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Autore: Neko    12/04/2012    4 recensioni
Sequel di "Da allievo a maestro" Sono passati anni da quando Kabuto ha combattuto nel suo covo contro i ninja della foglia e compiendo un gesto infimo ha rapito la figlia di Naruto appena venuta al mondo, ma esso non si arrende e continua la sua disperata ricerca con l'aiuto dei suoi amici.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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CAP 14: Privazione

 

Pov Naruto

 

Vani furono i tentativi di Kakashi dal dissuadermi dall’andare a parlare con la famiglia di Merodi, in quanto avrei fatto di tutto per riprenderla con me.

I miei allievi ormai facevano parte della mia famiglia e togliendomi Merodi, mi era stato nuovamente portato via qualcosa a cui tenevo molto.

Non potevo assolutamente accettarlo. Avrei lottato, anche se ero stanco di dovermi battere per tenermi stretto qualsiasi cosa che alle altre persone era concesso di norma. Scommetto infatti che a nessun altro sensei era stato privato di un suo allievo per la sola ragione che aveva qualcosa in più degli altri, una parte che fino a quel momento avevo sentito denominare speciale.

Cosa aveva di speciale se mi portava solo dolore?

Mi trovavo davanti alla porta della casa di Merodi. Non avevo la minima idea di dove abitasse, ma chiedendo aiuto al mio fiuto, avevo seguito il suo odore.

In quel momento capivo cosa provasse Kiba. Era una strana sensazione percepire l’odore delle persone a te care, mi sembrava quasi di spiarle, dato che riuscivo a capire dove queste si trovassero in ogni momento.

Presi un respiro profondo, bussai e attesi che venissero ad aprirmi.

Una bella donna, molto somigliante a Merodi, mi guardò e sorridendomi mi chiese “Posso esserla d’aiuto signore?”

Sussultai, a quanto pare non avevano la minima idea di che aspetto avessi e questo mi diede molto fastidio. Mi avevano giudicato senza conoscere assolutamente niente del sottoscritto.

“Sono Naruto!” dissi, ma neanche il nome suscitò qualche reazione. “Il sensei di Merodi!” dissi e questa volta la reazione fu palese. Il sorriso dolce della donna si oscurò e guardando verso l’interno la sentii chiamare il marito, un uomo alto e robusto che mi guardò con aria superiore.

“Cosa vuole?” mi chiese con poca gentilezza, cosa che non mi sorprese a fatto.

“Dovrebbe immaginare il perché mi trovo qui!” dissi incrociando le braccia al petto.

“Per Merodi. Abbiamo dato le nostre motivazioni all’hokage per farla togliere dalla sua squadra e non credo di dover tenere conto a lei delle mie decisioni!” mi disse cercando di chiudermi la porta in faccia, ma non glielo permisi e con la mano bloccai il suo gesto.

“Si dia il caso che Merodi è una mia allieva e ogni cosa che la riguarda mi interessa e dato che non mi avete giudicato idoneo all’educazione di vostra figlia, voglio sapere da cosa deducete questa mia incapacità!”dissi con voce grave, ma cercando di mantenere una certa compostezza.

Non mi avevano nemmeno fatto entrare per discutere e tutti quanti, per strada poterono sentire la nostra conversazione. Qualche abitante del villaggio intervenne addirittura in mia difesa, ma vennero tutti cacciati via in malo modo dal padre della mia allieva.

“Dovrebbe essere al corrente di certe nostre tecniche di attacco e se queste hanno funzionato su di lei, significa che di lei non ci si può fidare!”

“Non può dirlo senza conoscermi!” dissi

“Le persone possono fingere di essere quello che non sono. Potrà aver raggirato l’hokage, ma non raggirerà noi. I nostri Jutsu non ci hanno mai tradito e non lo faranno ora”

Strinsi i pugni.

“Ammetta che lei in realtà a losche intenzioni!” mi disse.

“L’unica losca intenzione che ho in questo momento è di prenderla a calci!” dissi sgarbatamente.

“Come osa?” mi disse guardandomi storto.

Stavo per rispondergli a tono, ma una voce di un uomo che avevo già visto in precedenza mi precedette.

“Calmati Masato!” disse il capo clan degli Uta.

Non mi aspettavo un suo intervento, ma da una parte mi sentii sollevato. Lui sapeva del mio essere Jinchuuriki ed essendo un Uzumaki, sembrava avermi preso in simpatia. Vidi dietro di lui nascondersi Merodi, la quale mi guardava con aria dispiaciuta.

Le sorrisi, volendole dire che tutto sarebbe finito per il meglio…o almeno così speravo.

“Come puoi dirmi di calmarmi, padre? Quest’uomo è pericoloso e io non lo voglio come insegnante per mia figlia. Tu vuoi davvero che tua nipote rimanga con questo poco di buono?” gli domandò alzando la voce.

“Ho conosciuto quest’uomo qualche giorno fa e non vedo in lui qualcosa che possa farmi temere per l’incolumità di mia nipote!”disse l’uomo accarezzando la testa di Merodi.

“Come puoi dirlo? La nostra tecnica ha avuto effetto su di lui!”

Kurachi annuì “Si, Merodi mi ha informato, come mi ha messo al corrente del fatto che quest’uomo si è battuto con onore per difendere lei e i suoi compagni dall’attacco dei samurai. Inoltre lui è un Uzumaki, ti ricorda niente questo nome?” gli chiese.

Vidi il padre della mia allieva sussultare e guardarmi stranito.

“Non è possibile, quel clan è scomparso. Di certo questa è una menzogna!”

Strinsi i pugni e presi un respiro profondo nel tentativo di calmarmi. Nessuno mai mi aveva accusato di mentire, al contrario mi avevano sempre detto che la mia sincerità delle volte era disarmante.

“Io gli credo. Non vedo il motivo per cui esso si debba spacciare per un Uzumaki. Inoltre sento in lui una forza particolare che mi garantisce la sua identità, una forza che dovresti percepire anche tu e che dovresti riconoscere!”

Lo vidi chiudere gli occhi e concentrarsi e dopo qualche istante, lui e la moglie aprirono gli occhi stupiti.

“Sento in lui la presenza del Kyuubi!” disse Masato.

Kurachi annuì “Esatto, quest’uomo è il Jinchuuriki del nove code. Con questo dovresti convincerti del fatto che è un Uzumaki e quindi, alla lontana, parte della nostra famiglia. Inoltre questo testimonia che non è malvagio, in quanto fino ad ora è riuscito a convivere con la volpe senza nuocere a nessuno!”

“Come fai a dirlo?” insistette l’uomo.

“Guardati intorno. Il villaggio mi sembra vivere tranquillamente anche con la presenza di un Jinchuuriki tra di loro. Questo è un chiaro segno che lui non è pericoloso e che e la presenza malvagia che senti al suo interno, ad aver causato il funzionamento delle nostre tecniche su di lui!”

Vidi Masato titubante. Forse cominciava a capire la situazione, ma il fatto della presenza di Kyuubi dentro di me, lo spaventava.

“Sai bene che i Bijuu hanno la capacità di soggiogare i propri Jinchuuriki e se fino ad ora è riuscito a controllarsi, non è detto che lo farà in futuro. Mi dispiace padre, ma la mia decisione è irremovibile. Il nostro clan ha già sofferto abbastanza e non voglio che mia figlia soffri ancora!” disse senza più proferire parola. Si avvicinò a Merodi e afferrandola per un braccio, la trascinò dentro casa, sbattendo con violenza la porta.

Strinsi i pugni. Tutta quella discussione non era servita a niente. Avevo lasciato parlare il capo clan senza intervenire, in quanto temevo di farmi uscire frasi poco carine nei confronti di quell’uomo e di rovinare quella possibilità di riavere Merodi che si era aperta davanti a me…ma fu comunque inutile.

“Mi dispiace Naruto, mio figlio sa essere testardo. Proverò a parlargli di nuovo!”

Annuii e lo ringraziai e con l’amaro in bocca, me ne andai piuttosto furioso.

Potevo capire il volere del padre di Merodi di voler proteggere la figlia, in quanto io a volte mi dimostravo iper protettivo nei confronti di Daiki. Sapevo che Merodi a causa della persecuzione del suo clan da parte dei samurai, aveva sofferto abbastanza e non ero certo io a desiderare che quella ragazzina provasse ancora dolore, ma una cosa fondamentale che il padre non aveva tenuto conto, era il volere di Merodi. Se la mia allieva si trovava bene con me e con i suoi compagni, essere tolta dalla mia squadra comportava comunque una sofferenza.

Mi sarei arreso solo se fosse Merodi a non volermi più come insegnante, ma dallo sguardo che mi aveva lanciato, mi sembrava esattamente il contrario.

Naruto!” mi girai piuttosto contrariato verso la voce che mi aveva chiamato. “Che vuoi Kurama?” gli chiesi sbrigativo.

Esso mi guardava con aria seria e disse “Dobbiamo andare!”

 

Pov Sasuke

 

Mi era stata affidata una missione di spionaggio in solitario. Era un’operazione delicata e un gruppo numeroso di ninja, avrebbe sicuramente attirato l’attenzione.

I samurai avevano nuovamente invaso le terre ninja e sembrava che questa volta non avessero intenzione di tornare sui loro passi.

Una missiva era stata inviata all’hokage da parte del kazekage, quando alcuni suoi sottoposti, lo avevano avvisato del loro avvistamento, nei pressi del villaggio. Non sembravano intenzionati a ingaggiare una battaglia, ma semplicemente sembravano ancora alla ricerca di qualcuno o qualcosa.

Kakashi pensò subito che la loro ricerca fosse rivolta ancora verso gli appartenenti al clan Uta. Mandò me in ava scoperta per raccogliere più informazioni possibile sul nemico. Nonostante essi avessero già violato gli accordi presi tra samurai e ninja, in una precedente riunione dei kage, che si era tenuta un paio di giorni prima nel paese del vento, i capi villaggio si ritrovarono tutti d’accordo a non dare vita a una nuova guerra. Finchè essi si sarebbero fermati a invadere le nostre terre senza essere un vero e proprio pericolo per le nostre terre, la pace sarebbe continuata a durare, ma secondo il mio punto di vista quella pace era già finita da tempo.

I Samurai avevano già attaccato una nostra terra e le loro continue invasioni, non preannunciavano nulla di buono e il nostro far nulla per fermarli, mi sembrava solo un’inutile difesa contro la vera realtà delle cose. Presto ci sarebbe stato un nuovo scontro.

Kakashi non era uno stupido e sapevo bene che anche lui era della mia stessa idea, ma non voleva essere il primo a interrompere quella falsa pace, in quanto sembrava che gli altri Kage, fossero restii ad ammettere che ci fosse qualche problema. Non conoscevo benissimo Gaara, ma mi sembrava strano che anche lui non accettasse la realtà. Se pochi avevano la stoffa di fare il capo villaggio, lui di sicuro era uno dei migliori e quindi anche lui, semplicemente non voleva fare la prima mossa. Voleva aspettare ed essere cauto.

Per questo io ero stato mandato in missione. I Samurai sembravano essersi diretti nuovamente verso il paese del fuoco. Era sicuro ormai, qualsiasi cosa cercassero era nelle nostre terre.

Fecendo molta attenzione, riuscii a seguire le tracce del nemico e avvicinarmi a loro.

Li trovai in uno spiazzo libero dagli alberi a riposarsi. Erano numerosi e alcuni di loro si erano liberati dalla loro armatura e si massaggiavano i muscoli indolenziti dal peso di quei arnesi fastidiosi, a mio parere inutili. Se avevano bisogno di protezione, significava che non avevano fiducia nelle loro potenzialità e questo poteva essere un altro punto a nostro favore.

Li osservai uno ad uno per studiarli. Erano tutti ben muscolosi e con molte cicatrici, che facevano intendere che, al di là del loro non utilizzo del chakra, erano bravi combattenti e che nella loro vita avevano ingaggiato numerose battaglie. Per quanto noi ninja considerassimo i samurai inferiori, capii che non dovevo sottovalutarli e che avrebbero anche potuto darmi del filo da torcere, se mai mi avessero scoperto.

Mi misi sull’attenti, cercando di origliare qualche loro discorso.

“Ragazzi, io non ne posso più. Ogni volta è la stessa storia. Possibile che il padrone non sappia mettere una museruola a quella mocciosa?” disse uno di loro piuttosto seccato.

“Taci idiota. Lo sai che il padrone ci osserva e potrebbe sentirti. Vuoi forse farci uccidere? Abbiamo degli ordini e dobbiamo eseguirli!” disse un altro.

“Lo so, lo so. Ma… che male c’è a volersene stare un po’ tranquilli!” disse il tipo di prima.

“Staremo tranquilli quando l’avremo trovata e riportata dal padrone!” disse un terzo.

“Si, fino alla prossima sua fuga! Ma che verrà a fare sempre nel paese del fuoco?” disse un quarto.

“è originaria di questo paese dopo tutto, no?” disse una voce di donna “Cerca solo di scoprire le sue origini. Anche se  non capisco il perché. È nata in questo luogo, ma è cresciuta nel paese del ferro insieme alla sua famiglia!” disse riflettendoci su.

“L’ho sempre detto che le persone di qui, sono tipi strambi. Se no come spieghi il fatto che ninja e samurai non vanno d’accordo? I ninja si credono di essere migliori di noi, per questo ci hanno confinato nelle terre del ferro e ci hanno privato di questa terra. Il paese del fuoco, una volta apparteneva ai samurai!” disse contrariato il secondo samurai.

“Veramente se la sono conquistata. Come noi ci siamo conquistati la loro terra della carta!” disse una seconda donna.

“Sai che affare. Ci siamo ritrovati solo un pezzo di terra minuscola in proporzione a quella che abbiamo perso!” disse un quinto samurai.

“Però ci siamo guadagnati samurai di tutto rispetto, che erano in grado di trasformarsi in migliaia di fogli di carta e comparire alle spalle del nemico!” disse la seconda donna.

“Era semplicemente un jutsu ninja, quindi non ne andrei tanto orgoglioso e per quanto potessero essere in gamba e quasi indistruttibili, la loro abilità è andata persa con il trascorrere degli anni!” disse un altro samurai intervenendo nel discorso.

“Sarà come dici, ma al momento non mi interessa se abbiamo perso o conquistato un territorio. Al momento mi interessa ritrovare quel mostriciattolo e tornarmene dalla mia famiglia!”

 

Non ascoltai altro.

I loro racconti di storia non mi interessavano, anche se fui grato al destino di avermi sottratto da una vita da samurai.

Da quel poco che avevano detto, stavano cercando qualcuno, una femmina che per l’ennesima volta si era intrufolata nel paese del fuoco, perché originaria di qui.

Anticipai i samurai e mi misi alla ricerca di quel qualcuno. Non sarebbe stato difficile da trovare, avevo una mezza idea di chi potesse trattarsi, speravo solo di non fallire anche quella volta.

Studiando le tracce che avevano lasciato i samurai, essi stavano procedendo verso nord e fidandomi del loro intuito, decisi di seguire il percorso che avevano in mente. Sperai vivamente che essi rimanessero a riposarsi ancora per un po’, lasciandomi il tempo di trovare quello che stavano cercando.

Saltai da un albero all’altro alla ricerca di qualche traccia, che potesse indicarmi la direzione da prendere, finchè i miei occhi non scorsero un’impronta sul terreno.

Scesi a terra e la osservai. Era piccola, almeno metà del mio piede e a giudicare dall’impronta della scarpa, era una scarpa tipicamente femminile.

Ero sulla pista giusta e stavo quasi per mettermi in marcia, se un rumore di un ramo che si spezzava, non avesse attirato la mia attenzione. Feci finta di non accorgermi di niente e mi nascosi sulle fronde di un albero, in attesa che accadesse qualcosa.

Poco dopo vidi una sagoma uscire da un cespuglio. Si avvicinò all’impronta e con premura si accinse a nasconderla.

Era sicuramente lei che i samurai stavano cercando.

Sorrisi, sicuro di poter dare finalmente una buona notizia a Naruto.

La osservai. Era una bambina sui sei anni, con  un vestitino rosa leggero e sandaletti bianchi. Aveva dei lunghi capelli rossi legati in due code alte da dei nastri neri e i suoi occhi erano azzurri, azzurri come quelli di Naruto.

Non avevo più dubbi, era Kumiko.

 

 

  
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