesce a conciliare con l'immagine che ha di quel ragazzo con cui è cresciuto. Alla fine, anche lui è omosessuale, anche se sono davvero in pochi a saperlo: potrebbe contarli sulle dita di una sola mano. E Lorenzo non è contemplato. Si lascia trascinare verso la porta in silenzio, senza ribattere. Ancora perso in quei pensieri che nemmeno il suo adorato gemello può leggere. Non ne ha la capacità: non li capirebbe. E questi nel mentre lo rimprovera perché con lui è freddo. Perché con lui è distaccato. Con lui e solo con lui. Ed è strano, perché nonostante tutti i rimproveri, quella gli sembra ogni volta la massima esternazione del suo affetto per lui. Si blocca di scatto, Phill. I capelli mori lunghi fino alle spalle che vengono tenuti fermi in modo impudente dalle grosse cuffie nere che porta attorno al collo e gli occhi color nocciola che si piantano sul viso efebico dell'altro. Quel viso identico al suo, seppure con colori differenti. Gli occhi che grigi -argento fuso- e le sopracciglia bionde, così come i capelli che sembrano quasi bianchi, incurvate in quell'espressione seriosa che gli è tipica. Seria ed un po' altezzosa.

“Sei stato tu a proporti di accompagnarmi. Non ti capisco proprio, Lore. So che i gay non ti vanno a genio, però a mamma e papà è simpatico. E da quando vado a ripetizioni da lui, i miei voti sono migliorati. Quindi non concepisco tutto questo astio.” Considera rubandogli la sigaretta in un gesto confidenziale, sfiorandogli le labbra con le dita. Lo fa senza malizia, portandosi il filtro alla bocca poi, aspirando senza fretta. Non gli piace il gusto che gli lascia in bocca il tabacco, ma anche solo l'atto del fumare sembra tranquillizzarlo un po'. Alla fine, anche se non lo dà a vedere, è nervoso pure lui. Sette giorni ed inizieranno gli esami. Sette giorni e, se Dio lo vorrà, non vedrà altro che le mura di quel dannato liceo scientifico nel quale, dopo cinque anni, si deve ancora spiegare come diamine c'è finito. E per un attimo, gli sembra di capire come possano sentirsi le vittime di Samara, in “The Ring”. Sputa fuori il fumo, gettando in fine il mozzicone a terra, pestandolo con tutta la stizza che non emerge nel resto della sua figura sciatta, ma permeata di una calma serafica. Lorenzo l'osserva perplesso. Le parole imprigionate nella sua bocca che non sembrano essere intenzionate a scivolar fuori, ed allora scappa. Perché lui non sa, ma immagina. D'altronde il profumo familiare di Filippo cambia, quando torna da quella casa. Una fuga vera e propria da una sensazione che non gli piace. Suona il citofono di un vecchio edificio un po' malconcio, in una calletta1 un poco nascosta della zona del ghetto vecchio.

“Non è astio. E' che quel tipo non mi piace. Punto. Ne riparliamo a casa.” Decreta sbrigativo, alla fine, abbassando quegli occhi di ghiaccio che perdono la loro fierezza solo in presenza del fratello. Filippo inarca un sopracciglio senza capire. Non è stupido, lui, anche se si atteggia come tale. Non è stupido e si rende conto di quanto sia profondo l'affetto che il suo gemello prova per lui. Di quanto quelle parole siano dette per proteggerlo. Di quanto quella gelosia sia portata dalla paura di perdere un frammento di sé. Alla fine se lo sono sempre detti: loro sono come Castore e Polluce, i due gemelli del loro segno zodiacale. Loro sono legati indissolubilmente e niente potrà separarli. Ma forse il loro è un po' un complesso. E' la paura di perdere una cosa che si possiede ed è penetrata sotto la pelle.

“Va bene. Ah, Lò, ho cominciato delle tavole nuove. Non è che me le impagini, intanto?” La domanda rimane sospesa, come quella risposta che, Phill lo sa già, sarà un “no” che in realtà poi magicamente, diventerà un “sì”. Perché suo fratello adora i suoi fumetti, le sue storie ed i suoi disegni, e sa che adora divenir parte della macchina che li crea. Gli dà sicurezza, in qualche modo. La certezza di essere ancora parte viva nella vita del suo gemello. Che quel legame non si è ancora spezzato.

“Dovresti pensare allo studio, anziché ai fumetti, Filippo. Sali prima di fare le radici lì sotto.” La voce metallica e graffiata del padrone di casa esce dal citofono, facendoli sobbalzare entrambi, mentre la porta del casolare vien aperta, lasciando sbucare una cortina di ricci castani seguiti da una figuretta piccina, seppure formosa e piena.

“Sì. Sì. Arrivo.” Assicura Phill, sventolando la mano destra alla ragazza che gli si presenta davanti. Un sorriso allegro e dolcissimo a delinearle i tratti del volto che ancora si mostra bambino. Rotondo e con le guance rosate, rispetto al resto della pelle nivea. “Aria, non sapevo prendessi ripetizioni anche tu, qui.” Commenta quindi, chinandosi a baciarle una gota. E a Lorenzo, lasciato lì, in disparte, non sfugge la dolcezza di quello sguardo che la giovane dedica al suo fratellino. Così come non gli sfugge quel rossore leggero che diviene più presente sulle sue guance. Non coglie però la gelosia. Quella che aleggia, sottile tra loro. Quella che c'è, ma non si vede, simile a nebbia sottile che ovatta appena le forme, rendendone poco definiti i contorni. Quella che emerge semplicemente in quel “qui” sottolineato con poca più forza da Filippo.

“Ho il terrore, Pippo. Non mi sento preparata su nulla. Cioè. Sai come sono, no? Non ho studiato un ca... volo per tutto l'anno, ed ora mi sono trovata tra capo e collo con il programma di dieci materie da ristudiare. Cacchio. Ma si può essere più... più... omologamente omologati?” Lei è nel panico e Filippo ride. Ride con quella risata che dedica solo a lei. Con le labbra che si arcuano completamente verso l'alto ed i denti un po' messi in mostra, bianchi e perfetti a dimostrazione del fatto che anni ed anni di apparecchio fisso, sono serviti a qualcosa. Le guance incavate che si tendono e gli occhi che diventano due mezze lune vivaci e luminose. E non può fare a meno di seguirlo anche lei, in quella risata contagiosa. Perché lei lo adora, e c'è poco da fare. Lore lo sa. Lui è il suo migliore amico. Phill è il ragazzo cui lei va dietro.

“Io salgo, Aria, prima che quel demonio di Giò strippi. Ho la sensazione che oggi mi caricherà di lavoro. Mi chiedo perché l'intelligenza se la sia presa tutta quel disgraziato di mio fratello.” Lo indica senza tante cerimonie, dedicandogli un'occhiata che sa di complicità. Quel legame forte e profondo che hanno maturato con gli anni. “Però, almeno la bellezza me la sono tenuta tutta per me.” Le ammicca e scompare oltre la soglia, lasciandola lì, a ridere con quella risata che non si può non amare. Quella risata che sa tanto di scampanellii dolci di cristalli. Brillanti e vivaci. Lorenzo le si avvicina e l'abbraccia da dietro, sovrastandola come una montagna. Lui è alto. Alto e magrissimo e questo, unito alla differenza spropositata di statura tra loro, lo fa apparire enorme, quando sono uno accanto all'altra.

“Ti accompagno a casa, Arianna.” Un semplice dato di fatto. Quel pensiero nasce spontaneo, come la constatazione di quanto quel cielo sopra le loro teste sia tristemente grigio. Come tutte le chiacchiere che da lì nascono, e che li accompagnano lungo il tragitto.

1Le strade, a Venezia, possono essere chiamate tanto “vie” quanto “calli”.











Che dire? Avevo voglia di iniziare a pubblicare qualcosa di nuovo. Pubblicare i miei racconti mi manca, ma sono caduta in una sorta di coma dello scrittore - altro che blocco - e per un po' non sono riuscita a rpodurre niente di decente. Questa storia avrebbe dovuto partecipare ai contest "not strong enough - rinunciare all'amore" e "notte prima degli esami".Inoltre non sono stata molto al computer quest'estate, tardando ad un sacco di consegne come Beta. Chiedo scusa a tutti >_< Ho rinunciato ad entrambi, comunque, perché non riuscivo più a scrivere. Capita. Proprio perché ho rinunciato a partecipare a questi contest, molte delle idee che mi erano venute in testa per la storia sono sfumate e da 30 cartelle massimo che mi erano state date come limite, probabilmente lieviteranno allegramente XD Ho tanto da dire su Filippo, Lorenzo, Arianna e Giovanni. Probabilmente ne dirò, aggiungendo altri personaggi. Spero apprezzerete il prologo. 
Ringrazio __Dì che ha provveduto alla correzione dei capitoli fino ad ora, facendomi da betO. Grazie, tesoro, anche per i complimenti del tutto infondati XD

Herit

   
 
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