Diciassette gennaio: solo un istante.
“Salve. La vedo affannata, si sente bene?”
“Sì, scappo solamente dalla frenetica vita.”
“Capisco. Le persone”
“Non si sente mai logorato, lei?”
“Non saprei, sono solo un barista”
“Un caffè, per cortesia”
“La vedo davvero affannata, magari qualcosa di più forte?”
“Credo un caffè andrà più che bene, la ringrazio.”
L’ambiente interno del locale“Sì, scappo solamente dalla frenetica vita.”
“Capisco. Le persone”
“Non si sente mai logorato, lei?”
“Non saprei, sono solo un barista”
“Un caffè, per cortesia”
“La vedo davvero affannata, magari qualcosa di più forte?”
“Credo un caffè andrà più che bene, la ringrazio.”
emana un flebile sentore di tranquillità
sebbene il mormorio recalcitrante del mondo
minacci d’insediarsi attraverso
spifferi odiosi e bocche fredde.
Sorseggio il liquido amaro e socchiudo gli occhi:
ascolto il violento bussare
della nuda pioggia e del vento crudo
contro le imposte e la porta di tenero legno.
Oh, sì, dico a lei, non vada ad aprire, la prego;
mi permetta di godere di questa sensazione
di completezza umana; mi conceda di prolungare
questa beata pace screziata di caffeina e brusii soffusi
qualche istante di più.
Le giuro, signore,
le prometto sul mio cuore immobile,
che si tratterà di un solo granello di sabbia in più
nella grande clessidra delle ore. Poi mi leverò e
m’immergerò ancora e ancora nel logorio insistente.
Solo un minuto?
Lei è davvero gentile, signore.
Suggendo il nettare prelibato tra le labbra
contorte in un sorrisino, sogno di essere uno spirito
errabondo su questa terra. Non ho nulla con me
se non queste mani e questi sogni.
Percepisco l’universo inveire
contro le serrande scolorite, la tempesta fuori si accanisce.
Ma qui regna unicamente il silenzioso mormorio dei cervelli:
decine di anime perse e ritrovate
in casuali pomeriggi malinconici.
Solo un istante in più, la prego.
*