CAP 14: Privazione
Pov Naruto
Vani furono i
tentativi di Kakashi dal dissuadermi dall’andare a
parlare con la famiglia di Merodi, in quanto avrei
fatto di tutto per riprenderla con me.
I miei allievi
ormai facevano parte della mia famiglia e togliendomi Merodi,
mi era stato nuovamente portato via qualcosa a cui tenevo molto.
Non potevo
assolutamente accettarlo. Avrei lottato, anche se ero stanco di dovermi battere
per tenermi stretto qualsiasi cosa che alle altre persone era concesso di
norma. Scommetto infatti che a nessun altro sensei
era stato privato di un suo allievo per la sola ragione che aveva qualcosa in
più degli altri, una parte che fino a quel momento avevo sentito denominare
speciale.
Cosa aveva di
speciale se mi portava solo dolore?
Mi trovavo davanti
alla porta della casa di Merodi. Non avevo la minima
idea di dove abitasse, ma chiedendo aiuto al mio fiuto, avevo seguito il suo
odore.
In quel momento
capivo cosa provasse Kiba. Era una strana sensazione
percepire l’odore delle persone a te care, mi sembrava quasi di spiarle, dato
che riuscivo a capire dove queste si trovassero in ogni momento.
Presi un respiro
profondo, bussai e attesi che venissero ad aprirmi.
Una bella donna,
molto somigliante a Merodi, mi guardò e sorridendomi
mi chiese “Posso esserla d’aiuto signore?”
Sussultai, a quanto
pare non avevano la minima idea di che aspetto avessi e questo mi diede molto
fastidio. Mi avevano giudicato senza conoscere assolutamente niente del
sottoscritto.
“Sono Naruto!” dissi, ma neanche il nome suscitò qualche
reazione. “Il sensei di Merodi!”
dissi e questa volta la reazione fu palese. Il sorriso dolce della donna si
oscurò e guardando verso l’interno la sentii chiamare il marito, un uomo alto e
robusto che mi guardò con aria superiore.
“Cosa vuole?” mi
chiese con poca gentilezza, cosa che non mi sorprese a fatto.
“Dovrebbe
immaginare il perché mi trovo qui!” dissi incrociando le braccia al petto.
“Per Merodi. Abbiamo dato le nostre motivazioni all’hokage per farla togliere dalla sua squadra e non credo di
dover tenere conto a lei delle mie decisioni!” mi disse cercando di chiudermi
la porta in faccia, ma non glielo permisi e con la mano bloccai il suo gesto.
“Si dia il caso che
Merodi è una mia allieva e ogni cosa che la riguarda
mi interessa e dato che non mi avete giudicato idoneo all’educazione di vostra
figlia, voglio sapere da cosa deducete questa mia incapacità!”dissi con voce
grave, ma cercando di mantenere una certa compostezza.
Non mi avevano
nemmeno fatto entrare per discutere e tutti quanti, per strada poterono sentire
la nostra conversazione. Qualche abitante del villaggio intervenne addirittura
in mia difesa, ma vennero tutti cacciati via in malo modo dal padre della mia
allieva.
“Dovrebbe essere al
corrente di certe nostre tecniche di attacco e se queste hanno funzionato su di
lei, significa che di lei non ci si può fidare!”
“Non può dirlo
senza conoscermi!” dissi
“Le persone possono
fingere di essere quello che non sono. Potrà aver raggirato l’hokage, ma non raggirerà noi. I nostri Jutsu
non ci hanno mai tradito e non lo faranno ora”
Strinsi i pugni.
“Ammetta che lei in
realtà a losche intenzioni!” mi disse.
“L’unica losca
intenzione che ho in questo momento è di prenderla a calci!” dissi sgarbatamente.
“Come osa?” mi
disse guardandomi storto.
Stavo per
rispondergli a tono, ma una voce di un uomo che avevo già visto in precedenza
mi precedette.
“Calmati Masato!” disse il capo clan degli Uta.
Non mi aspettavo un
suo intervento, ma da una parte mi sentii sollevato. Lui sapeva del mio essere Jinchuuriki ed essendo un Uzumaki,
sembrava avermi preso in simpatia. Vidi dietro di lui nascondersi Merodi, la quale mi guardava con aria dispiaciuta.
Le sorrisi,
volendole dire che tutto sarebbe finito per il meglio…o
almeno così speravo.
“Come puoi dirmi di
calmarmi, padre? Quest’uomo è pericoloso e io non lo voglio come insegnante per
mia figlia. Tu vuoi davvero che tua nipote rimanga con questo poco di buono?”
gli domandò alzando la voce.
“Ho conosciuto
quest’uomo qualche giorno fa e non vedo in lui qualcosa che possa farmi temere
per l’incolumità di mia nipote!”disse l’uomo accarezzando la testa di Merodi.
“Come puoi dirlo?
La nostra tecnica ha avuto effetto su di lui!”
Kurachi annuì “Si, Merodi mi ha informato, come mi ha messo al corrente del
fatto che quest’uomo si è battuto con onore per difendere lei e i suoi compagni
dall’attacco dei samurai. Inoltre lui è un Uzumaki,
ti ricorda niente questo nome?” gli chiese.
Vidi il padre della
mia allieva sussultare e guardarmi stranito.
“Non è possibile,
quel clan è scomparso. Di certo questa è una menzogna!”
Strinsi i pugni e
presi un respiro profondo nel tentativo di calmarmi. Nessuno mai mi aveva
accusato di mentire, al contrario mi avevano sempre detto che la mia sincerità
delle volte era disarmante.
“Io gli credo. Non
vedo il motivo per cui esso si debba spacciare per un Uzumaki.
Inoltre sento in lui una forza particolare che mi garantisce la sua identità,
una forza che dovresti percepire anche tu e che dovresti riconoscere!”
Lo vidi chiudere
gli occhi e concentrarsi e dopo qualche istante, lui e la moglie aprirono gli
occhi stupiti.
“Sento in lui la
presenza del Kyuubi!” disse Masato.
Kurachi annuì “Esatto,
quest’uomo è il Jinchuuriki del nove code. Con questo
dovresti convincerti del fatto che è un Uzumaki e
quindi, alla lontana, parte della nostra famiglia. Inoltre questo testimonia che
non è malvagio, in quanto fino ad ora è riuscito a convivere con la volpe senza
nuocere a nessuno!”
“Come fai a dirlo?”
insistette l’uomo.
“Guardati intorno.
Il villaggio mi sembra vivere tranquillamente anche con la presenza di un Jinchuuriki tra di loro. Questo è un chiaro segno che lui
non è pericoloso e che e la presenza malvagia che senti al suo interno, ad aver
causato il funzionamento delle nostre tecniche su di lui!”
Vidi Masato titubante. Forse cominciava a capire la situazione,
ma il fatto della presenza di Kyuubi dentro di me, lo
spaventava.
“Sai bene che i Bijuu hanno la capacità di soggiogare i propri Jinchuuriki e se fino ad ora è riuscito a controllarsi, non
è detto che lo farà in futuro. Mi dispiace padre, ma la mia decisione è
irremovibile. Il nostro clan ha già sofferto abbastanza e non voglio che mia
figlia soffri ancora!” disse senza più proferire parola. Si avvicinò a Merodi e afferrandola per un braccio, la trascinò dentro
casa, sbattendo con violenza la porta.
Strinsi i pugni.
Tutta quella discussione non era servita a niente. Avevo lasciato parlare il
capo clan senza intervenire, in quanto temevo di farmi uscire frasi poco carine
nei confronti di quell’uomo e di rovinare quella possibilità di riavere Merodi che si era aperta davanti a me…ma
fu comunque inutile.
“Mi dispiace Naruto, mio figlio sa essere testardo. Proverò a parlargli
di nuovo!”
Annuii e lo
ringraziai e con l’amaro in bocca, me ne andai piuttosto furioso.
Potevo capire il
volere del padre di Merodi di voler proteggere la
figlia, in quanto io a volte mi dimostravo iper
protettivo nei confronti di Daiki. Sapevo che Merodi a causa della persecuzione del suo clan da parte dei
samurai, aveva sofferto abbastanza e non ero certo io a desiderare che quella
ragazzina provasse ancora dolore, ma una cosa fondamentale che il padre non
aveva tenuto conto, era il volere di Merodi. Se la
mia allieva si trovava bene con me e con i suoi compagni, essere tolta dalla
mia squadra comportava comunque una sofferenza.
Mi sarei arreso
solo se fosse Merodi a non volermi più come
insegnante, ma dallo sguardo che mi aveva lanciato, mi sembrava esattamente il
contrario.
“Naruto!” mi girai piuttosto contrariato verso la voce che
mi aveva chiamato. “Che vuoi Kurama?” gli chiesi
sbrigativo.
Esso mi guardava
con aria seria e disse “Dobbiamo andare!”
Pov Sasuke
Mi era stata
affidata una missione di spionaggio in solitario. Era un’operazione delicata e
un gruppo numeroso di ninja, avrebbe sicuramente attirato l’attenzione.
I samurai avevano
nuovamente invaso le terre ninja e sembrava che questa volta non avessero
intenzione di tornare sui loro passi.
Una missiva era
stata inviata all’hokage da parte del kazekage, quando alcuni suoi sottoposti, lo avevano
avvisato del loro avvistamento, nei pressi del villaggio. Non sembravano
intenzionati a ingaggiare una battaglia, ma semplicemente sembravano ancora
alla ricerca di qualcuno o qualcosa.
Kakashi pensò subito che
la loro ricerca fosse rivolta ancora verso gli appartenenti al clan Uta. Mandò me in ava scoperta per raccogliere più
informazioni possibile sul nemico. Nonostante essi avessero già violato gli
accordi presi tra samurai e ninja, in una precedente riunione dei kage, che si era tenuta un paio di giorni prima nel paese
del vento, i capi villaggio si ritrovarono tutti d’accordo a non dare vita a
una nuova guerra. Finchè essi si sarebbero fermati a
invadere le nostre terre senza essere un vero e proprio pericolo per le nostre
terre, la pace sarebbe continuata a durare, ma secondo il mio punto di vista
quella pace era già finita da tempo.
I Samurai avevano
già attaccato una nostra terra e le loro continue invasioni, non
preannunciavano nulla di buono e il nostro far nulla per fermarli, mi sembrava
solo un’inutile difesa contro la vera realtà delle cose. Presto ci sarebbe
stato un nuovo scontro.
Kakashi non era uno
stupido e sapevo bene che anche lui era della mia stessa idea, ma non voleva
essere il primo a interrompere quella falsa pace, in quanto sembrava che gli
altri Kage, fossero restii ad ammettere che ci fosse
qualche problema. Non conoscevo benissimo Gaara, ma
mi sembrava strano che anche lui non accettasse la realtà. Se pochi avevano la
stoffa di fare il capo villaggio, lui di sicuro era uno dei migliori e quindi
anche lui, semplicemente non voleva fare la prima mossa. Voleva aspettare ed
essere cauto.
Per questo io ero
stato mandato in missione. I Samurai sembravano essersi diretti nuovamente
verso il paese del fuoco. Era sicuro ormai, qualsiasi cosa cercassero era nelle
nostre terre.
Fecendo molta attenzione,
riuscii a seguire le tracce del nemico e avvicinarmi a loro.
Li trovai in uno
spiazzo libero dagli alberi a riposarsi. Erano numerosi e alcuni di loro si
erano liberati dalla loro armatura e si massaggiavano i muscoli indolenziti dal
peso di quei arnesi fastidiosi, a mio parere inutili. Se avevano bisogno di
protezione, significava che non avevano fiducia nelle loro potenzialità e
questo poteva essere un altro punto a nostro favore.
Li osservai uno ad
uno per studiarli. Erano tutti ben muscolosi e con molte cicatrici, che
facevano intendere che, al di là del loro non utilizzo del chakra,
erano bravi combattenti e che nella loro vita avevano ingaggiato numerose
battaglie. Per quanto noi ninja considerassimo i samurai inferiori, capii che
non dovevo sottovalutarli e che avrebbero anche potuto darmi del filo da
torcere, se mai mi avessero scoperto.
Mi misi
sull’attenti, cercando di origliare qualche loro discorso.
“Ragazzi, io non ne
posso più. Ogni volta è la stessa storia. Possibile che il padrone non sappia
mettere una museruola a quella mocciosa?” disse uno di loro piuttosto seccato.
“Taci idiota. Lo
sai che il padrone ci osserva e potrebbe sentirti. Vuoi forse farci uccidere?
Abbiamo degli ordini e dobbiamo eseguirli!” disse un altro.
“Lo so, lo so. Ma… che male c’è a volersene stare un po’ tranquilli!”
disse il tipo di prima.
“Staremo tranquilli
quando l’avremo trovata e riportata dal padrone!” disse un terzo.
“Si, fino alla
prossima sua fuga! Ma che verrà a fare sempre nel paese del fuoco?” disse un
quarto.
“è originaria di
questo paese dopo tutto, no?” disse una voce di donna “Cerca solo di scoprire
le sue origini. Anche se non capisco il
perché. È nata in questo luogo, ma è cresciuta nel paese del ferro insieme alla
sua famiglia!” disse riflettendoci su.
“L’ho sempre detto
che le persone di qui, sono tipi strambi. Se no come spieghi il fatto che ninja
e samurai non vanno d’accordo? I ninja si credono di essere migliori di noi,
per questo ci hanno confinato nelle terre del ferro e ci hanno privato di
questa terra. Il paese del fuoco, una volta apparteneva ai samurai!” disse
contrariato il secondo samurai.
“Veramente se la
sono conquistata. Come noi ci siamo conquistati la loro terra della carta!”
disse una seconda donna.
“Sai che affare. Ci
siamo ritrovati solo un pezzo di terra minuscola in proporzione a quella che
abbiamo perso!” disse un quinto samurai.
“Però ci siamo
guadagnati samurai di tutto rispetto, che erano in grado di trasformarsi in
migliaia di fogli di carta e comparire alle spalle del nemico!” disse la
seconda donna.
“Era semplicemente
un jutsu ninja, quindi non ne andrei tanto orgoglioso
e per quanto potessero essere in gamba e quasi indistruttibili, la loro abilità
è andata persa con il trascorrere degli anni!” disse un altro samurai
intervenendo nel discorso.
“Sarà come dici, ma
al momento non mi interessa se abbiamo perso o conquistato un territorio. Al
momento mi interessa ritrovare quel mostriciattolo e tornarmene dalla mia
famiglia!”
Non ascoltai altro.
I loro racconti di
storia non mi interessavano, anche se fui grato al destino di avermi sottratto
da una vita da samurai.
Da quel poco che
avevano detto, stavano cercando qualcuno, una femmina che per l’ennesima volta
si era intrufolata nel paese del fuoco, perché originaria di qui.
Anticipai i samurai
e mi misi alla ricerca di quel qualcuno. Non sarebbe stato difficile da
trovare, avevo una mezza idea di chi potesse trattarsi, speravo solo di non
fallire anche quella volta.
Studiando le tracce
che avevano lasciato i samurai, essi stavano procedendo verso nord e fidandomi
del loro intuito, decisi di seguire il percorso che avevano in mente. Sperai
vivamente che essi rimanessero a riposarsi ancora per un po’, lasciandomi il
tempo di trovare quello che stavano cercando.
Saltai da un albero
all’altro alla ricerca di qualche traccia, che potesse indicarmi la direzione
da prendere, finchè i miei occhi non scorsero
un’impronta sul terreno.
Scesi a terra e la
osservai. Era piccola, almeno metà del mio piede e a giudicare dall’impronta
della scarpa, era una scarpa tipicamente femminile.
Ero sulla pista
giusta e stavo quasi per mettermi in marcia, se un rumore di un ramo che si
spezzava, non avesse attirato la mia attenzione. Feci finta di non accorgermi
di niente e mi nascosi sulle fronde di un albero, in attesa che accadesse
qualcosa.
Poco dopo vidi una
sagoma uscire da un cespuglio. Si avvicinò all’impronta e con premura si
accinse a nasconderla.
Era sicuramente lei
che i samurai stavano cercando.
Sorrisi, sicuro di
poter dare finalmente una buona notizia a Naruto.
La osservai. Era
una bambina sui sei anni, con un
vestitino rosa leggero e sandaletti bianchi. Aveva
dei lunghi capelli rossi legati in due code alte da dei nastri neri e i suoi
occhi erano azzurri, azzurri come quelli di Naruto.
Non avevo più
dubbi, era Kumiko.