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Autore: Ninfea Blu    13/04/2012    16 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11 – Giochi pericolosi

11 – Menzogne e inganni

 

 

A grandi passi, Andrè stava attraversando il vasto cortile che si apriva sull’ingresso posteriore di villa Recamier, quando scorse Ninette seduta in un angolo, in prossimità della grande betulla che si innalzava sul lato estremo della casa.

Gli parve strano che la cameriera fosse lì, ferma senza fare nulla. Di solito era presa da mille incombenze, quelle che competevano la gestione di una grande casa padronale.

E qualcos’altro colpì la sua attenzione.

Si arrestò dietro una delle grandi giare di pietra che decoravano i viali del giardino, per osservarla senza esser visto. Notò l’aria pensierosa; se ne stava seduta con le mani in grembo e ogni tanto stringeva convulsa il grembiule bianco, mentre la fronte della donna si corrugava dietro chissà quale pensiero.

Doveva essere accaduto qualcosa, e forse sarebbe stato importante scoprire di cosa si trattava.

La difficoltà più grande era superare la ritrosia della fedele cameriera personale di Danielle, ma Andrè avrebbe saputo essere persuasivo e accattivante quanto bastava per far cedere le barriere della ragazza. E l’attendente era consapevole del suo fascino; non gli piaceva approfittarne in modo spudorato, ma quando voleva e se occorreva, lo sapeva usare, in particolare con le donne.

Sapeva che si fidavano di lui perché leggevano l’onestà nei suoi occhi, e lui non le tradiva.

Non le ingannava. Ultimamente però non si sentiva così onesto.

Scacciò in fretta quel pensiero.

Gli venne naturale sorridere sarcastico di sé, all’idea che la sola donna su cui non riusciva a esercitare il suo ascendente come avrebbe voluto era proprio Oscar.

 

Danielle invece…

 

Continuava a pensare a quello che era accaduto nelle scuderie. Alla resa dei conti la bella e disinvolta contessa era scappata, una reazione che contrastava troppo con quello che gli aveva detto solo qualche giorno prima.

Una reazione che la rendeva troppo simile a Oscar.

La giovane cameriera era sempre ferma, seduta allo stesso posto.

E lui decise di raggiungerla per sedersi di fianco a lei.

 

Ninette avvertì il suono leggero dei passi che si avvicinavano lungo la siepe; lo sguardo basso puntato a terra, scorse prima la punta nera delle sue scarpe. Ebbe un sussulto e sollevò la testa; seguì la figura dell’uomo nella sua statura e trovò due occhi del colore profondo del sottobosco che la scrutavano con dolcezza. Ninette sospirò suo malgrado. Difficile restare indifferenti davanti ad un uomo così… virile.

Era bello André. Bello e gentile. Ma lei era già fidanzata.

Non aveva l’aspetto e i modi di un servo neppure quando faceva il suo lavoro: la camicia bianca lievemente aperta sul petto e i capelli corvini trattenuti da un nastro nero gli conferivano un’aria conturbante e misteriosa; l’idea che fosse l’amante segreto di madamigella Oscar, come pensava qualcuno, non le sembrava poi così assurda. Lo salutò gentilmente.

“Ciao, André.”

“Ciao, Ninette. Posso sedermi accanto a te?”

“Certo accomodati.” Sorrise Ninette, spostandosi un poco sulla panca di pietra per fargli posto.

“C’è qualche problema? Avevi l’aria preoccupata, poco fa.”

“Oh, da quanto mi stavi osservando?” chiese sospettosa.

“Non da molto, a dire il vero; stavo rientrando in casa quando ti ho vista – ammise, conoscendo la furbizia della ragazza. -  Allora, cosa c’è? Non vuoi dirmelo?”

“Sei un tipo sveglio, vero André?”

“È il mio ruolo, lo sai. Devo sempre stare con gli occhi aperti.”

“Certo. Comunque, no… nulla di grave.” Aveva risposto troppo in fretta e André se ne accorse.

“Davvero? - Con i gomiti si era appoggiato alle ginocchia, inclinò un poco la testa per essere all’altezza del viso della ragazza che manteneva il capo chino. – Se mi dici di cosa si tratta, forse potrei aiutarti. Coraggio, lo sai che puoi fidarti.”

Le regalò quel sorriso schietto che gli faceva brillare lo sguardo di una luce incantevole e Ninette non seppe resistere. Quell’uomo sapeva come far cedere una donna, non c’erano dubbi; era abbastanza comprensibile come anche il freddo colonnello Oscar avesse ceduto le armi.

“Ecco, ho un dubbio su come devo comportarmi in una particolare situazione. Vedi, io non so se dovrei…” esitò, indecisa su cosa dire e come dirlo.

“Dovresti cosa?” la incalzò Andrè, che voleva incoraggiarla a parlare, ma non voleva forzarla.

Ninette parlando, agitò le mani davanti al viso.

“Se tu sapessi qualcosa d’importante… un segreto che riguarda la tua padrona e che lei dovrebbe conoscere, ma che potrebbe farla soffrire, tu che faresti, André? Glielo diresti?”

Andrè soppesò qualche istante la domanda.

“Beh, dipende dal segreto… hai detto che riguarda Danielle?”

“Veramente, non riguarda precisamente madame… - bisbigliò, timorosa che orecchie indiscrete potessero udire. - Piuttosto il signor conte e la sua ospite, madame Lisette…”

André corrugò un istante la fronte, ma si mantenne tranquillo e distaccato.

“Continua…” la incoraggiò.

“Ecco, ho sentito il conte di Recamier e la sua amica parlare di una figlia illegittima del signor conte…”

 

 

*********

 

 

Il conte di Fersen voleva uscire nel giardino per godersi l’aria profumata del primo pomeriggio ed eventualmente, incontrare da solo Danielle De Recamier che di solito, a quell’ora, si concedeva una tranquilla passeggiata nel parco sotto i tigli; attraversò il corridoio, ma passando di fronte alla porta della biblioteca semiaperta, gettando una rapida occhiata al suo interno, intravide il profilo fine ed elegante di madamigella Oscar emergere dietro l’ansa dello schienale di una poltrona, intenta a leggere un libro.

Ebbe un ripensamento e si arrestò di colpo, in prossimità della porta.

Oscar non si era ancora accorta di lui, totalmente immersa nella sua lettura.

Il conte si sporse all’interno della stanza con la testa, poi batté due colpi con le nocche sulla porta di legno per palesare la sua presenza. Finalmente Oscar si riscosse, voltandosi.

“Oscar, vi disturbo?”

“No, assolutamente. Entrate pure, non restate lì sull’uscio; mi fa sempre piacere la vostra compagnia.” Madamigella chiuse il libro e lo posò davanti a sé. – Bevete qualcosa con me?” domandò gentilmente.

“Volentieri Oscar. Un buon bicchiere di cognac, magari.”

Un minuto dopo, un cameriere in livrea e guanti bianchi recò su un vassoio d’argento, due bicchieri e una bottiglia di cristallo cesellato contenente un liquido ambrato. Posò tutto sul tavolo e si eclissò a un gesto preciso della donna.

Oscar versò da bere per sé e il conte; sorseggiò il suo cognac e con lo sguardo indugiava nell’osservare l’uomo seduto di fronte a lei.

Ne studiava il volto, i lineamenti superbi e l’espressione rilassata, e stranamente non vi trovava la malinconia che in altri momenti le era sembrato di scorgere; Fersen non aveva quell’aria grave e composta che ricordava, ma una luce diversa, quasi maliziosa animava il suo sguardo chiaro. Era una luce che non le piaceva, e il motivo era quella leggera sfumatura di dissolutezza che normalmente la infastidiva in quasi tutti i giovani rampolli di buona famiglia che incontrava a corte.

“Allora Fersen, siete pronto a entrare nella fossa dei leoni? Quella di domani sarà una serata importante; al ballo prenderanno parte i membri più illustri della nobiltà di Francia. Voi e Danielle sarete al centro dell’attenzione generale… e sarà presente la regina.”

Fersen bevve un sorso di liquore e sospirò come per sciogliere la tensione.

“Lo so Oscar. Devo dire che mi sento stranamente emozionato, e questo perché ballerò con vostra sorella; confesso di non poter evitare che il mio orgoglio maschile si senta gratificato. Lo giudicherete sciocco, da parte mia.” Concluse con un debole sorriso.

“No, affatto. – Si affrettò a rispondere. - Oltre a questo, l’idea che sia presente Sua Maestà non vi turba minimamente?”

“Sì, in parte, ma sono rassegnato al fatto che non danzerò con la regina, e questo sarà un bene per entrambi. Madame Recamier sarà la mia dama per tutta la sera e mi dedicherò completamente a lei.”

“Questo era l’accordo, mi pare.” Constatò Oscar.

“Sapete, volevo parlarvi proprio di questo; - Fersen faceva ondeggiare il liquido nel bicchiere osservandone il colore attraverso il vetro, senza osare guardare in viso madamigella Oscar. - Vi disturberebbe in qualche modo, se la mia confidenza con vostra sorella diventasse, diciamo… più intima?” Sollevò lo sguardo solo in quel momento, osservandola sopra il bordo del bicchiere.

Oscar si limitò ad alzare un sopracciglio, mantenendo un’ espressione neutra. Ma dentro di lei un sentimento di delusione si faceva strada; piegò le labbra in quello che avrebbe dovuto essere un lieve sorriso, ma diventò una smorfia sarcastica.

“Perché me lo chiedete? Avete bisogno del mio permesso per corteggiare mia sorella? Siete un uomo libero, mi pare, se non nel cuore, almeno sulla carta.” Rispose senza mezzi termini.

Fersen restò di stucco, con il bicchiere alzato a mezz’aria, mentre Oscar decisa, buttava giù tutto d’un fiato l’ultimo sorso di liquore. Superata la sorpresa, pensò che se lei era così diretta, lui non avrebbe avuto bisogno di essere diplomatico. Si sentì rincuorato, pensando fra sé al suo insuccesso con l’attendente di madamigella Oscar, cui aveva chiesto aiuto.

“Certo che sì, Oscar. Ma ecco, io temevo che voi poteste fraintendere le mie intenzioni e…”

“Tutto questo va oltre i termini del nostro accordo: vorrei limitarmi a quello, per ora.”

“Avete ragione Oscar, ma la questione si è sviluppata come non avevo previsto e io non vorrei che voi...”

“Non dovreste preoccuparvi di me; piuttosto, di come potrebbe reagire la regina. Ci avrete pensato, immagino.”

“Non farò nulla che possa offendere la regina Maria Antonietta, né metterla in imbarazzo. Io voglio proteggerla, esattamente come voi, anche a costo di diventare io solo, lo zimbello di tutta la Francia. Se questo servisse ad allontanare lo scandalo e le chiacchiere da colei che amo, ben venga, Oscar.”

“Quanto spirito di sacrificio! E coinvolgereste mia sorella Danielle a questo scopo, solo per amore della regina.”

“Avverto del sarcasmo nelle vostre parole.”

“Non voluto, vi assicuro. - Oscar tentò di sorridere. - In tutto questo, non sembrate curarvi della reputazione di Danielle.”

“Non è così. Vostra sorella è una donna disinvolta, ama rischiare e conosce le dinamiche della corte, lo sapete anche voi; sa navigare abilmente in acque agitate, non si farà trascinare a fondo, credetemi. Sarà un’ ottima alleata per noi.”

Fersen finì di bere il suo liquore e posò il bicchiere vuoto sul tavolo davanti a sé, accanto al libro che Oscar stava leggendo poco prima.

“Siete molto sicuro di voi. Pensate che avrete successo?”

“Abbastanza. Sono sicuro che la vostra gemella sia degna del fiero colonnello delle Guardie Reali.”

Scese un silenzio breve che diede a Oscar l’occasione di riflettere su alcuni risvolti di quella vicenda; tutto poteva andar bene se fosse servito ad allontanare Danielle da André, ma c’era di mezzo quel maledetto scambio di ruoli. Restava la sua confusione su quale fosse il sentimento del conte per la sorella, che si dichiarava costantemente innamorato di Maria Antonietta e un sospetto infelice si stava facendo strada in lei. Fersen prese a osservare con curiosità la copertina del libro posato sul tavolino accanto.

Ne fu meravigliato.

“Sapevo che amavate la storia, ma mi stupisce il vostro interesse per un personaggio simile: mi sembra così lontano da voi per temperamento e costumi.”

Oscar con le dita accarezzò le minute lettere dorate che componevano il titolo dell’opera sul frontespizio.

“E perché mai? Io la sento molto vicina, invece, se non nei costumi, di certo nel temperamento. Fu una grande sovrana, seppe governare proprio come un uomo; era colta, intelligente ed emancipata per i suoi tempi, una donna appassionata che però non si fece mai dominare dalle passioni, né dagli uomini. Neppure da Cesare. E morì per la sua libertà.”

“E voi vi definireste così, Oscar? Indomabile? - Appariva divertito. – Sì, può essere che abbiate ragione. Mi chiedo se tali caratteristiche appartengano anche a vostra sorella. Voi che dite?”

“Se non lo avete ancora capito, avrete modo di scoprirlo, suppongo.”

Oscar abbandonò la poltrona per avvicinarsi alla grande libreria che occupava la parete alle sue spalle; allungò una mano verso lo scaffale, ma ebbe un subitaneo ripensamento e si voltò nuovamente verso il conte.

“Ah, Fersen… - Oscar tratteneva ancora il volumetto tra le mani - in futuro evitate di coinvolgere il mio attendente in questioni di questo genere.”

“Co…  come??” balbettò Fersen interdetto e quasi imbarazzato.

“Suvvia, avete capito benissimo. – Tornò a guardare lo scaffale, dove depose il libro sulla Vita di Cleopatra. – Di qualunque natura siano le vostre intenzioni con Danielle, cercate di cavarvela da solo. Badate, non sono offesa, ma non mi piace che proprio Andrè sia coinvolto in certi giochi, inoltre preferisco che non sappia nulla di questo piccolo patto tra noi. Cercate di ricordarvelo.”

Con espressione seria si girò verso l’uomo rimasto impalato in poltrona, che si affrettò a rassicurarla sul fatto che avesse compreso.

Lo salutò cortesemente prima di uscire lesta dalla biblioteca.

 

 

*********

 

 

Chissà se le aveva dato il suggerimento giusto.

“Temporeggia, - le aveva detto – aspetta qualche giorno. Adesso sono tutti in fermento per il ballo a corte. Dopo parlerai con la contessa e le potrai dire tutto.”

Sarebbe stato un ottimo modo di guadagnare tempo, per capire cosa stava accadendo tra le mura di quella villa. Non era sicuro che Ninette avrebbe evitato di farsi mettere sotto torchio dalla sua padrona, e Danielle era una donna dal temperamento tenace; era come l’acqua quando goccia a goccia erode la roccia.

Lui sperava solo di essere una roccia abbastanza dura e infrangibile, ma in certi momenti si sentiva morbido e pericolosamente debole per resistere all’erosione.

Continuava a pensare a quello che era accaduto nelle stalle; se lei non fosse scappata, come sarebbe finita?

E perché la contessa avrebbe dovuto turbarsi tanto di fronte all’ammissione di una passione possibile tra loro, se lei era stata la prima a dichiararla e desiderarla?

Se Danielle avesse scoperto i retroscena degli altarini del marito, avrebbe potuto per conseguente reazione, tentare il tutto per tutto e prendersi la sua rivincita sull’ infedele consorte. O forse, reagire ancora peggio allo scandalo di veder riconosciuta una bastarda dei Recamier.

Una vicenda con tanti punti oscuri; non era chiaro dove fosse questa misteriosa figlia, nascosta magari in qualche convento. E c’era lo strano ruolo di Madame Lisette; ascoltando il colloquio tra il conte e la sua amante, Ninette aveva supposto che la donna non fosse la madre della creatura, ma poteva essere un’interpretazione erronea della cameriera. C’era un’altra donna, evidentemente. Poteva trattarsi di questa fantomatica Isabeau, ma chi fosse e che relazione avesse con Madame Lisette De Marchard era un mistero.

Tutte domande cui André non sapeva dare risposta e in fondo, poco gli importava scoprire la verità. Non erano questioni che riguardassero lui. Voleva solo evitare che tutto potesse ripercuotersi su Oscar, se come sospettava, fossero in atto strani giochi tra le gemelle Jarjayes.

Era assorto nei suoi pensieri seduto al tavolo nel retro della cucina, luogo riservato quasi esclusivamente alla servitù; si stava versando dell’acqua da una caraffa, quando Oscar entrò nel locale.

“Ah, sei qui. Ti stavo cercando. Ultimamente stai diventando un solitario; sarebbe più facile avere un colloquio con la regina piuttosto che con te. Per fortuna che sei il mio attendente!”

Lo sorprese un po’ il tono polemico; temette per un attimo che volesse litigare e non immaginava quale potesse essere il motivo.

“Avevi bisogno di qualcosa, Oscar? Vieni al dunque; è ovvio che qualcosa ti rode.”

“Nulla mi rode. Volevo fare quattro chiacchiere con te, se non sei troppo occupato in faccende più importanti.”

Oscar prese la caraffa sul tavolo e si versò da bere. Era nervosa; restava in piedi di fronte al tavolo e agitava il bicchiere a mezz’aria.

“Ma di che parli?”

“Te lo spiego subito, André. Ho l’impressione che tendi ad evitarmi da quando abbiamo messo piede in questa casa. Vorrei sapere cosa ti sta succedendo; perché mi eviti? È a causa di Danielle?”

“Non ti sto evitando, sono qui a parlare con te, anche se non so esattamente di cosa. Se ti siedi, possiamo farlo con più calma.”

“No, sto benissimo così. Sai, sto pensando di rientrare in anticipo a Palazzo Jarjayes. – Fece una pausa per studiare la reazione dell’amico che non batté ciglio. – Cosa sta accadendo con Danielle? Ti stai avvicinando troppo a lei. Ti ha detto o fatto credere che è innamorata di te?”

Andrè non rispose subito, ma scambiò con lei un sguardo insistente e penetrante.

Poi si rilassò, deciso a lasciarle credere ciò che voleva.

“Tu hai avuto qualche conferma di questo? - Oscar non ammise né smentì e Andrè si sentì libero d’interpretare il suo silenzio. – No, vero? Credimi, io non ho mai incoraggiato Danielle... per quanto sia difficile resisterle.” Sospirò abbassando la voce.

“Allora è vero… - André la vide estraniarsi un attimo - Nelle scuderie sembravi molto interessato.”

“Sembravo? Perché l’ho aiutata a scendere da cavallo? Dopo… Tu non eri lì, o sì?”

“Intendevo dire…”

A quel punto Andrè si alzò in piedi, girò attorno al tavolo di legno per andare a piazzarsi proprio di fronte a lei.

“Oscar che succede?”

“Come?” Lei fece un piccolo passo indietro, vagamente allarmata.

“Vieni qui e mi affronti con questo tono inquisitorio, come se io avessi qualcosa da nascondere, e sei tu quella che si comporta in modo strano. Indaghi su di me, sospetti. Trami non so cosa con tua sorella. Sono io, André, il tuo amico, ricordi? Ha ancora un significato per te, questa parola?”

“Cosa dici? Certo che ha significato! È per la nostra amicizia che sto cercando d’impedire che tu ti faccia del male con Danielle. Non sei l’unico con cui le andrebbe di trastullarsi, anche il conte di Fersen suscita il suo interesse, lo so con certezza. Oh, André, ascoltami! Pensa bene a quello che vuoi fare, non farti trascinare in un perverso gioco di donna, da un impulso momentaneo.”

La voce si era fatta accalorata mentre non staccava lo sguardo da lui.

“Gioco di donna! Ah!! Lo dici come se tu sapessi di cosa parli. So badare a me stesso Oscar; potrebbe non essere un impulso momentaneo. – A questo punto André scosse la testa e la guardò con indulgenza, quasi con bonaria tenerezza, come si farebbe con un bambino capriccioso. – Davvero, credi che non ci sia già passato? Che non mi sia già fatto male al cuore? Pensi che non mi possa succedere, Oscar? Potrei confessarti che ci sono già dentro.”

Oscar spalancò gli occhi smarriti come se fosse assalita da una sensazione spaventosa. Alzò una mano e la posò all’altezza del cuore dell’uomo, e tenne gli occhi altrettanto bassi, quasi le mancasse il coraggio per guardarlo in faccia.

“Ti supplico André, non innamorarti di lei. Non farlo. Piuttosto, cedi alle sue lusinghe, ma non donarle il tuo cuore. Alla fine, lo getterebbe via; lo ha già fatto, lo sai. E lo farà ancora quando si stancherà o s’innamorerà di un altro uomo.”

Andrè emise un lungo e profondo sospiro trattenendo l’impulso potente di prendere quella mano per stringerla fra le sue, e farle capire così per chi battesse il suo cuore.

“Non ti ho mai sentito parlare così di lei, quasi non ti riconosco; è la tua gemella anche nell’anima. La giudichi tanto meschina?” chiese André con cupa amarezza nell’inflessione della voce.

 

No, meschina sono io - avrebbe voluto digli – che sto facendo di tutto per non farvi avvicinare; sto mentendo e ingannando pur di non darti al suo sortilegio.

Perché non posso cederti a lei, che potrebbe avere chi vuole. Potrebbe prendersi anche Fersen e non mi importerebbe. In realtà, non mi importa più di nulla. Ma andrò avanti con questa farsa di cui non sai niente, solo per convincermi che non c’è più lui nel mio cuore.

Perché so che mi uccideresti André, se tu scegliessi lei.

 

Il silenzio di Oscar si era fatto grave e doloroso e André continuò sempre più stranito.

“Quindi, tu accetteresti una nostra relazione puramente sessuale, ma non l’idea che potrei amarla?!”

Non riusciva ad alzare lo sguardo su di lui senza sentire un profondo disagio e si era girata dandogli la schiena.

“Per me sarebbe il male minore… e anche per te, in fondo. È giusto che tu sappia che dopo il ballo di domani sera, noi torneremo a casa e lasceremo Villa Recamier. Non c’è ragione di restare ancora qui...”

“Facevi sul serio, prima. Ma tu non hai intenzione di andare al ballo, o sbaglio?” Lo sentì fare un passo verso di lei.

“No, io no.”

L’attendente restò in silenzio ad assorbire quella nuova straordinaria informazione, mentre la sensazione di uno strano e amaro compiacimento si stava impadronendo di lui, insieme al solito dubbio.

Oscar gelosa, fuggiva da una situazione che la stava travolgendo e che non sapeva gestire.

Oscar si sentiva minacciata da Danielle e voleva allontanare la sorella da lui. Ad ogni costo.

Doveva esserci una ragione molto profonda in quel comportamento e André lo sapeva bene.

Sperava che ci fosse.

“Bene Oscar, dimmi solo quando vuoi partire; mi farò trovare pronto.”

“Ti farò avere disposizioni al più presto.” Disse allontanarsi verso l’uscita sul retro.

 

 

*********

 

 

Mancavano poche ore ormai al momento fatidico.

Era dal primo mattino che io e Oscar stavamo pianificando ogni mossa, ogni dettaglio dell’operazione. Prove su prove a non finire. Tutto studiato fin quasi all’ossessione e Oscar metteva in ogni cosa lo stesso impegno che avrebbe usato per attuare una strategia militare: il lungo viaggio in carrozza insieme al conte di Fersen fino a Versailles, l’ingresso a corte, le reazioni dei cortigiani e quelle dei miei vecchi amanti; i saluti alle Loro Maestà, alla Regina in modo particolare, il confronto forse più difficile, l’inchino, i balli e le danze, dai minuetti alle gavotte più agitate.

Ero elettrizzata, ma anche nervosa e mi ero raccomandata mille volte con lei.

Quel pomeriggio avevamo parlato passeggiando nel giardino, sole e lontane dagli altri ospiti della villa.

“Non correre e non fare movimenti bruschi, quando sali le scale solleva le gonne, ma non troppo; non devono vedersi le caviglie e tanto meno i polpacci. Quando parli non assumere il tuo solito tono da soldato, ma cerca di essere più dolce.”

“Il tuo zelo è ammirevole Danielle; sono giorni che mi riempi la testa di sciocchezze. Stai tranquilla mi comporterò con onore. Ci tieni proprio che io faccia bella figura, eh?”

“Voglio assicurarmi che tutto proceda alla perfezione; è in gioco anche la mia credibilità e se tu fallissi in qualche modo, non oso immaginare cos’ accadrebbe. Ho una reputazione da difendere.”

“Fersen non sembra preoccuparsene troppo, lo sai? Ho parlato con lui, l’altro giorno.”

“Per questo ho affidato il mio buon nome a te, mia cara; so che non farai nulla che non farei io.”

Chiusi il mio ventaglio con un colpo secco del polso.

Osservai Oscar solo un momento per cercare di coglierne lo stato d’animo; era stranamente troppo rilassata. Appariva eccessivamente sicura di sé, un fatto che mi rendeva molto perplessa.

“Non tradisci il benché minimo accenno di nervosismo, e la cosa mi preoccupa un po’; non sempre è un bene l’eccessiva sicurezza: è un atteggiamento che fa abbassare la guardia.”

“Sorprendente! Parli proprio come un soldato Danielle. – Ironizzò divertita. – Se fossi troppo nervosa, non riuscirei a recitare al meglio la mia parte.”

Svoltammo ad un angolo del parco in prossimità dell’orangerie e scorgemmo sopraggiungere nella nostra direzione Lisette De Marchard.

Camminava da sola e non sembrava aver fatto caso a noi, ma quando si accorse della nostra presenza, aumentò l’andatura per raggiungerci.

Io e Oscar ci fermammo ad aspettarla.

La donna si fermò e ci salutò con cortesia.

Fu per caso che notai il foglio della lettera che nascondeva velocemente sotto le pieghe della veste, lettera che doveva aver letto fino a qualche attimo prima. Mi chiesi per l’ennesima volta, perché Lisette fosse ancora in casa mia.

Credevo che sarebbe ripartita con mio marito molto prima, o così Leopold mi aveva assicurato. Pensai bene di domandarlo a lei.

“Buongiorno a voi, madame. La vostra permanenza qui sembra essere più lunga del previsto; se lo avessi saputo, vi avrei fatto alloggiare in una stanza più confortevole. Immagino che abbiate rimandato la vostra partenza a causa di qualche imprevisto.”

Commentai allusiva e forse, con un pizzico di cattiveria. Ma l’espressione ansiosa che Lisette restituì alla mia malagrazia mi fece subito pentire delle mie parole poco attente.

“Veramente contessa, ho appena ricevuto notizie che mi costringono a una partenza improvvisa. Il tempo di preparare le mie poche cose; vorrei partire domattina presto.”

“Oh, sono sorpresa. Nulla di grave, spero.” Fui sincera.

“No, per fortuna. Solo un parente indisposto.”

Mi parve una risposta vaga e volutamente evasiva.

“Se avete bisogno, sono certa che mio marito vi accompagnerà.”

“Può darsi… Io ne approfitto per salutarvi ora: madame Recamier, madamigella Oscar, è stato un piacere incontrarvi.”

Si congedò da noi con un inchino e si allontanò velocemente verso la villa.

 

Oscar era rimasta in silenzio fino a quel momento, la guardava allontanarsi.

“Una partenza precipitosa quella di Madame Lisette: nonostante il tentativo di minimizzare, credo che ci sia sotto qualcosa di serio.”

Fu il commento di mia sorella, idea che io condividevo in massima parte.

“Non mi ha mai convinto quella donna e non per il fatto che sia l’amante di mio marito.”

“Non capisco le tue contraddizioni, a volte. Se non sei gelosa di Leopold, perché ti dà tanto fastidio la sua amante?”

Riflettendo, la domanda di Oscar era legittima, però io non sapevo dare una risposta che fosse logica e coerente.

“Non lo so; forse è solo antipatia, la mia. Quel giorno che ci siamo scambiate i vestiti, credo che Ninette abbia scoperto qualcosa di compromettente, ma quando durante la toilette mattutina ho cercato d’interrogarla in proposito, si è dimostrata assai sfuggente. Non è da lei. Mi ha solo detto di averli sorpresi a baciarsi con passione e di essersi scandalizzata. Assurdo!! Secondo me, c’è dell’altro.”

“Forse vedi scandali dove non ci sono, Danielle. Frequentare tanto a lungo la corte ti ha fatto diventare una sciocca dama pettegola e bigotta.”

Mi provocò Oscar divertita, e io non le nascosi il mio disappunto.

“Non offendere la mia intelligenza. Conosco la mia cameriera personale; è una ragazza sveglia che non si scandalizza per così poco. C’è qualcosa che non ha voluto dirmi.”

Proseguimmo la nostra tranquilla passeggiata quasi in silenzio, tornando verso la villa.

 

 

Qualche ora più tardi, nascosta dietro la porta che si apriva nel muro della mia camera, avevo dovuto lasciare che Ninette aiutasse Oscar con la vestizione.

Poi mia sorella l’aveva allontanata in maniera garbata e io avevo proseguito con cipria e belletto.

 

Finalmente dopo quasi un’ ora di preparativi, Oscar era davanti a me in tutto il suo splendore.

Troneggiava davanti al grande specchio della mia camera, altera come una regina col suo grande ventaglio di piume, i guanti di raso lunghi fin sopra il gomito, fatti fare apposta a celare la cicatrice.

Sarebbero apparsi come una stranezza elegante e raffinata, stravaganze che spesso mi concedevo per stupire e che osavo portare come poche altre. [1]

Era magnifica; il color ametista dell’abito da sera ricamato con fili d’argento si intonava perfettamente alla sua carnagione delicata. La gonna di seta sostenuta dalla crinolina non era eccessivamente vaporosa, ma scendeva sulle forme sinuose con un drappeggio morbido e leggero a mettere in risalto la sua figura slanciata, valorizzata da una scollatura sensuale, sottolineata dal filo d’oro e blu di una collana di zaffiri.

I capelli trattenuti in alto, erano fermati in un’ acconciatura da cui scappavano onde di lunghi riccioli ribelli sulla schiena. Un trucco sapiente metteva in risalto i suoi magnifici occhi, nascondendo un po’ lo sguardo quasi costantemente severo.

Perfino Oscar era sorpresa dalla trasformazione subita; l’immagine bellissima di donna che le restituiva lo specchio, le procurava un certo orgoglio e ammirazione, cui neppure io potevo sottrarmi.

 

Bussarono alla porta; era Ninette che veniva ad avvisarmi che il conte di Fersen mi attendeva per accompagnarmi al ballo. Le risposi senza invitarla ad entrare.

“Grazie Ninette. Raggiungi il mio ospite e digli che scenderò tra pochi minuti.”

“Subito, signora contessa.”

Sentimmo i passi della cameriera che si allontanavano lungo il corridoio.

“Sei splendida Oscar; l’inganno è perfetto. Non avremmo potuto fare meglio.”

Confermai con un sorriso tranquillo.

Io e Oscar ci guardammo negli occhi; un ultimo sguardo per dare coraggio una all’altra, anche se era lei ad avere la parte più difficile.

“Sei pronta per affrontare il conte di Fersen?” le chiesi in ultimo.

Mi rispose con un cenno impercettibile, ma affermativo del capo.

Prese un ampio respiro e fu la sola esitazione che mostrò. Lentamente in un frusciare di tessuto serico, quel suono ovattato e dolce che fa sentire una donna importante e al centro di ogni attenzione, con il ventaglio prezioso chiuso in una mano, si mosse con grazia semplice ed elegante verso la porta.

 

Stavano per aprirsi le danze.

Oscar era pronta ad entrare in scena.

Io non sapevo ancora se sarei riuscita a sostenere la mia.

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

Eccomi qui, in mega ritardo, ma ormai sarete abituate.

Spero che vi sia piaciuto il capitolo e che almeno vi ripaghi un po’ dell’attesa.

È stato difficoltoso, specialmente in certi dialoghi (Oscar e Fersen – Oscar e André) che ho rimaneggiato spesso e non mi convincevano; ho qualche dubbio ancora adesso. Ho fatto del mio meglio per renderli chiari e comprensibili.

Mi direte voi se ho fatto un buon lavoro, temo già le bandierine gialle di qualcuna, e lei lo sa.

Credo che inizino a delinearsi meglio certi rapporti e certe complicità che fin’ora avevo solo accennato.

Per tutto il resto vi rimando al prossimo capitolo, che sarà… non lo so quando, ma abbiate fede, arriverà. Grazie e tutte le sante donne pazienti che mi seguono. Questo lo dedico a tutte voi.

Un saluto. Ninfea



[1] Guanti del genere non credo si usassero già nel ‘700. Concedetemi una licenza letteraria.

   
 
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