Recensioni per
Morti che camminano
di pattydcm

Questa storia ha ottenuto 58 recensioni.
Positive : 58
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
25/05/20, ore 00:03
Cap. 30:

C’è mancato poco che Xabaras raggiungesse il suo scopo, per fortuna John è tornato in sé e Sherlock l’ha convinto a prendere il vaccino.
Non hai fatto piangere solo John e Sherlock, ad un certo punto avevo gli occhi lucidi…
Alla prossima :)

Recensore Veterano
24/05/20, ore 15:11
Cap. 30:

Ciao, è la prima volta che recensisco questa storia (e meno scuso) , gli altri capitoli non mi avevano appassionato come questo che ho appena letto...(ovviamente ho letto il resto della storia)
Ho riconosciuto le battute,) difficile non notare da dove sono state prese
Come dicevo bello il capitolo, si vede quanto Sherlock tenga a john e ora quest' ultimo l'ha capito..meglio tardi che mai...

Recensore Junior
23/05/20, ore 03:21
Cap. 29:

Ciao! Molto bello anche questo capitolo :) Mi ha colpito la descrizione che Islington fa di Sherlock, reso anche lui uno “zombi” da stanchezza, preoccupazione e responsabilità. Sono molto curiosa di sapere com’è andato l’incontro con John…
Bellissimo l’abbraccio tra Dylan e Sherlock… e direi che il pugno in faccia era il minimo che Mycroft potesse aspettarsi.
Mycroft naturalmente ha capito che Sherlock deve aver fatto qualche tipo di accordo con Xabaras ed ha paura delle conseguenze, ma Sherlock sicuramente avrà un piano, e non vedo l’ora di scoprire quale sia ;)
Povero Nicodemus, mi chiedo se davvero il vaccino non ha funzionato o se sia stato Xabaras…
A presto!

Recensore Master
13/05/20, ore 15:50
Cap. 28:

Nella prima parte di questo capitolo domina la figura di Mycroft, alle prese con una realtà che mette a dura prova anche il suo ferreo autocontrollo. Come tu metti bene in risalto, ciò che lo preoccupa di più è come attutire l’impatto terribile che gli avvenimenti relativi a John potranno avere sul fratello. Basta una semplice domanda, quella che tu ripeti all’inizio, che suona anche, nella mente di Mycroft, come un atto d’accusa per le sue responsabilità, a spingerlo ad accertarsi personalmente dello stato di salute del medico. Sarebbe meglio dire “stato di vita”, perché, ciò che sta succedendo nell’infermeria a chi è stato infettato, è davvero mostruoso.
Qui caratterizzi ulteriormente Mycroft come un uomo che, da vero leader, ha anche il coraggio di affrontare verità che possono essere terribili. Ma ha bisogno di sapere come sta John, anche perché la decisione di farlo incontrare con la moglie, evidentemente, gli pesa sulla coscienza. Quello che mi piace di più, ma non si trova solo in questo capitolo, essendo una delle caratteristiche principali del tuo modo di raccontare, è che ai fatti veri e propri intrecci le situazioni psicologiche di chi vi agisce. Così, qui, Mycroft compie dei gesti, assume dei comportamenti, e noi possiamo “leggerli” dall’interno della sua mente. Infatti l’introspezione psicologica, tecnica affascinante ma non certamente semplice da fissare sulla pagina senza scendere in banalità, tu la sai gestire in maniera sicura ed efficace e, quindi, di Holmes possiamo comprendere “dal vivo” le ragioni che determinano ciò che decide di fare.
E la decisione di accertarsi di persona delle condizioni di Watson trova la sua spiegazione nella necessità, appunto, di sapere gli esiti della visita di Mary e dello stato del medico.
Dal momento in cui entriamo con lui nell’infermeria, il tuo racconto si anima di una particolare tensione, un misto d’orrore, di pietà e, non lo nego, anche di paura, di livida sorpresa. Infatti hai reso con efficacia il mostruoso processo biologico per cui il nostro amatissimo “conduttore di luce” vede, sempre di più, in modo progressivo ed inesorabile, affievolirsi le proprie caratteristiche umane, per lasciare il posto a quelle di un essere mostruoso che fagocita ciò che di luminoso e di meravigliosamente umano lo caratterizzava.
In uno scenario così ostile, difficile e temibile, fai agire un Mycroft che mi è piaciuto molto perché l’hai caratterizzato con un equilibrio ottimale tra coraggio, paura, più che umana, forza d’animo.
Inoltre ritorna ad esprimersi il suo affetto assoluto per il fratello ed è proprio questo suo sentimento che gli complica il relazionarsi con John. In effetti Mycroft è combattuto tra il desiderio di vedere felice Sh, e lui sa che l’unico in grado di far succedere questo è John, ed il timore di un crollo emotivo dovuto all’incapacità del consulting di gestire i sentimenti.
Dalla lettura emerge, netta, la tua capacità di caricare d’energia dei gesti in modo da catturare l’attenzione e questo ci fa sentire coinvolti, come se fossimo lì, sulla scena. Quanto tensione, quanta emotività hai trasmesso in quell’afferrare che fa John, improvvisamente, quasi con uno scatto animalesco, il polso di Holmes. Vi hai saputo infondere disperazione, attesa, rabbia ed anche quell’affacciarsi di una nuova, terribile, non vita mostruosa. In quel gesto ci sono anche il disagio profondo di ciò che ha vissuto con Mary, della situazione ambigua in cui il suo cuore si è venuto a trovare con il ritorno di Sh dopo il drammatico “volo” dal tetto del Barts.
E ci si può trovare, non ultima la consapevolezza di un grande amore che non ha avuto modo di esprimersi. C’è anche lo strazio di un addio e la sua sensazione è che non farà in tempo a dirlo a Sh.

Quello che segue è uno “tsunami” di sofferenza e di rabbia con cui John travolge Mycroft. O, a pensarci bene, vediamo che, in realtà, la mente eccezionale di “Mister Inghilterra” riesce a mantenere il controllo della terribile situazione in cui si trova, nella morsa, letteralmente, del rancore di Watson.
Il diluvio di parole, che questo ultimo gli vomita addosso, porta con sè il dolore del post Reichenbach, la rielaborazione di un lutto che poi si è rivelato essere un drammatico falso, la convinzione di essere stato lasciato indietro mentre il piano, che prevedeva la “scomparsa” di Sh, procedeva a sua insaputa.
E poi c’è Mary e la sua presenza inquietante che anima troppe contraddizioni. L’unica, potente, ancora di salvezza che permette a Mycroft di salvarsi da una situazione estremamente rischiosa, è Sh. E qui hai inserito, in questa scena d’orrore e di violenza, una nota di tenerezza in quel preoccuparsi di John per ciò che sarebbe successo al consulting in seguito alla sua morte ed a quella di Mycroft.
Aggiungi una pennellata di rassicurante umanità e di pietà umana che s’impadroniscono del cuore di Holmes, di fronte al dramma straziante di Watson ed all’amore che rivela per il fratello. E c’è quel pianto che, credimi, é uno degli elementi più travolgenti della tua long.
Un altro elemento veramente coinvolgente è quando Mycroft convince John a rispondere al messaggio interrogativo di Sh, quell’accenno ai “vatican cameos” e qui ritorna la nostalgia per le prime Stagioni BBC, momenti di un trascinante pathos, ormai diventato mitico, con la coppia del 221b assolutamente empatica e facente parte di un’unica, meravigliosa entità.
La seconda parte del capitolo ci rende partecipi di ciò che sta accadendo nel laboratorio in cui Sh sta correndo disperatamente verso la sintesi di un vaccino che possa salvare le vite di chi è infetto, soprattutto quella del suo “conduttore di luce”.
Ed è perfetto quel suo accogliere il messaggio di John come un respiro di sollievo che, addirittura, gli permette uno sguardo verso il cielo scozzese.
Accanto a lui c’è un perfetto Dylan che, sempre di più, incarna i valori dell’amicizia, della condivisione, del rispetto verso l’altro.
Coinvolgente lo spazio che hai pensato per gli esperimenti perché, in essi, hai messo in risalto il sacrificio delle cavie, che hanno un loro nome, non sono vuoti oggetti su cui sperimentare.
E anche Sh mostra una particolare sensibilità nei confronti di quegli animaletti che, forse, salveranno la vita al suo John.
Un capitolo straordinario: bravissima.

Recensore Junior
11/05/20, ore 02:24
Cap. 28:

Ho amato questo capitolo dalla prima all’ultima parola, da quello che si sono detti John e Mycroft, con Mycroft che capisce quanto John ama Sherlock e si scusa, a Sherlock che sente che è successo qualcosa a John, a Dylan che si preoccupa per quei poveri topolini (ho riconosciuto i film da cui hai preso i nomi 😉). Sherlock ce l’ha fatta, il vaccino è praticamente pronto, non vedo l’ora di sapere cosa succederà adesso, c’è anche la questione in sospeso con Xabaras…
A presto :)

Recensore Master
06/05/20, ore 15:00
Cap. 27:

Il capitolo ha, come indubbio centro d’interesse, l’incontro tra Mary ed il marito, che sta subendo il terribile passaggio ad un’orribile condizione di non vita. La nostra curiosità era già stata allertata da come si era concluso il precedente e cioè da un grido che proviene dalla zona in cui
si trovano i coniugi Watson.
Giá era prevedibile la criticità dell’incontro tra la donna ed un John che chiaramente deve aver già chiari e conclamati i sintomi del morbo, ma il tuo racconto è stato superiore alle aspettative. Infatti l’accuratezza e
l’immediatezza della descrizione, giuro, mi hanno dato i brividi.
A parte la negatività che io percepisco insita nel personaggio di Mary, che già di per sé costituisce un “boccone” difficilmente digeribile, ma vedere John ridotto in quel modo é stato veramente devastante. In effetti uno degli elementi “forti” di questo capitolo è il contrasto tra ciò che è, di solito, Watson e ciò che sta diventando. Questa trasformazione mi ha suscitato un misto d’orrore e di pietà allo stesso tempo, perché il “conduttore di luce”, qui, veramente, è ridotto ad una creatura che provoca ribrezzo (“...odore nauseabondo...gran quantità di catarro...distanza appiccicosa e maleodorante...”) ma anche grande pietà. Sì, perché è proprio nel contrasto tra ciò che Watson è stato e cioè un uomo attraente, generoso, tenero, è quello che ora si presenta come un essere che dà repulsione. Molto, molto efficace questa tua
scelta narrativa.
Ma il culmine della tensione e di quello che può provocare sul lettore un colpo di scena, viene raggiunto, secondo me, quando Mary accarezza la testa di John e, per poco, la sua mano non viene addentata da quello che, in quel momento, non è più l’uomo che ha conosciuto ma un
mostro feroce e ributtante.
Bel “coup de théâtre”, davvero, anche se è, ripeto, estremamente angosciante vedere la trasformazione che sta subendo Watson: siamo in pieno “Cargo”, non c’è dubbio, i cui effetti devastanti sul
protagonista, riempiono d’angoscia e di compassione chi guarda.
Altro punto di forza di questo capitolo è la caratterizzazione di Mary che va via via delineandosi in un modo per me veramente ributtante, quasi più dei segni di morte che rendono sempre più evidente lo stato di John. È una Mary che fai discostare dal personaggio BBC, per vari elementi. Intanto non mostra l’intelligenza e la personalità inquietante, ma indubbiamente di un certo spessore, di quella dei Mofftiss. Qui è una donna non particolarmente brillante che ha in testa, come obiettivo irrinunciabile, il matrimonio con il medico. Il fatto che non sia una persona brillante ed acuta, sempre secondo me, lo dimostra quando esprime a John, in un modo che ha del rozzo e del sommario, le sue conclusioni su chi sia il vero zombi, su Sh, sulla personalità di Dog. E qui fai dilagare irresistibilmente la sua profonda gelosia nei confronti di

Holmes, che lei ha sempre considerato un rivale. Rimaniamo allibiti di fronte all’odiosità delle sue affermazioni e del modo con cui si rivolge al povero John, certamente non nello stato più adatto per essere investito da rimproveri ed insulti (“...Sei ridotto uno schifo ed ancora lo difendi?..”). Una donna volgare, arrivista. Ecco la Mary che fronteggia il
disgraziato.
E, a proposito della sua connotazione, arricchisci il capitolo di un altro
grande contrasto e cioè quello fra lei ed Anthea.
Fai agire sulla scena una splendida segretaria di Mycroft, opposta e, secondo me, decisamente speculare, in maniera brillante, all’antipatica, mancata (spero), futura moglie di Watson. Anthea è silenziosa, le sue parole sono misurate e mai fuori contesto, fedelissima al suo capo, efficiente, fredda quando serve e tanto altro. La tua Mary Morstan, invece, è chiassosa, egoista, secondo me inaffidabile. Basti pensare che
se la prende con John ridotto in quello stato.
Per rendere più denso di significato il racconto, inserisci uno statuario Mycroft, sempre molto IC, che sicuramente ha già inquadrato la donna,
valutandola per quello che è.
La scena finale del capitolo è sorprendente, anche per i risvolti che avrà sul futuro. Infatti Anthea convince Mary che sta vivendo un brutto sogno e, con la scusa di un gesto gentile, le propina quella che è sicuramente una sostanza che la farà dormire durante il viaggio di ritorno ed, al risveglio, trasformerà, appunto, in incubo, terribile ma immaginario, quello che la donna ha visto e vissuto con John
trasformato in un mostro.
Grande Anthea...Tutto sommato il suo amato capo le ha finalmente dato il permesso di stordire Mary, chiudendole così quella bocca così
dannosamente ciarliera.
Un capitolo molto forte, questo, sia per la caratterizzazione della Morstan, che viene connotata da te in modo sicuramente negativo, sia per lo stato in cui abbiamo trovato John. Ripeto, riguardo a quest’ultimo elemento, il contrasto tra quello che era e quello che sta diventando il nostro medico/soldato/ blogger preferito, parlo per me, è aspro,
violento.
Comunque questa parte della storia la trovo estremamente illuminante e creativa nei riguardi di un personaggio controverso come quello di Mary che io odio, sia nella versione dei Mofftiss sia nella tua. Il tuo modo di vederla, secondo me, ha esasperato in modo molto efficace, dal punto di vista narrativo, certi suoi tratti caratteriali che non erano così affermati come nelle Stagioni BBC. Hai reso così giustizia ai miei
occhi alla Johnlock, inquadrando l ’ “intrusa” come si meritava.
A tal proposito, inserisci anche il riferimento ad un certo David che assume, pet un certo verso, il ruolo di voce della coscienza, contraddittoria rispetto all’unione con John. Quello che è un particolare, da te introdotto, che ho trovato geniale per una maggior definizione del

carattere di Mary, è la riflessione, per me assurda, che, di fronte ad un futuro piuttosto difficile al fianco di John (“...come Sherlock si stia prodigando per salvare John. Se lei mollasse ora, l’indimenticabile ex l’avrebbe vinta...”) la situazione va accettata ugualmente non per
amore, ma per superare Sh in quella che lei ritiene una corsa verso il
trofeo (John).. Allucinante, davvero, questo modo di considerare un sentimento tanto importante e lo scegliere di rimanere accanto ad una persona, nonostante tutto solo per una questione di rivalsa. Mary non lo farebbe per un sentimento di condivisione e di fedeltà ma per “vincere” quella specie di mostruosa gara che la vede competere per avere John
tutto per sè, nonostante tutto.
Chiudo qui le mie osservazioni e ti faccio i complimenti per come hai
gestito questa materia così ostica e delicata. Brava.

Recensore Junior
04/05/20, ore 15:08
Cap. 27:

Ciao!
Mary si è mostrata per quello che è davvero: una donna con una specie di sindrome della crocerossina unita al desiderio di dimostrare di essere la migliore, che non ha mai amato davvero John, ma l’idea della famiglia che voleva creare con lui, e che si è preoccupata principalmente di veder sfumare questa possibilità. Anche se non dovesse ricordare niente di questo incontro (ecco perché Anthea le aveva offerto l’acqua…) non credo che John dimenticherà quello che gli ha detto, quindi spero che almeno il problema Mary sia risolto.
Non mi aspettavo un capitolo dal punto di vista di Mary, mi è piaciuto molto, e ho adorato il modo in cui John ha descritto Mycroft: “un grandissimo rompicoglioni con l’hobby dello spionaggio” XD
Alla prossima :)

Recensore Master
26/04/20, ore 23:21
Cap. 26:

Piacevolissimo l’inizio del capitolo con il dialogo tra Mycroft ed un suo collaboratore che scopriamo essere l’inossidabile Anthea.
Un passaggio questo che ho trovato ben costruito, anche per l’impaginazione, assolutamente azzeccata, che esprime visivamente il rimpallo di domande e risposte tra i due. Non manca una dose d’ironia che alleggerisce l’atmosfera della situazione. Una scena quella tra Anthea e Mary, che, data la loquacità irrefrenabile di quest’ultima, mi riporta alla mente la scena di TST in cui la donna è, travestita, su un aereo che la porterà lontano da chi vuole ucciderla ed interpreta, in maniera magistrale, la turista molesta.
Purtroppo, dopo questo momento in cui si sorride, ci fai rientrare immediatamente nel clima della storia vera e propria e cioè nei terribili problemi che il contagio sta creando anche per quello che riguarda “le pulizie”, come identifica Mycroft nella sua testa, la necessità di eliminare tutti i soldati infetti bruciandone i cadaveri. Potrebbe sembrare, il suo, un modo di esprimersi cinico, trattandosi di esseri umani, ma lo trovo perfettamente coerente con il suo essere un uomo di potere abituato a prendere spesso decisioni molto “scomode” ma necessarie.
E poi c’è la vitale questione di quell’ “ex soldato dal quale dipende il suo futuro”. Infatti il maggiore degli Holmes è consapevole che la fine di Watson trascinerebbe nell’abisso il fratello e, ovviamente, pure lui. Dunque sono momenti drammatici per Mycroft perché, non solo è in pericolo la vita di molti uomini, ma anche quella di Sh e la sua. In effetti sa già che, se non si riuscisse a salvare quei soldati, tra cui John, sicuramente Sh si autodistruggerebbe senza possibilità di ritorno.
Mi è piaciuta molto, poi, la riflessione che segue, nella sua mente, a questi pensieri e cioè l’analisi dei motivi per cui ha ordinato ad Anthea, che è sinonimo di efficienza al massimo livello, di accompagnare Morstan a salutare il marito morente. Hai strutturato un susseguirsi logico ed inattaccabile di enunciati che traggono il loro motivo di essere dal punto fermo del suo amore per il fratello. Sorprendente, davvero, è stata per me la conclusione che regge tutta la sequenza di motivazioni:”…è più facile separarsi…”ecc...
Un altro punto di forza del capitolo è la scena in cui Mycroft, che diventa il protagonista magnifico ed indiscusso del capitolo, si sistema per accogliere Anthea e Mary, per presentarsi in ordine, com’è sua abitudine, di fronte a qualcuno. Ma, alla fine, opta per un “look” più disinvolto del solito, quasi a liberarsi dei suoi schemi mentali, servendosi, paradossalmente, della consapevolezza di trovarsi in un posto ed in una situazione in cui la normalità non esiste, per sentirsi più a suo agio e “diverso”.
Andando avanti con la lettura di ciò che segue spicca l’intervento sulla scena di Groucho, originale e divertente come sempre ma, l’elemento che mi ha incuriosito di più, è la caratterizzazione di Mary che stai delineando. Una donna decisamente diversa da quella che abbiamo visto nelle Stagioni BBC, del resto ci hai avvertito già nella nota introduttiva.
La tua è una persona meno complicata, forse, più “normale”, e resta in sospeso, anche per Mycroft, il suo reale attaccamento a John.
Ancora una volta l’ “iceman” si trova a valutare l’effettiva potenza dei sentimenti se quel grido, che proviene dall’infermeria, corrisponde alla situazione che ipotizza Anthea circa ciò che Mary prova per il marito.
A proposito dell’assistente di Holmes, l’hai ritratta con una precisione ed un’efficacia davvero coinvolgenti: simpatica, efficiente, fedele.
Più avanti si va nella storia, sinceramente, ci si trova sempre più ansiosi di scoprire cosa accadrà. Sono sincera: rispetto ai primi capitoli, pur avvincenti e ben scritti, quelli che sono seguiti hanno progressivamente rivelato una tua maggior sicurezza nel gestire il testo e le emozioni di chi legge, tenendo sempre viva l’attenzione.

Recensore Junior
23/04/20, ore 15:57
Cap. 25:

Ciao :)
Che dire… povero John! Mycroft ha davvero esagerato con lui. Capisco che sta soffrendo, è convinto di stare per perdere il fratello e ce l’ha con John per come l’ha trattato, ma si è comportato come se lo incolpasse anche per gli zombi… È vero, John ha sbagliato con Sherlock, ma quella è un’altra questione, che non c’entra con la situazione attuale: anche se avesse accolto Sherlock a braccia aperte, le cose probabilmente a questo punto sarebbero andate allo stesso modo, sarebbero andati insieme ad indagare e sarebbero stati attaccati… Si ritroverebbero comunque nella stessa situazione, almeno secondo me. Comunque per farlo soffrire con i sensi di colpa era stato sufficiente raccontargli la verità sul finto suicidio (finalmente!), non c’era bisogno di infierire…
Ma poi Mycroft lo sa che se non fosse stato per John lo zombi avrebbe morso Sherlock?
Non vedo l’ora di leggere il prossimo capitolo, a presto!

Recensore Junior
19/04/20, ore 23:58
Cap. 25:

Ciao,
Seguo con molto interesse questa storia e devo dire che mi piace molto!
In questo capitolo alcune cose mi hanno fatto um po’ paura, tipo la descrizione del primo stato della descomposizione... che era quello che stava accadendo al dottore!
Ma passando all’altra parte del capitolo: non per essere cattiva, ma Mycroft ha fatto bene portare Mary come regalo per John! In fondo, come dice lui, è lei la persona che ama, no?
3. Mi puoi solo assicurare che questa storia avrà un buon fine? Che Sherlock riuscirà a salvare John? Non vorrei che morissero entrambi...
Beh... salvare anche i soldati, perché non voglio essere egoista...

Recensore Master
19/04/20, ore 23:51
Cap. 25:

L’apertura del capitolo mi ha immediatamente proiettato nell’atmosfera angosciosa e straziante di “Cargo”, il film con Martin Freeman, che non mi stancherò mai di elogiare. Il particolare sintomo che John scopre al risveglio, infatti, mi richiama alla mente le ultime immagini di quella produzione cinematografica, che non intendo certamente spoilerare se qualcuno non l’avesse ancora vista, ma che sono di un’intensità drammatica e travolgente. Qui tu richiami quel clima così crudo ed, allo stesso tempo, permeato di emozioni legate agli affetti più cari, alla speranza del futuro, alla vita. Ed il risultato che trovo in questo capitolo ma, in generale, in questa tua long, da un’ispirazione di chiara qualità cinematografica alla stesura di qualcosa che attenga a questa Sezione, è veramente molto valido perché il tuo testo colpisce ed avvince, proseguendo su un percorso che, comunque, si differenzia da quanto visto in “Cargo” per caratterizzarsi con un’originalità tutta sua.
Un elemento importante, che caratterizza la presa di coscienza di John su quanto gli sta succedendo, è il sogno che lui ha fatto. Un sogno terribile ma bellissimo che costituisce il filo conduttore del capitolo. E qui hai intrecciato ciò che racconti con quanto visto in TRF, precisamente nella scena finale in cui John, di fronte alla muta lapide nera che indica il luogo dove lui crede sia sepolto Sh, gli chiede, in un impulso commovente d’irrazionalità ma forse anche in un’inconsapevole percezione di quella che potrebbe essere la verità, di compiere per lui il miracolo di “non essere morto”. Ed è su questo nucleo tematico che innesti le sequenze della tua storia. Sequenze, queste, terribili e con lo stesso livido aspetto dell’ineluttabilità di un destino orrendo. Ma, nel trascrivere ciò che è il sogno di John, usi un linguaggio che si spinge oltre i confini del testo narrativo e sconfina suggestivamente in quello poetico. In questo modo l’orrore e la tragicità della situazione che la mente di Watson ha rielaborato durante il sonno e trasferito nella dimensione onirica, vengono sfumati e fatti progressivamente spegnere nell’unico desiderio che si smarca dalla razionalità e che vede lui e Sh insieme, per sempre, anche se in uno stato non più umano. Ma è l’unica “speranza” ora che il cuore di John possa alimentare paradossalmente, probabilmente alimentata dalla scientifica consapevolezza, lui è medico, non dimentichiamolo, che la sua trasformazione in zombi non è lontana ed è già a “buon” punto.
Inoltre, quella a cui è aggrappata la sua fiducia nel futuro è, purtroppo, la disperata attesa di un evento quasi impossibile come la sintesi di un vaccino in tempi assurdi. Il sogno, quindi. diventa una visione positiva, rassicurante e lo si scopre dall’uso che fai, dopo un primo momento di tristezza (“…grigiastra…velati…impolverati…”), di termini non più legati alla fine, alla morte, alla disperazione. Sono parole che arricchiscono la figura di Sh caricandola di un’energia vitale, anche se ciò potrebbe essere assurdo (“….sorride…fiore…profumo…” ecc..). Ma è l’amore che John, nella sua disperazione, ha per lui che vedrebbe questo scenario come auspicabile e meravigliosamente possibile.
Quelle immagini così consolatorie, che il sogno gli ha regalato, le alterni alla progressiva scoperta di ciò che sta diventando. A rivelarlo sono sintomi che trasmettono orrore e repulsione, ancora più tragici vista la sua competenza professionale. John sa perfettamente ciò che sta accadendo, di quello che era, non rimarrà più niente si sta trasformando in un mostro senza più coscienza ed anima. La scena di lui sotto la doccia è commovente e suscita forti emozioni legate a compassione, paura, orrore, disperazione. Sei riuscita davvero a trasmetterci tutta la drammaticità della situazione caratterizzandola con il sapore della verosimiglianza.
L’intervento di Groucho, come in altre precedenti occasioni, grazie alla sua piacevole ironia, stempera la tensione e ci permette di prendere una pausa in tanto orrore.
Ma l’angoscia ritorna subito con l’arrivo di un Mycroft “sull’orlo di una crisi di nervi”, stanco e preoccupato che rivela a John il vero ruolo del diabolico Moriarty nella finta morte di Sh.
E, soprattutto, gli fa capire chiaramente che lui è sempre stato nel cuore di Sh. Aggiungi, poi, un ultimo colpo di scena che vedremo, presumibilmente, nel prossimo capitolo. Mycroft farà un ultimo regalo a John per consolarlo prima della fine: accompagnerà da lui Mary…
Sei un genio.

Recensore Master
14/04/20, ore 11:14
Cap. 24:

Nel precedente capitolo hanno dominato i POV di John e di Mycroft. Qui ci porti nei pensieri di Sh, cui giunge la tristezza infinita di quell’ “odore di legna bruciata mista a quello più dolciastro della carne”. Ma la sua razionalità lo porta ad un senso di soddisfazione nel comprendere che, finalmente, il pericolo dei cadaveri dei militari contagiati è stato azzerato. Come efficacemente osservi tu, infatti, la sua mentalità scientifica, anestetizzata emotivamente ( bellissima definizione), lo porta lucidamente a valutare il raggiungimento di un importante obiettivo. Ed è giusto che sia così perché il coinvolgimento emotivo, in operazioni che richiedono il completo funzionamento della ragione, non porta a risultati necessari.
Però, ora, la situazione è diversa perché il cuore sostiene la mente nella borsa contro il tempo per salvare John.
Molto intensa quella particolare immagine, che torna alla mente di Sh, del disgusto provato da Mycroft nel vedere il fratello conservare, nella borsa da viaggio, un maglione di John. E Sh bypassa la sensazione negativa derivata dalla reazione di Mycroft con la certezza che l’aver perduto la sua indipendenza emotiva sia stato un notevole passo in avanti nella conquista di una confortante umanità, che respira l’energia rivitalizzante di un grande amore. Cosa, questa, negata all’ “iceman”.
Come accanto a John nell’altro capitolo hai posto Groucho, qui metti Dylan vicino a Sh, a sostenerlo ed il modo con cui lo fa è da te pensato con una caratterizzazione cosi convincente che rivela, ancora una volta, la tua indubbia, evidente capacità di cogliere, mediante gli atteggiamenti delle persone o, meglio, mediante singoli gesti e sguardi quello che è il loro modo d’essere, i loro pensieri anche nascosti, il loro modo di reagire alle situazioni. Prova di ciò l’abbiamo avuta, nel precedente capitolo, soprattutto con Groucho e la sua scelta di stare accanto a John in un momento così tragico; qui abbiamo soprattutto Sh, ovvio, nella sua sofferenza, nella sua tormentata fretta di ultimare la preparazione del vaccino ma, ciò in cui hai immesso altrettanta capacità d’osservazione e di analisi psicologica è il comportamento di Dylan accanto a lui. Il tuo Sh è molto IC nel suo relazionarsi in maniera tutta sua con chi gli sta vicino, ma l’impegno, che diventa ancora più difficile, ovviamente secondo me, è ritrarre, da parte dell’Autrice, delle risposte comportamentali ai suoi particolari atteggiamenti che non scadano nel non credibile, nel ridicolo, nel non coerente con il contesto emotivo che circonda la figura magnetica del consulting. Ecco, con Dylan hai reso concreto un lavoro superbo, fatto di sguardi quasi pudici di fronte ad un dolore intuibile e grande, di parole scarne, ( ad esempio:”... lo sguardo del detective, che...lo porta nuovamente all’orizzonte....”) di espressioni di umana compassione, nel senso più completo del termine. Come quando Dylan, splendida scena, accoglie, con ammirabile sobrietà di reazioni e di commenti, l’esplosione commovente del dolore di Sh che libera un pianto quasi violento in cui confluiscono le sofferenze di una vita, i fantasmi e gli strazi laceranti del passato. “Commovente”...ho usato questo vocabolo perché, ma non dirlo a nessuno, quasi quasi una lacrimuccia la lasciavo uscire anch’io.
Hai ritratto così uno Sh superbo nel suo dolore, così umano nel chinarsi sotto il peso di quello che potrebbe essere la realtà di un terribile incubo e cioè il rimanere senza John. Bellissima scena, dunque, in cui fai interagire due caratterizzazioni psicologiche in un contesto assai arduo. Ma il risultato è credibile, equilibrato, verosimile.
Un unico dubbio mi rimane: a cosa si riferisce quel pensiero che chiude il capitolo...
Evidentemente, il riferimento a “Lazarus”, richiama alla mente la possibilità di un piano alternativo, già pronto nella mente di Sh, che “neppure questa volta”, forse, ci sarà improvvisazione ma un progetto ben delineato. E di cui John sarà tenuto all’oscuro. Forse. Ma sono mie elucubrazioni; aspettiamo e vedremo.

Recensore Master
13/04/20, ore 16:35
Cap. 23:

Apri con Dante Alighieri, senza retorica uno dei miei Autori preferiti che si riscoprono al di fuori della routine scolastica, in cui l’obbligatorietà delle letture cui prestare attenzione scatena sicuramente una reazione di “bastian contrario”. Ed invece sono pagine preziose che, comunque, senza la “spinta scolastica” forse non avremmo conosciuto. Ottava bolgia, i consiglieri fraudolenti, scena di una suggestione molto forte. Come lo è quella con cui inizia il capitolo, dopo la citazione dantesca, in cui raffiguri il tragico momento in cui vengono bruciati i corpi di chi è stato ucciso da uno zombi. E lo si fa in una cerimonia triste, di morte ma in cui sei riuscita ad infondere un che di solenne, di altamente emozionante: i colpo di fucile, le divise celebrative (qui ho spulciato Google perché non mi veniva in mente il termine giusto), la pira in cui si consumano i corpi dei defunti, salvati da un orrendo destino. Inserisci efficacemente il volto di Mycroft, attento e concentrato a sovrintendere alla pietosa operazione.
Nel capitolo hai fatto succedere, l’un l’altro, due punti di vista raccontati con passione e con confortante capacità introspettiva ma, a proposito di quest’ultima, sappiamo bene che ti piace “vincere facile” perché porti qui l’invidiabile sguardo della tua professione che scende in profondità nell’animo umano.
Nella parte in cui leggiamo il succedersi dei pensieri di John, che gli vengono suscitato da quella triste cerimonia cui sta assistendo dalla cella in cui è confinato. Sono riflessioni non banali, non scontate, che toccano elementi fondamentali della sua vita: la madre e la difficile relazione con la famiglia, la sua professione che l’ha portato a contatto diretto con il dramma della guerra e di ciò che l’assuefazione alla morte può portare, la figura di Sholto che riveste un ruolo fondamentale nel suo aprirsi ai sentimenti in un luogo in cui tutta l’umanità sembra essere svanita. E poi c’è Sh che ha azzerato qualsiasi previsione su un futuro da reduce che sembrava non aver più nulla da regalargli.
In questo quadro di vita inserisci l’intervento di Groucho che va da John per dargli conforto e l’aiuto morale e concreto di una vera amicizia, di quelle che mettono in conto anche il pericolo mortale che, in questo caso, rappresenta John nella sua condizione di “passaggio” da uno stato all’altro. E gli apre un mondo in cui poter sperare che è quello del sentimento che Sh prova per lui. Gli dà speranza, conforto...Grande Groucho e bravissima tu a modulare ciò che dice a John senza scadere nell’ovvio o nel banale.
Le citazioni letterarie, che semini sapientemente, aggiungono un tocco di preziosità a quanto scrivi ma è l’espressione dell’interiorità umana che fanno di questo capitolo uno dei migliori di questa long, secondo me.

Nell’ultima parte ci fai vedere la tragicità della situazione attraverso il POV del maggiore degli Holmes ed anche questo non è inferiore, come intensità, a quanto hai scritto più sopra.
Le riflessioni di Mycroft, visto anche il ruolo che ricopre nella sua vita professionale, lo portano ad uno sguardo più ampio, che considera scenari di terrorismo internazionale, che non dimentica le “scie” di criminali intenti che Moriarty ha lasciato anche dopo la sua morte.
Ma, ora, vedendo alla finestra dell’infermeria John, il suo pensiero va, automaticamente, al fratello. Mi è piaciuta molto la riflessione, che si snoda attraverso una logica concatenazione di presupposti, mediante la quale Mycroft considera indispensabile la salvezza di Watson soprattutto, e forse esclusivamente, indissolubilmente legata a quella di suo fratello. Infatti è prevedibile, purtroppo, che se a John dovesse succedere qualcosa d’irreparabile, sarebbe la fine anche per Sh. Questo “Mister Inghilterra” lo sa bene e qui fai uscire il suo affetto fraterno che segue costantemente il consulting e che ha intravisto in John una figura fondamentale per la salvezza del fratello ma il rovescio della medaglia è che, appunto, se Watson morisse, anche per Sh sarebbe la morte certa (“…Fratello che ora John Watson rischia di portargli via del tutto…”).
Un capitolo, questo, che hai scritto con risultati che non è retorico definire eccellenti, sia dal punto di vista del contenuto sia da quello della forma. E ti lascio la mia netta impressione che tu abbia vissuto una concreta maturazione come Autrice che ti sta portando a risultati veramente apprezzabili. Davvero.

Recensore Junior
06/04/20, ore 19:36
Cap. 23:

Ciao!!
Sto seguendo questa storia fin dal principio e voglio farti i complimenti perché oltre ad essere scritta benissimo ha una trama davvero bella e avvincente, alla fine di ogni capitolo rimango con il fiato sospeso in attesa del successivo!
Ancora complimenti e a presto :)

Recensore Junior
31/03/20, ore 16:48
Cap. 22:

Ho iniziato e finito questa storia oggi. Non entravo su EFP da parecchio, ma dopo un rewatch della serie ho cercato qualcosa che mi facesse passare del tempo. Mi aveva incuriosita la trama, devo dire che un crossover tra Sherlock Holmes e Dylan Dog non mi era mai capitato sottomano né lo avrei mai immaginato. Ma funziona, funziona davvero. L’ho letta tutta d’un fiato e mi sta piacendo moltissimo. Ho letto pochi albi di Dylan Dog, ma conosco il primo numero e mi piace come tu abbia adattato la storia. Mi piacciono anche le varie relazioni che si vanno instaurando, le iniziali rivalità e le amicizie. Sono davvero contenta di averla trovata, complimenti!
Ps. Adesso mi è venuta voglia di leggere altri fumetti di Dylan Dog, approfitterò di questi giorni di quarantena per recuperarne alcuni hahaha