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Autore: Leitmotiv    12/11/2011    2 recensioni
Pia conosce perfettamente l'arte del mentire agli adulti.
Cain s'illude di poter capire le persone con una sola occhiata.
E poi ci sono gli altri, a scuola, per strada, in quelle simmetriche case della working class di Manchester.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ooooops! Correggendo i capitoli ho invertito il capitolo 6 con il 7, e se non era per un'amica con il cavolo che me ne sarei resa conto!!Chiedo scusa a chi ha letto la storia sino a quel punto ed improvvisamente non ci ha capito un fico secco :D furbizia


               

                                                                                                     FURBIZIA





Come al solito pioveva.
 Dalla gonna grigia a pieghe della divisa, di una lana decisamente idrorepellente, scivolavano gocce che le andavano ad inumidire i calzettoni e i mocassini.  Camminava a passo spedito, arrabattandosi con l'ombrellino pieghevole che si ribaltava a causa di forti ed umide folate di vento; aveva un'aria decisamente infastidita, celata dai capelli chiari, lunghi e disordinati.
Pochi passi dietro di lei,  un ragazzo dall'espressione furba  aveva tutta l'aria di tampinarla; usava uno zaino di tela per ripararsi la testa, ed ogni volta che la ragazza girava l'angolo accorciava le distanze fra di loro con una breve corsa.
La ragazzina termino' la sua fuga una volta giunta davanti ad una della tante terraced house impilate lungo la strada. Frugo' nello zaino alla ricerca di un piccolo mazzo di chiavi,  abbandonando l'ombrello sulle scalette che sopraelevavano l'abitazione dal marciapiede, ed entro' , lasciando la porta aperta alle sue spalle.
Il ragazzo che la seguiva si fermo' davanti alla porta spalancata, osservando la ragazzina scalzare i mocassini, incerto se entrare o aspettare un invito.

- Entra. Mia madre tornera' fra meno di un'ora, e non ho voglia di spiegarle che ci fa un ragazzo sconosciuto  in casa sua.
- Ah...pensavo fosse anche casa tua...  - pronuncio' sarcastico, poggiando zaino e giacca su una lucidissima panca di legno.
- Tecnicamente una casa appartiene a chi l'ha pagata, no? Puoi lasciare le scarpe qui, vicino alle mie.
- Tecnicamente tu...usi troppo la parola "tecnicamente"...!

Lei alzo' le  spalle, con la sua solita, spesso involontaria,  aria scostante  - Non e' vero, uso un buon vocabolario linguistico, io.  
- Ogni tanto parli come una persona anziana, pero' - rilancio' lui, seguendola su per una rampa di scale - Mi ricordi una zia...
- Non mi conosci abbastanza per giudicarmi. Quante volte avremo parlato fino ad ora?
Sorrise - Sai, io mi faccio abbastanza alla svelta un'idea sulle persone con cui ho a che fare.
- E ci azzecchi sempre? Io non credo proprio.
- Vuoi mettermi alla prova?
- No, anche perche' sono sicura che il piu' delle volte t'informi in giro...potresti averlo fatto anche con me. Quindi non mi impressioneresti affatto se ti mettessi a snocciolare qualche dettaglio su di me o la mia famiglia.
- Non hai tutti i torti. Ma io mi sono fatto un'idea di te caratterialmente, non so quasi nulla di te all'infuori di questo...
- Mph! Sbrigati e togliti la camicia. Puoi sederti sulla sedia della scrivania, così riesco a fartelo meglio - gli indico' una banalissima sedia girevole di ecopelle nera, decisamente seriosa e forse poco adatta alla cameretta di un'adolescente - C'e' lo stereo, ma niente musica...ho bisogno di concentrarmi in silenzio.
Cain non aveva accennato a nessuno stereo, ma annuì, sbottonandosi la camicia bianca dal colletto inamidato, metodicamente stirato da mani casalinghe ed esperte - Non dice molto di te la tua camera - disse, osservando i pochi oggetti ordinatamente disposti  sulla mobilia.
Pile di libri dai generi senza un filo logico, una manciata di prodotti cosmetici dall'aria essenziale, una larga poltrona da lettura  antiquata, ed altri oggetti  che ci si aspetterebbe di trovare in una qualsiasi camera da letto. Tuttavia, una camera quasi priva di colore.

- Ho molti libri. Forse potrebbe piacermi la lettura - disse, infilandosi  un  paio di guanti in lattice - Ne ho altri sotto il letto e nell'armadio. La stanza non e' grande, non e' semplice disporli  senza ritrovarmeli fra i piedi.
- Non e' carino da dire..sembra quasi che li disprezzi, così! E poi... - sollevo' un paio di tomi che si trovavano sulla scrivania - non c'e' logica in quel che leggi. Ci sono titoli e generi che sembrano pescati a caso. E tu leggeresti  " Dal big-bang ai buchi neri" contemporaneamente a " Storia dell'araldica imperiale"..? -  le sventolo' i due libri davanti alla faccia - Sembra quasi che tu li abbia acquistati per dimostrare che sei intelligente. 
Pia avvicino' uno sgabello imbottiito alla sedia su cui sedeva il ragazzo, e poggio' un apparecchio compatto, dal'aria pesante, sul pavimento - li ho presi in prestito alla biblioteca, mi interessano le illustrazioni, non il contenuto.
- Se tu non avessi quell'espressione seria, penserei che stai scherzando...
- Senti...posa quei libri e alza il braccio, mi ci vorranno giorni per fartelo, altrimenti! La mia non e' una stanza interessante, quindi possiamo anche smettere di chiaccherarci sopra.

Alzo' la mano guantata, impugnando una specie di pennina alla cui estremita' partiva una lunga molla, ed avvicino' il viso al fianco del ragazzo - Il disegno e' ancora ben visibile, non hai fatto la doccia come ti avevo raccomandato. Ripassare il disegno ci avrebbe tolto dell'altro tempo.
- Di un po', ma siamo sicuri che quell'inchiostro non mi uccidera'? - chiese scettico, indicando un dispenser ammezzato in cui s'intravedeva dell'inchiostro nero.
- Secondo te rischierei il carcere minorile uccidendo coetanei con un inchiostro fuorilegge?
- Fai tatuaggi senza licenza.  Hai pure comprato l'attrezzatura su internet, lasciami il beneficio del dubbio... Ma e' un apparecchio di seconda mano, poi?
Pia si alzo' in piedi,  poggiandogli la punta della penna sotto il mento - Se provassi piacere nell' uccidere, sarebbe piu' divertente farlo ficcandoti questa nella carotide. Ma siccome sono una comune ragazzina che preferisce farsi pagare facendo tatuaggi,  gradisco di piu'  usarla per  lo scopo per cui e' stata creata - concluse, sedendosi nuovamente.

Cain si sfioro' appena la gola, muovendosi sulla sedia; le ruote scricchiolarono sul parquet - "Comune ragazzina" non fa pandant con "farsi pagare per fare tatuaggi".  Comunque non credo tu sia una sprovveduta. Sono seduto qui in camera tua, e ti ho gia' dato l'anticipo pattuito, non me ne andrei via solo per un ragionevole dubbio. Era solo per chiedere...
- Posso cominciare? - chiese lei, con una punta di sarcasmo.
Il ragazzo  rilasso' il braccio, per poi rialzarlo e sorreggerlo con l'altro arto, così da lasciarle campo libero sul proprio fianco - Suppongo che pero' fara' un po' male.
- Ci puoi scommettere...

La macchinetta ronzo' rumorosamente per una buona mezzora. Pia  aveva proceduto piuttosto lentamente, poiche' il ragazzo non riusciva a sopportare granche' l'ago sulla propria pelle; il tatuaggio era ancora ben lontano dall'essere finito. La ragazza alzo' lo sguardo al led dell'orologio che aveva sul comodino, sospirando.
- Non andiamo avanti oltre, per oggi. Mia madre stara' per rincasare - gli  disse, ponendo fine al ronzìo monotono dell'attrezzo - Penso che domani potresti venire dopo cena. I tuoi te lo permetterebbero?
- Mia madre e' una fanatica del bingo, e' difficile che rimanga a casa proprio il sabato. Verro' sicuramente - disse, mentre lei ricopriva il tatuaggio con un ritaglio di carta velina e dei cerotti trasparenti  - Ma  i tuoi staranno via molto?
Pia pose con delicatezza i cerotti, scorrendone la superficie con il pollice per farli aderire - Niente doccia anche stavolta, mi raccomando....- dissse, rialzandosi- Il sabato sera  di solito i miei escono a cena insieme, e poi vanno al cinema d'essai  o in qualche altro posto intellettualoide.
- E tu il sabato trasformi la casa in uno studio di tatoo? - sorrise.
- No di sicuro. Faccio quest'eccezione solo per gli studenti della nostra scuola.
Lui si riabbottono' la camicia, mentre la ragazza si era tolta i guanti e gli stava passando la cravatta della divisa - E perche' solo  noi?
- Perche' se dovesse succedere qualcosa saprei dove rintracciarvi...qualcosa di poco pulito, intendo - aggiunse,  ammiccando al letto.

Come ogni adolescente a cui si accenna di sesso, Cain sorrise - Ha senso quel che dici. Sei furba... - le si avvicino' d'un passo - pero' anche chi conosci potrebbe fare i suoi comodi e poi ricattarti in qualche modo .
Le afferro' il polso ed assunse un'espressione piuttosto seria, anche se nei suoi occhi chiari si poteva leggere un certo divertimento.
La ragazzina  serro' il pugno, ma non si mosse, razionalmente sapeva che sua madre sarebbe rincasata fra pochi minuti, inoltre il ragazzo che si trovava a fronteggiare  era poco piu' alto di lei e decisamente magrolino. Le sembro' possibile liberarsene, poteva immaginarsi correre lungo le scale ed uscire in salvo fuori della porta, quindi rimase concentrata, in attesa di una qualsiasi sua mossa.

Cain parlo' nuovamente - Sarebbe molto semplice ricattarti, tu che nascondi un segreto inammissibile per il  buonsenso degli adulti - e con adulti si  riferiva alla categoria "genitori, professori, polizia" -  A questo non avevi  pensato - affermo'.
Pia sbatte' le lunghe ciglia castane. Quel che gli stava dicendo non la sorprendeva, dopotutto - Certo che ci ho pensato.  Ma io ho gia' immaginato cosa farei, nel caso. 
- Avresti una scappatoia? - disse, allentando la presa, forse un po' spiazzato da quella risposta. Poi anche la sua bocca torno' a sorridere - Sarebbe?
Lei ne approfitto' per allontanare il braccio dalla presa di lui, e lo supero' di qualche passo, simulando una certa calma -Sarebbe stupido che io te lo rivelassi, non credi? Ora devi veramente andare.

Scalzi, i due ragazzi scesero al piano di sotto.  Il corridoio si era rabbuiato, se non per i fari delle macchine che proiettavano sprazzi di  luce dalle finestrelle laterali alla porta d'ingresso.
- Piove ancora, puoi prendere il mio ombrello, me lo renderai domani - gli disse, captando lo scrosciare della pioggia sul selciato - Ricordati che devi rimanere asciutto... - lo addito' - Domani sera vedro' di  finire il tatuaggio, ma tu devi impegnarti a rimanere piu' immobile possibile.
-  Avrei dovuto farmi tatuare da un'altra parte...non pensavo che il fianco fosse così' delicato - ammise, ravviandosi i capelli ancora umidi di pioggia - Mi spiace per il bagnato... - disse, accennando alla panca imperlata d'acqua, dove aveva lasciato zaino e giacca .
Lei alzo' le spalle - E' solo un po' d'acqua.
Lui rimase un attimo interdetto, come se avesse altro da dirle, ma non riuscisse a formulare una frase convincente. Sposto' lo sguardo dalle proprie scarpe bagnate alle gambe magre di lei - Io comunque... prima non volevo farti niente, lo avrai capito - disse, alzando lo sguardo verso quello della studentessa. Rise nervosamente, per poi aprire la porta di casa.
Pia annuì, ma non disse  nulla. Ma una volta che il ragazzo fu fuori dall'abitazione, chino sull'ombrello che lei aveva lasciato sulle scale, si sporse oltre la porta - Non ti scordare il resto dei soldi, domani-
Stavolta fu lui ad annuire, nascondendo la propria espressione dietro la circonferenza dell'ombrellino scozzese.







  
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