Forse la poesia più pesante e profonda che io abbia mai scritto a livello emotivo, dove la forma e il contenuto si fanno la guerra, una guerra da cui nessuno esce vincitore. Solo un sensibile strazio.
Vi prego di leggerla perché ci ho sputato il sangue, mi è uscita letteralmente dalle viscere.
"Trasformerai il mio dolore misero in delirio lirico."

Un dialogo tra due amanti, o quasi amanti, un dialogo tra due anime prossime a diventare quello che la società definisce amanti. Un dialogo dal ritmo incalzante, come una rissa. Una lotta d'amore.

In realtà non saprei descrivere quest'opera. E' un viaggetto mentale in prima persona con un po' di nostalgia, innamoramenti, fantasticherie e belle assonanze. Spero in commenti vari.
Scritta sulle note di The xx - Reunion (Mistakes are ok remix), quindi ideata per essere cantata, lentamente.

In questa poesia (in ordine di apparizione):
Edgar Degas, Salvador Dalì, Edouard Manet, Vincent Van Gogh, Caspar David Friedrich, Rembrandt Van Reijn, Amsterdam, Publio Ovidio Nasone, Franz Kafka, Luigi Pirandello, Fernando Pessoa, Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli, Arthur Schopenhauer, La Melevisione, Leonardo da Vinci, Marcel Duchamp.
L'intenzione è di creare una sorta di inno all'arte nel suo totale, e di dedicarle una poesia. Spero sia di gradimento.

Uno sfogo con parvenza allegra che cela in realtà dentro uno strazio...
citazioni a caso messe in ordine un po' dada :
Sono l'uomo delle stelle,
Io, che parlo ma da solo,
Con la testa troppo in alto,
Sono quello della Luna,
Sono schiavo del Sole,
Cade tutto dal cielo!
Sono amico dei pianeti,
Quando capita parliamo:

Poesia breve, solo sette versi. Tentativo d'intrappolare l'essenza della solitudine, nel suo aspetto più tetro.

Una sorta di lettera ma in versi con il mittente e il destinatario che in parte coincidono, e tanto altro in mezzo, il consiglio della notte. A tratti una poesia d'amore, a tratti comico, a tratti introspettivo, è un caos. Il caos di me stesso, il caos di me che penso a te, il caos di me che penso a me, il caos caotico delle notti senza dormire, e dei rimpianti, e dei ricordi.
E questa descrizione è una cosa molto approssimativa, diversa dal contenuto effettivo del testo.

Poesia evocativa. Campi di concentramento. Olocausto. Filosofia. E un po' di realtà.

Giada non è nessuno, solo questa poesia.

Sarò la foce a delta dei fiumi delle tue lacrime;
Sarò la luce spenta delle tue lanterne ematiche;
Sarò la primavera delle tue pupille piccole;
Sarò l'entrata chiusa delle tue emozioni spicciole.

Immagini assolute, battiti di palpebre, e mondi dentro.

In un ambiente post-apocalittico, l'uomo è estinto, ma qualcosa rimane, il cielo ad esempio, e non solo. La Terra è sì nera, ma solo l'uomo è morto.
"Spaziale puerizia degli obsoleti mondi."

Come me, vuote, sono
Le strade adesso, oggi.
Eri blu, tanto blu, stamani, Cielo.
Neanche una nuvola sopra di me,
Tutte dentro,
[...]
C'è silenzio, ma è relativo,
Qui non c'è mai silenzio,
E io ho finito le parole,
Come se fosse cambiato qualcosa.

E le stelle stelle sembravano finire solo perché iniziavi tu.
Mi manchi.

C'erano una volta un universo, delle parole, delle immagini, dei suoni, dei personaggi e dei sogni.