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Autore: Angel666    13/04/2012    4 recensioni
“E’ solo un gioco per te?” chiese lei.
“Esatto. Non è nient’altro che una partita; e io sono disposto a tutto pur di vincerla.”
Il caso del Serial Killer di Los Angeles raccontato dal punto di vista di un ostaggio molto speciale. Cosa lega la ragazza all'assassino? Quali piani ha in mente per lei? Quando giochi in nome della giustizia si trovano sempre pedine sacrificabili, l'importante è conoscere le regole del gioco e non venire eliminati. Please R&R!
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Beyond Birthday, L
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Ryuzaki decise di lasciarla in pace fino al pomeriggio seguente, quando entrò per cambiare il nastro della telecamera e portarle da mangiare.
“Grazie.” Disse Rumer, addentando una mela.
Lui la guardò lievemente sorpreso, così la ragazza decise di partire subito all’attacco. “Ascoltami, ci ho riflettuto. Ieri mi sono comportata come una pazza: questo isolamento mi sta dando alla testa, ma tu hai ragione, sono più forte di così.”
“Mi fa piacere vedere che ti sei ripresa.”
Si accovacciò davanti a lei nella sua solita posizione a guardarla mangiare.
“Sai, quando ti siedi così me lo ricordi molto.” Se ne uscì ad un tratto la ragazza.
“Stare seduto in questa posizione aumenta le mie capacità di ragionamento del 40%.” La informò.
 Rumer represse una risatina e continuò “In realtà non è che mi ricordi proprio bene di lui. Ho solo degli sprazzi di memoria, come quando al mattino appena sveglio ti sforzi di ripensare ad un sogno. Se mi chiedessi che faccia ha o come parla probabilmente non ti saprei rispondere, ma mi ricordo che sedeva sempre in questo modo strano. E che amava i dolci: si abbuffava di crostate e pasticcini. Ricordo anche che non dormiva mai. Ho imparato a dormire con la luce accesa perché lui stava sempre rannicchiato nel suo letto a leggere, tutta la notte. Non abbiamo mai litigato o giocato insieme come fanno tutti i fratelli: lui viveva in un mondo tutto suo, per questo era estremamente solo. Ma gli volevo davvero bene, con lui mi sentivo…al sicuro.” Tutto il contrario di adesso, pensò amaramente.
Ryuzaki si stava mordicchiano il pollice come al solito, con occhi sgranati per l’interesse “Tu conosci L come persona, io lo conosco come detective.” constatò.
“Ti sbagli. Io credo che nessuno al mondo lo conosca per davvero, sotto qualsiasi punto di vista.” Affermò Rumer con sicurezza.
“Perché mi stai raccontando queste cose?”
“Non lo so, è solo che me lo ricordi ogni tanto. Quando non vai in giro ad ammazzare la gente, ovviamente.”
Seguì un breve silenzio.
“A proposito di omicidi…riguardo Quarter Queen. Ci ho riflettuto e vorrei sapere come sono andate le cose.” Era piuttosto inutile girarci intorno.
Ryuzaki fece un ghigno storto “Temevo che non saresti mai arrivata al punto.”
“Cosa intendi dire?”
“Che so che vuoi chiedermelo da quando sono entrato in questa stanza.”
Sospirò sconfitta, in fondo era sicura che almeno su questo era impossibile ingannarlo “Sono così trasparente per te?”
“Meno di quanto pensi in realtà, ma si vedeva che eri nervosa per qualcosa che volevi chiedermi, nonostante il tuo tentativo di distrarmi con il discorso su tuo fratello, che tra l’altro ho apprezzato molto. Dunque cosa ti interessa sapere di preciso?”
“Tutto.”
“D’accordo.” Decise di accontentarla Ryuzaki. Si alzò e spense la telecamera.
Nella mezz’ora successiva le raccontò nel dettaglio di come si fosse introdotto nel minuscolo appartamento della vittima, che si trovava sola in casa, e di come le avesse fracassato il cranio con il posacenere in marmo della madre.
Rumer dovette reprimere un conato di vomito alla descrizione degli occhi maciullati della bambina, ma sapeva che quella era la notizia fondamentale che stava aspettando.
“Sembri pallida.” Disse Ryuzaki, interrompendosi.
“Non mi sento molto bene in effetti.”
“Sei stata tu a chiedermi di raccontarti tutto. Per quale motivo hai cambiato idea?”
“Perché volevo sapere e pensavo di essere pronta per la verità, ma mi sbagliavo.” Sussurrò tremante.
“Capisco.” Finì il racconto in breve tempo, dopo di che la lasciò sola.
 
Aveva a disposizione due giorni di tempo.
Il secondo omicidio era stato a dir poco brutale: Ryuzaki aveva compiuto un vero e proprio accanimento sul cadavere. Il dettaglio degli occhi poi, era agghiacciante. Che motivo c’era di essere così crudeli con una bambina che non era in grado di difendersi? La chiave secondo lei era proprio questa.
Una cosa fondamentale che Rumer aveva capito era stata riguardo la posizione dei cadaveri. Se Believe Bridesmaid aveva il  messaggio inciso sul ventre, quindi era stato trovato in posizione supina, Quarter Queen invece aveva il cranio sfondato ed era stata adagiata a terra prona.
Questo dettaglio, su cui Ryuzaki si era soffermato più di una volta, avvalorava la tesi delle iniziali da lei formulate: la q non era altro che una b rovesciata, così come il prono è l’inverso del supino. Lei non aveva avuto modo di vedere i cadaveri, ma attraverso le sue descrizioni dettagliate sapeva che il killer si era divertito a fare delle stesse vittime gli indizi principali.
Passando ad analizzare il dettaglio fondamentale degli occhi, Rumer trovò parecchie difficoltà nel formulare una tesi.
Stando a quanto Ryuzaki le aveva detto gli occhiali erano stati aggiunti alla bambina solo dopo che lui le aveva estratto gli occhi dal cranio; dunque quello era il messaggio lasciato dall’assassino, dal momento una persona senza occhi con indosso gli occhiali è una cosa piuttosto eclatante.
La polizia se ne sarebbe sicuramente accorta, soprattutto se la bambina da viva non era abituata a portarli.
Aveva rabbrividito dal disgusto quando lui si era soffermato sul fatto che il visetto di quella bambina era decisamente fatto per portare gli occhiali.
Il problema era che quell’oggetto poteva indicare qualsiasi cosa. Magari le iniziali della prossima vittima?
Non aveva molto senso però come ipotesi: se l’assassino voleva continuare sulla scia delle iniziali, l’unica lettera che le veniva in mente per la successione tra b e q era la p; ammesso che non intendesse ricominciare da capo con la b, e la parola occhiali non ne conteneva nessuna.
Quindi escludendo quella pista, e l’ipotesi dei numeri, di cui proprio non riusciva a trovare un collegamento con l’oggetto, l’unica opzione rimasta era che indicassero un posto.
Occhiali.
Se ripeté questo nome nella mente per almeno una ventina di volte, prima che le venisse in mente un luogo corrispondente.
Glass station.
Era una fermata sulla linea della metropolitana nel Westside, che prendeva qualche tempo prima per andare al lavoro. Los Angeles non era dotata di molte linee della metro, soprattutto per lei che veniva da Londra era stato piuttosto facile imparare tutte le fermate a memoria.
Rumer strinse le ginocchia al petto cercando di concentrarsi: i tasselli del puzzle combaciavano, ma lei non poteva esserne sicura al 100%.
Era frustrante, come camminare nella nebbia; ma non le venivano ipotesi migliori, per quanto si sforzasse a formularle.
Ricapitolando: sarebbe stato sufficiente per la polizia cercare qualcuno che abitasse nei pressi di Glass Station avente le iniziali B.B. o P.P.
Questo però poteva rappresentare un bel problema: Los Angeles era una metropoli immensa, e di persone con iniziali del genere ce n’erano davvero parecchie. Se poi si prendevano in considerazione i turisti in vacanza e gli extracomunitari senza permesso di soggiorno, ecco che il numero saliva.
Ma Ryuzaki voleva che gli indizi venissero risolti, quindi doveva aver messo in considerazione un’ipotesi del genere.
Si morse con forza un ginocchio, presa dalla frustrazione. Dio quanto avrebbe voluto avere anche solo una piccola parte del cervello di suo fratello in quel momento! Avere la consapevolezza di poter salvare una vita era elettrizzante, ma anche terribilmente rischioso.
Ryuzaki aveva acconsentito troppo di buon grado a raccontarle tutti i dettagli dell’omicidio. Che volesse metterla alla prova anche stavolta?
Rumer sapeva che per quanto folle, quel ragazzo era dotato di un’intelligenza sicuramente sovrasviluppata; magari si stava solo annoiando e voleva testare ancora le sue capacità.
Guardò la telecamera davanti a lei. Era avvantaggiata a vedere i fatti dal punto di vista dell’assassino; le possibilità che si stesse sbagliando, dopo tutte le informazioni ricevute, erano estremamente basse.
Se il suo ragionamento fosse risultato corretto avrebbe salvato la vita di una persona, quindi non poteva permettersi di tentennare.
E poi sapeva che lei gli serviva viva: cosa avrebbe potuto farle peggio di quello che già le aveva fatto fino a quel momento? Tanto valeva provare.
Aspettò con calma che Ryuzaki uscisse la mattina dopo, poi si sdraiò a terra con il viso rivolto verso il soffitto e chiuse gli occhi, restando immobile, come se dormisse. Aveva pensato che il ragazzo magari facesse scorrere il nastro velocemente, tanto per non controllare che facesse qualcosa di stupido durante le sue assenze.
In fondo era ammanettata ad un muro e non aveva la più pallida idea di dove si trovasse, per poterlo comunicare. Inoltre lui le aveva raccontato solo cose che la polizia avrebbe visto con i propri occhi alla scoperta del cadavere, insistendo su alcuni dettagli certo, ma non confidando che lei potesse arrivare a mettere insieme i pezzi del puzzle.
Iniziò a parlare con voce forte e chiara, esponendo tutto il suo ragionamento a partire dal primo omicidio ( che la polizia ormai doveva aver scoperto) fino alle sue ipotesi sull’ultimo caso; senza tralasciare i dettagli sull’assassino e il posto dove l’aveva rinchiusa. Si era ripetuta quel discorso nella mente per tutta la notte, per paura di scordarsi qualche dettaglio.
Alla fine tirò un sospiro. Sua fratello l’avrebbe presa per una stupida o ammirata per i suoi ragionamenti? Non ne aveva la minima idea. Non sapeva neppure se queste cassette gli venissero davvero recapitate, ma era valsa la pena tentare.
Scivolò nel sonno in quell’assurda posizione, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze al risveglio.
 
 
Si svegliò di soprassalto, quando si sentì afferrare e sbattere al muro con violenza. Non fece in tempo ad urlare per la botta alla testa che due mani si serrarono in una morsa d’acciaio attorno alla sua gola.
“Che cosa credevi di fare?” Ryuzaki era davanti a lei, livido dalla rabbia.
“Pensavi davvero che io fossi così stupido da non controllare i nastri prima di inviarli? Io, che non ho lasciato una singola impronta digitale sui luoghi degli omicidi, per quanto sono stato attento!” Le mani si strinsero ancora di più attorno alla gola, facendole lacrimare gli occhi. “Ammetto di averti sottovalutata: non pensavo che saresti arrivata così in fretta alla soluzione, sebbene ti abbia fornito parecchi dettagli; ma sappi che hai fatto male i tuoi conti: il terzo omicidio non avverrà domani.” La sbatté nuovamente contro il muro, facendo cozzare la spina dorsale contro il tubo di metallo a cui erano legate le manette.
“Volevi dimostrare quanto sei brava? Volevi salvare una vita? Stupida! Ti ho già spiegato che loro sono destinati a morire comunque.”
Rumer percepì i capillari attorno agli occhi rompersi e le guancie andare a fuoco mentre le ultime molecole d’ossigeno abbandonavano i suoi polmoni definitivamente.
Stavolta lui l’avrebbe uccisa, ne era certa.
Ryuzaki parve accorgersene perché le lasciò andare di scatto la gola, scostandosi leggermente.
La ragazza scivolò lungo la parete, prendendo a tossire convulsamente, mentre cercava di incamerare più aria possibile. Lui era davanti a lei, tremante di rabbia.
“Sei intelligente, mai hai commesso un errore piuttosto stupido nel sottovalutarmi. Probabilmente volevi giocare a fare la detective al pari di L, ma sappi che lui  non si sarebbe mai fatto fregare così.” Disse.
“Io non sono come mio fratello.” Rantolò.
Ryuzaki la afferrò per i capelli, tirandola leggermente su e accostandosi al suo orecchio sussurrando piano “Tu…sei più simile a lui di quanto pensi.” Fece scorrere il naso sul suo collo, creandole un lungo brivido, inspirando il suo profumo e percependo il pulsare impazzito del suo cuore “Sei la cosa più vicina ad L che io abbia mai posseduto.”Disse, prima di fiondarsi sue labbra in un bacio famelico. Rumer sgranò gli occhi, provando a scansarsi, ma la presa sui suoi capelli era ferrea. Riusciva a vedere quelle iridi cremisi vicinissime attraverso le ciglia socchiuse.
Si sarebbe aspettata qualunque cosa da lui, tranne quel gesto. Aprì la bocca per protestare ma il ragazzo ne approfittò per far scorrere la lingua tra le sue labbra. Sapeva di fragole.
Ryuzaki approfondì il contatto attirandola a sé, affondando le mani tra le sue ciocche scure, mentre quella lingua di zucchero lottava contro la sua, succhiandola e accarezzandole il palato.
Il bacio che le stava dando non aveva assolutamente nulla di dolce o romantico: era un concentrato di pura rabbia e violenza, che reclamava il possesso nei suoi confronti, stordendola.
Ad un tratto Ryuzaki le affondò i denti nel labbro inferiore, mordendo con forza. Rumer urlò, percependo il sapore ferroso del sangue mischiarsi a quello dolce della bocca del ragazzo. Il dolore la riscosse immediatamente e gli sferrò una ginocchiata al basso ventre, riuscendo finalmente a staccarsi da lui.
Ryuzaki davanti a lei la fissò con il fiato corto e le labbra rosse, mentre un rivolo di sangue scorreva lungo il suo mento candido. Lo raccolse con un pollice e se lo portò alle labbra, succhiandolo con gusto.
Lei lo fissò sconvolta; sentiva il labbro pulsare per la ferita aperta, ma non aveva il coraggio di muoversi.
Quando lui fece per avvicinarsi e pulirle il mento con la manica della maglietta, scattò indietro impaurita.
“Non mi toccare!” urlò.
Il ragazzo fermò il braccio a mezz’aria, fissandola per un lungo istante prima di alzarsi e uscire in fretta dalla stanza.
Rumer sentì un botto contro la parete davanti a lei, seguito da un rumore di vetri infranti.
Il suo cervello stava ancora assimilando quello che era successo negli ultimi minuti: il suo carnefice l’aveva appena baciata e si era succhiato con piacere il suo sangue. Un conato di bile le risalì per la gola.
Sputò a terra, fermandosi ad osservare la macchia rossa sul pavimento bianco. Rossa come i suoi occhi.
Quando lui rientrò nella stanza, parecchio tempo dopo, il suo viso non tradì la minima emozione.
“Non avresti dovuto sottovalutarmi.”
“Potrei dire la stessa cosa di te. Sapevo che avesti guardato la cassetta, ma ho voluto provarci lo stesso.” Disse lei dopo un po’.
“Perché?”
“Perché volevo provare a salvarla.” Sussurrò “E poi sapevo che non mi avresti ucciso.”
Si fissarono in silenzio per un po’.
“Hai detto che l’omicidio non sarà domani.” Constatò lei infine.
“Te ne accorgerai da sola quando succederà, hai la mia parola.”
Rumer non ne aveva alcun dubbio. Ryuzaki non le aveva mai fatto così tanta paura.
 

   
 
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