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Autore: Rota    04/04/2012    2 recensioni
-... Posso giocare?-
Antonio quasi sobbalzò quando sentì la voce di Jake – distaccata, professionale, neanche si stesse trattando di compilare il modulo di iscrizione per chissà che cosa. Aveva non solo l'aria da tecnico, ma persino le movenze e la parlantina.
Il fatto che sapesse persino parlare la lingua umana fu una cosa talmente sconvolgente per tutti che nessuno parlò per qualche secondo, dopodiché Miguel si fece avanti con una mano tesa e lo invitò a sedersi con tutti loro.
-Se sei capace, prego.-
Jake si mise accanto ad Antonio, come nessuno aveva in realtà mai osato fare: i giocatori erano i più abietti superstiziosi del pianeta Terra e circolavano voci strane sulla fortuna di Antonio, per esempio quella che la carpisse direttamente dalla prima persona a lui vicina e la facesse propria di punto in bianco, neanche avesse fatto un patto con chissà quale stregone nero. Jake, però, non dava neanche l'aria di uno che, conoscendo quelle voci, avrebbe dato loro retta.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magical Harmony'
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*Autore: Rota
*Titolo: Dare tempo al tempo
*Capitolo: Anno 0 – Marzo
*Fandom: Originali/Generale
*Personaggi: Jake il Mago, Antonio il Cavaliere, Miguel il Vampiro, Dimitri l'Angelo
*Prompt/Sfida COW-T: Anni/Sesta settimana
*Genere: Introspettivo, Generale
*Avvertimenti: One shot, Raccolta
*Rating: Verde
*Parole: 2355
*Dedica: Al mio maghetto personale, Prof no Danna.
*Note autore: Siccome non ho intenzione di fare come l'altra volta - ovvero il caos XD - quella che presento questa settimana è una raccolta di One Shot tra Jake e Antonio, ormai i miei prediletti. Sarà una raccolta che parla dell'evolversi del loro rapporto, da 0 a dopo di quanto ho già parlato nella long/quellarobachenondovevofaremachehofa
ttolostesso.
“Munchkin” è un gioco di carte che conosco assai bene, per chi non lo tiene presente consiglio di dare un'occhiata alla pagina che ne spiega le regole altrimenti capirà sì e no mezza parola di quanto io dico XD é molto divertente, comunque, lo consiglio davvero :D
Indi niente, spero sia una buona lettura per tutti voi (L)


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La prima impressione che ebbe di lui, dopo che con una lunga e analitica occhiata ebbe analizzato la sua intera figura, non fu quasi per niente positiva. Probabilmente a ragione, dal momento che Jake, nel suo completo da ufficio con tanto di camicia e cravatta, sembrava così tanto fuori posto da far venire da ridere – e Antonio aveva già intravisto attorno a loro qualcuno che nell'adocchiarlo non aveva neanche avuto la buona creanza di nascondere un sorriso divertito.
Stava mangiucchiando un dolcetto preso al bar, quelli pieni di farina di soia e altri dolcificanti che avrebbero relegato l'uomo entro i confini bianchi di un bagno nel momento stesso in cui i suoi succhi gastrici fossero venuti in contatto con l'invasore; Antonio odiava avere uno stomaco tanto sensibile ma purtroppo non poteva farci niente se non adeguarsi e portare tutto il proprio cibo da casa. L'uomo seduto al tavolo era solo e stava fissando il vuoto, con aria annoiata: non si capiva cosa volesse fare davvero e nessuno nella sala pareva intenzionato a scoprirlo, col rischio di avvicinarsi troppo a lui e rimanere infettato.
Era un pensiero brutto da fare, ma Antonio provò davvero pena per lui.
-Ehi, dico a te! Ti muovi a fare la tua mossa!-
Antonio distolse lo sguardo dall'altro uomo e mostrò un ampio sorriso al suo interlocutore. Stava vincendo la partita con una facilità che dava dell'incredibile e l'altro non vedeva l'ora di levarselo dai piedi per iniziare un gioco diverso.
Era così che funzionava, in Sale come quelle: si creavano gruppi di giocatori per ogni tavolo che impiegavano anche diverso tempo a portare a termine una sola partita. Chi aveva la fortuna di entrare dall'ingresso con un gruppo già formato, non spendeva un solo secondo che non muovendo pedine; chi invece ne entrava solo vagava per lo più in cerca di una compagnia alla quale aggregarsi. Antonio non era uno di quelli con la fretta addosso e quella sera aveva già cambiato tre gruppi, familiarizzando con perfetti sconosciuti.
Si divertiva, da matti, anche perché normalmente era lui quello che vinceva. Gli piacevano un sacco di giochi da tavolo, non aveva molta dimestichezza con le carte ma impiegava poco a capirne le regole e i meccanismi, aveva una logica tattica invidiabile. Era, in poche parole, il giocatore perfetto.
Pescò la propria carta e fece un altro sorriso, certo che nel giro di due mani avrebbe concluso la partita. Fece la sua mossa e attese, guardandosi attorno con la coda dell'occhio: l'uomo solo era ancora al tavolo e aveva finito il suo snack, stava cercando qualcuno di interessante a cui avvicinarsi ma non pareva attratto da nessuno in particolare; aveva uno sguardo freddo, e Antonio immaginò dovesse essere un impiegato, perché solo un impiegato potrebbe rimanere così gelido in un luogo del genere.
Fu portato al suo posto dal brusco movimento di una carta. Senza neanche più sorridere, appoggiò sulla superficie del tavolo la carta decisiva e ancora prima che l'altro giocatore si accorgesse di aver perso lui aveva già raccattato le sue robe e si era alzato dalla sedia.
Fu accompagnato da un insulto e da un paio di fischi, ma nulla di più.
Il suo problema era trovare gente abbastanza brava da potergli reggere il gioco, qualcosa di diverso che non fosse scontato e che durasse di più. Erano anni che passava le sue serate in quella Sala e dopo aver mollato la sua vecchia compagnia per questioni personali – una ragazza contesa tra lui e il suo vecchio migliore amico – vagava come un vagabondo alla ricerca di un riparo sicuro.
Solo per un istante gli venne la tentazione di sedersi al tavolo dell'impiegato, per fare conoscenza e per metterlo a suo agio; chissà, magari era anche bravo a far qualcosa, oltre che squadrare tutti con aria superiore. Però fu solo un istante, perché invece che fermarsi al suo tavolo tirò dritto senza neanche dare segno d'essersi accorto della sua presenza.
Andò invece al tavolo dietro, vicino a una faccia abbastanza conosciuta: Dimitri si accorse troppo tardi della sua presenza, quando ormai lui s'era già seduto e non poteva più cacciarlo via. Gli rivolse un'occhiataccia e pregò che almeno qualcuno del gruppo nel quale si era inserito quella sera captasse qualcosa e facesse di conseguenza – niente, la realtà doveva avercela a morte con lui ancora una volta.
-A cosa state giocando?-
Dimitri, quel tizio i cui capelli rosso fiamma facevano assomigliare a un semaforo e gli occhi chiarissimi una figura quasi eterea e ultra- terrena, stava mescolando tre mazzetti di carte diversi con le mani di uno che quelle cose è stato abituato dal tempo a farle.
-Giochiamo a “Munchkin”.-
Antonio fece un fischio e mise il proprio zaino sul tavolo cominciando a rovistarci dentro.
-Io ho il mazzo di “Lascia e raddoppia” e quello sui Caraibi! Voi con che versione volevate giocare?-
-Abbiamo “Munchkin Morde”...-
-Perfetto! Allora li possiamo mischiare!-
Antonio non fece molto caso all'occhiata di fuoco che gli rivolse Dimitri ma anzi appoggiò con una certa energia i mazzi accanto ai suoi, perché li mescolasse tutti assieme. Gli altri membri del gruppo parevano entusiasti della cosa – probabilmente stavano immaginando armi spaziali triple e scudieri con cinque braccia per fianco o qualcosa di molto simile – e quindi l'uomo non poté far prevalere il proprio disappunto. Non era propriamente giusto dire che non lo sopportava: non gli piacevano certi suoi comportamenti, tutto qui, e non era abbastanza in confidenza con lui per permettersi di farglielo notare più di una volta.
Cominciarono la partita in cinque, compreso un tizio dalla pelle scura quanto il cioccolato e dal ghigno furbo. Lui fu il primo a mettersi la Razza del Vampiro, già dalla prima mano, mentre i restanti componenti attesero Classi o Razze più ghiotte; da quel momento Antonio riconobbe Miguel in qualsiasi contesto e lo associò direttamente alla figura del succhia- sangue, con tutto ciò che ne conseguiva.
Fu una partita estenuante, per tutti quanti. Dimitri aveva pescato la Morte proprio quando gli mancavano due livelli alla vittoria mentre Antonio, con quelle sue parole audaci e le sue fortissime risate, si beccava contro tutti i Mostri associati che gli altri gli gettavano addosso senza neanche far finta di non avercela con lui. Stranamente per tutti, a vincere non fu né l'uno né l'altro, ma un tranquillo e scaltro Miguel che si era fatto mezzo Elfo e pure Ladro e, aiutando un proprio alleato, salì in maniera meccanica al decimo livello e quindi vinse.
Come era ovvio, si iniziò una seconda partita.
Antonio sentì solo a quel punto, da dietro, il rumore di una sedia che si muoveva. Sporgendo il viso per vedere cosa fosse successo o cosa gli capitasse attorno, vide l'impiegato che si era voltato di 180° gradi e ora gli era alle spalle, a guardargli le carte e a guardare come si muoveva in campo. All'uomo non era capitato così di rado di avere un pubblico, ma che fosse proprio Jake – che non aveva l'aria di una persona tanto avvezza a quel genere di ambiente – gli fece uno strano effetto. Gli rivolse lo stesso un largo sorriso e per le prime mani abbassò anche la spalla perché lui potesse vedere meglio cosa stava succedendo; poi la rialzò all'altezza giusta, sentendo i primi dolori lungo tutto il braccio.
Quella fu una partita molto rapida. Miguel era gonfio di vittoria, Dimitri di irritazione, Antonio di spavalderia come sempre. Tuttavia Dimitri rivelò di sé una tempra e una concentrazione che di primo acchito non si sarebbe davvero detto: a parte l'evidente astio che lo rendeva antagonista ad Antonio, era di suo una persona calma e morigerata, che difficilmente si arrabbiava tanto da desiderare una vendetta. Tuttavia, fu piuttosto crudele con Miguel e schiacciò come un piccolo insetto Antonio, arrivando entro la mezz'ora alla vittoria con la sola Razza di Gnomo e un'ascia larga quanto un cavallo. Fu deprimente per tutti, sul serio, e lo fu ancora di più quando Dimitri sottolineò la cosa con un sorriso lungo tutta la faccia e largo uno striscio di pelle appena rosata.
La cosa richiedeva giustizia.
-... Posso giocare?-
Antonio quasi sobbalzò quando sentì la voce di Jake – distaccata, professionale, neanche si stesse trattando di compilare il modulo di iscrizione per chissà che cosa. Aveva non solo l'aria da tecnico, ma persino le movenze e la parlantina.
Il fatto che sapesse persino parlare la lingua umana fu una cosa talmente sconvolgente per tutti che nessuno parlò per qualche secondo, dopodiché Miguel si fece avanti con una mano tesa e lo invitò a sedersi con tutti loro.
-Se sei capace, prego.-
Jake si mise accanto ad Antonio, come nessuno aveva in realtà mai osato fare: i giocatori erano i più abietti superstiziosi del pianeta Terra e circolavano voci strane sulla fortuna di Antonio, per esempio quella che la carpisse direttamente dalla prima persona a lui vicina e la facesse propria di punto in bianco, neanche avesse fatto un patto con chissà quale stregone nero. Jake, però, non dava neanche l'aria di uno che, conoscendo quelle voci, avrebbe dato loro retta.
Guardò Antonio quando gli passò le sue carte e non gli venne proprio da rispondere al suo sorriso luminoso – l'uomo lo odiò un pochetto, perché gli era proprio antipatico.
Quello che fu chiaro a tutti fin dal principio era che Jake amava con tutto sé stesso le strategie a lungo termine. Non a caso aveva scelto la Classe del Mago e faceva evanescere ogni singolo mostro troppo forte per lui, prendendosi una quantità assai preoccupante di tesori già dalle prime mani. A Miguel non piacque molto la cosa, tanto che ad un certo punto gli scagliò addosso qualche maledizione per il gusto di farlo: riuscì a togliergli l'armatura di cuoio e le calzature anti- fango, ma non beccò invece la pistola laser multi- getto a cui aveva puntato compiacendosi invece di vederla andare nella pila degli scarti. Nonostante tutti i suoi sforzi, Jake restò ancorato al suo livello tre per almeno dieci turni, per poi fare non si seppe bene cosa e arrivare direttamente al nove nel giro di mezza mano.
A quel punto persino Dimitri ed Antonio si preoccuparono, da morire. Anche a buttargli addosso qualche mostro non avrebbero fatto altro che aumentare il numero dei suoi tesori, aveva un Dado Appesantito di quelli che non si schiodavano neanche a pagarlo oro e nessuno della compagnia era un ladro abbastanza abile da ucciderlo e prendersi tutto quello che aveva – che era un mucchio di roba, decisamente. In più c'era quella specie di guardia del corpo, il Lupo Destriero, che si sarebbe sacrificato per lui in ogni occasione, quindi di omicidi portati a buon fine ne dovevano servire due e non solo uno; divenne assai complesso.
La cosa non si risolse con la vittoria di Jake, affatto. La sua scarsa dialettica gli impedì di farsi amico chicchessia e benché potesse aiutare praticamente chiunque, il suo aiuto veniva sempre rifiutato, con la spiacevole conseguenza di un isolamento via via più marcato. Per questo motivo fu Antonio a vincere, lui Alto Elfo Cavaliere d'oro mezzo Medusiano: gli era venuta contro una cosa chiamata Ratto Mannaro, un affarino che il massimo che poteva farti era rosicchiare le calzature e portarsele via; fu spazzato con un colpo di mano in un solo istante, e l'uomo vinse.
Tuttavia, fece proprio un gran sorrisone a Jake e non per cattiveria e malizia, né per infierire sulla ferita aperta. Si era solamente divertito e metà del merito era del Mago.
Accadde che, quella volta, Jake rispose con un mezzo sorriso appena, rivelando un'anima più o meno umana all'altro – era la prima volta che gli vedeva quell'espressione di euforica contentezza, come se nella sua vita non avesse fatto niente di più entusiasmante di quello, e fu bello potersene accorgere così, in maniera naturale.
Attorno a loro ci fu un coro di lamenti funesti e di parole non poco lusinghiere. Miguel sbuffò qualche secondo prima di concedersi un sorrisetto, mentre Dimitri aveva già gli occhi puntati verso gli altri e non li staccava più di dosso a loro.
Perché era evidente, almeno a loro quattro, quello che sarebbe successo da quella sera d'innanzi. La nuova compagnia si era formata, proprio a quel tavolo, e non si sarebbe certo sciolta presto.
Jake il Mago, Antonio il Cavaliere, Miguel il Vampiro e Dimitri l'Angelo si erano dunque riconosciuti e uniti – l'unica cosa che in quel momento mancava loro era l'effettivo collante che li avrebbe obbligati a rimanere un gruppo esclusivo.
Prima che qualcuno chiedesse una nuova mano, Miguel sbadigliò rumorosamente e si diede sconfitto, rovinando con l'intera faccia sul tavolo senza neanche guardarsi attorno. Era passata l'una di notte e a momenti sarebbe suonato il campanello che avrebbe annunciato la chiusura della Sala. Cominciarono ad alzarsi tutti e a sgranchirsi braccia e gambe con fare più o meno sonnolento.
Antonio si alzò, sbadigliando a sua volta, e lentamente separò le proprie carte dai mazzi che non erano suoi. Jake se ne andò senza dire nulla e fu tanto rapido che quasi il Cavaliere si sorprese di non averlo più accanto. Tuttavia lo incontrò fuori, proprio sotto la veranda che dava all'esterno, poco lontano dall'ingresso della Sala.
Era così evidente che stava aspettando qualcuno che Antonio gli fu accanto in meno di due passi.
-Ehilà!-
Si sorprese di vederlo sorridente, con un'aria stanca che non gli si addiceva quasi per nulla – o non si addiceva alla figura da perfetto impiegato secchione che a priori gli aveva incollato addosso. In quel momento provò un moto di simpatia per lui.
Jake allungò una mano, cordialmente.
-... Jake.-
Non disse il proprio cognome, ma fu uguale: probabilmente tutto ciò che richiedeva era una conoscenza ristretta e relativa all'ambito del gioco. Andava perfettamente, perché Antonio si rese conto di voler esattamente la stessa cosa.
Strinse quindi quella mano con vigore, scuotendolo tutto.
-Io sono Antonio! É stato proprio divertente giocare con te, sei un mago! Come mai non sei mai venuto qui, prima? Dovresti giocare più spesso con noi: sei bravissimo!-
Jake gli fece ancora quel mezzo sorriso ma non si degnò di rispondere alle sue domande. Antonio si rimase un poco male, ma con il passare del tempo avrebbe imparato quanto parsimonioso fosse quello strano individuo, specie in fatto di parole.

L'anno zero, l'inizio di tutto, ebbe come origine una bella giornata di Marzo, già sotto il segno dell'Ariete.
   
 
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