Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Saerith    05/10/2011    11 recensioni
"Occhio per occhio, dente per dente" era in sintesi la logica dietro il codice di Hammurabi. Cosa succederebbe se Sanae iniziasse a ignorare Tsubasa?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: I personaggi di Capitan Tsubasa non appartengono a me, ma al loro creatore Yoichi Takahashi, e non vengono qui utilizzati a scopo di lucro

 

 

Quella mattina in aula faceva più caldo del solito. Il professore dopo aver scritto le formule alla lavagna aveva allentato un po’ il nodo della cravatta e chiesto gentilmente all’alunna del primo banco alla sua destra di aprire la finestra. Facendo scorrere il vetro sulla sede metallica, Sanae aveva avvertito il tocco della brezza estiva, unico ristoro dalla canicola infernale di quelle giornate d’inizio luglio. Le vacanze erano prossime e gli studenti si stavano preparando per gli esami di fine trimestre che si sarebbero svolti entro la metà del mese.

La ragazza si risedette al posto sistemando la gonna del seifuku[1] e, come sempre, si voltò a sorridere a Tsubasa che fissava concentrato la lavagna, cercando di carpire l’arcano dietro alle combinazioni di numeri che ne riempivano la superficie nera. Lo vide grattarsi la testa, come faceva sempre quando era nervoso. Soffocò una risata che stava per uscirle spontanea, prevedeva che avrebbe chiesto il suo aiuto per prepararsi all’esame. Non che la cosa le dispiacesse, anzi, ogni scusa per stargli vicino era la benvenuta, perchè, purtroppo, non aveva altro modo per stare accanto al ragazzo che aveva a cuore.

Terminò di scrivere l’ultimo appunto, poi rivolse uno sguardo fuori della finestra, dove si estendeva il campo da calcio, lì avrebbe passato l’ennesimo dei suoi pomeriggi al club. Niente era cambiato, al di fuori, ma qualcosa dentro di lei sì. Solo qualche mese prima, all’inizio dell’anno scolastico, era ancora la Sanae di sempre, certo, ora più femminile, ma serena e soddisfatta della sua vita. Quell’anno però, era successo qualcosa, un evento che l’aveva portata a riflettere bene su se stessa e ciò che provava.

 

 

Al club di calcio era arrivata Kumi Sugimoto, una kohai iscrittasi a inizio anno e che, a differenza di tanti altri che, dopo i primi allenamenti, avevano abbandonato, era rimasta imperterrita e il motivo di tanta tenacia era uno: si era presa una bella cotta per Tsubasa.

I suoi modi, quasi invadenti, non erano sfuggiti a nessuno, soprattutto a Sanae, che non poteva nascondere che quegli ammiccamenti, quel suo precipitarsi a passare l’asciugamano al capitano e altre fesserie simili le davano proprio sui nervi. Certo, quando erano alle elementari anche lei aveva tenuto atteggiamenti esageratamente espliciti, ma non per questo riusciva a giustificare il comportamento di Kumi. Alle elementari lei era una bambina che aveva provato una simpatia per un coetaneo, ma si cresce, si cambia. Queste erano le considerazioni che stava facendo quella sera di marzo, mentre riguardava il suo prezioso quaderno pieno di ritagli di giornale, tutte foto in cui era ritratto Tsubasa. Per un attimo, il suo volto sorridente le attraversò la mente e sentì il cuore che iniziava a bussare nel petto.

Cos’è questa sensazione?

Aveva richiuso il quaderno e si era infilata a letto, ma il sonno faticava a venire, poichè si sentiva incredibilmente agitata. Il giorno dopo, al campo sportivo, di fronte all’ennesimo teatrino messo in scena da Kumi, aveva serrato la mascella e si era diretta dissimulando tranquillità, verso il capanno degli attrezzi. Con stizza aveva tirato un calcio ad un secchio pieno di ferri e lo aveva fatto rovesciare con tutto il suo contenuto. Si sentiva esplodere dalla rabbia e, non sapeva perchè, gli occhi le si stavano facendo lucidi.

- Ma che ti prende?!- si domandò.

Si passò una mano sul volto e, per la prima volta, cercò di ammettere con se stessa quello che ormai era evidente.

Sanae, tu sei gelosa!

Ritornando sui suoi passi, aveva incrociato Tsubasa che stava andando ai lavatoi. Lui l’aveva guardata con quel suo sorriso dolce che come la sera precedente le aveva mandato il cuore al galoppo. Tutto era chiaro: si era innamorata.

 

 

Scoprire i suoi sentimenti, però, non le aveva fornito anche la risposta su come gestirli. Aveva dovuto affrontare con pazienza le crisi di gelosia che le torcevano lo stomaco, dissimulare tranquillità, quando dentro il petto il cuore le bussava forte ogni qual volta Tsubasa le parlava o quando le loro mani si sfioravano per caso. Col passare del tempo aveva imparato a convivere con la portata dei suoi sentimenti, che si amplificava giorno dopo giorno, ma non poteva esimersi dal sentire quella tremenda insoddisfazione per ciò che stava incatenato nel suo cuore. Kumi, poi, non era la sola spina nel fianco, un’ombra più oscura tingeva di grigio le sue giornate: il Brasile. Sapeva che Tsubasa era fortemente intenzionato a partire al termine delle scuole medie e ne aveva avuto la conferma quando, tornando a casa alla fine degli allenamenti le aveva parlato di Carlos, il ragazzo che gli dava lezioni private di portoghese.

 

 

 

Sbuffò per allontanare quella solita punta di tristezza che la coglieva e richiuse il quaderno di matematica, mentre la campanella annunciava la ricreazione. I suoi compagni si alzarono di scatto, felici di potersi finalmente rilassare.

- Tsubasa-kun, tu hai capito qualcosa delle spiegazioni di oggi?- sentì Ishizaki fare la solita domanda.

- Veramente no.- si voltò nella sua direzione giusto in tempo per notare quel gesto d’imbarazzo che lei trovava delizioso. I loro sguardi si incontrarono e lui tirò fuori la lingua per gioco, ricevendo in risposta una strizzatina d’occhio.

Ho già capito l’antifona, Tsubasa...

Dei tonfi poco aggraziati si avvicinarono all’aula e un secondo dopo, Kumi si fiondò al suo interno, gettandosi come un rapace verso il banco del ragazzo.

- Capitano!-

Sanae sospirò, chiamando a raccolta tutta la sua pazienza: quella ragazza era quanto di più simile a un incubo a occhi aperti. Tsubasa fu colto alla sprovvista e lei approfittò del fattore sorpresa per prendergli il polso e legargli attorno tre fili rossi intrecciati.

- Sono bracciali portafortuna, capitano. Li ho fatti con le mie mani.- starnazzò, mentre chiudeva i nodi di ciascun filo.

Il ragazzo non ebbe modo nemmeno di replicare o ribellarsi, poi quando l’ultimo bracciale fu legato, lei sorridente disse:   - Sono rossi, colore dell’amore.- e accompagnò l’ultima parola con una strizzatina d’occhio.

Tsubasa avrebbe preferito sprofondare per l’imbarazzo, dato che la maggior parte dei suoi compagni di squadra era lì ad osservare e ora se la stava ridendo alla grande.

- Ehm, grazie...- bofonchiò impacciato.

Un paio di pugni sbattuti sul tavolo, gettarono il gruppo nel silenzio assoluto. Sanae si alzò con stizza e afferrò con poca grazia la propria borsetta contenente il bento, per guadagnare l’uscita dell’aula. Arrivò ai gradini che portavano alla terrazza e li salì pestando letteralmente i piedi su ogni scalino, afferrò la maniglia della porta e una volta fuori la sbattè con un’intensità tale da fare tremare il vetro del pannello.

Era stato troppo anche per la pazienza che aveva imparato ad avere nel corso degli anni, il gesto di Kumi era forse al di sopra dei normali standard a cui era abituata, ma quello che proprio non era riuscita a digerire era stato quel “grazie” di Tsubasa.

Va bene essere ingenui, ma accettare un gesto tanto esplicito senza battere ciglio...

Aveva escluso che il ragazzo potesse nutrire interesse per Kumi, non per superbia, ma perchè sapeva bene che l’unica cosa che attirasse l’attenzione del capitano della Nankatsu era il calcio e questa consapevolezza la portava, con rammarico, a pensare che anche lei non avesse chissà quale posto speciale nel cuore di Tsubasa.

 

 

Yukari si stava lamentando del caldo infernale che impregnava l’aria di fronte agli armadietti in cui stavano riponendo le scarpe di ricambio. Sanae l’ascoltava a tratti annuendo e sforzandosi di sorridere.

- Yukari-chan, oggi non me la sento di venire.- la interruppe.

La sua amica rimase a bocca aperta, poi deglutendo chiese di ripetere.

- Mi spiace, oggi proprio non mi va di venire al club. Tu e Kumi dovrete fare da sole.-

Sospirò. Non le sfuggì lo sguardo perplesso della sua amica: le aveva confidato i suoi sentimenti già da tempo e capiva quanto potesse suonarle strano che rinunciasse a un’occasione per stare di più con “lui”.

- Tutto bene?- chiese la seconda manager.

- Chiedilo a Kumi.- fu la risposta piccata accompagnata dallo sbattere dello sportello dell’armadietto, ma si pentì subito di aver usato un tono brusco proprio con lei.

- Ti prego, Sanae-chan. Se è lei il problema, sicuramente non risolverai le cose abbandonando il campo, ti pare?- le prese gentilmente una spalla per costringerla a guardarla in faccia. Mai l’aveva vista con un volto tanto triste.

- Per favore, oggi ho bisogno di stare da sola.- la supplicò.

Yukari lasciò la presa e chinò il capo annuendo, Sanae la superò e si diresse verso l’uscita: aveva bisogno, almeno per quel giorno, di staccare la spina.

Arrivata a casa, salì in camera sua e si buttò mollemente nel letto. Si guardò attorno e subito la sua attenzione fu catturata dalla foto sul comodino. Aggrottò le sopracciglia, prese la cornice e la buttò con poco garbo dentro il primo cassetto, poi si ricordò di un altro particolare e si voltò in direzione della libreria, sfilò il quaderno dei ritagli e lo lanciò come un frisbee verso la parete opposta, dove sbattè sulla copertina per ricadere aperto sul pavimento. Si passò l’avambraccio sul volto per asciugare le lacrime, poi iniziò a preparare le sue cose: con un caldo simile c’era solo un posto dove avrebbe potuto rilassarsi.

 

 

Anche l’ultimo pallone della cesta si insaccò nella rete vuota, Tsubasa si asciugò il sudore con la mano, poi sbuffando si avviò ai lavatoi. I suoi compagni si stavano cambiando per raggiungerlo e le ragazze stavano finendo di sistemare le ultime cose; era strano però che lei, che arrivava sempre in anticipo non fosse ancora lì. Si passò l’acqua sui capelli per rinfrescarsi, poi si maledisse per non aver preso un asciugamano. Non era un gesto che era abituato a compiere, sapeva che c’era sempre una mano gentile che gli passava il morbido telo. Si asciugò con poca grazia sulla maglietta, si passò una mano sul braccio sinistro e le sue dita toccarono i braccialetti della fortuna. Portò il polso all’altezza del viso e sbuffò scocciato.

Tsubasa, sei proprio un imbecille.

Al mattino Kumi lo aveva talmente preso alla sprovvista con quella pagliacciata che non era riuscito a fermarla e dopo non aveva voluto restituirglieli per non sembrare sgarbato. Ripensandoci gli ritornò alla mente il gesto di stizza di Sanae.

- Chissà cosa aveva stamattina? Magari dopo l’accompagno a casa, così se ha voglia di sfogarsi...- fece spallucce e corse verso il campo, dove tutti erano già pronti a cominciare l’allenamento.

Il sorriso gli morì sulle labbra quando constatò che le manager erano due.

- Sanae-chan non se la sentiva di venire, ha detto che aveva troppo caldo oggi.- improvvisò Yukari.

Annuì nonostante la delusione, da quanto ricordava, c’erano state giornate in cui il caldo era stato anche più insopportabile, ma Sanae era sempre lì a porgergli l’asciugamano, a passargli l’acqua o a rimettergli i palloni nella cesta. Si grattò ancora una volta la nuca, poi invitò i compagni a cominciare l’allenamento.

 

 

Lasciò scivolare il piede oltre il bordo della vasca per posarsi sulla scaletta, con la mano si spruzzò un po’ d’acqua sulle spalle e sulla pancia, poi scese fino a immergersi completamente. Sanae lasciò andare il suo corpo che spinto dalla tensione superficiale galleggiava sull’acqua chiara della piscina. Tutta la negatività sembrava sparire, lavata dal cullare del leggero moto ondoso. Il sole le baciava la fronte con i suoi raggi insistenti, resi sopportabili da quel bagno refrigerante. Andare a distendersi in piscina era ciò che ci voleva. Un leggero colpetto sulla pancia attirò la sua attenzione e si rese conto che a urtarla era stata una palla gonfiabile giallo canarino. Una risata a bordo piscina spostò il suo sguardo sul “colpevole”.

- Finalmente a godersi un po’ di riposo, eh, Sacchan?-

Tatsuya stava chino sul bordo piscina, vestito della semplice mise “Salvataggio” e la guardava divertito attraverso gli occhiali da sole.

- Se non fossimo vicini di casa da anni, sarei già venuta lì per affogarti, Tacchan.- lo rimproverò ridendo.

- Ma davvero?- chiese beffardo e si sfilò canottiera e occhiali per entrare in acqua. Con un paio di bracciate la raggiunse e velocemente le posò una mano sulla testa e la spinse sott’acqua. Sanae riemerse con le guance gonfie d’acqua e ne vuotò il contenuto sul viso di Tatsuya. Fu il segnale che scatenò una vivace battaglia a suon di spruzzi. Entrambi, accecati dagli schizzi e incapaci di tenere la bocca chiusa per il troppo ridere optarono per una tregua. Finalmente si sentiva libera di divagarsi, dopo tanti giorni in cui le riusciva difficile. Tacchan era suo amico da sempre, praticamente da quando era al mondo, dato che lui era più grande di cinque anni. Ultimamente, però, lo aveva visto sempre meno, perchè era andato a convivere con la sua ragazza in un altro quartiere.

Appoggiati al bordo della piscina, iniziarono a parlare del più e del meno, Tatsuya le chiese come trovava i suoi genitori, se gli inquilini della palazzina di fronte avevano ancora il brutto vizio di falciare il prato a orari improponibili, suscitando l’ilarità di entrambi. A un tratto un suono li ammutolì, Sanae fece leva sulle braccia e raggiunse la borsa per estrarne il cellulare.

- Pronto?-

- Ciao Sanae-chan, scusami sono Morisaki.-

Un punto interrogativo si formò nel suo cervello.

- Scusa, so che ti sei presa un pomeriggio libero, ma abbiamo un grosso problema. I palloni sono sgonfi e la pompa è dentro il capanno degli attrezzi. Nessuno di noi ha la chiave. -

E ti pareva che quella svampita avesse gonfiato i palloni prima di andar via ieri.

- Mi spiace, Sanae-chan, ma se non vieni qui è impossibile allenarsi.-

Quell’ultima parola fece lievitare un pochino il suo ego, sembrava quasi che Morisaki volesse dirle che la sua presenza era indispensabile. Per quanto riguardava Yukari non aveva dubbi sulla sua competenza, di Kumi, invece, aveva capito che le sue capacità si esaurivano nelle gentilezze da riservare al capitano.

- Ok, cerco di fare in fretta.- sospirò.

- Grazie.- Povero Morisaki, sembrava sul punto di piangere.

Raccolse gli indumenti e se li rimise addosso al costume zuppo d’acqua.

- Devo salutarti, Tacchan, mi tocca tornare a scuola.-

- Aspetta, ti porto io in scooter. Il mio turno è finito mezz’ora fa.-

 

I ragazzi stavano facendo stretching e corsa sul posto, perchè senza un pallone decente, era impossibile fare partite d’allenamento. A un tratto sentirono il rumore di un motore che si avvicinava e le grida ilari della loro prima manager. Uno scooter indaco si fermò a pochi metri dal bordo campo e dal mezzo smontò Sanae che si tolse il casco per porgerlo, ancora in preda al riso, al conducente.

-Sei proprio fuori di testa, tu.-

Il ragazzo si tolse il casco e le mostrò un sorriso a trentadue denti.

- E’ stato bello rivederti, Tacchan.-

- E’ stato bello essere visti.- si allungò e le posò un bacio sulla guancia, prima di rimettere in moto e partire.

Tsubasa non potè fare a meno di tendere i muscoli delle braccia per quel gesto tanto confidenziale, ma subito la sua attenzione fu calamitata da ben altro. Sanae stava rovistando nella sua borsa per trovare le chiavi che portava in un unico mazzo con quelle di casa sua, cinta di una gonna pareo a fiori e un top attillato pregno dell’acqua rilasciata dal costume che le lasciava scoperta la pancia, il viso incorniciato dai capelli scapigliati e ancora umidi. Non l’aveva mai vista così, così...non sapeva nemmeno dire lui come.

Lei porse le chiavi a Yukari, ma non perse l’occasione per dare una raddrizzata a Kumi.

- Mi sembrava di averti gentilmente chiesto di occuparti dei palloni ieri, ma evidentemente esaudire le mie richieste è pretendere troppo.- le disse glaciale.

Un silenzio imbarazzato fu l’inevitabile conseguenza di quel sottile rimprovero.

- Grazie, scusa se ti abbiamo scocciata anche oggi.-

Finalmente libera da ogni turbamento si voltò per regalargli un sorriso.

- Ehm, perchè, già che ci sei, non resti?- le chiese grattandosi la nuca, nello sforzo di mantenere lo sguardo sui suoi occhi, mentre avrebbe voluto farlo scivolare un po’ più in basso.

Stava per cedere, finchè i suoi occhi non incontrarono la ragione di tutta quella baraonda, proprio lì sul polso sinistro del ragazzo, facendole riaffiorare un po’ di rabbia. Distese i muscoli del viso e accennò un sorriso di circostanza.

- No, grazie, non è il caso, ho un abbigliamento non accettabile per il regolamento della scuola, in più ho ancora i vestiti umidi addosso e sarebbe meglio che andassi a cambiarmi.- spiegò. – A domani.- disse poi rivolta agli altri.

Tsubasa la guardò andare via, con crescente delusione e una punta di amarezza.

Tacchan...Vorrei tanto sapere chi è quel tizio.

 

Sanae si trascinò svogliatamente fino in camera sua. Nonostante la doccia calda che aveva appena fatto, si sentiva comunque emotivamente a pezzi. L’incontro in piscina con Tacchan era stata una boccata di aria fresca, ma il ritorno al campo di calcio le aveva messo di fronte la scomoda realtà che stava vivendo. Accese il suo laptop sulla scrivania, poi si guardò attorno e notò il quaderno ancora riverso sul pavimento. Si avvicinò per raccoglierlo e girandolo, vide la foto di lei e del capitano allo scorso campionato. Un sospiro accompagnò la lacrima silenziosa che le scese dalla guancia. Chiuse il quaderno e se lo strinse al petto. Un suono familiare proveniente dal computer richiamò la sua attenzione: perfetto, aveva lasciato l’impostazione di autoaccensione di messenger attiva.

 

 

YoshiF scrive:

Ehilà, ci sei?

 

Era Yoshiko che le scriveva da New York. Da tanto non si sentivano.

 

Sanae scrive:

Ciao, GAIJIN!

YoshiF scrive:

SCEMA!

Sanae scrive:

.lol , scherzo, come va la vitaccia?

YoshiF scrive:

Solita schifezza...VOGLIO TORNARE IN GIAPPONEEEEE! ç_ç

Sanae scrive:

Facciamo cambio?

YoshiF scrive:

E’ successo qualcosa?

Sanae scrive:

  Ma niente, solite cose, Tsubasa non mi considera e quell’altra cozza gli sta sempre appiccicata, oggi ne ha combinata un’altra

 

  YoshiF scrive:

Nah, non dirmelo, mi viene tristezza ogni volta che me ne parli...ma per lei, non per te

Sanae scrive:

grazie

YoshiF scrive:

Per Tsubasa: ci sono passata anch’io, non sai come mi dannavo l’anima quando Matsuyama sembrava sempre sulle sue

Sanae scrive:

vorrei avere lo stesso ottimismo che hai tu, invece sto qui aspettando che lui si accorga che esisto e mi rattristo perchè non succederà mai a meno che non mi vesta a scacchi bianchi e neri

YoshiF scrive:

.lol bè potresti provare, magari funziona

Sanae scrive:

rido per non disperarmi, lo faccio già abbastanza

YoshiF scrive:

Seriamente Sanae, mi spiace di sentiri così, tra poco iniziano le vacanze estive

Ti va di venirmi a trovare?

Sanae scrive:

  magari

YoshiF scrive:

non sto scherzando

Sanae scrive:

e secondo te come convinco i miei a pagarmi il viaggio?

YoshiF scrive:

vacanza studio per migliorare l’inglese?

 

Sanae arcuò un sopracciglio e, dopo una breve esitazione, riprese a digitare.

 

Sanae scrive:

.ok IDEA FORMIDABILE!

 

 

 

 

    Rieccomi con un nuovo parto mentale. A dire il vero sono quasi tre anni che ho ideato questa fanfiction, ma non  ho mai avuto l’ispirazione per scriverla, fino a quest’estate, probabilmente tempo libero (ahimè) e la voglia di fuggire da una realtà non sempre soddisfacente. Eccomi qui con “Il codice di Hammurabi”, titolo un po’ pomposo, ma che ben riassume l’atteggiamento della mia Sanae, qui un po’ fuori dal personaggio che il Taka ci ha sempre proposto. Mi piace giocare con questo personaggio, proprio perché quando guardavo “Holly e Benji” in tv avrei  voluto vederla un po’ più reattiva e combattiva anziché sottomessa e poco calcolata da Tsubasa. Anche nel manga vediamo uno Tsubasa che per la maggior parte del fumetto non considera Sanae e poi all’improvviso si precipita alla scazzottata con Kanda, è una cosa che mi ha fatto riflettere, così come questo amore che si trascina dalle elementari. Qui ho un po’ modificato la cosa, cercando di attenermi più alla realtà: quando si è alle elementari il concetto di innamoramento è vissuto in maniera ingenua e nella mia fanfiction volevo descrivere l’innamoramento di Sanae come un percorso che si accompagna alla sua crescita nel periodo adolescenziale. In questa fanfiction si respirano echi della fanfiction “L’ultimo ballo” di Scandros, autrice a cui sarò sempre grata sia per avermi fatto scoprire EFP, sia per le sue storie che sono riuscite a commuovermi. Ringrazio anche Onlyhope, eos75 e Sakura chan, perché in questo “pazzo” mondo virtuale si trovano delle persone stupende che ti sanno dare il massimo.

 



[1] Divisa femminile alla marinaretta.

  
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