4.
Vivere
normalmente?
Diagon Alley –
parecchi mesi dopo
Nel negozio “Tiri
Vispi” a quell’ora della sera stava finalmente calando il silenzio. Mancavano
solo pochi minuti alla chiusura, era buio e la maggior parte degli studenti era
a casa per la cena oppure ad Hogwarts nel bel mezzo dell’anno scolastico.
Mancavano poche settimane alle vacanze di Natale e quindi ad uno dei periodi più
caotici per George e Fred che stavano finendo di elaborare nuovi scherzi per
rinnovare il catalogo della loro produzione. C’erano alcuni scherzi che non
sarebbero mai tramontati, ma altri avevano bisogno di qualche nuovo
accorgimento, perché era stato ormai trovato il modo di neutralizzarli da parte
degli insegnanti. E inoltre li aspettava l’annuale colloquio con Minerva
McGrannit, Preside di Hogwarts, per valutare insieme quali giochi permettere o
meno dentro la scuola. La pensione di Gazza consentiva agli studenti qualche
scherzo in più, ma l’accordo che avevano trovato i gemelli Weasley direttamente
con
Certo, l’accordo
prevedeva anche che tutto quello che non era vietato era permesso e questo
metteva in gioco l’abilità dei gemelli nel presentare adeguatamente i loro
prodotti alla Preside, evitando di sottolineare quali sottoprodotti avevano
effetti simili, senza essere esplicitamente vietati e alla Preside di allenare
la propria abilità nel trovare una falla nel ragionamento dei gemelli per poter
bloccare eventuali gentili raggiri nei suoi confronti. Un accordo generale
basato su criteri di sicurezza e di buon senso evitava di dover discutere di
giochi particolarmente pericolosi o troppo elaborati che gli stessi gemelli
inserivano direttamente nella lista dei giochi vietati ad
Hogwarts.
In quel preciso
momento George e Fred erano impegnati nel loro laboratorio di fianco al negozio
nel cercare di trovare un antidoto ad una caramella che rallentava i movimenti
della lingua rendendo difficile parlare, pensata per essere offerta agli
studenti particolarmente rompiscatole, e nel cercare di riprodurre in una
formula, accessibile alle persone oltre i 17 anni, tutto quello che era
necessario per creare una palude come quella che aveva permesso loro di tenere
in scacco
Insieme a loro c’era
il fratello Percy che analizzava le possibili implicazioni legali di uno scherzo
del genere per evitare di dover poi seguire un iter troppo lungo con il
Ministero per ottenere la legalizzazione del prodotto.
Fred e George erano
seduti ad un tavolo del laboratorio e stavano osservano i singoli componenti
delle caramelle per poter elencare i singoli antidoti e trovarne la modalità
corretta per metterli insieme, mentre Percy studiava la formula della palude
elencando i punti critici, poco lontano da loro.
Avevano dovuto
attendere la fine dell’effetto di una di quelle caramelle sulla lingua di Fred
che si era offerto di sperimentarle e era stato zitto per quasi tre ore nel
pomeriggio, ma dato che aveva sistemato carte in ufficio non c’erano stati
problemi.
L’unico inconveniente
era stata una chiamata di Tonks dal camino del negozio che chiedeva se c’erano
altri stracci in casa oltre quelli che di solito Fred teneva nel cassetto vicino
all’acquaio perché un tubo del bagno gocciolava e lei non aveva ancora trovato
la formula adatta a riparalo. Fred aveva detto a cenni di cercare nello
sgabuzzino sotto le scale. Tonks, sapendo con chi aveva a che fare, non aveva
chiesto spiegazioni ulteriori e l’aveva lasciato dicendogli di non
preoccuparsi.
Proprio quello che
Fred invece aveva fatto per i minuti successivi.
Non era preoccupato
per le figlie. Aveva visto Tonks con loro in molte occasioni durante l’ultimo
anno e si fidava di lei. Era attenta, dolce e decisa quando serviva, le
ascoltava e giocava con loro, sapeva riconoscere quale fosse il loro bisogno.
Aveva affrontato da sola crisi di pianto, tagli, bernoccoli, cadute, febbre
alta, varicella e morbillo dimostrandosi all’altezza. E le bambine la adoravano.
Passare il pomeriggio con Tonks per loro era come andare alle giostre. Se poi si
aggiungevano Ernestine e la zia Lucinda era una festa
totale.
Fred era preoccupato
per la casa. Con quella Tonks era decisamente maldestra. Sembrava avere una
attenzione eccezionale per tutto quello che poteva essere rotto o reso
inutilizzabile. In questo caso erano i tubi del bagno. Pur ammirando Tonks e
considerandola una cara amica, Fred sapeva con certezza che non si trattava di
una rottura causale. Non lo erano mai…
In altre occasioni si
era rotto il fornello o una sedia oppure lo specchio. E sempre perché Tonks si
era mossa troppo velocemente o troppo rudemente. Beh, si trattava sempre di cose
che succedono nelle case di tutti, ma nella sua e di pomeriggio, più spesso
delle altre.
Una sera rientrando a
casa aveva trovato Maggie che teneva per mano Reggie la quale aveva camminava
ancora barcollante e stavano entrambe guardando in alto verso Tonks. Era in
piedi su una sedia e guardava sopra un mobile della cucina dove di solito
c’erano le pentole meno usate. Fred si era fermato dietro a loro senza che Tonks
si fosse accorta del suo arrivo. Lei aveva la bacchetta tra i denti e un braccio
infilato dentro il mobile. A Fred erano stati necessari alcuni secondi per
capire che c’era un buco in cima al mobile e Tonks stava cercando qualcosa
all’interno. Senza accorgersene aveva cominciato a guardarle anche le gambe
fasciate nei jeans e su, su fino alle spalle coperte da una maglia sformata. Da
quando guardava Tonks come una donna? Non aveva finito di formulare la domanda
nella sua testa che si era sentito tirare i pantaloni e aveva guardato in basso
verso Reggie che gli sorrideva. C’erano persone più importanti di
Tonks…
“
‘Ao.”
“ ‘Ao anche a te,” le
aveva risposto facendole il solletico sotto il mento.
Maggie si era girata
verso il padre, aveva lasciato la mano della sorella, ben aggrappata ai
pantaloni del padre, e aveva alzato le braccia per andare da lui. Fred si era
chinato, l’aveva presa in braccio stringendola a sé e baciandola. Poi si era
chinato per prendere anche Reggie che stava nuovamente guardando verso Tonks. La
quale sembrava non essersi accorta di nulla. Alla fine aveva alzato il braccio,
tenendo ben salda una padella di acciaio. L’aveva agitata trionfante e si era
girata verso di loro, meravigliandosi di vedere Fred.
“Ah, ciao…” aveva
detto frettolosamente. Gli aveva passato la padella che Fred aveva afferrato con
la mano con la quale sorreggeva Reggie e poi si era girata afferrando la
bacchetta e aveva pronunciato velocemente un “Reparo” che, immaginò Fred, doveva
servire a far sparire il buco sul tetto del mobile.
Era scesa saltando
dalla sedia, gli aveva preso la padella e poi Reggie e andando verso i fornelli,
gli aveva spiegato.
“Sono passata da
Molly con le bambine oggi pomeriggio e abbiamo guardato l’orto e non c’era
nulla, ma poi ci siamo ricordati della serra fatta da Charlie e abbiamo trovato
qualche zucchina con i fiori ancora attaccati e volevo friggerli con la pastella
che dovrebbe,” si era interrotta per girarsi, aprire il frigo, mentre con il
gomito faceva cadere la padella, si girava la recuperava mettendola esattamente
nel punto da quale era caduta e prendeva lentamente dal frigo un contenitore di
vetro con del liquido dentro, “ecco… essere pronta.”
“Perché la padella è
uscita da sopra il mobile?” le aveva chiesto tranquillo Fred. A volte con Tonks
era necessario pensare di avere una figlia adolescente più che un’amica più
grande di lui.
“Perché per errore,
giocando con le bambine, ho colpito il mobile con un incantesimo che ha
incollato le porte e non avevo tempo di trovare il rimedio e allora sono passata
per sopra.”
“È più semplice,”
aveva detto convinta Maggie.
“Decisamente,” aveva
aggiunto sottovoce, perplesso, Fred. “Hai i capelli rosso ciliegia Tonks, e
anche il naso. E mi sembra più grande del solito…” aveva aggiunto, con
calma.
“Oh, Merlino,” aveva
esclamato lei, portandosi una mano sulla faccia e brandendo con l’altra la
bacchetta, nonostante tenesse in equilibrio Reggie, fino a riportare capelli e
naso nelle solite condizioni. Era arrossita un po’. “Stavamo parlando di
metamorfismo…” si era scusata, stringendo le labbra tra i
denti.
Fred le aveva sorriso
come se fosse la situazione più normale rientrare a casa e ritrovarsi in una
situazione simile.
Ecco, con Tonks era
normale.
Adesso, chiuso nel
laboratorio con George a guardare gli ingredienti delle “Caramelle Tartaruga”,
il pensiero di Tonks alle prese con i tubi del bagno di casa sua non era così
pressante. Lo era di più capire come potevano contrastare l’effetto di una
pianta che permetteva di far rallentare la lingua senza usare un antidoto che la
accelerava troppo.
“Ragazzi miei, questa
è una palude di tranelli!” esclamò a qualche metro da lui
Percy.
“Oh?” alzò lo sguardo
interrogativo George. Fred lo seguì un secondo dopo.
“Sarà un’impresa
evitare che ve lo boccino.” Percy allungò le mani in alto, stirando i muscoli
della schiena e guardò i fratelli, soddisfatto del loro lavoro, così accurato.
“Avete creato una palude di pericoli. Si rischia di finirci dentro da tanto bene
siete riusciti a mascherarla. Non potreste farla meno perfetta? Ci sarebbero più
possibilità!” Percy sospirò. Erano dei geni della magia quei due, davvero. Se si
fossero applicati un po’ di più sarebbero finiti a dirigere qualche laboratorio
di ricerca a livello mondiale invece che ad inventare giochi in un laboratorio
di Diagon Alley. Era folle dover chiedere loro di essere meno bravi per poter
riuscire a vendere il loro prodotto.
Entrambi strinsero la
bocca nella medesima smorfia, facendo sorridere Percy. Lo facevano anche da
piccoli quando gli veniva vietato di fare qualcosa. Era il momento in cui le
rotelline dei loro cervelli entravano in attivazione spasmodica. Rimasero tutti
e tre in silenzio per un po’.
“Provate a parlarne
con il vostro avvocato, prima di prendere una decisione. Potrei sbagliarmi
comunque. Oppure brevettatela per il Ministero.”
“La lascerebbero a
marcire in un sotterraneo in attesa che diventi di qualche utilità per poi
ricordarsi di aver dimenticato come funziona,” sbottò Fred, irritato. Non
lavoravano volentieri per il Ministero. Carte, protocolli e poca attenzione.
Almeno da quando Percy ci lavorava all’interno riuscivano a far fare a lui
parecchi passaggi.
Tutti e tre di
rialzarono contemporaneamente dalle sedie allungando le braccia e il collo
indolenziti.
“Fame,” annunciò
Percy. Si passò una mano tra i capelli perfettamente pettinati e poi si sfiorò
la barba che stava crescendo a fine giornata.
“Ah, ah,”
concordarono i gemelli.
“Vieni da me?” gli
chiese George.
“No, grazie.”
Prendendo dalla sedia la giacca e la borsa di lavoro, gli sorrise. “Sono in
uscita in Scozia domani per una riunione con il Ministro delle Relazioni
Internazionali. Devo uscire presto per controllare che tutto sia a posto,” gli
rispose Percy.
“Tu?” chiese a
Fred.
“Tonks era alle prese
con i tubi del bagno quattro ore fa…” disse sconsolato.
George e Percy
annuirono solidali. Sapevano cosa doveva aspettarsi Fred a
casa.
“Domenica dalla
mamma?” chiese George dopo un po’, quando erano tutti fermi sulla porta per
uscire.
Fred
annuì.
“Sì,” confermò Percy.
“Ci sarà Ron o Harry?” Da quando i due non si parlavano, ed era passato un anno
e mezzo, le domeniche a pranzo da Molly e Arthur erano
alternate.
“Che stupidi!”
commentò Fred. “Ma cosa ci guadagnano a stare così? E poi quando ci parli ti
dicono le stesse cose!”
“Dovresti sentire
Hermione o Ginny quando raccontano i loro tentativi di farli ragionare. Si
imbestialiscono come poche volte le ho viste,” disse Percy. “A volte persino
Hermione assomiglia alla mamma.”
Pochi minuti dopo –
Mc Phermont Street.
Anche se si trattava
di casa sua, Fred si sentiva a disagio nel presentarsi direttamente in salotto,
sapendo che Tonks era lì con le figlie e preferiva fermarsi davanti al portone e
farsi sentire utilizzando le chiavi di casa. E poi c’era il momento del saluto
delle figlie. Indispensabile per finire bene la giornata.
“Papà!” sentì urlare
da Maggie. Il rumore di piedi felpati che raggiungevano la porta e poi un
folletto dai capelli rosso scuro che gli sorrideva, pronta a farsi prendere in
braccio.
“Ciao!” urlò Tonks da
qualche altra parte della casa. “Maggie chiedi al papà quello che volevi
sapere.”
“Perché devo andare
all’asilo?” Oh, Merlino, pensò Fred, ecco il meraviglioso broncio di sua figlia.
Prese tempo togliendosi il mantello e sistemandolo
all’ingresso.
“Perché trovi i tuoi
amici e puoi imparare cose nuove.”
“No. Non voglio
amici.”
“Perché?”
“Perché sono tutti
cretini.”
“Meg, quella è una
parola che non mi piace. E non la voglio sentire da nessuno. Almeno sai cosa
significa?”
Maggie si fermò con
un dito davanti alla bocca, così inconsapevolmente simile alla madre, e ci
provò. “Lo zio Harry e lo zio Ron.”
“Eh?” sfuggì a Fred,
sorpreso. “Cosa c’entrano gli zii?”
“Lo zio Ron dice che
lo zio Harry è un cretino e anche lo zio Harry dice che lo zio Ron è un
cretino,” spiegò tranquilla la bambina.
“Io sono arrivata
fino a questo…” Tonks stava arrivando al seguito di Reggie che trotterellava
verso il padre per farsi abbracciare. Fred la prese in braccio, stanco.
Accidenti, aveva una famiglia grande? E allora che tutti venissero
coinvolti!
“Senti Maggie, quella
parola non mi piace. E dato che la senti dire dagli zii, la prossima volta
spiega loro che il papà non vuole sentirla e chiedi che te la spieghino,
d’accordo?”
Tonks alzò un pollice
per complimentarsi. “Ottimo passaggio di palla. Gran giocatore di Quidditch,”
gli sussurrò. Fred sorrise, divertito.
Maggie non sembrava
altrettanto convinta. “Ma io non voglio andare all’asilo.”
“Papà pappa!” esclamò
contemporaneamente Reggie.
“Certo, tesoro,” Fred
guardò Reggie, sorridendo. “Mangiamo tutti insieme stasera. Maggie,” disse con
calma alla figlia maggiore, “può succedere di trovare antipatica qualche persona
oppure di litigare con gli amici, ma è importante fare la pace e cercare di non
trattare male nessuno.”
“Ma io non sono
strana!” precisò.
“No, non lo sei,
piccola.” Reggie gli tirò il colletto della camicia lasciandogli delle grandi
macchie di colore. “Reggie, credo che dovremmo lavarci la mani prima di
mangiare. Perché saresti strana, Maggie?” chiese.
“Perché faccio gli
alberi rossi e il prato giallo,” si indignò, incrociando le braccia sul
petto.
Tonks strizzò gli
occhi e strinse i denti. Guardando Fred indicò se stessa con una smorfia di
scusa. Fred le sorrise. Sapeva da dove arrivava quella sfrenata fantasia della
figlia nell’uso dei colori.
“Maggie, tu sai
benissimo di che colore sono gli alberi. Se poi vuoi colorarli di un colore
diverso sei libera di farlo.” Maggie annuì soddisfatta e lo prese per mano. “Ho
preparato io la tavola.” Reggie intanto proseguiva nel colorare la camicia del
padre con stampi delle sue mani. Tonks la prese con sé e la portò a lavarsi mani
e faccia.
“Maggie, vai con
Ninpha e lavati anche tu. Io mi metto qualcosa da casa e vengo a
tavola.”
Tonks lavò Reggie e
guardò Maggie che si puliva la mani. E intanto si guardò anche nello specchio.
Nessun apparente segno di stanchezza. Bene, a quanto pare aveva ancora risorse
per la serata che l’aspettava.
Si spostò in cucina
dove era pronta la tavola con i loro quattro posti. Ormai da mesi, quasi ogni
sera, si fermava a cena con Fred e le figlie. Era una abitudine che nessuno
aveva cercato, ma che era nata dalla necessità di parlare con Fred di quello che
era accaduto nel pomeriggio. Cena e bicchiere di vino mentre le bambine
giocavano prima di andare a letto era una piacevole routine. Si sentivano come
vecchi amici che potevano raccontarsi di tutto. Parlavano delle bambine e del
proprio lavoro, della famiglia e degli amici. Fred era molto più a suo agio e si
permetteva anche di parlarle della sua vita sentimentale, limitata a pochissime
cene con qualche donna conosciuta da poco, e persino a fare commenti sui dopo
cena. Forse perché sapeva che Tonks lo capiva e non si sarebbe mai permessa di
fare commenti o di avere sguardi stupidi o irritati per le sue scelte.
Semplicemente lo ascoltava. Tonks invece era più a disagio a parlare con lui
della sua vita privata. A volte si sentiva vicina a Molly quando diceva che per
lei i figli erano sempre piccoli. Conosceva la vita di Fred in molti dettagli e
lo ammirava per la sua determinazione, la serenità che aveva, ma rimaneva sempre
uno dei gemelli, uno dei ragazzini di casa Weasley. Eppure non aveva niente del
ragazzino ormai. Doveva rifletterci meglio, pensò Tonks sedendosi a tavola in
attesa che Fred arrivasse per iniziare a mangiare.
Reggie cercando di
prendere il bicchiere, fece cadere tutta l’acqua che c’era dentro. Persa nei
suoi pensieri, Tonks le disse, “Tesoro non fare come me, oppure tuo padre
comincerà a dubitare che tu sia figlia sua!”
Fred, dalla porta
della cucina, sorrise.
Maggie lo guardò e
chiese, “Ma da dove arrivano i bambini?”
Tonks si unì alla risata, stanca, di
Fred.
La cena era finita. Le bambine erano in salotto.
Fred e Tonks davanti all’acquaio a lavare i piatti. Era rilassante starsene
vicini a chiacchierare facendo una cosa così babbana come
quella.
Fred aveva le mani immerse nell’acqua e Tonks
aspettava con uno straccio in mano. Le passò il primo piatto mentre sceglievano
una strategia da tenere con Maggie e le parolacce.
“Davvero, Fred. A volte non mi trattengo neppure
io.”
“Lo so, ma vorrei che riuscissi a dirne il meno
possibile. Vedi che le assorbe come una spugna. Ha tempo per
impararle.”
“Dovresti anche spiegarle che non si possono dire
ovunque e con chiunque.”
“Quando crescerà Tonks. Per ora preferisco che non
le dica del tutto.”
“Mi sembra un po’ un’utopia, Fred.” Gli prese le
posate dalle mani grondanti d’acqua e cominciò ad
asciugarle.
“Non credo. Con me hanno fatto
così.”
“E quante ne hai dette?”
“Tante. E tutte distante dalle orecchie di mia
madre. E sempre nei momenti giusti. Non ho mai preso nessuna punizione per il
mio linguaggio.”
“Solo per il tuo comportamento!” Rimasero a
guardarsi con un piatto tra le mani.
“Tonks, mi hai conosciuto che ero un adolescente.
Non puoi fare riferimento a quello che ho fatto per un anno ad Hogwarts! Oppure
durante le riunioni dell’Ordine!”
“Avevi già 17 anni, Fred!”
“E tu 22, quindi non credo che ci fosse poi questa
gran differenza. Eravamo adolescenti entrambi.” Le lasciò il piatto e ributtò le
mani nell’acqua.
“Sono 5 anni, Fred.”
“E Maggie ne ha 4, Tonks. Troppo pochi per sentir
parlare di parolacce. E 5 anni quando siamo sulla trentina, mi sembrano
decisamente pochini. Pensando a tutto quello che abbiamo passato, tra la guerra,
Angelina e Remus mi sembra che si possano considerare annullati. Ti senti così
più vecchia di me?” La guardò incredulo, mentre le dava in mano una
pentola.
“No, solo che…” Solo che non sapeva neppure lei
cosa dire. C’erano davvero cinque anni, ma… descritti così da Fred erano davvero
insignificanti. “Non lo so, Fred. È solo una sensazione. Mi sembra sempre di…
come se ‘dovessi’ essere più grande di te. Capisci?”
“No.” Fred la guardò ancora più incredulo. “Non ti
seguo proprio.” Si scrollò l’acqua dalle mani e si girò a guardarla
direttamente. “Non credevo che una donna ci tenesse a dimostrarsi più vecchia di
un uomo, ma se proprio vuoi…”
“Cretino!” si lasciò scappare. Fred le lanciò
un’occhiata di evidente autorità paterna. “Scusami, scusami. Ne abbiamo appena
parlato, hai ragione. Ma non è questione di essere vecchia, ma di essere adulta.
Mi sento in dovere di essere più adulta, con cinque anni in
più.”
Fred continuò a fissarla tra l’incredulo e
l’ironico. “Spiegami dove sta l’essere più adulta di me in quello che di solito
fai o nel fatto che io sto crescendo due figlie da solo e tu no.” Cominciava
anche ad irritarsi. Tonks sentì salire la rabbia.
“Mi pare che ti aiuto in questa cosa del crescere
le figlie,” sottolineò con voce dura.
“Certo,” disse scuotendo la testa per mostrarsi
d’accordo, “sei la persona più vicina all’idea di mamma che possano avere,
Tonks!”
Tonks si irrigidì e lo guardò scossa da quello che
aveva detto. Oh, Merlino no! Non voleva quella responsabilità. Era troppo
grande. Fred vide il suo allarme e allungò una mano verso di lei, come per
indicarle che era proprio quello il centro della loro pacata
discussione.
“Vedi? La responsabilità di un legame così forte io
l’ho ogni giorno e senza sconti o senza potermi mai sottrarre. “ Si stava
infervorando. “Sono stato costretto a crescere di parecchi anni, Tonks, non solo
dalla morte di Angelina, come la morte di Remus ha costretto te a fare, ma anche
da quelle due meravigliose creature che sono di là e che amo alla follia” indicò
la porta della cucina oltre la quale si sentiva Maggie cantare, “e che non
lascerei mai ad altri. Sono costretto ad essere più adulto di te, ho due persone
che dipendono da me, nonostante ci sia tutta la mia famiglia, e tu ci sei
dentro, che mi aiuta. Non ho perso la voglia di fare scherzi o di essere
scapestrato, l’ho solo chiusa nel laboratorio dove lavoro, in qualche uscita con
gli amici.”
Tonks continuava a guardarlo con la bocca
leggermente aperta dalla sorpresa. Aveva ragione, quel ragazzino che giocava
ancora con gli scherzi di Hogwarts e che la stava guardando con gli occhi
spalancati, aveva ragione. Ma quando era cresciuto così tanto in così poco
tempo? Lo aveva sempre visto come un ragazzino… Tonks chiuse gli occhi colpita
da un pensiero improvviso. Lo aveva sempre visto con gli occhi di Molly… di sua
madre.
Fred le mise le mani sulle spalle, parlandole
piano, con una tensione controllata, con la preoccupazione di farle capire molto
bene cosa stava dicendo. “Tonks, non voglio togliere nulla a quello che stai
facendo. Ho bisogno anche di te e di poter parlare così liberamente con te.
Sento che i miei genitori mi ammirano e si fidano di quello che sto facendo, ma
sento anche che sono sempre il figlio scapestrato, come lo sarà sempre George. È
Bill quello grande e responsabile. Per favore non prendere il posto di mia madre
nella tua testa. Non lo sopporterei. Ho bisogno di
un’amica.”
“Non mi sento tua madre,” gli rispose di getto. Non
si sentiva sua madre in effetti, ma si era fatta prendere dall’amicizia che
aveva con lei e non aveva mai ragionato diversamente. Appoggiò le sue mani su
quelle di Fred. “Non l’avevo mai vista così. Hai ragione, io non ho tutte le
responsabilità che hai tu. Non le ho.” Tonks distolse lo sguardo da lui,
pensierosa.
Fred la fissò chiedendosi se aveva
esagerato.
“Devo pensarci.” Si staccò da lui e prese la
bacchetta che aveva appoggiato su una mensola.
“Ninpha, ho esagerato?” La guardò dritta negli
occhi. Gli serviva quell’amicizia solidale e costante.
“Hai davvero detto quello che pensi?” Lo guardò
attenta anche lei. Le serviva la sicurezza di quello strano rapporto di
amicizia.
“Sì.” Essere sinceri era sempre un buon consiglio
tra amici.
“Allora è ok.” Tonks distese lo straccio per
asciugare i piatti sul supporto sotto il lavello. “Domani c’è Ginny. Ci vediamo
lunedì.”
“Domenica sei dai miei?” Fred ributtò le mani in
acqua per finire il lavoro.
“No, esco con uno nuovo.”
Fred le sorrise. “Brava.”
Tonks rispose al sorriso e uscì dalla cucina per
salutare le bambine.