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Autore: Aya_Brea    11/04/2012    5 recensioni
"La figura alta ed imponente di Gin era ferma affianco al letto della piccola scienziata, teneva le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile ed i suoi lunghi capelli d’oro seguivano la direzione del vento. Dal suo viso imperturbabile non trapelava alcuna emozione, ombreggiato com’era, dall’argentea luce lunare. I suoi occhi verdi brillavano come quelli di un felino."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Altro Personaggio, Gin, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Can you see the joker flying over, 
As she's standing in the field of clover, 
Watching out everyday? 

I wonder what would happen, if he took her away?"


(Wolfmother - Joker and the Thief)
 






Gin e Vodka si rincontrarono fuori dal locale: bastò loro una rapida occhiata d’intesa ed entrambi si fiondarono nel vicoletto dove il biondo aveva parcheggiato la sua fidata Porsche. Le suole delle loro scarpe producevano un veloce scalpiccio sul selciato umido e bagnato. I due uomini in nero aprirono le portiere e si infilarono nell’auto; l’abitacolo era caldo ed accogliente e stranamente gli interni emanavano ancora quel lieve e delicato profumo di pulito, di nuovo.
Gin si accese rapidamente una sigaretta e mise in moto: inserì la retromarcia e con un brusco movimento passò alla prima, per compire un’ampia manovra. Il volante schizzò fin quando non gli fu consentito, si bloccò improvvisamente, ma sotto la presa stretta del biondo, scivolò nella direzione opposta.
Le strade erano ormai deserte, ad eccezione di qualche furtiva coppietta che si stringeva lungo i marciapiedi. Quando i due presero l’autostrada, Gin spinse il piede contro l’acceleratore e Vodka sporse il capo fuori dal finestrino, osservando come le luci dei lampioni si susseguissero sempre più velocemente. Il vento gli sferzava violentemente contro il volto nerboruto, tanto che fu costretto a ritrarre il capo nell’auto.
“Sei sicuro che quella ragazza sia andata proprio in questa direzione?”
Il biondo si sfilò la sigaretta dalle labbra e buttò fuori il fumo. “E’ lontana da casa sua. Non può che essere andata alla stazione.” Non si poteva di certo dire che Gin fosse un tipo loquace ed infatti quella conversazione morì praticamente sul nascere. D’altronde non era il momento adatto per interloquire.
Qualche minuto più tardi, la Porsche svoltò a destra e costeggiò una zona desolata, ormai lontana dal centro abitato; alcuni metri più in là, l’automobile si fermò e i due scesero con nonchalance, addentrandosi in un viottolo buio. Nel silenzio di quella notte proseguirono celermente ma con la dovuta cautela, con la scioltezza e la leggerezza di un gatto, le cui zampette si adagiano dolcemente sul pavimento, ovattate dai classici cuscinetti rosa.
Gin e Vodka discesero una rampa di scale e finalmente entrarono nella stazione, anch’essa deserta. Vi erano soltanto alcuni senzatetto che si erano creati i loro ripari di fortuna agli angoli delle banchine.
“A che binario sarà?” Borbottò Vodka, il cui sguardo spaziava lungo i grandi tabelloni recanti gli orari degli arrivi e delle partenze.
Il biondo si fermò presso la banchina del binario 23, con le mani nelle tasche e gli occhi fissi nella direzione del treno che vi sostava. Una ragazza dal corpo esile e longilineo e con indosso un vestito bianco oramai zuppo d’acqua, aveva salito rapidamente le scalette ed era scomparsa in un uno degli ultimi vagoni.
Il viso di Gin si contrasse in un ghigno e Vodka lo vide rabbuiarsi al di sotto della tesa del suo cappello nero.
“E’ entrata lì?”
“Esattamente. Dividiamoci, sarà più semplice far fuori i vari disturbatori. Io vado a fare una visitina al macchinista; le faremo una bella sorpresa. Voglio concludere in bellezza la festa di questa notte.” Il biondo proferì le seguenti parole con un tono basso e decisamente inquietante, anche se quello sprazzo di sadismo non fece altro che riempire d’entusiasmo il robusto compagno di Gin.
“Ci si vede più tardi allora.” E così, la coppia si separò nelle due direzioni opposte.
 
 
 
 
Ran aveva la gola completamente riarsa, i capelli umidi e intrisi dell’acqua della pioggia le ridiscendevano sulle spalle nude, distribuiti in grandi ciocche scure e gocciolanti. Sentiva freddo, oltretutto il suo abitino bianco era bagnato e alle innumerevoli folate di vento sentiva il tessuto che si appiccicava contro la sua pelle. Strinse le braccia contro il petto e non poté far altro che tirare un sospiro di sollievo quando finalmente le porte del treno si chiusero.
I vagoni erano vuoti, fra l’altro la luce del suo scompartimento si accendeva e si spegneva ad intermittenza. Il corpicino della ragazza era percorso da alcuni brividi: era talmente ansiosa ed angosciata che più e più volte dovette guardarsi indietro, poi in avanti, percorrendo con lo sguardo il treno, in tutta la sua lunghezza. Sembrava un animaletto in trappola.
Finalmente, quando si udì il fischio del capotreno, partirono. Ran non aveva la più pallida idea che su quel mezzo sostassero anche i suoi aguzzini e per qualche breve frangente se ne stette tranquillamente seduta con la schiena contro il sedile.
La ragazza rivolse lo sguardo verso il finestrino e incominciò ad osservare il paesaggio che attraverso il vetro mutava velocemente: il suo pensiero vagava altrove, le sue dita si intrecciavano le une con le altre in maniera spasmodica, nel tentativo vano di concentrare la sua attenzione su qualcos’altro che non fosse la sua corsa disperata verso la salvezza.
Quel viaggio non le era mai sembrato così lungo.
Improvvisamente però, al rumore cadenzato del treno se ne sovrappose un altro, irregolare, pesante, come di passi che provenivano dal vagone dietro al suo. Ran si sporse per guardarsi alle spalle e vide un uomo robusto camminare nella sua direzione con incedere svelto. Era Vodka.
La ragazza mora sentì il cuore schizzarle in gola e istintivamente compì uno scatto in avanti, slanciandosi fra i sedili della direzione opposta e cominciando a correre. Non dovette neanche volgere il capo per rendersi conto che quell’omaccione la stava inseguendo.
“Aiuto! Qualcuno mi aiuti!” Urlò lei, correndo disperatamente verso il vagone di testa. Quel maledetto treno era vuoto a quell’ora, nessuno avrebbe potuto sentirla, era una follia. Eppure continuò a sgolarsi: le sue grida forti le raschiavano la gola. “Aiuto!”
Vodka non demorse ma anzi, proseguì imperterrito. “Sta’ calma, ragazzina! Fermati o giuro che appena riusciamo a prenderti ti facciamo a pezzi!” Ruggiva sguaiatamente l’uomo con gli occhiali.
Ran si rese conto che il treno aveva quasi concluso il suo tragitto, difatti volgendo il capo ai finestrini, notò con piacere che il paesaggio le era familiare. Deglutì e mandò giù la saliva: aveva corso così tanto che sentì il sapore acre del sangue in fondo alla gola. La frenata del treno fu piuttosto brusca, ma finalmente si era fermato. A quel punto Ran compì l’ultimo balzo disperato verso la maniglia del portellone e lo spinse nella direzione indicata.
“Apriti! Maledizione, apriti!” Forse era difettosa? Fatto sta che la porta non accennava ad aprirsi. Si convinse che quella successiva le avrebbe riservato la salvezza, così giunse a quella adiacente.
Niente. Non si apriva. Il senso di sconforto che pervase il corpicino di Ran non era paragonabile a nessun altra sensazione che avesse mai provato in vita sua. Le luci di tutti i vagoni si spensero progressivamente, come le pedine di un domino e nel frattempo si sentì il rumore tonante di uno sparo. La ragazza congiunse le mani contro il petto e strinse gli occhioni azzurri per abituarsi al buio che aveva improvvisamente inghiottito tutti i vagoni del treno. Dov’era Vodka? Non si sentiva più alcun rumore.
“Aiuto!” Sussurrò fra sé, dando credito ad un suo pensiero, poi sforzò le corde vocali e urlò nuovamente.
Era in trappola.
“Buonasera, Ran.” Una voce melliflua e maligna proruppe alle sue spalle. Era Gin, l’avrebbe riconosciuto fra mille altri. La ragazza si voltò e lo osservò: nella semioscurità poteva intravederne soltanto i contorni, gli occhi vispi brillare nel buio.
“Che avete fatto? Perché il treno è fermo?” Chiese con tono sostenuto. Aveva paura, ma tentò in tutti i modi di dissimularla.
“Il macchinista si sta facendo un bel sonnellino.”
“Bastardi!” Ruggì Ran a denti stretti.
Gin si lasciò andare ad una risatina sommessa, dopodiché sollevò il braccio sinistro e le puntò la Desert Eagle dritta alla fronte. Era un pistolone di grosso calibro, Ran non avrebbe mai potuto immaginare gli effetti di un colpo proveniente da quell’arma, se inferto a corto raggio.
Il biondo non si fece troppi convenevoli e lasciò che l’indice scivolasse contro il grilletto. “Muori, traditrice.” Bisbigliò lui.
Ran gli si slanciò addosso e arcuò le dita contro il suo impermeabile nero: la pallottola vibrò nei pressi della spalla di lei e perforò il finestrino, facendolo implodere e schizzare in microscopiche schegge.
La ragazza aveva lanciato un urlo in concomitanza con lo sparo di quella specie di fucile in miniatura ed ora cercava di disarcionare quel diavolaccio con tutte le ultime forze che le rimanevano in corpo. “Non voglio morire!” Urlò, poi lo spinse via ed il biondo digrignò i denti come una bestia, spingendola a sua volta e gettandola a terra con violenza. Ran non perse un istante: si sollevò in piedi e sfuggì dalle grinfie di quel criminale, riprendendo a correre nella direzione opposta.
Le sue gambette sottili si slanciavano veloci nel buio, inframmezzato soltanto dagli spiragli di luce che provenivano dai finestrini.
Spinse l’avambraccio contro lo zigomo e si asciugò delle lacrime furtive e calde che le solcavano la guancia. Era spacciata.
Gin prese ad inseguirla di tutta fretta, si morse il labbro inferiore e sparò un paio di colpi nella sua direzione, poi lasciò che Vodka facesse il resto. Il suo partner infatti l’aveva afferrata nuovamente per le braccia sottili e la tratteneva a sé, mentre quella creaturina si dimenava come un’ossessa.
“Gin! L’ho presa di nuovo!”
“Finiamola qui, mi sono stancato di giocare a nascondino.” Il biondo brancolava l’arma a mezz’aria e la teneva stretta. Gli occhi vitrei e celesti della ragazzina percorsero quelle dita forti e le iridi tremarono in preda al panico, nell’osservare come l’indice stesse per premere il grilletto, per l’ennesima volta.
E stavolta sapeva che non avrebbe sbagliato.
Ran strinse gli occhi e sprofondò nell’oblio.
“Ran!”
Il biondo si voltò d’improvviso e vide Shinichi impugnare una chiave inglese; non ebbe tempo per reagire, ma sentì soltanto un violento colpo alla fronte. “Dannato!” Ruggì questi.
Vodka lasciò la ragazza ed estrasse la pistola. “Maledetto Detective, proprio nei momenti meno opportuni!” La chiave inglese schizzò via dalle mani del ragazzo e colpì proprio l’arma dell’uomo, il quale fu costretto a chiamare la ritirata. Le sirene della polizia fecero rinsavire anche Gin, il quale sollevatosi in ginocchio, barcollò, si portò una mano contro la fronte ed osservandosi nuovamente la mano la vide intrisa del suo sangue rosso cremisi.
“Gin, stanno scappando!”
“Cristo. La polizia! Dobbiamo fuggire.” Il biondastro scattò nuovamente in piedi e sparò un colpo contro la maniglia del portellone del treno, la quale andò in frantumi e permise loro di uscire. In lontananza scorse Shinichi che teneva la mano della ragazza dall’abito bianco, ed entrambi scappavano lungo un vialetto semi-deserto.
Erano troppo distanti, oramai.
I due uomini in nero sgattaiolarono via dalla stazione, ma a pochi passi dall’uscita dovettero arrestarsi: le volanti della polizia avevano creato un posto di blocco, e decine di poliziotti armati di fucili d’assalto si stavano riversando fuori dalle loro automobili.
“Oh no, Gin. Sono troppi, cosa diavolo facciamo?” Vodka aveva la malsana abitudine di perdere le staffe ogni qualvolta si presentassero degli scontri apparentemente troppo impegnativi.
“Fai silenzio, Vodka. Dobbiamo dividerci, altrimenti ci fanno fuori.” Il biondo serrò i denti ed inspirò una ventata d’aria gelida. “A più tardi.” Proferì serio, infilò le mani nelle tasche dell’impermeabile e si volatilizzò.
Vodka aveva percorso una decina di metri, quando udì una scarica di proiettili in lontananza. Stavano sparando addosso al suo compagno. Quel biondo era un osso duro, se la sarebbe sicuramente cavata senza troppi problemi. O almeno, così sperava.
 
 
 
 
Shiho era in strada. Quella notte non riusciva proprio a prendere sonno. Passo dopo passo scorreva per l’ennesima volta i messaggi che si era scambiata con Gin. Ma che diavolo voleva? Non riusciva in alcun modo a capire se la stesse prendendo per i fondelli o se era serio. Voleva vederla? E lei? Forse aveva sbagliato a mandargli quell’ultimo sms.
Ripose il cellulare nella tasca del jeans e infilò le mani nelle tasche della sua felpa bianca. Sospirò. Faceva stranamente freddo quella notte. I suoi occhioni celesti fra i mille ciuffetti sbarazzini, si muovevano ritmicamente dalla strada all’orizzonte, disseminato di palazzoni e alberi, che svettavano con le loro fronde nere fra il cemento grigio.
Ad un tratto, quando giunse all’incrocio con un viottolo scuro, scorse chiaramente la figura di Gin, che stramazzava al suolo e si teneva l’addome con una mano. La ragazza sbatté più volte le palpebre, per appurarsi che non fosse stata vittima di una qualche allucinazione.
“Gin?!” Si avvicinò a lui e lo aiutò a rialzarsi, cosicché l’uomo potesse appoggiare la schiena contro il muro, rimanendo comunque seduto. In fondo alla stradina vi era un cancello, poi alcuni secchioni e sacchi neri, ricolmi di spazzatura.
Il cappello scuro ricadeva sulla fronte del biondo, tanto che Shiho non poteva vedere neanche i suoi occhi.
“Ma che diavolo ti è successo?”
“Sherry …” La voce roca e bassa di Gin celava una vena divertita. “Che fortuita coincidenza.”
La ragazza si era inginocchiata al suo fianco e con una mano gli aveva scostato un lembo dell’impermeabile, rivelando uno squarcio in corrispondenza dell’addome. Era malconcio, il tessuto nero strappato in più punti. Alcuni rivoli di sangue gli scivolavano lungo il bacino, creando una pozza densa lì a terra.
“Hai fatto a botte con una pantera?” Sussurrò Shiho, con un sorrisino perverso. Vederlo così era una sorta di rivincita personale.
Il biondo rise, con una mano si sollevò la tesa del cappello. Anche sul suo viso, un rigagnolo rosso gli solcava lo zigomo, un altro più sottile gli scivolava al lato del labbro inferiore.
“Cinque contro uno. E poi dicono che gli sbirri sono leali ed onesti.” Commentò lui con una lieve vena di sarcasmo.
Shiho scosse il capo. “Per lottare con gente come voi bisogna utilizzare le stesse, sporche maniere.”
Il biondo le riservò un’occhiataccia, poi però volse altrove il capo e un paio di colpi di tosse lo colsero alla sprovvista. “Piantala con queste frasi. Lo sai bene che odio il conformismo.”
Lei sospirò. “Si, lo so. Eccome. Anche se quei messaggini mi sono sembrati piuttosto conformisti.”
Gin serrò le labbra e la guardò nuovamente. “Volevo capire se Shinichi era a casa con te.”
“E avevi bisogno di tutte quelle manfrine?”
“Voi donne a volte siete proprio impenetrabili.” Un ghigno si delineò sul suo viso e con la lingua si inumidì il lato del labbro, assaporando il suo stesso sangue. Non le toglieva gli occhi di dosso.
I loro sguardi si incrociarono a lungo, nel più completo silenzio.
“Mi prenderesti una sigaretta?” Borbottò Gin.
Shiho trasse un altro sospiro e infilò la mano nella tasca del suo giaccone, poi ne tirò fuori il pacchetto. Dentro ve n’era soltanto una. “Te la vuoi fumare subito?” Egli annuì.
“Non credi di esagerare con questa robaccia? Ti spappolano i polmoni.”
“Cristo Santo, risparmiati la predica, Sherry.” Le strappò il pacchetto dalle mani e ne sfilò frettolosamente l’ultima rimasta, poi se l’accese e se la portò fra le labbra.
Calò nuovamente il gelo.
Gin socchiuse piano gli occhi ed inspirò il fumo, empiendosene il petto. “Shinichi è scappato con Ran. Credo che non sappia ancora dei segreti che la ragazza gli nasconde.”
“Si comportava in modo troppo strano perché non sapesse nulla dell’Organizzazione.”
“Già. Quell’imbecille si è sorbito tutte le sue idiozie. Accecato com’è dall’amore. E’ soltanto un adolescente come ce ne sono tanti.”
“E’ lo stesso che pensi di me, dunque? Io e Shinichi ci passiamo soltanto qualche mese.” Asserì la ragazza, stringendosi le mani contro i jeans, presso le ginocchia.
“Anche tu sei accecata dall’amore?” Azzardò il biondo, corrugando leggermente le labbra e facendo scivolare via una nuvola di fumo grigio. La guardò, dall’alto della sua superiorità, ma soprattutto consapevole della presa incredibile che quegli occhi esercitavano sulla bella scienziata.
Shiho si sentì terribilmente disorientata. Non se l’aspettava proprio.
“Potrei farti la stessa domanda.”
Gin fece schizzar via la sua sigaretta e le portò una mano sulla spalla, poi la fece scendere piano sul suo braccio, finché non le strinse il polso. “Dimostrami che non sei soltanto un adolescente come gli altri.”
Shiho si divincolò dalla sua presa, poi si prese del tempo per scrutare i suoi occhi verdi, dai quali non trapelava alcun emozione, ad eccezione della sadica compiacenza di averla in pugno. Posò delicatamente le dita sul suo viso e premette il pollice al lato delle sue labbra, portando via il sangue. “Dai, ti accompagno a casa e ti medico queste ferite. Non vorrai morire dissanguato.”
 
 
 
 
Ran non riusciva in alcun modo a trattenere le lacrime che imperterrite le accaldavano le guance rosa.
“Mi dispiace Shinichi! Avrei voluto dirtelo, ma non potevo!”
Shinichi le tratteneva le spalle con decisione, ma non riusciva ad essere arrabbiato con lei. Provava solo pietà per quella ragazza che aveva mantenuto dentro il suo cuore un segreto così scottante.
“Ora capisco perché Gin sapeva della mia vera identità, so anche per quale motivo ti hanno malmenata. E Veronika.”
Lei annuì flebilmente. I suoi occhioni erano completamente inumiditi da una sottile patina d’acqua salata. “Quelli dell’Organizzazione mi hanno costretta ad investigare sul tuo conto, ed è per questo che sapevo che Conan era in realtà Shinichi. Mi dispiace!”
“Sta tranquilla, Ran. Hai fatto quel che dovevi.”
I documenti che in realtà gli aveva consegnato Vermouth, erano le conversazioni che Ran aveva scambiato con quelli dell’Organizzazione.
Sapevano tutto sul suo conto, e cosa ancor più grave, avevano in mente di far fuori entrambi. L’APTX funzionava alla perfezione, Shiho aveva prodotto loro l’antidoto, e nelle mani dell’Organizzazione si condensava ormai un potenziale enorme, in grado di piegare l’intera umanità ai loro voleri.
“Shinichi, come faremo? Ci uccideranno!” La ragazza era ormai allo stremo delle forze, era stata la notte più brutta della sua vita.
Il ragazzo le sfiorò la guancia, asciugandole le lacrime dal visetto umido. “Dobbiamo fidarci di Vermouth.”
“Perché?” Un singulto la scosse appena.
“Perché Vermouth fa parte dell’Esercito.”









Eccoci all'ennesimo capitolo.. quello che probabilmente apre la pista alle ultime battute della storia. 
No, non disperate. Non è ancora giunto il momento, ma si apre sicuramente il sipario finale!
Allora, lettori, come sono andate le vostre vacanze di Pasqua? Avete mangiato tanta cioccolata? :)
Le mie sono state all'insegna del puro relax!!!
Sennò chi resiste ad altri tre mesi di scuola + esame di stato?! Nessuno! :D XD
Beh, sono curiosa di sapere che ne pensate di questo nuovo chappy :) Come sempre colgo l'occasione per ringraziarvi tutti!

Coloro che hanno la storia fra le preferite: 

A_M_B, chyo, Evelyn13, Imangaka, ismile, I_Am_She, Lady Night, Queenala, Silver spring, trunks94_cs, Violetta_, Yume98, _Flami_; Xx_PansyRomance_xX

E ancora coloro che la hanno fra le seguite!!!

Anemone san, Bankotsu90, Caroline Granger, Chicc, Evelyn13, I_Am_She, Kuroshiro, Layla Serizawa, Nezu, Red Fox, Sherry Myano, sosia, tigre, trunks94_cs, Violetta_, _Flami_, Shinku Rozen Maiden 

Grazie a tutti, davvero... <3 <3 <3

Aya_Brea
  
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