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Autore: TwinStar    30/10/2006    9 recensioni
Sirius si è convinto per chissà quale assurdo ragionamento che la maniera migliore di esprimere ciò che prova sia una lettera d’amore, anche se la stesura non sembra delle più semplici: complici amici, conoscenti nonché una naturale incapacità di fondo.
Una trama sentita chissà quante altre volte.
Del resto è solo un’altra banale dichiarazione d’amore.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho risposto ad alcune persone nel capitolo precedente.

Se a fine capitolo non trovate il vostro nome, è nel precedente non siete state dimenticate! ^_-

Sempre grazie a tutti per gli stupendi commenti e gli incoraggiamenti, apprezzo tanto, davvero.

TwinStar

PS: Mi è arrivata la lettera di Anachan col disegno stupendo di Sirius e Regulus!!!!! *ç*

Che bello!!!

Al prossimo capitolo lo posto e metto il link perchè merita.

Poi lo appendo in camera.

Grazie Ana!!!

 

 

 

SOLO UN'ALTRA BANALE DICHIARAZIONE D'AMORE

 

Lettera 3 - De Simplicitate: Hagrid

Il suo primo Natale Sirius lo ricordava bene.

L’aveva festeggiato il primo anno di scuola, perché Grimmauld Place non era luogo da far teatro a simili patetiche gozzoviglie babbane, come le aveva soprannominate una volta suo padre, e lui non era mai stato un figlio tanto curioso da fare domande in merito a qualcosa che aveva l’aria di essere così poco interessante.

Solo luci colorate per la strada a nascondere allo sguardo le stelle, alberi decorati ridicolmente a festa come Regulus con quel vestito tutto pizzi e merletti regalatogli dalla zia Druella, striscioni con scritte pacchiane ad insozzare le strade, tanto freddo da far venire i ghiaccioli alle mutande e gli auguri di rito di sua cugina Andromeda. Un semplice pezzo di pergamena con su scritte due parole di circostanza. Nulla di particolarmente festoso.

Anche quella prima vigilia di natale ad Hogwarts l’avrebbe trascorsa come al solito, dormendo placidamente fasciato stretto nelle pesanti coperte invernali tirate su fin sopra il naso, se non fosse stato svegliato da una bassa risata di foggia cospiratoria.

Sollevate le ciglia nella pesante penombra sanguigna del letto e accolto da un tenue lucore ondeggiante, si era fatto strada, non senza un brivido, nel denso crepuscolo vermiglio della stoffa che filtrava la luce polverosa di una candela accesa sul suo comodino chissà quando, e aveva scostato con le dita goffe e assonnate le cortine, che mai gli erano parse così pesanti.

Si era ritrovato fissato da più paia d’occhi sorpresi: quelli dei suoi compagni di stanza colti sul fatto nel bel mezzo di un improvvisato festino di mezzanotte. Come avrebbe scoperto più tardi, James, l’uomo dotato del sonno più leggero che mente di mago potesse concepire, aveva sorpreso Peter, l’ingordo, seduto sul tappeto a rosicchiare di nascosto qualche dolcetto dal mucchio gigantesco di delizie che era riuscito a trafugare di nascosto a cena dando dimostrazione di doti ladresche non indifferenti, e al quel punto era stato costretto da pressati e minacciose richieste a dividere il prezioso bottino. Durante un piccolo ma intenso scambio d’opinioni sull’annosa questione di chi dovesse appropriarsi dell’ultimo zuccotto di zucca Peter era inciampato con la consueta (mala)grazia nel letto più vicino, dritto in braccio a Remus, il quale ovviamente s’era scosso di soprassalto.

C’era anche lui a fissarlo dal basso, le spalle premute contro i piedi del letto, un po’ in disparte dagli altri com’era sua abitudine fare anche nella ressa della Sala Grande: il volto imperturbabile che tanto lo metteva a disagio con la sua perenne apatia, i capelli castani malamente calati sugli occhi castani cinti di scuro, e un fermo sorriso di circostanza a tendergli le labbra.

“Hanno svegliato anche te, a quanto pare.” Era stato impossibile per Sirius non cogliere in quelle parole un velato tono d’accusa, come se il fatto d’essersi svegliato fosse stata una propria, imperdonabile mancanza. L’altro nel frattempo aveva ignorato totalmente lo sguardo stranito e irritato dell’Animagus, tendendosi in direzione degli altri due con un lento, elegante scatto del collo sottile.

“Ve l’avevo detto di fare più piano.”

“Non l’hai detto!”, aveva protestato James, offeso, facendosi cadere di bocca nell’impeto della difesa di se stesso quel pezzo di Cioccorana malamente masticato che andò ad atterrare sul pavimento di pietra, accanto al suo piede.

Sirius aveva storto le labbra disgustato.

Quel povero essere di cioccolata si muoveva ancora.

Remus aveva sollevato in aria l’indice con fare autoritario da prefetto.

“Ma avrebbe dovuto esser chiaro che non era il caso di fare rumore a quest’ora di notte per il vostro festino della vigilia. Vi tenevo d’occhio di proposito.”, aveva aggiunto, severo, anche se dallo sguardo dubbioso degli altri due Sirius poteva affermare con assoluta certezza che il ragazzo non doveva aver marcato con troppa enfasi sul fare silenzio, prima. Tra le altre cose, nel placido dormiveglia che aveva preceduto il ritorno della coscienza, gli era sembrato di sentire una voce paurosamente simile alla sua reclamare a gran voce un pacchetto di Api Sfrizzole. “Avete svegliato Black, adesso sarete contenti.”, aveva aggiunto incrociando le braccia e guardando di nuovo nella sua direzione in cerca di solidarietà.

Sirius si era strofinato stancamente le palpebre contro i polpastrelli raggrinziti dalle pieghe del lenzuolo. L’impressione ricevuta su quel ragazzo appena conosciuto che sembrava avere tanto a cuore il suo sonno di bellezza era stata quella di una madre nevrastenica.

“Non fa niente…”, aveva mugugnato strascicandosi con incessante lentezza le parole sulla lingua impastata prima di scendere dal letto per sedersi assieme agli altri, rabbrividendo al contatto dei piedi nudi sulla pietra gelata e nel sentire l’aria fredda della notte scivolargli sottopelle attraverso i vestiti. Istintivamente le sue braccia tremanti avevano cercato il tepore della schiena di Remus, il più vicino dei tre. L’aveva strappato al legno del letto come un amante geloso e l’aveva tratto a sé, cingendogli la vita con le lunghe mani intrecciate in quelle dell’altro all’altezza dello stomaco. Poi, avvertendo il tiepido calduccio, aveva affondato la guancia nell’incavo tra il collo e la spalla sospirando, completamente appagato.

A lui quel tipo di contatti fisici erano sempre piaciuti molto.

Come il cane in cui si trasfigurava, era sempre stato un tipo amante delle carezze, della fisicità: adorava essere toccato tanto quanto Remus sembrava rifuggire la vicinanza altrui. L’Animagus non aveva potuto fare a meno di notare i tendini protendersi vivi e caldi appena sotto la pelle sottile, ma non aveva avvertito da parte dell’altro segni di eccessiva insofferenza come a volte poteva succedere (non tutti lo apprezzano), così era rimasto accoccolato finché non l’aveva vinto il sonno, e non era stato riportato a letto di peso, come si sarebbe fatto con un neonato.

Il periodo natalizio era così diventato un appuntamento speciale, e Sirius aveva finito con l’attendere l’arrivo del gelo con sempre maggiore ansietà.

Per l’atmosfera allegra che rendeva persino gli insegnanti meno propensi a punire e a togliere ingiustamente punti ai Grifondoro; per le vacanze, i dolci, per il tanto tempo libero che potevano passare bighellonando per il castello quasi deserto alla ricerca dei suoi segreti.

Per quegli abbracci rubati a Remus con la scusa del freddo.

Si strinse istintivamente le braccia con le mani, sentendosele vuote.

Quel Natale Remus non l’avrebbe trascorso ad Hogwarts. Era tornato a casa.

A furia di raccontare balle sulla sua madre malata, la poveraccia si era indisposta davvero e il licantropo era dovuto tornare a Londra per occuparsi di lei, incapace di trattenere la preoccupazione benché lei gli avesse assicurato che non fosse niente di grave. Era ironico, a pensarci, anche se decisamente deprimente. Però intanto per colpa delle smanie egoistiche e infantili dell’altro era Sirius ad essere rimasto senza di lui, col sedere nella neve gelata, a fissare da solo la calma di velluto del lago rifrangere contro la luce rosea dell’alba in un tripudio di luce fredda. Lui, che odiava svegliarsi prima che il sole giungesse allo zenit.

Invaso da un improvviso moto di rabbia freddissima che lo squassò da capo a piedi al pensiero di tutto quel romanticume sprecato, afferrò un mucchio di neve ghiacciata, incurante delle dita intirizzite, e lo lanciò rabbioso nell’acqua, increspandone la superficie cheta.

Lui voleva vederlo assieme a Remus, cazzo.

Gettò un’occhiata iraconda al libro che giaceva sulle sue cosce, al riparo della neve bagnata, le sopracciglia malamente accartocciate in mezzo alla fronte, e uno sbuffo fumoso a fuoriuscirgli dalle labbra pallide per salire e perdersi nella luce rugiadosa del primo sole.

Il tanto sospirato regalo di Natale di Remus lasciatogli sul comodino: avvolto in un’anonima carta beige senza fiocco, sopra un biglietto con poche parole rapide di auguri anticipati e l’ordine perentorio di aprire il pacco solo a tempo debito. Naturalmente l’aveva scartato con febbrile impazienza senza attendere nemmeno che le carrozze dirette alla stazione sparissero oltre i cancelli (d’altronde Remus di sicuro l’aveva previsto, non era un ingenuo), ed era rimasto tremendamente deluso.

Remus doveva essere impazzito. Gli aveva regalato quel fottutissimo libro di poesie babbane che gli vedeva sempre in mano. Vecchio e usurato, buono nemmeno per lasciarlo alle zanne di Felpato. Evidentemente con gli anni gli era venuto a noia e aveva deciso di rifilarlo di seconda mano al suo amico stupido.

Cosa doveva farsene, secondo lui?

Sbuffò di nuovo, immalinconito.

Possibile che lo conoscesse talmente poco, che tanto poco gli importasse di lui, da pensare davvero che avrebbe potuto gradire una porcheria del genere? Se questo era l’impegno che metteva nella scelta dei regali allora lui poteva benissimo non metterci tanto slancio nella stesura di una lettera d’amore che gli fosse stata gradita e che non avesse fatto fare a lui la figura del coglione.

Poteva semplicemente aprire una pagina a caso di quel libro insulso e dedicarglielo.

A riprova delle sue azioni determinate afferrò con stizza il volume consunto e lo spalancò con aria di disprezzo in un punto che già si era piegato alla forza di ripetute letture, declamando con ironica devozione i versi soavi.

“… Chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.

 

Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.

Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.

Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all'ultimo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un'ombra strana nei tuoi occhi…”

Chiuse con uno scatto secco premendosi il libro sulle ginocchia come a voler impedire alle parole imbizzarrite di fuggire dal bordo pagina. Non riusciva davvero a pensare che Remus a sera, avvolto dalla luce tiepida di una candela stanca, leggesse e rileggesse fino alla nausea quell’insostenibile sequela di cazzate sdolcinate…

Non poteva negare però che fossero belle parole.

Lui non sarebbe mai riuscito a farseli uscire dal petto, quei versi, neanche cercando una vita.

Gli venne il dubbio di essere, molto semplicemente, negato per cose del genere. Forse non c’erano parole giuste da cercare per quello che provava, o forse le cercava nel posto sbagliato. Aveva tentato di strapparsele a viva forza da dentro per tutto quel tempo e probabilmente aveva sbagliato. Non aveva ottenuto altro che figure meschine e tanta pergamena sprecata.

Tra quelle pagine lise e ingiallite invece c’era un vero tesoro pronto per l’uso.

Gli tornava a mente la vocetta petulante di Peter, chiaro segno della sua pazzia.

Nei libri Remus ha sempre trovato tutte le risposte che cercava

E lui si era già impegnato pure troppo.

Sgroppatosi dalla coscienza gli ultimi rimasugli di sensi di colpa aveva richiamato magicamente a sé la sua borsa, che aveva appeso a una protuberanza a uncino di un tronco poco distante di modo tale che non si infradiciasse per via di tutta quella stupida neve, e aveva cominciato a tirarne fuori tutto allegro pergamene, inchiostro e piuma d’oca.

A mettere insieme un po’ di quelle belle frasette romantiche da due soldi e a tirarne fuori un qualcosa di decente e originale non ci avrebbe messo niente, adesso…

“Tu guarda se questo qui sveglio di mattino presto non è proprio il giovane Sirius Black!”

… A meno di interruzioni esterne, ovvio.

Sirius sollevò gli occhi al cielo, maledicendo quello che lui chiamava, in maniera piuttosto colorita, “L’ennesimo calcio nelle palle inferto con un anfibio a punta d’acciaio dalla divinità punk e incazzata della sfiga”.

Fu solo dopo un profondo respiro e con un’estrema dose di calma di cui Remus sarebbe stato orgoglioso (lui che non faceva che ripetere quanto Sirius fosse impaziente) che fu in grado di dominare quei bassi istinti che gli intimavano di accogliere il mattiniero scocciatore con epiteti che avrebbero fatto arrossire persino Bellatrix.

Accolse l’intruso, che gli si era avvicinato col suo passo goffo e pesante, con il suo miglior ghigno di circostanza.

Alza la testa. Dritta la schiena.

“Hagrid.”, mugugnò. “Che piacere vederti.”

Mammina sarebbe stata fiera del suo damerino.

Il bonario Mezzogigante gli aveva rivolto un grosso (e per uno della sua stazza era grosso davvero, pensò Sirius con una punta di panico al pensiero di essere stato sul punto di mandare al diavolo una persona grande il triplo di lui) sorriso, facendo un cenno di saluto con la mano chiusa a pugno attorno alla strozzatura di un sacco dall’aria decisamente… “viva”.

Sirius distolse lo sguardo. Non voleva sapere cosa contenesse.

L’ultima volta che la curiosità l’aveva vinto era finito con un braccio masticato.

“Che stai facendo?”, aveva inquisito curioso l’uomo, fissandolo dall’alto della sua mole.

L’Animagus si era stretto nelle spalle, come si trattasse di una piccola cosa, e aveva scosso la testa in segno di diniego. “Niente, leggevo un po’ in riva al lago.” Aveva sollevato pigramente l’innocuo libro di poesie noiose ma belle verso di lui a mo’ di giustificazione e mentre l’altro prendeva il tomo con la mano libera e si accingeva a soppesarlo curioso (per cercare di capire a cosa servisse, forse. Per quanto buono, Hagrid non era mai stato una cima), il ragazzo venne assalito dall’improvviso impulso di gridare. Ma non mise in atto il suo proposito.

Si limitò a fissare l’uomo mentre questi muoveva le labbra biascicando piano, in un tentativo forzato di riprodurre quei versi con una cadenza piuttosto stentata, le folte sopracciglia aggrottate come se stesse recitando un qualche incantesimo complicato, e si lasciò sfuggire un sospiro melanconico, coperto per sua fortuna da un ringhio sordo e cupo proveniente da quella stupida sacca. Ormai era assolutamente certo che Merlino, Godric o chi per loro dovessero avere qualcosa contro il realizzarsi della sua storia d’amore con Remus.

Forse le stelle odiavano i rapporti omosessuali.

O li odiava Hagrid. Oppure lui stava delirando come suo solito.

Si era ritrovato fuori da quei pensieri assurdi nel momento in cui il libro gli era stato gettato malamente sulle gambe, in un precario equilibrio che l’aveva costretto a piegare le cosce in direzione del petto in una conca abbozzata.

“Ma tu lo capisci questo?”, aveva domandato Hagrid, piuttosto perplesso.

“Come sarebbe a dire ‘Lo capisci’?”, aveva risposto piccato il ragazzo mentre con le mani stringeva istintivamente al petto quel piccolo tesoro rinnegato (era un regalo idiota ma pur sempre di Remus). Fu anche sul punto di rispondere con un commento smargiasso dei suoi su quanto comprendesse a fondo quei versi aulici e alati, su quanto le parole gli si fossero impresse vive e chiare nell’anima come se le avesse scritte egli stesso, ma il fiato gli era rimasto tutto incastrato nell’esofago.

Perchè che senso aveva farlo con Hagrid?

Si era passato una mano alla base del collo, strofinandosi a disagio la sottile peluria all’attaccatura dello scalpo, e aveva sapientemente evitato lo sguardo dell’altro. La realtà era che di quelle frasi non capiva assolutamente il senso. Amava Remus, lo amava davvero, ma non al punto da riuscire a capire quella sua passione per delle parole che non significavano niente. Forse in realtà non lo amava abbastanza. Hagrid forse poteva comprenderlo…

Poteva confidargli la verità senza passare da stupido.

“… Mica tanto.”, aveva ammesso alla fine, imbarazzato a morte.

No, la sua intuizione si era rivelata erronea, si sentiva lo stesso un emerito idiota.

“Io non capisco perché la gente non ce lo deve dire in maniera semplice quello che pensa.”, aveva infierito l’altro facendo ondeggiare la sacca ringhiante con ampi gesti irritati della mano. “Non ce n’è mica bisogno di questo, dico io. In fondo è il pensiero che c’è sotto che conta, no?”

“Forse.”, aveva risposto impassibile Sirius.

Ma dentro moriva di rimorso.

Poi non l’ascoltò più.

Senza pensarci aveva aperto nuovamente il vecchio libro che tante volte doveva aver visto le dita di Remus sfiorarlo devote (e un pensiero fugace e invidioso raggiunse echi lontani della coscienza. Quanto gli sarebbe piaciuto essere quelle pagine, almeno per una volta), ma guardava le parole senza osservarle davvero: per quanto belle, erano diventate irraggiungibili.

Proprio come Remus in quel momento.

Doveva fissare lo sguardo su qualcosa, però, o avrebbe vomitato per il groppo in gola che l’aveva assalito, improvviso. La soluzione a tutti i suoi dannati problemi soltanto un attimo prima era sembrata così vicina da poterla toccare, mentre era bastata una frase detta dall’incolto Custode delle Chiavi di Hogwarts per farlo ritrovare di nuovo col solito pugno di niente.

Decise poi di contemplare il buio delle palpebre chiuse quando la luce del mattino gli divenne insostenibile. Facevano troppo male quei versi d’amore non suoi, e il pensiero che per qualcuno l’amore fosse un sentimento così facile da afferrare lo umiliava al punto che avrebbe rinnegato tutto quello che provava per l’amico in cambio di un solo fottutissimo istante di pace.

Nemmeno si accorse di quando rimase solo, di nuovo, come sempre.

O del momento in cui, allacciate con forza le dita all’altezza delle ginocchia e affondato il viso tra le cosce bagnate di neve sciolta, calde stille di frustrazione cominciarono a sfuggirgli dalle ciglia serrate a forza.

 

Fine Capitolo 3

 

Note di Fine Fantiction:

A parte il fatto direi abbastanza ovvio che mi rendo conto che la fine è un po’ amara per una commedia, ma non ci posso fare niente. Sirius ha agito da solo, voleva per forza piangere e amareggiarsi in solitudine e l’ho dovuto accontentare, mi scalpitava in quella direzione e…. Niente. Vi capita mai che un personaggio vada per i fatti suoi?

Sirius voleva piangere e l’ho accontentato.

Non lo saprà nessuno, era solo e tanto depresso. XD

Stavolta ne mettiamo due, di note, perchè melior abbundare quam deficere!!

Una che riguarda il solito titolo in NEO LATINUM (strizzando l’occhio al buon Mel Brooks! ^_-):

De Simplicitate, direi che è abbastanza immediato come titolo. E’ la “semplicità”, la “schiettezza”. Per ovvi motivi. ^_-

L’altra nota riguarda i versi tanto amati da Remus che Sirius legge, e che lo inducono a copiare per fare bella figura con Remus. Vorrei che fossero i miei, ma purtroppo io sono come Sirius in questo capitolo, i miei trascorsi poetici sono alquanto imbarazzanti (“Le tragicomiche conseguenze dell’amore” e “La ballata della luna stanca” le abbiamo lette tutti, credo. ._.). Sono pochi versi di uno dei due poeti che non schifo, ovvero Pablo Neruda. Per chi fosse interessato (è una poesia molto bella, io la leggerei! ^_- ammicc ammicc) potete trovarla per esteso

QUI.

 

Rispondo individualmente e sentitamente ringrazio:

 

Mikayla: Guarda che ci conto, catturamelo davvero Vincent! XDDD Stavolta mi sa che le bacchettate le rischio, ahia, sta diventando un po' meno commedia, devo aggiungere un altro avvertimento alla fic mi fa (ma sono indecisa tra triste e malinconico - drammatico no, mi rifiuto, non è drammatico! XDDD). Certo che scrivere qualcosa di poetico sul blocco dello scrittore è un controsenso metateatrale che farebbe crepare d'invidia il caro vecchio Piry (pirandello! XD), che ormai è di casa per cui gli diamo anche un nomignolo! XD Beh, ora la tua curiosità è sedata ancora un po', ecco un altro capitolo (eeeh, vedrai che farà! ^_- Poverino, è un pippone! XDD). Prometto di aggiornare abbastanza regolarmente perchè la fic è praticamente finita (devo finire il penultimo capitolo e fare metà dell'ultimo).

Dico la verità anche a me questo capitolo è piaciuto molto di più che quello con Minnie. E questo qui con Hagrid mi è piaciuto anche di più di quello con Peter. E' un crescendo, sono molto divertenti da scrivere, e mi danno l'occasione per buttarci dentro qualcosa che amo (Neruda) che non guasta mai. ^_^ Poi, che ne so, magari qualcuno può trovarlo gradevole quanto me. Peter spero di non aver lasciato trasparire l'antipatia, ma visto che Ale non mi ha bacchettata (non aspetta altro, lo so, vuole vendicarsi la crudele femmina! XD) propendo per il no! Evviva! XDDD Povero Peter, po' po' mi dispiace. Che poi è scemo, James mica li costringe ad andarli a vedere, è lui che ci vuole andare a fare il ragazzo pon pon! XDDDD Allora, questo capitolo era come te lo immaginavi? Un po' sì, dai, ma era evidente! ^_- Spero di essermi buttata in acqua un po' originali, però. Speriamo. Dimmi di sì anche se non è vero! XDDD

Sei sempre troppo gentile mentre io sono una spaccaBIIIP, mi vergogno sempre quando la gente è così buona con me mentre io sono una criticona! XD Mi fa venire quasi la voglia di diventare buona. Poi penso che, naaaaah, la gente mi ama così e così devo restare. E poi criticare è divertente! ^_-

Per me! XD Per gli altri un po' meno! XD

Attendendo il to to sulle manine per questo capitolo, ti mando un bacio! XD

 

Skiblue: Meno male. Allora difendimi con Mikayla che vuole picchiarmi se diventano meno comici i capitoli! ^_- Mi raccomando! Sei sempre molto gentile, ti ringrazio, anche a me quelle cose di caldo e freddo piacciono davvero parecchio! ^.^ Anche perchè in genere io sono la freddolosa che bestemmia nella neve (se si degnasse di nevicare in Romagna, certo! XD). Voglio il caldo, mi manca l'estate! XDDDD

Diciamo che è stato un capitolo molto sentito! XD

Ancora grazie mille e un bacio anche a te.

  
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