Manuel Benfante e Juan Rodriguez sono i due toreri più famosi di Spagna. Manuel è un ragazzo inquieto, costretto com’è a nascondere alla sua opprimente famiglia la sua insofferenza verso un mondo nel quale mai e poi mai sarebbe voluto entrare; Juan, al contrario, al toreo ha dedicato la vita, al punto da sviluppare un carattere severo, incapace di perdonarsi il benché minimo errore. Manuel si diverte spesso a fare il modello, mandando su tutte le furie il fratello-manager Felipe; Juan, al contrario, gode della stima incondizionata di Don Javier Alambra, uno degli uomini più influenti di Jerez de la Frontera, il quale vede in lui il nipote che non è mai stato in grado di amare veramente.
Manuel è inquieto e in perenne conflitto con se stesso; Juan, invece, pare non avere mai dubbi o paure.
È davvero così? Oppure sono gli occhi di chi li osserva a non notare le crepe delle maschere dietro le quali si nascondono?
Qual è la reale natura del loro rapporto?
Ma soprattutto: cosa c’entra questo duello a distanza con l'architetto in ascesa Marcos Valera, che pare vivere solo per il suo lavoro e per i membri del “clan dei creativi”?
Preparatevi a una lunga estate nel segno dell’adrenalina e della passione!

Quando avevo scelto per incontrarci le ricche sale anonime del Criterion Bar, avevo immaginato che quel momento mi avrebbe graffiato di meno; che in quella rigida, omogenea eleganza sarebbe stato più facile ricordare chi ero adesso. Mi sbagliavo. Appena aveva superato la porta a vetri dell'entrata, la sensazione della sua presenza mi aveva inchiodata con la forza di uno schiaffo: e l'aria si era impregnata del suo profumo, del profumo delle nostre notti d'estate, di quella violenta, incantata mescolanza di erica e pioggia e prati che ci invadeva la gola come un bacio. E improvvisamente la carta da parati a rose era svanita, e io ero stata di nuovo la ragazza di diciott'anni nei campi dietro la casa degli O'Connell, sdraiata tra le corolle gialle dei fiori, avvolta con lei nel tepore della stessa giacca troppo grande, con le sue carezze che accendevano il mio corpo; per dissolvere quel ricordo, mentre si avvicinava sicura al mio tavolo, avevo dovuto conficcare le unghie nella lana londinese della mia gonna. « Ciao, Elaine. »
Belfast, 1989.
Cinque ore.