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Autore: cheekbones    08/11/2011    11 recensioni
"Anche tu mi sei mancato" si guardarono complici, per poi abbracciarsi.
"Ehi, ehi, ehi, McGuardone, le mani a posto!" si irritò Tony, facendoli separare.
"Per favore, evita" Ziva incrociò le braccia al petto e lo guardò male. "Ho sempre la mia pisto..."
Tony, divertito, alzò le braccia in segno di resa. "Bene, dobbiamo raccontarti un sacco di cose!" si illuminò McGee, prendendola per mano. Abby le afferrò l'altra: "Oh, si, proprio tante!" la trascinarono lungo il corridoio, mentre l'israeliana guardava implorante Tony.
Quest'ultimo ridacchiò e scosse la testa, mimando con le labbra pistola. Ziva gli mostrò la lingua.
Nonostante fosse accerchiata dai due amici, la ragazza notò subito il professor Gibbs che, caffè in mano, veniva verso di loro. Si fermò di poco, in tempo per poterle tirare un sonoro scappellotto.
"Hai studiato, David?" Bentornata, Ziva.
"Si, prof!" Grazie, Gibbs.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NCIS HS

Anthony DiNozzo Junior sa il fatto suo. E questo è innegabile.
A parte che è inevitabilmente bello da guardare ma... insomma, sa il fatto suo.

Nella storia della Woodrow High School è stato il più giovane capitano di basket dei Cannoni Chudley*, che, con lui, hanno vinto tre stagioni consecutive. Nelle ville di proprietà dei DiNozzo si organizzavano le feste più belle dell'anno e, chi lo conosceva, sapeva che aveva tanto charme da incantare perfino gli insegnanti.
Questo ragazzo sembrava non avere un difetto; in realtà Tony, dentro di sè, non aveva praticamente nulla. Sua madre è morta quando aveva otto anni, lasciandolo in balia di un padre quasi alcolizzato, poco presente e pieno di mogli che, naturalmente, lo consideravano una sorta di cagnolino che, per pietà, non può essere buttato in mezzo ad una strada.
Di amici, Tony sembrava averne tanti. In realtà gli unici che frequentava erano i suoi compagni di squadra che, capitava, cambiassero ogni stagione e fossero pronti a stargli accanto solo quando metteva a segno un canestro.
Di ragazze, pure, Tony sembrava averne tante. In realtà se ne stancava presto, troppo presto!, e riducendo i suoi rapporti sessuali alle ragazze pom pom. La leggenda della Woodrow, in realtà, non era altro che una facciata.
Se proprio vogliamo dirla tutta, Tony DiNozzo nella sua apparente maschera da bello e impossibile ci stava abbastanza bene, perchè gli permetteva di nascondere sè stesso alle persone; aveva scoperto, da pre-adolescente, quanto era facile ingannare gli altri con finti sorrisini e battute o scherzi piazzati al punto giusto. Non aveva mai incontrato nessuno che potesse metterlo sotto scacco.
Nessuno, a parte Leroy Jethro Gibbs.
Il professor Gibbs aveva cominciato a "torturare" Tony dal suo secondo anno di liceo: era arrivato come insegnante di Storia, diventando però, ben presto, una specie di sergente (in seconda al Preside) che trucidava gli studenti con uno sguardo. Tony non si è saputo spiegare il perchè dell'accanimento nei suoi confronti; eppure, in Storia, non andava malaccio.
Gibbs lo spronava sempre a fare di più.
Un pomeriggio, costretto a stare a scuola per una punizione datagli proprio da lui, gli aveva urlato contro che ne aveva "le scatole piene" che lui era "un fottuto stronzo sessualmente represso" e che poteva "andare a farsi fottere". Poi, appena in un sussurro, aveva confessato di essere "tanto stanco da non riuscire neanche a guardare uno specchio". Gibbs non aveva fatto nulla. Si era tolto gli occhiali e gli aveva sorriso. O almeno, era quello che Tony vide, ma non ne era esattamente sicuro.
Da quel giorno le cose erano cambiate: il professore non gli dava più addosso, più che altro lo riempiva di scappellotti.
A lui, infondo, non dispiaceva; era come avere un padre, o no? Aveva anche sostituito l'allenatore di basket, a casa per malattia, e lo vedeva tutti i giorni. Certe volte si confidava pure, senza mai ricevere una vera risposta.
"Buongiorno Boss" lo salutava la mattina, con un sorriso stentato.
"Vai in classe DiNozzo!" borbottava lui.
Era un rapporto, più o meno. L'unico rapporto che poteva essere considerato tale nella vita di Anthony DiNozzo Junior.

Nella Woodrow c'erano tipi come DiNozzo e tipi come Timothy McGee.
Quest'ultimo era iscritto a così tanti corsi che, alla fine, gli era stato proibito seguirne altri: club di matematica (undici membri), club degli scacchi (cinque membri), club degli appassionati di Dungeons & Dragons (tre membri), club delle Olimpiadi della Scienza (quindici membri) e club di Chimica avanzata (tre membri).
La vita sociale di Tim si riduceva a quei pochi nerd che frequentavano con lui i corsi extra-curricolari e a sua sorella Sarah la quale, più che una presenza affettuosa nella sua vita, era la classe ragazza carina e popolare che riesce a farti sentire una caccola nasale dopo mezza frase di senso compiuto. Eppure era più piccola di lui e stava alle medie.
In ogni caso, Tim degli amici ce li aveva e aveva un obiettivo: arrivare al MIT e fare della sua vita una continua ricerca tecnologica. I computer per lui non avevano segreti, tantomeno la Fisica. Il suo professore di Scienze, tale Donald Mallard, diceva che il suo talento era secondo solo ad Abigail Sciuto, la sua alunna migliore.
Nemmeno i membri dei club di Chimica sapevano della cotta di Tim per quest'ultima, decisamente una ragazza strana in tutti i sensi. Vestiva gotica, ma non lo era; non veniva considerata una "nerd", nè una "secchiona", quindi mai ridicolizzata per questo. Eppure non era popolare. Era solo Abby, insomma. La conoscevano tutti, eppure pochi erano suoi amici. A mensa era sempre pimpante, scherzava con quelli della squadra di basket e si intratteneva con quelli del club degli scacchi.
Persona strambra, Abigail Sciuto, soprattutto quando andava in giro col professor Gibbs gesticolando. Dopo un pò Tim aveva capito che parlavano col linguaggio dei segni. Personalmente, lui aveva proprio terrore del professore dagli occhi di ghiaccio. Lo salutava solo per non sembrare scortese e inimicarselo (un brutto voto in Storia avrebbe fatto scendere in picchiata la sua media molto più che eccellente).
In ogni caso, era un amico di Abby, uno dei pochi veri e non le avrebbe mai e poi mai confessato della sua cotta, o almeno quello era il piano.
Caso volle che il Ballo di Primavera cominciava ad avvicinarsi a velocità inaudita e il suo unico desiderio era avvicinare Abby per chiederle di andare con lui al Ballo.


Ziva David era cresciuta abbastanza e aveva vissuto così tante cose in diciassette anni di vita da sapere che si può sopravvivere sostanzialmente a tutto.
Si può sopravvivere ad un padre che lavora per il Mossad
Si può sopravvivere alla morte di una madre.
Si può sopravvivere alla scomparsa di un fratello.
Aveva vacillato alla morte di sua sorella, ma aveva scoperto di poter sopravvivere anche a quello.
Si può sopravvivere anche dopo aver fatto ore ed ore di lezione di Krav Maga.
Si può sopravvivere ad una pallottola.
Ziva, molte volte, si era chiesta se il suo essere una sopravvissuta non la rendesse una persona ormai priva di qualsiasi emozione e/o sentimento. Era arrivata ad una conclusione: sì, lei un cuore ce l'aveva, ma era così anestetizzato da non sentire assolutamente nulla.
Nemmeno quando suo padre, Eli David, le aveva candidamente annunciato che Israele era solo un lontano ricordo e che si sarebbero traferiti in America, il cuore di Ziva aveva vacillato.
Non devi mai, mai mostrargli che stai male. Se lo fai, lui ti terrà in pugno.
Ricordava questa frase, stringeva i denti, e andava avanti, cercando di non far vedere a suo padre assolutamente niente. Lei doveva essere perfetta, di pietra, spietata se necessario. Doveva tener duro finchè non sarebbe arrivato il giorno -perchè alla fine sarebbe arrivato, ne era certa- in cui lei sarebbe stata Libera.
Libera da tutto ciò che la teneva legata a suo padre e al Mossad, a cui era inevitabilmente destinata.
E se la Libertà equivaleva alla morte, Ziva l'avrebbe salutata come una cara amica.
Per un momento, però, alla notizia del trasferimento, il corpo della ragazza aveva sussultato. Forse Eli se ne era accorto, lui si accorgeva sempre di tutto, in fondo. Qualcuno, nella sua testa, aveva sussurrato che quel giorno era arrivato. Ma poi Eli David le aveva anche detto che ce la portava per evitare che facessero fuori anche lei. Era un anno particolare per il Mossad, forse suo padre sarebbe diventato direttore e, a quel punto, i tentativi di ucciderlo si erano moltiplicati a dismisura sotto i suoi occhi. Una volta, fuori scuola, avevano perfino tentato di rapirla.
Aveva riflettuto e, escludendo il fatto che suo padre fosse preoccupato per la sua salute, era arrivata alla conclusione che, se fosse accaduto qualcosa, la sua nomina a direttore sarebbe sfumata. La portava in America per preservarsi, in fondo.
Aveva, poi, sempre avuto sentore che dalla morte di sua sorella Tali, Eli David fosse, in qualche modo, cambiato: era da sempre la sua figlia preferita rispetto a lei, futuro soldato, poco femminile ed educata, e Ari, che non considerava nemmeno sangue del suo sangue.
Tali era morta, invece. Tali era morta e gli altri due reietti erano sopravvissuti.
Ziva credeva di essere troppo simile a sua madre, per questo Eli la odiava. In ogni caso, dalla morte di Tali, era morta anche quella biglia di umanità che restava nel suo adorato padre.
Infine, anche Ari era andato via. Sapeva che stava allenandosi per il Mossad, eppure suo padre non le permetteva di vederlo. Mai.
Si era lasciata andare, Ziva. La sua unica speranza era morire in fretta, con la prima missione che le sarebbe stata assegnata una volta arruolata nel Mossad.

"Buongiorno Boss!"
"Vai in classe, DiNozzo!"
Come tutte le mattine, Tony e il professore si salutarono così. Il primo, corse a lezione di Letteratura e il secondo, corse a prendersi un caffè. Era una mattina come tante, alla Woodrow High School: Tim ripeteva Chimica e Abby, accanto a lui, guardava e salutava gli studenti che attraversavano i suoi corridoi; un assonnato professor Mallard stava cincischiando con un giovane dall'aria annoiata.
"Ehi Tim" saltò su Abby.
"Dimmi, Abbs. Anzi, perchè non mi spieghi il secondo paragrafo?" sillabò nevrotico.
"Non fare il tonto, si sa che hai capito tutta la lezione prima che Mallard aprisse bocca. In ogni caso, stavo per chiederti se conosci quella lì!" gli afferrò il mento, per spostarlo leggermente verso sinistra. Una ragazza, della loro età, stava a fatica infilando i libri nell'armadietto. Portava una felpa blu di due taglie più grande, le sembrò. I capelli (palesemente piastrati) erano legati in un coda alta e penzolante. Non riusciva a vederla in volto ma era certa, dal colorito del collo e del braccio lasciato scoperto dalle maniche, che fosse un pò scuretta di pelle.
"No. Mi sa che è una nuova. Quell'armadietto era di quello dell'ultimo anno, che s'è trasferito" disse distratto Tim, sfogliando voracemente il libro. Abby non gli rispose e lui notò che continuava insistentemente a guardare la nuova venuta.
"Abby" la ragazza sussultò.
"Cosa?"
"Vuoi fare amicizia con lei, non è vero?" Tim chiuse il libro e le sorrise, dolce. A volte gli sembrava impossibile che Abby non percepisse affatto i suoi sentimenti. Era così dannatamente palese!
"Oh, si, Timmy!" saltellò sul posto. "Ma ho paura di spaventarla. Dai, vieni con me!"
"Non se ne parla!" arretrò di qualche passo. "Mi vergogno e poi devo ripetere, oggi c'è il test! Ma... ehi, non credo che il tuo aiuto serva più" le indicò con la testa la nuova arrivata, affiancata da un ragazzo. "DiNozzo se la sta lavorando già" alzò un sopracciglio.
"Smettila di fare l'antipatico" gli tirò un pugnetto sul braccio. "Tony è simpatico, in fondo. Tu non lo conosci!"
"Nemmeno tu" replicò.
"Invece ci mettiamo a parlare ogni tanto!"
"Mha... non lo so. Resta un cretino!"
E Tony un cretino sembrava mentre, di fianco alla nuova arrivata, provava a fare conversazione. L'aveva notata subito, appena varcata la soglia del liceo. Non era vestita in modo egregio, ma era decisamente carina, peccato per quel broncio che aveva sempre piantato su. Si vedeva che era nuova, perchè aveva un sacco di libri e si guardava in giro tutta corrucciata. A quell'espressione, Tony aveva riso senza motivo.
Gli faceva tenerezza, sebbene l'idea di portarsela a letto non era del tutto sparita.
"Josh" disse all'amico. "Io vado a fare amicizia" rise, indicando la ragazza.
"Buona fortuna fratello!" sorrise l'altro e, presi i libri, si diresse verso la sua lezione della prima ora. Tony, invece, vista la ragazza accostarsi ad un armadietto, le finì subito accanto.
"Ciao!" trillò. Lei si voltò a guardarlo e quasi lo trucidò con lo sguardo caldo e scuro. Un brivido gli percorse la schiena e l'istinto fu di fare marcia indietro. E invece non lo fece.
"Ehm, sono Tony. Tony DiNozzo, piacere" allungò la mano, ma lei non la prese.
"Tu come ti chiami?" tentò, poi.
"Ascoltami un attimo" lei chiuse di scatto l'anta dell'armadietto, facendolo sobbalzare. "Io non voglio fare amicizia con te, ok? Tanto non starò qui abbastanza a lungo da ricordare il tuo nome" rispose, cadaverica. "Comunque, anche se fosse, sei così pieno di te che conoscerti non rientra esattamente nelle mie preferenze. Ora, se vuoi scusarmi, vado a lezione di Storia" borbottò, sorpassandolo.
1 a 0, palla al centro.
Tony DiNozzo era stato rifiutato.

"Hai visto?" Abby aveva scosso Tim.
"Cosa? Che DiNozzo ha la faccia di uno che è stato schiaffeggiato?"
"Si, anche" la ragazza aveva ridacchiato. "Dicevo la felpa della ragazza!"
"No, perchè?"
"C'era scritto Tel Aviv University"
"E allora?"
"Tim, mi sa che è israeliana!"


* I cannoni Chudley li ho ripresi da Harry Potter :D

Maia says:


ECCOOOOLA!! XD Ncis è il mio grande amore, non me ne volete! :D Come avete potuto vedere, è una storia... strana. Spero la apprezziate però! :D

  
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