Recensioni per
La Spirale di Pietra
di Nirvana_04
Recensione premio per essersi classificata prima al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo": 3/3 |
Recensione premio per essersi classificata prima al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo": 2/3 |
Recensione premio per essersi classificata prima al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo": 1/3 |
Primo classificato |
Prima recensione dell’anno, tanto per cominciare le letture in bellezza… anche se il tuo unico scopo nella vita è chiaramente farmi soffrire! è_é |
Quanto tempo è che non tornavo a leggere il fantasy scritto da te? Troppo. Ma il tuo è uno stile che difficilmente si dimentica e di cui – come già sai – amo soprattutto l’attenzione ai dettagli e al modo che hai sempre di dipingere con cura non solo i personaggi e la loro storia, ma anche l’ambientazione che li circonda. |
Ciao! |
Ciao! :) |
Ciao, questo capitolo è bello lungo e succedono un sacco di cose quindi prendo appunti mentre lo leggo: |
Ciao Nirvana! |
Ciao! Questa storia ha un titolo davvero accattivante, e mi pare almeno per ora che la trama sia all'altezza! |
Ciao, finalmente riesco a passare da te! :) |
Secondo Posto - LA SPIRALE DI PIETRA di Nirvana_04 |
When I get to the bottom I go back to the top of the slide Arrivo sul filo di lana anche questo venerdì, ma ci sono! Le Feste sono un periodo che mette a dura prova la resistenza umana, e mai come quest’anno solo felice che domani sia l’Epifania (ecco uno dei lati positivi di non dover più frequentare la scuola!). Veniamo a noi. In questo capitolo assistiamo alla conclusione delle vicende di Kira. Ogni scelta, ogni azione non solo riverbera i propri echi come un sasso lanciato in uno stagno genera dei cerchi concentrici; ma ogni scelta che facciamo, ogni promessa a cui crediamo, ogni svincolo in cui ci immettiamo, tutto questo traccia un reticolato che noi non vediamo se non quando è concluso, se non quando ci stacchiamo dal presente, ci astraiamo, e buttiamo un occhio al quadro generale. Che la faccenda sarebbe finita nel sangue, era palese. Non ho mai dubitato che Kira avrebbe scatenato morte e distruzione su Svea, né ho creduto, anche per un solo attimo, che l’amore di Demera sarebbe riuscito a salvarlo. Questa storia è obbiettiva. Realista. Pragmatica. Una storia di vendetta che non viene stroncata dall’intervento femminile (sì, Conte di Montecristo, sto dicendo a te!) e dall’accorato e straziante richiamo ad una non meglio specificata pietas. Nossignore. Qui è tutto di pietra, dal punto di vista, alle analogie, ai confini della storia. Non si può scappare. Nella recensione al capitolo precedente paragonavo la Spirale in cui era caduto Kira – quella metaforica della vendetta – ad un helter skelter, gli scivoli elicoidali che si trovano oramai anche da noi, specialmente nei parchi acquatici. Confesso di averla canticchiata alla fine della storia. Lo so. Non si fa. Non è corretto, ma credimi: non l’ho fatto perché mi ero distratta o annoiata o cos’altro. L’ho fatto perché questa storia ha battuto su una serie di tasti e ha pizzicato una serie di corde ed andata avanti, in battere e levare. Lo so, sembra assurdo usare dei termini musicali parlando di una storia che di pietra è fatta e alla pietra rimanda, in ogni sua possibile declinazione, testuale o meta-testuale che sia. Eppure, eccoci qua, con il casino totale in cui si ritrova Kira, con la giravolta che Ba’al Zebul imprime al giusto momento alla vicenda. Con la Spirale di Pietra. Adesso che sono arrivata alla fine di questa storia, ho pensato di lasciarti una recensione punto per punto, così come hai fatto tu. Non te ne ho lasciata una prima perché, trattandosi di una storia articolata in quattro momenti, volevo arrivare in fondo (so scriverlo giusto, è solo che il dialetto romano tende a formare delle crasi improbabili. Abbiamo fretta, ci mangiamo – letteralmente!! – le parole!) per avere una visione globale dell’opera; volevo vederla nella sua interezza. Partiamo? Via! Will you, won't you want me to make you GRAMMATICA Non ho alcuna annotazione da farti. Grammatica corretta, correttissima; solo in quest’ultimo capitolo ho trovato delle voci che non mi suonavano, come un meccanismo che gira a vuoto. Un movimento del capo e la sua mano aizza la lama contro il suo braccio, disegnando un taglio superficiale sul palmo della mano libera. Questo non è un vero e proprio errore, solo un suggerimento. Se cambi quel la sua mano aizza con un le sue dita aizzano, ti risparmi di ripetere la parola “mano” nella stessa frase. Tipo: Un movimento del capo e le sue dita aizzano la lama contro il braccio, disegnando un taglio superficiale sulla mano libera. A voler essere onesti, io cambierei braccio con polso, visto che il braccio è la parte anatomica che va dalla spalla al gomito, e la mano si trova oltre il polso: Un movimento del capo e le sue dita aizzano la lama contro il polso (destro o sinistro), disegnando un taglio superficiale sulla mano. Lo stridulo disumano lo fa indietreggiare. Stridulo è un aggettivo. O il sostantivo relativo a stridulo e disumano è caduto sul campo – sai le volte che, in fase di rilettura, cambio, stravolgo e ribalto l’ordine della frase e mi lascio un pezzo per strada? -, oppure credo tu lo abbia confuso con stridio (anche se qui ci starebbe di un bene stridore). la scaglia contro la demone, passandole di parte in parte il collo. Demone è un sostantivo al maschile. Però esistono anche demoni femminili. Come se ne esce? Il neologismo “demonessa” è uscito fuori dai manuali di Dungeons&Dragons e ha preso piede anche nell’uso comune (o quantomeno degli addetti ai lavori); tuttavia, stride un po’ con il registro che hai scelto, sempre molto curato e ricercato. Sarebbe uno scivolone su una buccia di banana. Però quel la demone non mi piace. Mi suona male. E se scegliessi un il demone femminile? In fondo (TAC!!) anche delle tigri e delle volpi si dice la tigre maschio e la volpe maschio. Invece, non è corretta l’espressione di parte in parte. Si è di parte quando si prendono le difese di qualcuno o ci si schiera dalla sua parte (appunto), mentre quello che intendi tu è da parte a parte, ossia la lancia è entrata da un lato del collo ed è uscita dall’altro. «Se vuoi però, puoi continuargli a dire di scappare mentre ne squarci le budella.» In realtà, avrebbe maggior senso se il complemento di termine gli (la particella pronominale gli) fosse aggiunto al verbo dire, non al verbo continuare. Quanto a quel ne, io lo sostituirei con un più corretto gli. Ne si usa per esprimere un complemento di modo da luogo reale o figurato (ne è uscito col morale sotto i tacchi), un complemento d’argomento (Che ne pensi dell’ultimo CD dei Casino Bizzarre?) o un partitivo (Ho fatto gli gnocchi, vuoi portarne un po’ a tua sorella?), scelta corretta se Ba’al intendeva suggerire a Kira di baloccarsi colle viscere del povero malcapitato. STILE Il tuo stile non è né piatto, né banale. Anzi, è ricercato, delicato, sempre attento a cogliere le giuste sonorità (e riecco la metafora musicale!), come se anche la pronuncia stessa della parola contribuisse a generare la storia. E sì, ha senso in un racconto orale, dove si deve catturare l’attenzione del proprio pubblico; penso a quelle narrazioni in cui chi racconta crea i personaggi colla propria voce, magari camuffandola, arrochendola, abbassandola o, semplicemente, turandosi il naso. Ecco, qui avviene la stessa cosa. Kira ha la sua voce. Lo stesso dicasi per tutti coloro che hanno voce in capitolo in questa storia, tutti coloro che si staccano dalla parete di fondo (o dal coro dell’orchestra) e hanno i loro cinque minuti di notorietà. Il loro assolo. Non si tratta solo di una scelta di termini, di aver creato un repertorio lessicale per ciascuno dei personaggi che si avvicendano sul palcoscenico. È come se io fossi riuscita a sentire la voce di Kira, quella di Demera, di Amax, di Ba’al. Li hai resi personaggi, li hai resi tridimensionali. TRAMA E PERSONAGGI I personaggi degni di essere ricordati si contano sulle dita di una mano e mezza. Kira, suo padre, Demera, Amax, Ba’al, Roban, Serah e Narsek. Alcuni di loro svolgono una funzione di aiutanti (non magici, ma sicuramente aiutanti: Amax, Roban, Serah e Narsek) del nostro protagonista; altri sono chi l’Antagonista (Ba’al) e la Principessa (Demera), che non viene salvata, ma rimane vittima della follia dell’Eroe. Su tutti, spicca Kira. Kira è la nostra pietra di paragone, è il sassolino che, cadendo, genera una valanga che si porterà dietro un costone di roccia e la città di Svea. È colpa sua, se succede tutto questo. È lui che si imbarca in un proposito più grande di lui – sterminare una popolazione, ah ah! – accecato dall’odio più che condivisibile. Abbiamo patito assieme a lui la perdita. La sete. La malattia. Gli allenamenti. Abbiamo sentito che c’era qualcosa che lo faceva andare avanti, quel proposito di vendetta così radicato e furioso che non poteva essere solo la rabbia del momento. Nossignore. Quel sentimento ha iniziato a sedimentare, a costruire qualcos’altro. E mattone dopo mattone Kira s’è trovato in cima ad una torre altissima, sul cui campanile è stato facile perdere l’equilibrio e cadere giù. Amax è una figura tragica. Lui è stato la voce della coscienza del suo protetto, ma doveva morire affinché si realizzassero i piani di Ba’al. Tolto di mezzo lui, Kira non ha più avuto remore, freni, limiti. Amax ha forgiato questo ragazzo, ma non s’è reso conto in tempo di cosa fosse diventato il proprio allievo. Demera è forse la figura più debole. Se ne resta lì, a pregare per Kira, convinta che il suo amore l’avrebbe salvato. Ora, sicuramente c’è un grande affetto tra i due, sicuramente il sentimento è reciproco e ricambiato (già nel primo capitolo si capisce che Demera non è solo l’amica d’infanzia alla cui porta bussare alla bisogna); ma di lei sappiamo troppo poco per inquadrarla bene come è accaduto con gli altri personaggi. Colpa della messa in scena, non discuto: se il punto di vista è quello di Kira, va da sé che puoi fornirci solo brevi scorci di quello che lui percepisce siano i punti di vista di chi gli ruota intorno in quel momento. Demera, dal secondo capitolo in poi, è solo una Itaca in carne ed ossa a cui tornare. E la debolezza che noto io è che forse si trattava più di una figura idealizzata da parte di Kira, che di una donna in carne e ossa. Mi spiego meglio: noi conosciamo via Kira la Demera bambina e la Demera che cerca di trattenerlo mentre la gente di Svea sta trucidando i genitori del ragazzo. Ma cosa pensa, veramente, Demera? Chi è Demera? Quali sono i suoi pensieri? Non lo sappiamo. Sappiamo solo ciò che Kira ha visto o ha creduto di vedere. Ecco perché dico che forse è il personaggio più debole. Ba’al, invece, s’è conquistato la mia simpatia. Strafottente, gigioneggiante (a modo suo), è come mi aspetto che si comporti un demone dopo un periodo indecente di schiavitù: vuole giocare. Sì, per lui è tutto un gioco, un baloccamento coi mortali, un passatempo con cui ingannare il sorgere di una nuova alba. Di sangue, ma pur sempre un’alba. TITOLO A costo di ripetermi, sei riuscita a far assumere al titolo “La Spirale di Pietra” un carattere sia testuale, che meta-testuale. Ed entrambe le sfumature non sono nette e separate, ben intessute e stratificate, nemmeno stessimo osservando una lastra marmo. È stato davvero un piacere leggere questa storia. Frase banalotta, me ne rendo conto; ma sincera. Credo proprio che tornerò a farti visita, indipendentemente dagli scambi che avvengono nel gruppo. È stato un piacere conoscere te e la tua prosa, delicata e incisiva come la goccia d’acqua che scava la pietra. Alla prossima!! Helter skelter, helter skelter Helter skelter Questa recensione aderisce all'iniziativa "10.000 recensioni in un anno" del gruppo Facebook Il Giardino di Efp. Vuoi partecipare? Chiedimi come! P.S.: la tastiera del mio portatile sta entrando in sciopero. Semmai dovessi trovare qualche lettera che manca all’appello, o qualche stranezza, chiudi un occhio, per carità!! (Recensione modificata il 05/01/2018 - 08:36 pm) |
Arriva un momento in cui è la storia stessa a spiegare il proprio titolo. E deve farlo internamente, nell'economia della vicenda che si va trattando. La Spirale di Pietra, qui, qual è? |