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Autore: Aya_Brea    03/04/2012    6 recensioni
"La figura alta ed imponente di Gin era ferma affianco al letto della piccola scienziata, teneva le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile ed i suoi lunghi capelli d’oro seguivano la direzione del vento. Dal suo viso imperturbabile non trapelava alcuna emozione, ombreggiato com’era, dall’argentea luce lunare. I suoi occhi verdi brillavano come quelli di un felino."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Altro Personaggio, Gin, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 "Nella sua camera, nella febbricitante bianca luce artificiale, nella camera cosparsa di carta e libri, scrive alla sua scrivania, scrive a Peter e a Penn, e la pioggia picchietta sul vetro della finestra, la pioggia imperla il vetro della sua finestra e rotola via dolcemente come lacrime..."



(Jack Kerouac)

 

 






Fra quei due calò un silenzio permeato di soffice tranquillità ed i bimbi che un attimo prima giocavano a pallone si erano oramai dileguati.
Gin e Shiho erano soli.
Il biondo si sedette al fianco della ragazza e le rivolse un profondo sguardo, fissandola con quegli occhi verdi carichi di fascino demoniaco.
“Allora, bellezza? Il tuo Shinichi è tornato finalmente.” Il suo tono era a metà fra l’ironia ed il sarcasmo. Shiho incrociò le braccia al petto con fare disinvolto e non distolse lo sguardo, che al contrario di quello rapito di lui, era perso fra i cespugli dello spiazzo di fronte a loro. Non lo degnò di particolari attenzioni e Gin non mancò certamente di notare che la ragazza aveva nuovamente assunto la linea difensiva ed altezzosa di sempre.
“Shinichi? Cosa diavolo vuoi che me ne importi? Io ormai faccio parte dell’Organizzazione, no? Non ho intenzione di tradirla per colpa di un adolescente in piena crisi ormonale.”
L’uomo si stupì nel sentirla pronunciare quelle parole così aride e secche. “Addirittura?”
“Certo. Sto continuando a frequentarlo in modo tale da poterlo controllare meglio.”
Uno stormo di uccelli spiccò un volo armonico, schizzando fra le fronde verdi degli alberi e stagliandosi poi oltre il tenue cielo azzurro.
“Vuoi farmi credere che ora fai la spia?”
La biondina si limitò ad annuire. Nuovamente fra loro due si frappose un silenzio etereo, palpabile, pieno di tensione. Fu sempre lei a rompere il ghiaccio.
“Vermouth sta collaborando con Shinichi ma non so ancora cos’abbia in mente. Credo che entrambi vogliano ucciderti. Ma non so ancora il motivo per cui si sono alleati; fino ad ora non si sono neanche incontrati, ma ho intenzione di indagare.”
Gin trasse un lieve sospiro e sul suo viso comparve il suo classico ghigno di soddisfazione: probabilmente stava provando il brivido adrenalinico della vendetta che gli ribolliva nelle vene. “E brava la mia Sherry.” Provò a sfiorarle la guancia con la mano, ma Shiho si scansò prontamente e di tutta risposta gli strinse il polso.
“Non mi toccare.” Finalmente piantò i suoi occhi cerulei in quelli del biondo e qualche secondo dopo la sua presa pian piano andò affievolendosi. “Prenditi il mio numero di cellulare; ti faccio sapere quando la situazione si smuove. Qui siamo troppo esposti. Vattene.”
Gin tornò serio. “Mi auguro che tu stia dicendo la verità. O sarò costretto a toglierti di mezzo.”
“Non avrei motivo di mentirti.” Shiho si sollevò in piedi e sbuffò: quell’uomo arrivava sempre nei momenti meno opportuni e non faceva altro che disturbare quei rari momenti di quiete che oltretutto riusciva a crearsi difficilmente.
Lui si segnò il suo numero di cellulare e si alzò dalla panchina, infilandosi le mani in tasca e percorrendo il suo corpo con sguardo meticoloso, analitico. Shiho era a braccia conserte, strinse ancor di più le braccia a sé, come per proteggersi da quegli occhi così terribilmente invadenti. ‘Gin, maledizione. Non guardarmi così. Smettila. Per favore. Smettila.’
“A presto.” Proferì lui, interrompendo il flusso dei pensieri della scienziata, la quale lo vide voltarsi e avviarsi verso l’uscita del parco.
Il suo impermeabile nero danzava gonfiandosi ad ogni folata di vento, i suoi capelli dorati si adagiavano ritmicamente sulla sua schiena.
 
 
 
 
Shiho fece ritorno a casa di Shinichi quando il cielo era ormai divenuto scuro: gli uccelli cominciavano a levarsi in volo per poter raggiungere i propri ripari e i rumori delle serrande dei negozi che si abbassavano la accompagnarono per tutta la lunga strada principale: passo dopo passo osservava di sfuggita le persone che le camminavano di fianco, alcune di tutta fretta, altre più lente. La vita proseguiva. Per tutti.
Ognuno è soltanto un infinitesimo puntino del grande quadro del mondo. A chi poteva interessare delle sue travagliate vicissitudini interiori?
Giunse finalmente a casa del ragazzo: lo ritrovò chinò sulla scrivania, con indosso una t shirt blu e un paio di pantaloni di una tuta, intento a leggere le pagine di qualche libro giallo: le solite letture di Shinichi, intrise di fitti misteri ed omicidi, di Detective dal cipiglio geniale e dall’aria malinconica, spesso trasognata.
“Buonasera, Kudo. Noto con piacere che ti intrattieni coi tuoi passatempi culturali preferiti.” Shiho lasciò cadere a terra il suo zainetto e si avvicinò al suo amico, il quale chiuse il libro con un gesto secco. Si stiracchiò le braccia, oramai indolenzite.
“Mi sono preso un paio d’ore per dare una letta al nuovo libro di mio padre.”
“Ormai è l’ennesimo che scrive. E come ti sembra?” La ragazza andò a sedersi sul letto, per fortuna loro, del modello ‘a castello’. Era stremata.
“E’ molto avvincente. Credo che sia addirittura migliore del precedente. E’ inutile, non c’è niente da fare: è un mago con le parole.” Gli occhi di Shinichi splendevano di soddisfazione.
“Mentre lui si occupa di teoria …” La schiena di Shiho si adagiò fra le lenzuola profumate. “ … Tu ti occupi della prassi.”
“Già.”
Quei due continuarono a chiacchierare a lungo, anche se di argomenti piuttosto frivoli e di circostanza. Sembrava che Shiho stesse cercando di mantenere a freno il fiuto indagatore di Shinichi e con suo compiacimento, si rese conto che era riuscita nell’ardua impresa.
Cenarono assieme ed in meno di mezz’ora si ritrovarono nuovamente nella stanza di lui.
Il ragazzotto cominciò a mettere in ordine le varie scartoffie sulla scrivania ed una volta che ebbe disposto i fogli e le riviste in una pila ordinata, passò a riporre alcuni documenti in degli archivi. Shiho lo guardava di tanto in tanto, poi si perdeva nuovamente ad osservare lo spicchio di luna che dominava il cielo nero, svettare maestoso ed irraggiungibile al di là dei vetri della finestra.
“A cosa stai pensando?”
La domanda di Shinichi fu per lei come un fulmine che balena improvvisamente nell’oscurità. 
“A quello che farà Vermouth quando ci troverà.”
Shinichi si fermò nel bel mezzo della stanza. “Lo sapremo molto presto. Domani ci incontreremo.”
“Dici davvero?” Dalla voce della ragazza emerse un sottile entusiasmo.
“Si. Ci vedremo al Cafe la Nuite domani sera. E con l’occasione porto anche Ran. Vuoi venire?”
Lei a quel punto si strinse timidamente nelle spalle e si mise a braccia conserte. “Starai scherzando, vero? Mi sentirei di troppo.”
Certo che quell’imbecille di Shinichi era proprio duro di comprendonio. Come poteva chiederle una cosa simile dopo aver letto anche quello straccio di lettera scritta il giorno precedente?
“Va bene, dai. Lascia perdere.” Concluse lei, socchiudendo gli occhi.
 
 
 
 
Shinichi indossò la sua uniforme da liceale e in breve tempo si ritrovò a camminare lungo la strada che lo avrebbe immesso nella grande piazza centrale. Ormai era sera, i bar aperti erano strapieni di gente e di ragazzi, e l’aria più mite permetteva loro di starsene ai tavolini fuori dai locali, a godersi un buon drink e una soffice brezza autunnale. Il ragazzotto se ne andava spedito, con le mani infilate nelle tasche, sicuro di sé. Di tanto in tanto allungava lo sguardo al cielo bluastro, disseminato di piccoli lumini brillanti e bianchi, circondati da aloni opachi, poi riposava nuovamente gli occhi sul selciato, dando alcuni colpetti ad una pietruzza che lo accompagnava oramai da un paio di minuti.
Finalmente si fermò, una volta che fu giunto di fronte ad locale recante l’insegna “Cafe La nuite”.  Di fronte alla porta d’ingresso vi era uno spiazzo di forma rettangolare, coperto da una grande tenda bianca dedicato alla presenza di alcuni tavolini circolari. La tenue luce giallastra delle luci creava un ambiente quasi avulso da quello della movimentata cittadina: Shinichi poté immediatamente percepire una sottile melodia retrò anni ’50, provenire dall’interno. Si sentì come catapultato nella Parigi dell’epoca d’oro, dell’epoca del boom economico.
Fra i tavoli scorse una figura elegante che sedeva da sola ed i cui occhi chiari vagavano distrattamente. Era lei. Indossava un tubino nero e un paio di tacchi, i capelli biondi erano raccolti in uno chignon ma alcune ciocche le ricadevano vaporose, spezzandole gli zigomi.
“Se me lo avessi detto mi sarei vestito per l’occasione.”
Vermouth alzò lo sguardo e vide Shinichi sedersi proprio di fronte a lei.
“In verità sono io a sentirmi in imbarazzo ora. Sono abbastanza irriconoscibile?” Chiese la donna.
“Per un Detective come me, no. Ma per chiunque altro, credo proprio di si.”
Ci furono alcuni secondi di silenzio, dopodiché lei riprese a parlare. Si creò immediatamente un’insolita intesa fatta di sguardi intensi. “Dovrei ucciderti per quello che hai fatto, lo sai? Ho rischiato di beccarmi una pallottola.” Proferì con voce bassa. Le note di quella canzone al retrogusto antico coprivano le loro voci da orecchie indiscrete.
“Lo so, mi dispiace. Ma non potevo farlo. Non potevo ucciderlo.”
“Gin è sulle nostre tracce. Cercherà di uccidere sia me che te. Per quanto riguarda Shiho non so che intenzioni abbia. Tieni d’occhio quella ragazza, non me la racconta giusta.”
Shinichi trasse un sospiro. L’aveva lasciata sola a casa. Chissà cosa stava facendo.
“Vermouth, tagliamo corto. Cosa vuoi in cambio della collaborazione?”
La donna a quel punto rise e dalla sua borsetta tirò fuori un paio di fogli e li lasciò scivolare sul tavolino che si frapponeva fra i due. Sorrise sardonica nel vedere che Shinichi aveva sgranato gli occhi.
Il ragazzo infatti mandò giù la saliva con qualche difficoltà, ma poi cercò di riprendersi ed annuì. Non aveva altra scelta.
“La conosci questa canzone?” Lei parve tornare immediatamente al livello di una normale conversazione, anzi, proferì quella domanda con tono amabile e suadente, sfilandosi dal pacchetto una sigaretta slim, di quelle sottili e portandosela fra le labbra rosse.
Il ragazzo scosse il capo. “No.”
“Non conosci Edith Piaf? La Vie en rose? Des yeux qui font baisser les miens un rire qui se perd sur sa bouche…” Cominciò ad intonare il ritornello in un francese molto raffinato. A quel punto Shinichi si alzò bruscamente, rapido.
“Devo andare. Ci sentiamo.”
“Mi lasci così?”
“Devo raggiungere una ragazza, mi dispiace. Sono in ritardo.”
Stavolta fu lui a “scappare”. La abbandonò e si fece spazio velocemente fra gli ospiti del locale.
Passo dopo passo quella musica si perse e si confuse nel vociare delle altre persone, fin quando non venne inghiottita completamente dal silenzio della notte.
 
 
 
 
Shiho era avvolta dal calore delle lenzuola fresche e leggere e a quell’ora della notte, nulla avrebbe potuto disturbarla, eccetto lo scandire incessante e costante delle lancette dell’orologio. Le curve longilinee della sua sagoma erano ancor più accentuate da quella stoffa di seta che si adagiava sul suo corpo e ad ogni suo movimento si increspava delicatamente.
D’un tratto il cellulare sul comodino vibrò.
Chi poteva essere a quell’ora? Shinichi? Allungò il braccio per poter afferrare il telefono e dopodiché spinse il tasto verde. Sul display bluastro compariva la scritta:
“Un nuovo messaggio.” – seguita da un numero sconosciuto. Si sbrigò ad aprirlo, rannicchiata ancora sotto le coperte.

“Buonasera, mia dolce Sherry. Hai guardato com’è pallida la luna, stanotte?”

Quando le sue iridi celesti giunsero al punto interrogativo non riuscì a reprimere un brivido. Le sue dita presero a tremolare e per alcuni minuti che a lei sembrarono un’eternità, rimase a fissare lo schermo, completamente inebetita. Doveva rispondere? Le falangi digitavano convulsamente, alla fine aveva deciso di controbattere.

“Stavo dormendo, Gin. E della luna non me ne importa proprio un bel niente. Che vuoi?”

Non riusciva a fare altro: le sue pupille oramai dilatate, erano ferme su quel display, nell’oscurità della stanza, in quel silenzio tremendamente opprimente.

“Chissà se il tuo visino candido è pallido, ora. Secondo me stai tremolando come una foglia appesa ad un ramo. Non è così?”

Shiho mandò giù la saliva, aveva la gola riarsa ed il cuore a mille, come sempre. Maledizione, dove diavolo si era cacciato Shinichi? E cosa voleva Gin?

“Mi vuoi dire cosa diavolo vuoi?”

“Sherry, mia cara. E’ proprio così difficile da capire?”


“Io credo che lo sia. O almeno, per me lo è. Non sono nella tua mente di criminale pazzo assassino e psicopatico.”

Un lieve sorriso le illuminò vagamente il volto e per qualche secondo riuscì a visualizzare il viso di quell’uomo contrarsi in una sottospecie di ghigno divertito. Sicuramente quegli epiteti gli facevano gonfiare il petto di orgoglio e soddisfazione.

“Patetica."

A quel punto Shiho strinse i denti. Sentì trafiggersi il petto da una lama acuminata, trapassarle lo sterno da parte a parte.

“Fai come vuoi. Io mi rimetto a dormire, questa conversazione è inutile.”

Quelle parole l’avevano avvelenata definitivamente, qualcosa le corrodeva pian piano lo stomaco. Lo maledì in un borbottio confuso, basso e roco, dopodiché si sdraiò sull’altro fianco, ma mantenne il cellulare sopra il cuscino.
Alle 11.46, quell’aggeggio vibrò per l’ennesima volta.

“Sei sola?”

Lei non rispose. Un altro messaggio.

“Rispondimi, Sherry.”

Santo Cielo. Ebbe quasi paura, così alla fine si decise a spedirgli un altro sms.

“Si. Perché?”

“Voglio vederti.”

Shiho avvertì un vuoto dentro di lei. Le mancava l’aria.

“Perché mi hai chiesto se sono sola?”

La ragazza non stava più nella pelle, era agitata, si muoveva frenetica fra le lenzuola bianche, senza requie. Lo sguardo sostava sul freddo display. Nulla. Passarono alcuni minuti interminabili.

“Ci sei ancora, Gin? Il gatto ti ha forse mangiato la lingua?”

Shiho strinse i denti e affondò la fronte contro il cuscino.
Niente. Non rispondeva più.
 
 
 
 
Vodka si stava annoiando a morte: il suo partner era intento a sghignazzare su quello stramaledettissimo cellulare e non gli dava proprio retta. Gli aveva affidato il compito di sorvegliare l’entrata di quel locale, eppure non scorgeva ancora nulla all’orizzonte.
I due sgherri si trovavano in un discopub molto elegante; mentre loro sedevano ad un tavolino, immersi in un’atmosfera di luci soffuse e basse, ragazzi e ragazze si addensavano nel centro della sala, ridacchiando e scherzando. Altri invece erano già al bancone a prendersi qualcosa da bere.
“Allora Vodka? Ancora nulla?” Il biondo sedeva comodamente con le gambe accavallate, con una mano scorreva i messaggi presenti sul display del suo cellulare, con l’altra si portava la solita sigaretta fra le labbra sottili, ne aspirava il fumo empiendosene i polmoni e cercando di distendere i muscoli tesi, i nervi contratti.
“Ancora nulla. Siamo sicuri che verrà?”
Gin rise sommessamente. “Certo.” Borbottò, completamente rapito da quei messaggini.
“E’ quella ragazza bionda?” Azzardò l’omone, con un ghigno complice.
“Fatti gli affari tuoi.” Il biondo ciccò con nonchalance nel portacenere di fronte a lui e non accennò a distogliere lo sguardo.
Trascorse del tempo, prima che Vodka intravide finalmente la figura cui stavano dando la caccia. Era una ragazza alta e magra, indossava per l’occasione un vestitino bianco a balze ed i capelli scuri le ricadevano delicatamente lungo le spalle bianche e nude.
“Gin! Molla quel cellulare. E’ lei.”
A quel punto, il partner del bestione con gli occhiali scuri spense la sua sigaretta nel posacenere con un gesto secco e stizzito, poi si alzò in piedi e infilando le mani nelle tasche passò al fianco del compagno, adottando la più completa disinvoltura.
“Io andrò sul retro. Controlla le due uscite.”
 
 
 
 
Sonoko era entusiasta di quella festa, fra l’altro avrebbe potuto flirtare con un ragazzo sul quale aveva messo gli occhi addosso da un bel po’. Quella ragazza non cambiava mai. Adorava divertirsi, aveva la parlantina e la lingua lunga, ma alla fin fine le piaceva l’umiltà e la determinazione di Ran, che spesso doveva farle da calmiere degli ‘spiriti ribollenti’.
“Ran! L’hai visto, è proprio lì dietro!” La ragazza afferrò il braccio dell’amica e piena di gioia indicava un ragazzone seduto al bancone.
“Sonoko, sei proprio sicura che quel belloccio sia un tipo raccomandabile? A me sembra così poco affidabile.”
“Ma certo che lo è! E poi sto parlando con un ragazza che ha avuto il coraggio di aspettare uno scemo per quasi un anno! Shinichi si, che è un tipo poco raccomandabile.”
Ran scosse il capo ed inevitabilmente arrossì. “Ma che stai dicendo? Non è vero. Mi preoccupavo soltanto perché non è capace di badare a se stesso.” Certo. Come no.
Comunque, Shinichi doveva aver avuto un contrattempo, poiché era in forte ritardo.
“Su, dai. Andiamoci a bere qualcosa, quel Detective da quattro soldi arriverà non preoccuparti.” Sonoko avvolse il polso di Ran per far si che la seguisse, ma appena sfiorò la sua pelle diafana, ne percepì il battito rallentato, la freddezza di quella carne. “Ran? Va tutto bene?” A giudicare dallo sguardo attonito e dal volto cinereo, non sembrava proprio.
“Ran?!” La scosse.
“S-Sonoko.” Bisbigliò fra sé. Aveva avuto un’allucinazione? L’impermeabile nero svolazzava alla balconata del piano superiore, ne era convinta.
“Ma che ti prende, chi è? Chi hai visto?” Anche la ragazza guardò nella direzione dello sguardo dell’amica. Lo vide.
Quel biondo aveva gli avambracci incrociati sulla ringhiera del ballatoio sopra di loro.
“Sonoko, avverti immediatamente la sorveglianza! Sbrigati!” Ran si riprese quasi nell’immediato, così corse verso le scale che l’avrebbero condotta al piano superiore. Diavolo, era una follia! Qualcuno aveva cominciato a sparare, e nell’udire le prime scariche, la gente cominciò ad urlare, in un tripudio di piombo e sangue. Il locale fu messo in subbuglio di pochissimi istanti.
Ran correva, stringeva i denti più che poteva e saliva rapidamente le scale. Dov’era Shinichi? Non c’era mai, Sonoko aveva pienamente ragione.
Una volta giunta nei pressi del ballatoio si rese conto che il biondo aveva lasciato la sua postazione e si limitò a sporgersi per osservare dall’alto la situazione. Fortunatamente alcune squadre di uomini armati stavano facendo il loro onesto lavoro e lì sotto, la sala era diventata il teatro di scontro fra alcuni uomini vestiti di nero. Una torma di gente si stava riversando fuori dalla porta d’ingresso, colta dall’agitazione generale e da una sollevazione di urla e grida sconnesse. Ran aveva le palpitazioni e le mani sudate. ‘Devo avvertire Shinichi.’ Pensò. Fortunatamente sapeva mantenere il controllo della situazione e in questo caso le arti marziali ebbero un ruolo fondamentale. Quando fece per voltarsi, però, si ritrovò a pochi palmi di distanza da Gin. Era l’uomo che l’aveva malmenata, che aveva inveito più volte sul suo corpicino ormai esausto; riconobbe immediatamente quello sprazzo malvagio balenare nei suoi occhi verdi.
“Chi siete? Che volete?” La canna della pistola puntata dritta alla fronte non la intimoriva. O almeno, era quello che voleva dare a vedere.
“La tua vita.” Proferì Gin a denti serrati, dopodiché le spinse la pistola alla tempia. Ran si ritrovò contro la ringhiera, con la schiena che sporgeva vertiginosamente.
“Non l’avrete tanto facilmente.” La ragazza si diede un abile slancio e con un violento calcio riuscì a disarmare l’uomo e a schizzare nella direzione della porta d’emergenza, a pochi metri da lì. La aprì in fretta e furia, col cuore che le pulsava in gola, la salivazione azzerata e l’adrenalina a mille. Corse come un fulmine lungo un corridoio buio e dopo averne percorso una buona metà, sentì la porta blindata alle sue spalle aprirsi nuovamente, poi un paio di proiettili sfiorarle la nuca. Lanciò un urlo, ma l’istinto di sopravvivenza le permise di aumentare drasticamente il passo, tanto che finalmente raggiunse l’ennesima porta.
Quell’uscita fortunatamente dava sull’esterno. Una pioggerellina si abbatteva sullo stradone buio, i fari giallastri delle automobili in corsa fendevano l’aria umida, un polverone di condensa ed acqua si levava al cielo nero.
Ran tremò a causa di una sferzata di vento gelida, un fragore di tuono la stordì e subito dopo il bagliore del fulmine, l’acqua cominciò a cadere fittamente.
La ragazza aveva il fiato corto, non avrebbe di certo resistito a lungo, ma allo scalpiccio di passi divenire sempre più forte, ella non poté far altro che scappare via, addentrandosi per le vie buie e sudice di quella città assopita.
Non voleva morire.
 
 
 
 
Shiho venne svegliata bruscamente dal rumore assordante del tuono; era stato talmente forte che le finestre avevano vibrato violentemente, quasi avessero voluto schizzare via in mille minuscoli pezzi.
Perché Gin non le rispondeva?

“Anche io.”


Inviato.











Allora! Ciao a tutti! :) Eccoci all'ennesimo capitolo! Scusate innanzitutto per il ritardo mega super estremo con cui aggiorno.. purtroppo quest'anno mi stanno portando via moltissimo tempo!! :( Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! :) Voglio ringraziarvi come sempre, tutti tutti quanti *_*

Partiamo da coloro che hanno la storia fra le preferite:

A_M_B, chyo, Evelyn13, Imangaka, ismile, I_Am_She, Lady Night, Queenala, ss2girl, trunks94_cs, Violetta_, Yume98, _Flami_

E ancora coloro che la hanno fra le seguite!!!

Anemone san, Bankotsu90, Caroline Granger, Chicc, Evelyn13, I_Am_She, Kuroshiro, Layla Serizawa, Nezu, Red Fox, Sherry Myano, sosia, tigre, trunks94_cs, Violetta_, _Flami_

Grazie ragazzi, davvero!
:)
Se avete notato in questo capitolo ci sono alcuni riferimenti al famoso quadro di Van Gogh, appunto, relativo al Cafè La Nuit! :)
Ciaoooooooooooo!!

Aya_Brea


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