Commentare questa tua poesia è un po' più complicato del solito, perché mi sembra banale tutto quello che potrei dire. Fra quelle che ho letto finora è di sicuro la mia preferita, forse per l'ambientazione, così reale, forse per quella flebile richiesta di aspettare, che come un topos si ripete più volte, è il motivo che funge da colonna portante di questi versi e che li chiude, in una richiesta quasi disperata che sembra destinata a rimanere inascoltata (forse perché, in fin dei conti, quelle parole sono solo pensate e non pronunciate). In questa poesia scorgo la paura di vivere, la sorpresa nello scoprire il mondo, che c'è sempre stato e che d'un tratto si è rivelato sotto una nuova, inedita luce.
Oh, sì, dico a lei, non vada ad aprire, la prego;
mi permetta di godere di questa sensazione
di completezza umana;
Basta una cosa da nulla a volte, un caffè al bar, per riportarci in vita e per sentirci liberi, che poi è lo stesso. Le piccole cose ci rendono felici talvolta: una sensazione sfuggente, che mai si prolunga più dell'indispensabile, quella della felicità. Assurdo come possa impossessarsi di noi così all'improvviso, pure in territori di nessuno - i luoghi pubblici, e come sia difficile tanto da decifrare quanto da interpretare.
Percepisco l’universo inveire
contro le serrande scolorite, la tempesta fuori si accanisce.
Ma qui regna unicamente il silenzioso mormorio dei cervelli:
decine di anime perse e ritrovate
in casuali pomeriggi malinconici.
Solo un istante in più, la prego.
Toglie il fiato, lo giuro.
Non aggiungo altro per non rovinare la magia delle tue parole. Complimenti! |