Ciao, Patty!
Hai ragione, il capitolo parla da solo - e dice, uao, un sacco di cose.
Sono quasi le quattro ed è inopportuno che vada a ravanare nello studio, ma, nonostante tu segua la storia de L’alba dei morti viventi, vedo molto in trasparenza di quel Numero duecento di cui abbiamo già parlato: nell’uso sapiente dei flashback, nella reazione forte di Greg allo scivolone di Sherlock nella dipendenza che mi ha ricordato quella di Bloch al Dylan alcolista, nel dolore che non si spegne di un amore perduto (lo so che John e Sherlock si ritroveranno, che non li ha davvero separati la morte come per Dylan e Lily. Ma intanto lo strazio di Sh ce lo consegni intero, con quelle stilettate che divampano all’improvviso covate da un costante dolore sordo, e ci arriva tutto, e sembra un “per sempre “. Nonostante le rassicurazioni di Greg).
Il capitolo si apre rapidissimo come dopo una dissolvenza al nero dalla scena precedente, mostrandoci brutalmente Sherlock sotto effetto e la reazione di Greg: che è sempre un personaggio che padroneggi in modo assoluto, e che in questa sequenza viene fuori in mille sfaccettature: rimprovera Sherlock sapendo esattamente che tasti toccare (il lavoro e John), esprime con ruvido impeto il proprio affetto, a tratti mascherandolo con pudore virile dietro la collaborazione professionale, e non può fare a meno di difendere Molly mostrando a Sherlock, come per inciso, quanto sia stato manipolatorio con lei (e niente, ti ho già detto che sei responsabile se shippo questa coppia, anche se solo quando ne scrivi tu).
La scena sembra già insopportabilmente intensa, ma con una bella sclavata, come evocato dal sarcasmo di Sherlock e a dispetto del diniego di Greg, fa il suo ingresso Dylan, annunciato da una Martha Hudson che mi ha ricordato Groucho. Né baffuta né sopra le righe, ovviamente, ma, come di solito il nostro comico preferito, la padrona di casa ha qui la funzione di introdurre un ospite risolutivo per la storia, spezzando la tensione di una scena precedente. E come Groucho, con tanto di tè, Martha parteciperà attivamente al successivo incontro, guidata anche dalla preoccupazione per la salute di Sherlock, permettendoci di vedere anche con i suoi occhi Dylan, che in questo capitolo giganteggia. (Con i suoi occhi e con quelli di Sherlock che la guarda: sei geniale nella gestione della focalizzazione dei personaggi, davvero.)
Patty! Ho amato ogni parola, ogni sguardo, ogni silenzio e ogni pensiero dell’incontro tra “lo zombi e il cane”. Sarebbe inutile cercare di ripercorrere con ordine per sottolineare cosa mi abbia colpita di più: anche se la scherma non è uno dei tratti canonici sherlockiani cui si è ispirato Sclavi per Dylan, è un incontro in punta di fioretto quello che ci metti in scena in queste pagine. La focalizzazione su Sherlock, che non ci aveva permesso nel capitolo precedente una completa messa a fuoco del personaggio di Dylan, qui è funzionale a mantenergli un’aura di mistero e anche a farci dedurre alla velocità della luce come se fossimo nella testa del consulente, ma ormai l’indagatore dell’incubo “esce” efficacemente nelle sue caratteristiche principali. Tu metti bene in evidenza la natura narcisista del nostro Dylan, la sua necessità di sedurre e non solo a fini professionali, e questo è tanto più efficace in quanto ci giunge filtrato dagli occhi di Sherlock, che non sembra consapevole non solo di essere a sua volta un narcisista, ma di esserne appena stato accusato da Greg a proposito di Molly (che specchi affascinanti!). Tra i nostri due detective si crea una tensione di seduzione intellettuale fortissima, che qualcuno meno bravo di te avrebbe gestito con meno misura dandole una sfumatura erotica o svilendola in una semplice stima. E invece ironia, eleganza, fascino a palate... Ho i brividi. Sarebbe un dialogo da godersi anche solo per vedere come i due metodi d’indagine s’incastrano o cozzano, di volta in volta (splendida l’ilarità di Sherlock nello scoprire che la deduzione segreta di Dylan riguarda la natura diabolica di Xabaras), ma qui esso è al servizio del progredire dell’indagine, e si annuncia il cambio di location in Scozia: anche questo equilibrio tra gusto della parola e necessità dell’azione è molto delicato, e lo hai gestito con grande sapienza. Io ero così impegnata a guardarli rubarsi le deduzioni di bocca che, pur conoscendo la storia, sono rimasta sorpresa da come il progredire della trama non si sia mai fermato. Tra l’altro, è come al solito molto verosimile che Dylan si appoggi alle doti di chimico di Sherlock, come anche che chieda la presenza di John in quanto medico.
Aggiungo: negli ultimi anni leggo pochi gialli perché scopro sempre la fine nelle prime poche pagine, e mi annoio. Ma lo sai che, con tutto questo tirare in ballo John da parte di tutti (Dylan, Greg, la signora Hudson), non ho ancora capito se tu vuoi trascinarlo ad Undead o lasciarlo solo nei pensieri di Sherlock?! Aspetto il prossimo capitolo anche per questo, adesso.
Nota psicopatica: l’osservazione di Sherlock “è furbo come una volpe questo cane” mi ha fatta inevitabilmente pensare al tuo Fox, rimescolandomi di gioia ancora di più. E non è solo gusto della citazione, che in questo caso magari è solo nella mia testa: mi sono accorta che i tuoi personaggi originali mi sono cari quasi quanto Dylan e Sherlock, che come te frequento dall’adolescenza. E siccome leggo un sacco, un po’ per lavoro e assai per piacere, e quest’affezione non è così automatica, volevo che lo sapessi.
Infine: ottima la misura degli interventi di Lestrade e della Hudson, che non restano inanimati davanti al fronteggiarsi dei protagonisti e nello stesso tempo non sono mai fuori posto, né rubano la scena. Efficace la chiusura di capitolo sulle stesse note dell’apertura, con Greg che ribadisce attraverso le proprie reazioni quello che prova, e ancora una volta viene silenziosamente raffrontato a John. Ma la tensione viene stemperata da quell’appuntamento in stazione che ci lancia già verso il prossimo capitolo... che aspetto con gioia.
Grazie del tuo magnifico lavoro, come sempre, e degli interessanti spunti di riflessione che mi dai. È una specie di miracolo concentrarsi su una storia quando si sta passando un momento personale difficile... vorrei poterti ringraziare più efficacemente.
A presto.
Robi |