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Autore: artemide88    27/09/2011    10 recensioni
Isabella Swan ha iniziato a lavorare presso la sede newyorkese di una multinazionale. il suo capo? Edward Cullen, ovviamente. non si sopportano ma lei ha bisogno di un lavoro e lui di una segretaria. e poi c'è una promessa da mantenere...buona lettura!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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cap 13
CAPITOLO 13 – PHILIP


Due giorni dopo, arrivò alla Guns ‘n Cullen di New York un signore anziano, alto e distinto. Indossava un completo scuro molto raffinato e la lieve abbronzatura del volto, non sminuiva il portamento elegante.

Aveva cercato la segretaria alla sua scrivania, ma questa era vuota. Bussò quindi direttamente alla porta in fondo al corridoio. Edward la spalancò all’istante e lo invitò ad entrare.

“caro Edward” disse Philip stringendogli la mano, prima di sedersi sulla sedia in pelle davanti alla scrivania. “sei cresciuto dall’ultima volta che ti ho incontrato.”

“ne è passato di tempo, Philip. Com’è la Costa Rica?”

“una splendida terra. Ma non siamo qui per palare della mia casa, sbaglio?”

Edward sorrise, amava il carattere dell’uomo che gli sedeva di fronte. Nonostante gli anni e il fatto che si fosse ritirato dagli affari da tempo, non aveva perso il suo smalto, né tanto meno la sua schiettezza, andava sempre dritto al punto. Gli raccontò del consiglio e la sua manovra estrema di salvezza. In realtà, confessò, il prototipo non era ancora pronto e necessitava di numerose modifiche prima di essere di nuovo sottoposto all’esame del consiglio. Edward aveva mentito, sarebbero servite più di due settimane.

“non ti bastano gli ingeneri che hai?”

“mi servono occhi con più esperienza. Stanno cercando di risolvere alcuni problemi tecnici, ma ne creano sempre di nuovi. Sembrano degli incompetenti...dei novellini appena usciti dell’asilo.” Edward si era alzato dalla poltrona e osservava lo skyline newyorkese per non mostrare tutta la sua irritazione verso i suoi dipendenti.

“hai problemi a gestire il tuo personale? Non hai nemmeno una persona fuori dall’ufficio...”

“la mia segretaria è fuori per delle commissioni.” Rispose secco Edward, stendendo poi davanti ai suoi occhi il progetto del nuovo blindato. “stanno solo sprecando tempo e denaro. Può fare qualcosa? mio padre ha sempre detto che lei era il migliore e non c’è giorno che passi che non la rimpiange come ingegnere.” Lo adulò leggermente ma con classe.

Philip Dywer lo esaminò con molta cura e poi lo ripiegò. “posso fare qualcosa. per il compenso...”

Edward sorrise, qualsiasi cifra se il prototipo fosse stato funzionante entro due settimane. Avrebbe avuto a disposizione qualsiasi risorsa e tutti i loro laboratori.

“stabilisci tu una cifra e fai una donazione all’associazione R. Dywer.” Continuò come se non avesse sentito neanche una parola pronunciata da Edward.

Il signor Dywer si alzò dalla sedia e chiese un pass per andare subito nei laboratori, non aveva voglia di perdere tempo inutilmente.

I due uomini restarono d’accordo per vedersi l’indomani e aggiornarsi. Si strinsero la mano e poi uno uscì dall’ufficio, mentre l’altro si mise dietro la scrivania e compose il numero della sicurezza, che dessero libero accesso a Philip Dywer, ovunque lui avesse voluto andare. Contattò anche gli ingegneri, che non si mettessero ora a rivendicare il territorio. Soddisfatto si concesse un bicchierino di liquore, brindando con se stesso alla sua vittoria contro quello spocchioso di James Stilligan.

Nel frattempo il signor Dywer stava aspettando l’ascensore. Quando le porte si aprirono si trovò davanti una ragazza minuta, ma di sicuro muscolosa, visto tutti i pacchetti e le buste che aveva tra le mani.

“posso aiutarla?” si offrì gentilmente l’uomo.

“mi tenga solo aperto l’ascensore mentre scendo.” Isabella scostò dal viso un pacchetto, riuscendo a vedere bene in faccia l’uomo. “grazie.” Aggiunse.

Scese ma Dywer non salì in ascensore, guardava solo Isabella scaricare i pacchetti alla ben e meglio sulla scrivania. Osservò, incantato, ogni sua mossa, quando si tolse il cappotto, quando depose la borsa sulla sedia e quando da essa estrasse una serie infinita di scontrini e i guanti, il cappellino e la sciarpa.

Solo quando la sentì sbuffare si riprese. Nello stesso momento anche Isabella si accorse che quell’anziano signore la stava ancora fissando, una mano sulle porte dell’ascensore, per bloccarle.

“signore, si sente bene? Devo chiamare qualcuno?” Isabella  gli si era avvicinata preoccupata. “gradisce dell’acqua o del caffè?”

Philip non rispose, entrò nell’ascensore e le riservò solo un’occhiata penetrante mentre le porte si chiudevano davanti a lui.

Che tipo strano. Pensò.

“oh Isabella!”

Mancava solo lui per la collezione stranezze.

Ecco comparire anche il suo capo dall’ufficio, il sorriso soddisfatto sulle labbra e quell’aria da primo della classe da prendere a pugni.

“cancella ogni mio impegno per domani mattina, Philip Dywer mi deve riferire sul prototipo.”

“Philip Dywer?! Quel signore di poco fa era Philip Dywer?” la ragazza era senza parole.

“lo conosci?”

“e chi non lo conosce! Era uno degli ingegneri bellici più famosi a suo tempo. era nell’esercito e poi ha continuato la sua carriera nel settore privato, in una delle maggiori fabbriche d’armi del paese, prima che fallisse, ovviamente.”

Edward sorrise, chiedendosi dove avesse preso tutte queste informazioni. Poi le chiese che regali di Natale avesse preso per sua sorella Alice e per i genitori.

Isabella storse il naso, pensando che aveva dovuto fare da Babbo Natale tutto il giorno, mentre lì, in quell’ufficio, si trovava una delle persone che ammirava di più e che forse non avrebbe mai avuto più occasione di incontrare. Iniziò ad elencare le sue spese folli con la noia nell’animo e nella voce.

“per sua sorella una sciarpa di Hermes. Io non me ne intendo ma me l’ha consigliata la commessa e costava un patrimonio, quindi immagino che vada bene. per i suoi genitori invece...”


***


Il telefono squillava nel piccolo monolocale di Isabella. correndo e inciampando, lei riuscì a prendere la chiamata. Era suo padre.

“ehi, Charlie...” si scambiarono alcuni convenevoli. La conversazione fu leggera finchè non venne toccato il tasto lavoro.

“Jake mi ha detto che quel damerino ti sfrutta e ti fa il filo. È una cosa indecente. Perché non torni a casa? ce la siamo sempre cavata la meglio...non hai bisogno di lavorare lì...ti prego Bells...”

“papà...” sospirò. Chiamava Charlie papà in poche occasioni. Solo quando le sembrava di aver a che fare con un bambino che non voleva capire un concetto estremamente semplice e allora lei doveva spiegarlielo con pazienza e dolcezza, senza alzare la voce, come accadeva spesso tra loro due. “tu odi Jake. Eppure lo hai mandato qui come se fosse la tua carta migliore per farmi tornare a Forks.”

“non lo era forse? Ho tentato in tutti i modi di convincerti a non andare a NY. Io non sono stato abbastanza...ma so quanto hai sofferto per lui e magari...non lo so...forse il sentimento che vi lega era nascosto ancora da qualche parte e poteva riemergere...” Charlie borbottava imbarazzato, non era da lui parlare così apertamente di sentimenti. Isabella se lo immaginò diventare completamente bordeaux e non riuscì a trattenere un sorriso, anche solo per la frase da psicologia spiccia che aveva usato.

“ho chiuso con Jacob Black quella sera di tanti anni fa. Vederlo ora ha solo rischiato di farmi rompere il computer. Non lo odio ma non voglio nemmeno averlo tra i piedi. L’unico motivo per cui sarei tornata sei tu, ma in questo momento voglio lavorare qui. Mi piace lavorare qui.” Isabella si chiese chi stava convincendo, suo padre o se stessa?

“Charlie, scusa, mi sta suonando il cellulare.”

“è qualche ammiratore segreto o è il damerino che ti chiama per lavoro?” la curiosità di Charlie poteva risultare molesta in certe situazioni.

“credo la prima. Non conosco il numero. Aspetta.” Tenendo la cornetta del fisso appoggiata ancora all’orecchio, Isabella rispose anche al cellulare. “pronto?” chiese titubante.

“sono Philip Dywer. Edward mi ha dato il suo numero di telefono in caso di necessita, spero di non disturbarla.”

“no, si figuri, mi dica.” Isabella stava facendo i salti di gioia, poteva parlare con una persona che ammirava immensamente e magari chiedere a lui un consiglio per la sua carriera...o una raccomandazione!

“domani volevo arrivare un po’ presto in sede, mi farebbe il piacere di essere la mia guida? Credo che potrei perdermi nel labirinto dei corridoi.”

“certo signor Dywer, nessun problema.” Isabella era sempre più entusiasta, forse avrebbe anche potuto vederlo all’opera, prima di iniziare il turno nell'ufficio del damerino.

“BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA!” dal telefono fisso risuonò la voce tonante di Charlie.

“ehi! Stai zitto!”

“come dice prego?”

“no, non a lei, signor Dywer, mi scusi. Ero al telefono con mio padre e la conversazione era ancora aperta...” Isabella avrebbe voluto sprofondare per l'imbarazzo, si maledisse per non aver spento prima la telefonata con Charlie.

“ISABELLA MARIE SWAN. TU PRENDI IL PRIMO AEREO PER SEATTLE DOMANI STESSO.” Charlie sembrava partito in quarta e se avesse urlato ancora un po’, Philip avrebbe distinto alla perfezione ogni parola.

“Charlie, ora calmati. Signor Dywer ci vediamo domani mattina. Alle sette e mezzo nell’atrio?” salutato l’ingegnere, Isabella si infuriò con suo padre. “va bene che non ti piace il mio lavoro, che dici sempre che potrei aspirare a qualcosa di meglio, ma se quando mi si presenta l’occasione giusta mi fai fare certe figure di merda! Charlie, cazzo!”

“Isabella, quello...quello ci stava tentando! Stai lontana da lui, hai capito?!”

“sei ridicolo. Se non sai nemmeno che cosa mi ha chiesto?! Devo aprirgli i laboratori domani mattina presto. La Guns ‘n Cullen non è famosa per essere operativa di primissima mattina!” urlò.

Il silenzio che ne seguì fu inquietante. Il signor Swan prese a parlare, il tono serio e pacato, ma glaciale. Lo stesso che usava sempre con lei quando era piccola e non ubbidiva. Come allora, anche adesso faceva venire i brividi a Isabella. “la Guns ‘n Cullen? Jake si è forse dimenticato di dirmi qualcosa, che per esempio avevi cambiato lavoro? Fa lo stesso, domani dai le dimissioni e prenoti il volo per Natale. torni a casa definitivamente e non voglio discutere su questo.”

“non ho più due anni Charlie. Lavoro lì da sempre, solo che non te l’ho mai detto, sapendo che non mi vuoi vicino ad armi da fuoco.” sembrava quasi che lo stesse implorando di perdonarlo, il tono rassegnato e piatto. “i voli costano troppo.” Disse, induritasi di colpo e chiudendo la telefonata, senza lasciargli possibilità di replica. Suo padre non aveva voce in questo capitolo della sua vita.



p.s. dell'autrice: vi ho fatto spettare più di quanto avrei voluto, ma è un periodo infernale.
il rapporto tra Isabella e Charlie ritorna e ne sono contenta...lui mi piace un sacco =)
imbarazzi, intrusioni e sfuriate a parte, ovviamente...
al prossimo capitolo per sapere che succederà...e forse per sapere il motivo della reazione di Charlie.
a presto (spero)!! ciao!!


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