Recensioni per
Morti che camminano
di pattydcm

Questa storia ha ottenuto 58 recensioni.
Positive : 58
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
20/12/19, ore 23:06
Cap. 8:

Dunque, ora, qui, ci fai vedere le cose dal punto di vista di Dylan…
È proprio una strategia, la tua, che ci offre un’immagine tridimensionale, o meglio una sequenza d’immagini tridimensionali, perché ci fornisci diversi punti di vista dei personaggi principali.
Voglio lasciarti un’altra osservazione: leggendo le tue Note introduttive, vedo che la storia che stai portando avanti ha le fondamenta ben salde sulla raccolta di fumetti di Dog, anzi, non ti sei limitata ad ispirarti così, a random, ma hai scelto i quattro album che più si combinano alle vicende dei due di Baker Street. Se non è preparazione culturale e serietà d’Autore, questa…
Arrivo al capitolo.
Molto suggestiva la riflessione che Dylan fa a proposito di Sh. Il suo è un punto di vista assolutamente nuovo ed originale per noi, ed ho trovato davvero efficace quel suo pensiero riguardante il magnetismo degli occhi del consulting e l’effetto che avrebbe avuto sulla Santa Inquisizione. Dylan guarda a Sh quasi con affetto, “leggendo” nei suoi atteggiamenti e nelle sue espressioni che l’arroganza ed il manifestare una, comunque vera, superiorità intellettiva sul prossimo, sono anche un modo per proteggere se stesso dalle ingerenze del mondo esterno che, per Holmes, sono state quasi sempre, evidentemente, causa di sofferenza, d’incomprensione e di grande disagio.
Dunque, a Dog Sh piace e ne ammira soprattutto l’evidente intelligenza, sicuramente superiore alla media.
Viene nominato l’inquietante personaggio che, sul treno, ha attirato, in una splendida sintonia, gli sguardi e l’attenzione dei due investigatori: Xabaras (“…È lui, l'essere al quale da generazioni gli uomini della sua famiglia danno la caccia…”). Ho la netta impressione che, come “vilain” della storia sia più pericoloso del nostro folle Moriarty in quanto, in più, ha, se non ho capito male, degli aspetti sovrannaturali. Addirittura, grazie Google, mi pare d’aver inteso che Xabaras sia la parte malvagia del padre di Dylan…La storia, a questo punto, s’arricchisce davvero di aspetti che la caratterizzano in modo originale rispetto al canone di Doyle ed a quello dei Mofftiss. Sh viene a contatto così con un mondo che la sua estrema e lucida razionalità fatica a scannerizzare ed a accettare come “possibile”. Immagino dunque che gli sviluppi saranno molto interessanti.
La parte finale del capitolo è davvero divertente con uno Sh ormai sull’orlo della crisi di nervi di fronte alla realtà di quello strano posto e Dylan segue la scena, contento che la sorte imponga ad Holmes di collaborare con lui.
Brava.
P.S. se non ti raggiungo in un altro modo, t’invio i miei più affettuosi auguri di buon Natale…

Recensore Master
19/12/19, ore 22:57
Cap. 7:

In questo capitolo fai concentrare l’attenzione su John che avevamo lasciato al pub con il buon Greg. La parola che apre il racconto è decisamente come una luce abbagliante in una stanza buia perché in essa sintetizzi tutta la carica inquietante del caso.
“…Da quando Sherlock ha compiuto il salto…”: il fatto del “volo” del consulting dal tetto del Barts diventa davvero uno spartiacque importante. Infatti c’è un “prima” ed un “dopo” e non riguarda solo John ed il suo comprensibile disorientamento e la sua rabbia ma coinvolge tutti. Infatti nomini l’imbarazzo di Greg nel raccontare a Watson i particolari del caso senza nominare espressamente Sh, per non cogliere l’espressione particolare e sofferente sul volto del medico. Perciò gli fai dirottare il discorso su Dylan ma è inutile: tutto fa riferimento, ovviamente, a Sh ed alla sua partecipazione alle indagini. E non solo: Greg fa sapere a John che il consulting è tornato a cercare un sollievo alla sua vita nella droga. Caro, vecchio Greg, sempre disposto a “cucire” pezzi che stanno disperdendosi da una parte e dell’altra…Come ho già scritto in una precedente recensione, il personaggio dello yarder lo rendi perfettamente credibile, lo “maneggi” con sicurezza, facendogli esprimere delle potenzialità completamente innestate su un terreno sicuramente IC.
Mi riferisco alla sua amicizia con Sh, carica di affettuosa premura e preoccupazione per il fantasma della tossicodipendenza sempre in agguato, tanto più ora, che non c’è vicino a lui chi aveva dato un senso alla sua vita. Bellissimo e molto intenso quel passaggio, nel discorso che Lestrade sta facendo a John, in cui ricorda il suo incontro con il “redivivo” ed il suo abbraccio spontaneo. Ho letto tante parole sugli scenari possibili del “ritorno” di Holmes ma trovo geniale il collegamento che hai trovato :”…penso che fosse quella la reazione che si aspettava da te…”. Giusto, tutto, probabilmente, avrebbe avuto un corso diverso e meno doloroso.
Chiaro è che John viene travolto dai rimorsi, ma lo vediamo trincerarsi, ancora una volta, dietro quello stupido e vuoto mantra che, ormai, non ha più senso, cioè quell’affermazione sul fatto di non essere gay.
Ne sottolinei, così, il patetico tentativo di giustificarsi di fronte ad un evidente errore di valutazione, anche se giustificato dalla situazione che ben conosciamo: Watson ha dovuto elaborare un lutto, schiacciato probabilmente dai sensi di colpa per tutto quel “non detto” e “non fatto” che avrebbe cambiato le cose al 221b.
Non so come saranno i capitoli che seguiranno, ma questo mi ha dato un’occasione per emozionarmi nuovamente di fronte al dramma del post Reichenbach, narrato attraverso il cuore limpido di Greg. Grazie.

Recensore Master
19/12/19, ore 22:28
Cap. 6:

Mi è piaciuta molto la scena iniziale del ritrovo, tra Sh, Dylan ed il suo impagabile assistente, alla stazione. Una situazione che trae un'energia narrativa con risvolti comici. Sì, perché hai reso davvero stridente il contrasto tra lo Sh glaciale, con la sua aria di superiorità, e gli altri due, che, invece, sono più umani e, soprattutto Groucho, dotati di una spontaneità infantile davvero disarmante. Questo si nota , per esempio, nel "siparietto" della valigia che il consulting mette sul sedile perchè diventi una concreta barriera a quelli che ritiene comportamenti stupidi e noiosi.
A coronamento di un passaggio narrativo veramente divertente, inserisci poi la storiella della sigaretta e del bonzo. Il gioco è fatto, il clima, animato dal contrasto cui ho fatto riferimento più sopra, dilaga ed anima la lettura piacevolmente.

Però, ben presto, ci accorgiamo che la tua non è solo una tecnica narrativa ma la risposta efficace ad un'esigenza di arricchire la trama di nuovi sviluppi. La mente superiore di Sh ha intuito, infatti, che su quel treno viaggiano anche altri personaggi, coinvolti nel caso. Così ci troviamo di fronte ad un tizio dall'aspetto inquietante che anche Dylan riconosce, non senza un certo timore reverenziale. Ne sottolinei la carica angosciante fornendoci di lui un ritratto preciso, lucido, che mette i brividi, e concentri tutta l’energia, direi diabolica, della sua personalità in quell’aggettivo che mantieni isolato, drammaticamente significativo (“Cadaverica”).
Andando avanti con la lettura, emergono due elementi che s’intrecciano costituendo la trama su cui si dipanano le vicende. Il primo è il rapporto, le cui basi le hai gettate via via sin dal primo capitolo, tra Sh e Dylan; sono due individui che, almeno a me, appaiono davvero complementari per le loro caratteristiche, due intelligenze singolari, davvero. Sh decisamente è spietatamente razionale, che sfugge ogni risvolto legato all’emozione ed al sentimento. In ultima analisi questo, ora, è più che comprensibile dopo il fallimento del suo sodalizio, direi amore, con John. Invece Dylan che, ripeto, non conosco, mi sembra più aperto agli stimoli che riceve dall’ambiente che lo circonda, di qualsiasi tipo essi siano. Questo mi sbilancio a dirlo perché, leggendo su Google qualche notizia a lui relativa, ho appreso che è, per esempio, molto sensibile al fascino femminile, anche se si tratta di clienti. Una bell’abbinata, insomma, con Sh, una coppia veramente interessante.
L’altro elemento che scorre sottotraccia in tutta la narrazione è la voce di John che diventa vera e propria espressione della coscienza e viceversa. Una vicinanza, la loro, che tu arricchisci di mille echi empatici, tipici dei grandi amori.
A questo proposito, ho trovato molto ben scritta la parte finale del capitolo in cui traduci i pensieri di Sh che girano perennemente intorno a lui ed a John ed a tutto quello che malintesi, paure e pregiudizi hanno dolorosamente causato.
Sempre brava, davvero.

Recensore Master
17/12/19, ore 23:54
Cap. 5:

In questo capitolo ti occupi di John, di come il suo percorso di vita sia parallelo ma non estraneo a quello di Sh che abbiamo lasciato drogato e tristemente solo.
In un intreccio, praticamente perfetto dal punto di vista narrativo (brava!), metti insieme sia i richiami struggenti che riportano John al suo unico, grande amore ("...Prima c’era Sherlock…Il volto di Sherlock gli compare…ecc…") sia l'interazione ambigua che Mary ha nella vicenda.
A proposito del consulting, addirittura, qui trasformi il ricordo ed il pensiero continuo che John rivolge continuamente al passato, in una voce interiore, quasi un arrogante Grillo parlante.
Ho definito “ambiguo” il modo di interagire di Mary con gli altri perché, per il momento, non so come tu pensi di caratterizzare il suo ruolo, se di "buona" o di "cattiva", comunque un fatto è certo: questo personaggio, io, nonostante i vari momenti di distensione psicologica che m'impongo per avere più tolleranza verso gli altri, non lo digerisco. Punto e basta.
Sará anche per l'aggressività insita in me, ormai archeologica johnlocker, che vede la Morstan un' "intrusa" nell'ipotetico ed auspicabile paradiso del consulting e del suo "conduttore di luce".

Un altro punto molto interessante, che costituisce quasi un filo conduttore nella storia e che ho trovato anche in altre tue cose, è il modo avvincente con cui ci presenti Greg. È un personaggio, s'intuisce, che ti deve piacere molto perché riesci a metterne in risalto mille sfumature diverse, tutte comunque riconducibili alla sua straripante ed unica umanità, intesa come propensione ad accogliere ed a farsi carico di problemi altrui, gratuitamente, senza aspettare alcunché in cambio.

Il tuo Greg è così, però posso dire con sicurezza che è molto IC, perché ne hai sviluppato con credibilità degli aspetti che s'intuivano "in fieri" nel personaggio dei Moffyiss. Così hai sviluppato il suo rapporto con Sh nella sua dimensione di protezione e di carica affettiva, il suo rapportarsi con John all’insegna di una sincera amicizia.
Il John che agisce in questo capitolo ci riporta, senza dubbio, a quello, confuso e prigioniero dell’orgoglio, che abbiamo visto nella terza Stagione e, qui, tu già rendi visibili nel tuo racconto le “crepe” che, ancora poco visibili, si stanno aprendo nel rapporto tra Mary e John, a causa del legame troppo unico che tiene unito quest’ultimo a Sh. Non c’è dubbio. E diventa quasi una battuta comica quel perenne “…Io non sono gay…” con cui tenta di mascherare il suo disorientamento.
Andando avanti nella lettura trovo un punto molto intrigante e cioè la proposta che Greg fa a John per cercare casa insieme: sai che sarebbe proprio una meraviglia un’abbinata del genere…
Concludendo ti faccio i complimenti per come stai gestendo un intreccio di trama e di personaggi che non è certo semplice. Brava.

Recensore Master
17/12/19, ore 00:34
Cap. 4:

Ci sono. Dopo una lunga parentesi, della quale conosci il motivo, e ti ritrovo volentieri.
Il capitolo si apre con una considerazione di Greg che è davvero forte (“…Sei fatto…”) e che riapre una porta dolorosa su quelli che sono i lati oscuri di Sh, causati dalle sue fragilità. Infatti lo sguardo affettuosamente preoccupato di Lestrade coglie lo stato di Sh, in balia di sostanze stupefacenti.
Sei veramente riuscita a comunicare le sensazioni che attraversano il corpo e la mente del consulting ma sono le parole dello yarder che toccano il cuore anche perché hai infuso loro la caratteristica della credibilità.
Mi piace molto ciò che fai dire a Greg, la sua malinconica delusione nel vedere Sh ridotto a quel modo. Inoltre la sua grande umanità lo induce a rimproverare il consulting per l’uso e la manipolazione con cui ha coinvolto Molly nel suo finto suicidio. Sono tristi ma lucide constatazioni che danno una carica di credibilità psicologica alla storia.
Veramente devastante vedere, con gli occhi della mente, e la tua descrizione è perfetta, com’è ridotto Holmes, quasi un fantoccio inanimato.
Con un colpo di scena interrompi provvidenzialmente l’atmosfera pesante ed angosciosa dello scambio tra i due personaggi facendo entrare la preziosa signora Hudson, anche lei triste per lo stato di quello che considera quasi suo figlio, che annuncia un ospite, Dylan.
Qui trovo quello che, secondo me, è uno dei punti di forza del capitolo e cioè il contrasto tra la razionalità assoluta di Holmes ed il suo venir immerso in un’atmosfera assurda di cadaveri che si spostano, di situazioni per lui inaccettabili ed incredibili, nel vero senso della parola. Ma, a parte la stranezza affascinante del caso, secondo me, tu hai messo in risalto quello che spinge Sh a occuparsi del caso e cioè la rivalità evidente tra i due “giganti” della storia, cioè lui e Dog.
Hai imbastito proprio una bella scommessa narrativa e vedo che la stai vincendo, brava.
A parte Dylan, personaggio che non conosco, le rappresentazioni di Sh e di Greg, che campeggiano in questo capitolo, sono veramente riuscite e non banali. Lo Sh che agisce qui è sì “fatto” ma è soprattutto aggredito dal grande e continuo dolore per l’allontanamento di John, una sofferenza che lo fa star male ed è un continuo tormento. Ecco l’ “imprevisto calore” che avvolge i suoi occhi e quelle lacrime che vengono ricacciate giù a fatica. Altrettanto efficace è il modo in cui ci presenti Greg, nel suo dispiacere per il consulting, nella sua preoccupazione per gli inquietanti risvolti che il caso presenta.
Un capitolo molto denso, interessante.

Nuovo recensore
08/12/19, ore 23:53
Cap. 6:

Bentrovata, Patty!
Il capitolo è ricco e vivace, mi ha presa tantissimo. Sia in Sherlock BBC che nel Dylan Dog classico i dialoghi, il ritmo serrato e tagliente delle battute, hanno un ruolo importante e qui ci dimostri di sapere ricreare quelle atmosfere. Il povero Groucho, che di solito deve ingoiare lo sgradevole classismo del professor Wells, stavolta spreca la sua giovialità con uno Sherlock algido e piuttosto terrificante: la tua scrittura è sempre molto visiva, e ho potuto immaginare bene lo sguardo di ghiaccio del consulente spegnere di botto il sorriso di Groucho, anche se per poco. Che poi, insieme al fastidio, ci sia una componente di gioco e di compiacimento da parte di Sherlock lo possiamo sapere noi che lo conosciamo, non il povero assistente baffuto!
È del resto giocosa tutta questa sequenza iniziale, che sembra strizzare l’occhio alla slapstick comedy: la corsa per prendere il treno, Groucho che si siede sul sedile occupato dalla borsa, la sfilata lungo i vagoni... delizioso!
Mi stavo ancora godendo la promozione di Groucho a “secondo cane”, nella testa di Sherlock, quando è apparso Xabaras. L’aria sembra raffreddarsi e cristallizzarsi, tutto si ferma per il lungo istante di uno sguardo, e tu ci dici senza dircelo il magnetismo malefico dello scienziato. Ho provato a recuperare L’alba dal mio scaffale per confrontare questa apparizione di Xabaras con quella dell’albo, ma purtroppo i primi numeri sono nella fila posteriore di un mobile angolare piuttosto malandato. Si tratta comunque di una scena che ho letto tante volte, e tu sei brava a descrivere (attraverso lo sguardo di Sherlock) i sentimenti contraddittori di Dylan davanti a questa figura. Se poi a leggere è una fan dylaniata, nel “timore quasi reverenziale” di Dylan non si legge solo l’attrazione romantica per i misteri oscuri, ma il sentimento del figlio abbandonato che intuisce di aver ritrovato il padre (mi scuso con eventuali lettori della recensione se si tratta di uno spoiler: del rapporto di parentela che lega Xabaras e Dylan si parla a partire dal numero 25, Morgana, ed è poi uno dei temi ricorrenti nella serie fino ad anni recenti. Specifico che, nel primo numero, Dylan è all’oscuro di tutto).
È più mossa, però non meno elettrica, l'atmosfera del successivo dialogo-scontro tra Sherlock e Dylan. Ma tu aggiungi carne al fuoco, e alterni alle battute tra i due detective il doloroso dialogo interiore di Sherlock con un John ostile che è la proiezione del suo senso di perdita. Si tratta di un espediente stupendo, Patty mia! Rivela in Holmes uno smottamento dell’attenzione, se non della logica, dovuto al tempestare dei sentimenti, come poi vedremo nell’Abominevole sposa e a seguire; nello stesso tempo, i due innamorati lontani sono ulteriormente legati dal fatto che ognuno dei due ha una forte immagine interiore dell’altro: abbiamo infatti visto John parlare con il suo Sherlock mentale proprio poche pagine fa. Il fatto che l’immagine della persona amata raggiunga il cuore dell’amante e dialoghi con esso, tra l’altro, è un topos della poesia d’amore medievale, e mi pare che aggiunga altro pathos ai nostri Johnlock. Sei davvero unica!
Ma torniamo a Sherlock e Dylan: se finora l’indagatore dell’incubo ci è arrivato come un narcisista seduttore, e un buffone poco organizzato, attraverso la focalizzazione diffidente di Holmes, il dialogo ce lo restituisce intero nella sua umanità, dolce e affascinante. Il “Tutto bene?” che rivolge a Sherlock ci dice la sua empatia, il tono a metà tra serio e faceto rivela il suo atteggiamento ironico verso la vita, e nelle battute successive ci colpisce la sua apertura nei confronti del mondo soprannaturale. Ma, soprattutto, una delle caratteristiche di Dylan è il suo essere franco e diretto: la domanda a Sherlock (“Ed è questo che hai fatto nei due anni durante cui tutti ti credevano morto?”) è una doccia fredda per il detective, e per noi lettori, prigionieri nella sua testa a subire di nuovo le torture e, altrettanto atroce, la nostalgia. Ci sembra di avere oltrepassato senza volerlo un confine privato, e così dev’essere anche per Dylan che, facendo un passo indietro con l’umiltà che gli è tipica, si scusa.
Credo di avere gli occhi pieni di cuoricini! Sherlock, invece, è sorpreso e disorientato, e reagisce arroccandosi in difesa e tornando a parlare del caso.
Ma il pensiero di John non se ne va facilmente, e spinge anzi il detective a mettere a confronto la sua relazione con Watson e quella di Groucho e Dylan.
Anche questa è stata un’intuizione che ho trovato geniale: sei riuscita a mantenere Sherlock in bilico tra un confrontare logicamente a freddo due situazioni per analizzarne somiglianze e differenze, e un confrontare tutto di cuore, involontariamente invidioso, abbastanza tipico di chi, soffrendo, si paragona a qualcuno che percepisce più fortunato. Sei la maestra delle sfumature!
Inoltre, leggendo questo passo io avevo in testa un’immagine che non so se tu hai visto:
https://www.sergiobonelli.it/dylan-dog/2019/10/25/albo/oggi-sposi-1007273/

(Però l’albo non l’ho ancora letto, questo mese non ho ritirato la mia dose di fumetti. Ti dirò.)
Infine. Brava a sottolineare che Dylan è un progressista, e non sarà mai un omofobo. È qualcosa a cui tengo molto, perché, come mi è capitato di dirti, alcune storie degli ultimi anni sono state affidate a sceneggiatori di destra, snaturando in parte il personaggio. Per fortuna, almeno sotto questo aspetto, il peggio sembra essere passato.
Nella tua storia, invece, ho la sensazione che il meglio debba ancora venire...
Grazie di amare questi personaggi vedendoli in un modo così simile al mio, e di saperli raccontare così bene.
A presto, cara!
Robi

Nuovo recensore
03/12/19, ore 00:02
Cap. 5:

Bentrovata a te, Patty!!!
La difficoltà maggiore che presentava il capitolo era, a mio parere, il suo carattere di “a parte” rispetto ai precedenti: cambio di personaggi, di luogo, di punto di vista, e soprattutto assenza di sviluppo connesso all’Alba dei morti viventi. Ma tu non ti scoraggi e intrecci sapientemente questo capitolo agli altri attraverso due espedienti: quello più legato alla costruzione della trama, con l’articolo di giornale che innesca la reazione del nostro John, e i riferimenti del dottore all’ispettore Bloch, che qui fa da trait d’union tra i due universi narrativi. Tra l’altro, dopo aver visto Bloch al pub con Dylan per anni, ho proprio avuto un tuffo al cuore a immaginarlo seduto a filosofeggiare, o a guardare una partita, con John e Greg! Li ho immaginati disegnati da Brindisi o da Freghieri in uno degli interni delle tavole di DyD! Uao. 😍 Complimenti, quindi: il brano fa un passo indietro, o di lato, rispetto a quanto già letto, ma in assoluta coerenza e armonia.
L’universo sembra inoltre cospirare per il riavvicinarsi dei nostri due amati, e tu lo riveli costruendo splendidi rimandi: se, nello scorso capitolo, tutti parlavano a Sherlock di John, qui John viene sospinto verso Sherlock da Mary, da Greg e perfino dal giornale del signor Tylor. Se Sherlock non può fare a meno di paragonare le reazioni di Molly e Greg a quelle che ha avuto, o avrebbe dovuto avere, John, qui John ha addirittura un piccolo Sherlock interiore che dialoga con lui. E, poco dopo, diventa lui stesso Sherlock Holmes, immaginando di sparare al muro per la noia. Davvero belli, questi due, e indispensabili l’uno all’altro... anche se Sherlock ce l’hai mostrato già arreso ai suoi sentimenti, mentre il dottore combatte ancora contro i propri.
Mi piace come hai costruito con pazienza tutte le motivazioni che porteranno Watson ad Undead: non un improvviso cedimento rispetto all’affascinante investigatore, ma, accanto a quell’amore timido e negato, un’insofferenza crescente verso la banalità del lavoro in ambulatorio, la consapevolezza di poter seguire il proprio istinto senza perdere la vicinanza di Mary, e una dose di casualità che dobbiamo all’invito di Greg. Stupendo anche in questo capitolo, Greg: non è fisicamente presente, ma brilla. È un vero amico quando accoglie John sul proprio divano sine tempore, solo preoccupato che il dottore non si lasci troppo andare; è adorabilmente impacciato nel chiedere al nostro Watson di diventare coinquilini, così come discreto nel rinunciare quando John rifiuta; è, infine, il mio fanboy preferito, quando invita al pub John e, immagino, pensa già di coinvolgerlo nell’indagine per riavvicinarlo al nostro Holmes.
Ma che io adori Greg non è certo una novità, mentre... cosa hai fatto ai miei occhi, Patty?! Perché vedo Mary con la riconoscenza, il senso di colpa, la voglia di lasciarsi sorprendere del buon dottore, invece di guardarla con la solita mia malsopportazione? Questo è forse il più riuscito dei trucchi del capitolo, che pure sono molti: spiegarci la genesi di una relazione e, con essa, i germi ancora inconsapevoli del suo fallimento, e farci così mischiare il nostro punto di vista di johnlocker malevole a quello grato e intenerito di John. Ti avevo già detto per un altro capitolo che fai venire lo strabismo all’anima, no?
Sono cotta di stanchezza e guardo lo schermo in trance da venti minuti cercando modi più chiari di dire le cose. Mi arrendo: non voglio lasciarti senza rece, tutt’al più aggiungerò qualcosa quando sarò di nuovo capace di capire cosa voglio dire!
Ma devo per forza dirti: grazie. E, naturalmente: hai una scrittura incantevole.
Buonanotte.
Robi

Nuovo recensore
24/11/19, ore 05:33
Cap. 4:

Ciao, Patty!
Hai ragione, il capitolo parla da solo - e dice, uao, un sacco di cose.
Sono quasi le quattro ed è inopportuno che vada a ravanare nello studio, ma, nonostante tu segua la storia de L’alba dei morti viventi, vedo molto in trasparenza di quel Numero duecento di cui abbiamo già parlato: nell’uso sapiente dei flashback, nella reazione forte di Greg allo scivolone di Sherlock nella dipendenza che mi ha ricordato quella di Bloch al Dylan alcolista, nel dolore che non si spegne di un amore perduto (lo so che John e Sherlock si ritroveranno, che non li ha davvero separati la morte come per Dylan e Lily. Ma intanto lo strazio di Sh ce lo consegni intero, con quelle stilettate che divampano all’improvviso covate da un costante dolore sordo, e ci arriva tutto, e sembra un “per sempre “. Nonostante le rassicurazioni di Greg).
Il capitolo si apre rapidissimo come dopo una dissolvenza al nero dalla scena precedente, mostrandoci brutalmente Sherlock sotto effetto e la reazione di Greg: che è sempre un personaggio che padroneggi in modo assoluto, e che in questa sequenza viene fuori in mille sfaccettature: rimprovera Sherlock sapendo esattamente che tasti toccare (il lavoro e John), esprime con ruvido impeto il proprio affetto, a tratti mascherandolo con pudore virile dietro la collaborazione professionale, e non può fare a meno di difendere Molly mostrando a Sherlock, come per inciso, quanto sia stato manipolatorio con lei (e niente, ti ho già detto che sei responsabile se shippo questa coppia, anche se solo quando ne scrivi tu).
La scena sembra già insopportabilmente intensa, ma con una bella sclavata, come evocato dal sarcasmo di Sherlock e a dispetto del diniego di Greg, fa il suo ingresso Dylan, annunciato da una Martha Hudson che mi ha ricordato Groucho. Né baffuta né sopra le righe, ovviamente, ma, come di solito il nostro comico preferito, la padrona di casa ha qui la funzione di introdurre un ospite risolutivo per la storia, spezzando la tensione di una scena precedente. E come Groucho, con tanto di tè, Martha parteciperà attivamente al successivo incontro, guidata anche dalla preoccupazione per la salute di Sherlock, permettendoci di vedere anche con i suoi occhi Dylan, che in questo capitolo giganteggia. (Con i suoi occhi e con quelli di Sherlock che la guarda: sei geniale nella gestione della focalizzazione dei personaggi, davvero.)
Patty! Ho amato ogni parola, ogni sguardo, ogni silenzio e ogni pensiero dell’incontro tra “lo zombi e il cane”. Sarebbe inutile cercare di ripercorrere con ordine per sottolineare cosa mi abbia colpita di più: anche se la scherma non è uno dei tratti canonici sherlockiani cui si è ispirato Sclavi per Dylan, è un incontro in punta di fioretto quello che ci metti in scena in queste pagine. La focalizzazione su Sherlock, che non ci aveva permesso nel capitolo precedente una completa messa a fuoco del personaggio di Dylan, qui è funzionale a mantenergli un’aura di mistero e anche a farci dedurre alla velocità della luce come se fossimo nella testa del consulente, ma ormai l’indagatore dell’incubo “esce” efficacemente nelle sue caratteristiche principali. Tu metti bene in evidenza la natura narcisista del nostro Dylan, la sua necessità di sedurre e non solo a fini professionali, e questo è tanto più efficace in quanto ci giunge filtrato dagli occhi di Sherlock, che non sembra consapevole non solo di essere a sua volta un narcisista, ma di esserne appena stato accusato da Greg a proposito di Molly (che specchi affascinanti!). Tra i nostri due detective si crea una tensione di seduzione intellettuale fortissima, che qualcuno meno bravo di te avrebbe gestito con meno misura dandole una sfumatura erotica o svilendola in una semplice stima. E invece ironia, eleganza, fascino a palate... Ho i brividi. Sarebbe un dialogo da godersi anche solo per vedere come i due metodi d’indagine s’incastrano o cozzano, di volta in volta (splendida l’ilarità di Sherlock nello scoprire che la deduzione segreta di Dylan riguarda la natura diabolica di Xabaras), ma qui esso è al servizio del progredire dell’indagine, e si annuncia il cambio di location in Scozia: anche questo equilibrio tra gusto della parola e necessità dell’azione è molto delicato, e lo hai gestito con grande sapienza. Io ero così impegnata a guardarli rubarsi le deduzioni di bocca che, pur conoscendo la storia, sono rimasta sorpresa da come il progredire della trama non si sia mai fermato. Tra l’altro, è come al solito molto verosimile che Dylan si appoggi alle doti di chimico di Sherlock, come anche che chieda la presenza di John in quanto medico.
Aggiungo: negli ultimi anni leggo pochi gialli perché scopro sempre la fine nelle prime poche pagine, e mi annoio. Ma lo sai che, con tutto questo tirare in ballo John da parte di tutti (Dylan, Greg, la signora Hudson), non ho ancora capito se tu vuoi trascinarlo ad Undead o lasciarlo solo nei pensieri di Sherlock?! Aspetto il prossimo capitolo anche per questo, adesso.
Nota psicopatica: l’osservazione di Sherlock “è furbo come una volpe questo cane” mi ha fatta inevitabilmente pensare al tuo Fox, rimescolandomi di gioia ancora di più. E non è solo gusto della citazione, che in questo caso magari è solo nella mia testa: mi sono accorta che i tuoi personaggi originali mi sono cari quasi quanto Dylan e Sherlock, che come te frequento dall’adolescenza. E siccome leggo un sacco, un po’ per lavoro e assai per piacere, e quest’affezione non è così automatica, volevo che lo sapessi.
Infine: ottima la misura degli interventi di Lestrade e della Hudson, che non restano inanimati davanti al fronteggiarsi dei protagonisti e nello stesso tempo non sono mai fuori posto, né rubano la scena. Efficace la chiusura di capitolo sulle stesse note dell’apertura, con Greg che ribadisce attraverso le proprie reazioni quello che prova, e ancora una volta viene silenziosamente raffrontato a John. Ma la tensione viene stemperata da quell’appuntamento in stazione che ci lancia già verso il prossimo capitolo... che aspetto con gioia.
Grazie del tuo magnifico lavoro, come sempre, e degli interessanti spunti di riflessione che mi dai. È una specie di miracolo concentrarsi su una storia quando si sta passando un momento personale difficile... vorrei poterti ringraziare più efficacemente.
A presto.
Robi

Recensore Master
23/11/19, ore 10:06
Cap. 3:

Capitolo importante, questo, per chi è un appassionato delle avventure di Dylan Dog, perché introduci questo personaggio nell'azione. Per chi, invece, come me ama le vicende avvincenti, indipendentemente da chi vi compare, Sh, comunque, for ever, il capitolo è sempre un'occasione per gustarsi l'ingresso in scena di qualcuno che è importante è che puó tenere testa ad Holmes.
Alle vicende "gialle" intrecci abilmente la dinamica tra il consulting e Molly, con lei perdutamente innamorata di lui e quest'ultimo che lo sa ed il suo comportamento oscilla tra una specie di compassione e una curiosa attenzione alle variabilità delle reazioni di Molly. Mi è piaciuta la descrizione che hai inserito del viaggio in taxi, trascorso in un clima teso e caratterizzato da un silenzio imbarazzato.
"...Con John era tutta un'altra cosa...": appunto...
E richiami alla memoria le immagini, caratterizzate da un che di tragicomico, che abbiamo visto in TEH, subito dopo l'incontro tra Sh e l'allibito John che sfoga su di lui la propria rabbia. Nulla in confronto, comunque, con il "massacro di TLD, di fronte al ghigno beffardo di Culverton Smith.
Allora, come ho scritto sopra, qui fai incontrare Holmes e Dog, uno scontro tra "giganti", se mi passi l'espressione. L'impressione che ne ho ricavato, dopo una prima, veloce lettura è, almeno mi é sembrato, di cogliere uno sguardo più "reverenziale" da parte tua nei confronti dell' "indagatore dell'incubo". Ah, a tratti, sembra essere messo all'angolo da vari fattori, non ultimo, appunto, la decisione e la sicurezza con cui Dog affronta argomenti che appaiono ridicoli ad una mente razionale come quella del consulting.
I motivi per sentirsi in crisi sono, per Sh, più di uno: a parte, appunto, la forte personalità di Dog, c'è il modo di comportarsi di Molly che lo fa sentire in colpa per aver preteso troppo da lei nell'organizzazione del suo finto suicidio, tanto più che la donna si mostra, ora, facile all'alcol.
Poi c'è il fatto di venire a trovarsi coinvolto in una serie di elementi che sfuggono e sembrano davvero incredibili alla sua formidabile capacità logica e ciò lo fa sentire fuori luogo e disorientato; in più Dog sfoggia delle caratteristiche comportamentali, come la confidenza esibita con uno strumento musicale, come lui con il suo violino, che lo spiazzano decisamente tanto da fargli lanciare l'accusa di volerlo imitare.
Un altro elemento, da te inserito, che rende più movimentata ed efficace, dal punto di vista narrativo, la "coabitazione" nella stessa storia tra Holmes e Dog, è il carattere decisamente originale e non certamente succube di quest'ultimo. Direi che ci potrebbero essere molte affinità tra i due, a cominciare dall'intelligenza non consueta.
Il capitolo si chiude con uno Sh sempre più confuso, indebolito soprattutto dall'aver ritrovato un John che ha manifestato verso di lui un'ostilità rabbiosa, disorientato dalle caratteristiche del caso, frustrato dall'atteggiamento accusatorio di Molly. E, come se non bastasse, ci aggiungi l'effetto a sorpresa di un Dylan Dog ritratto, sia pur come primo ingresso nella storia, a tutto tondo. La curiosità ed il piacere di leggerti prossimamente mi faranno compagnia.

Nuovo recensore
17/11/19, ore 02:04
Cap. 3:

Bentrovata, Patty!
Inizio a leggere pensando che non vedo l’ora che i nostri due beniamini s’incontrino, e la prima scena, con l’interrogatorio alla vicina di casa, prepara sapientemente tale incontro: davvero divertente lo stupore di Sherlock che viene a conoscenza dell’esistenza di un “indagatore dell’incubo”. Ma già in questa sequenza ci porti nella testa di Sherlock come pochi sanno fare, spiegandoci il suo senso di colpa verso Molly: e si sa che le motivazioni psicologiche nelle tue storie sono sempre eccellenti, che è il tuo lavoro eccetera, ma credo che tu abbia trovato la causa più realistica che possa portare il nostro consulente non solo a misurarsi con un simile caso, ma anche a prendere Molly come assistente. Ed ecco che con un passaggio perfetto dalla prima alla seconda scena hai apparecchiato il momento più toccante del capitolo: la nostalgia di Sherlock per John, il dolore per le loro recenti incomprensioni. Ho amato come in poche righe hai saputo trasmettere tutto lo struggimento e la confusione di Holmes, il suo estraniarsi da Molly volgendo il pensiero a John, ma anche ritrovando nella propria testa le voci sarcastiche di Jim e di Mycroft.
Ed è questa cupa solitudine, che mi ha commossa, a rendere particolarmente efficace la travolgente entrata in scena di Groucho! Ora, tu hai letto duecento Dylan Dog, più un certo numero di speciali e almanacchi: e sai quante volte Groucho possa risultare patetico perché le battute scritte per lui, semplicemente, non fanno ridere. E se ti dicessi che all’uscita sull’ospedale ho riso abbastanza da svegliare mio marito? I due universi narrativi sono entrati in contatto con grande naturalezza, grazie alla tua conoscenza dei personaggi. Il tuo Groucho non ha flessioni per tutto il capitolo, le battute originali si integrano con quelle nuove e Sherlock sta al passo mostrando, nei confronti dell’ometto, un sarcasmo sempre più tagliente. Abbiamo visto negli anni molte reazioni diverse alla conoscenza dell’assistente di Dylan, e quella del consulting è (che te lo dico a fare?) perfettamente in character!
Poi arriva anche Dylan, e anche qui sorprendi con un effetto speciale abbastanza consueto nelle fan fiction, ma grazie a te straordinariamente efficace: ci fai ripercorrere scene già note (in questo caso, le prime di DyD) con un punto di vista nuovo, quello di Sherlock. Fantastico! Hai trasmesso lo sgomento, la rabbia e l’impotenza di Sherlock, irritato nel trovarsi di fronte quello che considera un astuto imitatore (bella però anche l’iniziale cautela nell’emettere giudizi): è una situazione drammatica, che gestisci con forte pathos, ma CONTEMPORANEAMENTE non viene mai meno un sottotesto di divertimento dovuto al gioco metatestuale. Sherlock che elenca i punti di contatto tra sé e Dylan ci travolge coi suoi sentimenti, ma come non sentirsi anche un po’ fangirl? Gli arredi che di Craven Road abbiamo sempre amato si trasformano negli occhi di Sherlock in paccottiglia per abbagliare gli allocchi, e ci viene una specie di strabismo spirituale a guardarli in tutti e due i modi.
Ti saresti potuta permettere un po’ di fan service, ma tu sei una scrittrice di un altro livello: il conflitto tra Sherlock e Dylan è a questo punto già tratteggiato, ma passa in secondo piano rispetto a quello con Molly (magnifica nel suo moto d’orgoglio), conflitto che riporta a sua volta a quanto accaduto tra Holmes e Watson, la cui presenza aleggia su tutto il capitolo. E la lettura, iniziata ridendo della vecchietta della porta accanto, si chiude bruscamente e cupamente sulle sirene della droga che richiamano il nostro Sherlock.
Dylan intanto è ancora un bel tenebroso di cui non sappiamo molto, ma inserendo alcune piccole notazioni (come la disponibilità all’ascolto, ma anche l’irruenza delle scelte) ti prepari il terreno per farci conoscere meglio anche lui.
Infine, mi ha colpito molto il lavoro che hai fatto su Molly, come hai inserito delicatamente, attraverso lo sguardo colpevole e pietoso di Sherlock, il tema della dipendenza da alcool: nella tua risposta alla mia scorsa recensione citavi Paola Barbato, che rispetto al “nuovo corso” di DyD che ti sei persa ha delle forti responsabilità, ma che è una sceneggiatrice sempre attenta all sfumature psicologiche e ai tarli che corrodono anche i caratteri apparentemente più solari: è stata lei, per esempio, a rendere canon la ludopatia di Groucho, e in tempi non sospetti (intendo dire non sovrapponibili, per esempio, col Watson di Guy Ritchie). Quindi l’alcolismo della tua Molly mi è sembrato quasi un riuscitissimo omaggio a quel modo di scrivere.
Hai scritto quello che finora è il mio capitolo preferito: e non solo perché finalmente questi due protagonisti bellissimi si dividono il palco, ma anche perché hai saputo approfittarne per regalarci un pezzo vissuto con gli occhi di Sherlock. Ho amato l’efficacia con cui ci hai spiegato il mondo interiore di John in “Hasta la vierdad” e quello di Greg in “... Dalle ceneri”, ma mi ha comunque sorpresa la facilità con cui ti sei impossessata anche dell’interiorità di Sherlock, così ic e così ricco.
Grazie per il tuo splendido lavoro mai, mai banale.
Roberta (che si scusa trovandosi un po’ delirante. Del resto son passate le due.)
(Recensione modificata il 17/11/2019 - 08:18 am)
(Recensione modificata il 17/11/2019 - 08:43 am)

Recensore Master
16/11/19, ore 23:28
Cap. 2:

Allora, intanto forse ti farò contenta se ti dico che mi sono imposta di trovare il tempo per andare su Google e cercare info più precise su Dylan Dog, per avere un’idea più precisa sul cross-over in cui ti stai impegnando.
Tra altre notizie, ma qualcosa già sapevo, ho trovato anche la ragione per cui non ho mai letto fumetti che riguardino quel personaggio. Infatti, all’epoca, in cui leggevo quel tipo di cose, ora non più, non ne avrei il tempo, ero attirata da “Tex”, sarà perché lo leggeva mio fratello, sarà perché io, con le storie horror, come appunto quelle riguardanti Dog, ho un rapporto di amore-odio . Ne sono fortemente attirata ma, sinceramente, mi suscitano molta paura.
Lo stesso accade anche con i libri: amo enormemente Stephen King che ritengo uno dei massimi autori, e non solo nel campo horror, ma lo trovo troppo coinvolgente e, dunque, terrorizzante. Per cui leggo le sue storie d’estate, quando tutto è più animato e diventa difficile trovarsi a casa da soli, circondati da un assordante silenzio…
Scusa la divagazione, arrivo alla tua ff. O, meglio, arrivo a Molly, poverina, che apre il capitolo con ancora i postumi dello spavento che le è rimasto dentro dopo la terribile avventura con il cadavere “animato” di cui si stava occupando nella sua consueta routine di anatomopatologa.
Il suo stato d’animo è perfettamente definito dalla tua capacità di descrivere le situazioni, anche le meno “normali”. Infatti il ritratto che hai fatto della Hooper sconvolta è veramente efficace, grazie anche alla scelta di termini e d’immagini, in maniera inequivocabile, che condensano tutta la tensione di quanto accaduto (“…parole senza senso…pozza di sangue…scempio…”). E poi c’è quell’istantanea che ho trovato molto particolare e riuscita in cui Molly, anche se Sh è arrivato al Barts, continua ad “implorarlo di correre subito da lei”. Qui inserisci, con fluidità ed efficacia, il nodo narrativo del post Reichenbach e precisamente del ritorno di Sh, con tutte le conseguenze che abbiamo visto nella S3 ed immaginato al di fuori di quanto proposto dai Mofftiss, sempre molto “avari” di retroscena e di precisazioni.
E tra i retroscena da illuminare, secondo me, c’è proprio quello che riguarda Molly e la sua collaborazione con Sh per inscenare il suo finto suicidio. Mi piace, pertanto, che tu ne parli e che te ne occupi, anche se indirettamente, visto che l’attenzione è tutta richiamata sulla baraonda successa all’obitorio.
L’arrivo di Sh e della sua formidabile capacità di scannerizzare ciò che lo circonda, per coglierne il senso, riporta un po’ di equilibrio nel clima teso e cupo dello scenario che gli si presenta ed ho trovato ben scritto il suo interloquire con Greg. Entriamo, poi, in pieno cross-over con l’ingresso sulla scena dell’ispettore Bloch, comicamente tratteggiato nella sua avversione per i cadaveri nonostante il suo “bazzicare” nella Sezione Omicidi. Io non conosco, ovviamente, questo personaggio ma, grazie al tuo ritratto, mi sta decisamente simpatico. Inoltre trovo interessante l’atteggiamento di rispetto con cui si rivolge a lui Sh.
Brava, una storia decisamente avvincente.

Nuovo recensore
10/11/19, ore 11:53
Cap. 2:

Oh. Mio. Dio.
È una vita che non lascio una recensione: tra corse di lavoro e altro, e il fatto che leggo sempre avventurosamente sui pullman o in giro, di solito quando poi posso mi è passata la voglia. Ma cos’hai fatto tu?? Hai preso due grandi amori della mia vita e non solo li hai incrociati, ma riportandoli a un momento di perfezione assoluta. Noi fan dylaniati sappiamo cosa sono stati gli ultimi 10 anni della serie, a quante delusioni e frustrazioni siamo andati incontro, quante volte, in mano a sceneggiatori giovani, Dylan ha detto o fatto cose che il nostro Dylan non avrebbe neanche pensato. E chi legge qui è ovviamente uno sherlocked e dalla quarta stagione non ci riprenderemo mai del tutto, tanto che continuiamo a ri-raccontarcela tutta diversa.
Invece qui. Sherlock appena tornato. Dylan al numero uno. È il paradiso, per quanto pieno di zombie spappolati! Grazie!
Ho amato come hai tratteggiato il nostro Bloch, e come hai fatto rapportare a lui i personaggi del mondo BBC. Ci credo che quello sfrontato di Sherlock farebbe un po’ il paraculo, davanti a un ispettore che non resti impressionato dai suoi eccessi. E anche il rapporto di Bloch con Molly e con Greg è verosimile e naturale, davvero complimenti.
Ho voluto scriverti perché temevo che ti potessi deprimere e abbandonare la storia, mentre io ne voglio ancora! Voglio vedere Sherlock e Dylan scontrarsi e stimarsi, come è successo con Martin Mystere in un paio di speciali memorabili, voglio leggere le reazioni di John alle battute di Groucho, voglio capire come proverai a condurre ai binari razionali il folle plot da cui parti.
È un periodo molto difficile per me, ma aspetto gli aggiornamenti di questa storia come un regalo.
Grazie davvero di quello che stai facendo!
Ah, ultima considerazione: il ritmo serrato che stai imprimendo alla storia è riuscito ed efficace, degno delle migliori sequenze d’avventura di Doyle. Continua così!

Recensore Master
05/11/19, ore 17:57
Cap. 1:

Dunque…Bentornata qui, ti leggerò volentieri.
Ti confesso che sono un amante del genere giallo e di quello horror in generale, w zio Stephen King, ma il personaggio di Dylan Dog non l’ho mai approfondito. Infatti conosco la sua immagine, ho letto articoli che si riferiscono alle storie che lo riguardano ma, ripeto, non lo “frequento”. Se, come dici, ha molti “echi” del personaggio di Sherlock Holmes, allora ci saranno spunti sicuramente interessanti per il tuo crossover.
Visto l’argomento, chi meglio di Molly poteva introdurci alla storia…
Ritorna l’atmosfera angosciante ed allucinata del finale della seconda Stagione, in cui il “volo” di Sh dal tetto del Bart’s è preceduto da alcuni momenti che io, allora, non è che li avessi capito molto, hanno fatto parte della preparazione meticolosa del finto suicidio del consulting. E Molly, appunto, è una di quelle persone che Holmes ha scelto per metterla a conoscenza del piano.
Ricordo perfettamente quel “Ho bisogno di te” che Sh le sussurra che, almeno su di me, povera sherlocked, abbinato allo sguardo ed al tono di voce di chi l’ha proninciato, ha avuto un effetto devastante. Ed anche su Molly, ovvio.
Qui all’inizio, dunque, ti muovi su una traccia sicuramente IC e mi è piaciuto sentirmi “dietro alle quinte” dei momenti più drammatici di quella dannata puntata.
Molto efficace, inoltre, il collegamento che hai focalizzato tra il sentimento che la Hooper prova per Sh e quello, ugualmente taciuto e da cui non si può “guarire”, che quest’ultimo ha nei confronti di John (“…Lei sa come ci si sente…”). Due amori non ricambiati, che causano sofferenza e frustrazione.
Ma la malinconia di queste riflessioni sfuma improvvisamente di fronte alla scena della quale, come in un incubo, Molly diventa protagonista assieme al cadavere che l’aggredisce.
Davvero hai lasciato dilagare, in questo primo capitolo un’atmosfera da incubo, che gela il sangue anche di chi legge, vista la tua capacità di descrivere con lucidità le situazioni. Purtroppo, questa, è più che altro, un incubo, come ho già scritto. Ma la dimensione spaventosa di ciò che succede è ancora più concreta perché il fatto è reale, e Molly, fortunatamente, reagisce allo stupore paralizzante che la sta facendo precipitare verso una conclusione veramente tragica.
Riesci ad animare, se così si può dire, la descrizione di quello che succede anche grazie ai dati uditivi che, decisamente, sono agghiaccianti già per se stessi: il tintinnare degli strumenti di lavoro che cadono sul pavimento, i gemiti mostruosi del cadavere…Un momento davvero infernale.
Ci lasci così in sospeso con la curiosità di quello che accadrà poi. Una storia che si prospetta molto interessante.

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