11 – Menzogne e inganni
A
grandi passi, Andrè stava attraversando il vasto cortile che si apriva
sull’ingresso posteriore di villa Recamier, quando scorse Ninette seduta in un angolo,
in prossimità della grande betulla che si innalzava sul lato estremo della
casa.
Gli
parve strano che la cameriera fosse lì, ferma senza fare nulla. Di solito era
presa da mille incombenze, quelle che competevano la gestione di una grande
casa padronale.
E
qualcos’altro colpì la sua attenzione.
Si
arrestò dietro una delle grandi giare di pietra che decoravano i viali del
giardino, per osservarla senza esser visto. Notò l’aria pensierosa; se ne stava
seduta con le mani in grembo e ogni tanto stringeva convulsa il grembiule
bianco, mentre la fronte della donna si corrugava dietro chissà quale pensiero.
Doveva
essere accaduto qualcosa, e forse sarebbe stato importante scoprire di cosa si
trattava.
La
difficoltà più grande era superare la ritrosia della fedele cameriera personale
di Danielle, ma Andrè avrebbe saputo essere persuasivo e accattivante quanto
bastava per far cedere le barriere della ragazza. E l’attendente era
consapevole del suo fascino; non gli piaceva approfittarne in modo spudorato, ma quando voleva e se occorreva, lo sapeva usare, in particolare con le donne.
Sapeva che
si fidavano di lui perché leggevano l’onestà nei suoi occhi, e lui non le
tradiva.
Non le
ingannava. Ultimamente però non si sentiva così onesto.
Scacciò
in fretta quel pensiero.
Gli
venne naturale sorridere sarcastico di sé, all’idea che la sola donna su cui
non riusciva a esercitare il suo ascendente come avrebbe voluto era proprio
Oscar.
Danielle
invece…
Continuava
a pensare a quello che era accaduto nelle scuderie. Alla resa dei conti la
bella e disinvolta contessa era scappata, una reazione che contrastava troppo
con quello che gli aveva detto solo qualche giorno prima.
Una
reazione che la rendeva troppo simile a Oscar.
La
giovane cameriera era sempre ferma, seduta allo stesso posto.
E lui
decise di raggiungerla per sedersi di fianco a lei.
Ninette
avvertì il suono leggero dei passi che si avvicinavano lungo la siepe; lo
sguardo basso puntato a terra, scorse prima la punta nera delle sue scarpe.
Ebbe un sussulto e sollevò la testa; seguì la figura dell’uomo nella sua
statura e trovò due occhi del colore profondo del sottobosco che la scrutavano
con dolcezza. Ninette sospirò suo malgrado. Difficile restare indifferenti
davanti ad un uomo così… virile.
Era
bello André. Bello e gentile. Ma lei era già fidanzata.
Non
aveva l’aspetto e i modi di un servo neppure quando faceva il suo lavoro: la
camicia bianca lievemente aperta sul petto e i capelli corvini trattenuti da un
nastro nero gli conferivano un’aria conturbante e misteriosa; l’idea che fosse
l’amante segreto di madamigella Oscar, come pensava qualcuno, non le sembrava
poi così assurda. Lo salutò gentilmente.
“Ciao, André.”
“Ciao, Ninette. Posso sedermi accanto a te?”
“Certo
accomodati.” Sorrise Ninette, spostandosi un poco sulla panca di pietra per
fargli posto.
“C’è
qualche problema? Avevi l’aria preoccupata, poco fa.”
“Oh, da
quanto mi stavi osservando?” chiese sospettosa.
“Non da
molto, a dire il vero; stavo rientrando in casa quando ti ho vista – ammise,
conoscendo la furbizia della ragazza. -
Allora, cosa c’è? Non vuoi dirmelo?”
“Sei un
tipo sveglio, vero André?”
“È il
mio ruolo, lo sai. Devo sempre stare con gli occhi aperti.”
“Certo.
Comunque, no… nulla di grave.” Aveva risposto troppo in fretta e André se ne
accorse.
“Davvero?
- Con i gomiti si era appoggiato alle ginocchia, inclinò un poco la testa per
essere all’altezza del viso della ragazza che manteneva il capo chino. – Se mi
dici di cosa si tratta, forse potrei aiutarti. Coraggio, lo sai che puoi
fidarti.”
Le
regalò quel sorriso schietto che gli faceva brillare lo sguardo di una luce
incantevole e Ninette non seppe resistere. Quell’uomo sapeva come far cedere
una donna, non c’erano dubbi; era abbastanza comprensibile come anche il freddo
colonnello Oscar avesse ceduto le armi.
“Ecco,
ho un dubbio su come devo comportarmi in una particolare situazione. Vedi, io
non so se dovrei…” esitò, indecisa su cosa dire e come dirlo.
“Dovresti
cosa?” la incalzò Andrè, che voleva incoraggiarla a parlare, ma non voleva
forzarla.
Ninette
parlando, agitò le mani davanti al viso.
“Se tu
sapessi qualcosa d’importante… un segreto che riguarda la tua padrona e che lei
dovrebbe conoscere, ma che potrebbe farla soffrire, tu che faresti, André?
Glielo diresti?”
Andrè
soppesò qualche istante la domanda.
“Beh,
dipende dal segreto… hai detto che riguarda Danielle?”
“Veramente,
non riguarda precisamente madame… - bisbigliò, timorosa che orecchie indiscrete
potessero udire. - Piuttosto il signor conte e la sua ospite, madame Lisette…”
André
corrugò un istante la fronte, ma si mantenne tranquillo e distaccato.
“Continua…”
la incoraggiò.
“Ecco,
ho sentito il conte di Recamier e la sua amica parlare di una figlia
illegittima del signor conte…”
*********
Il
conte di Fersen voleva uscire nel giardino per godersi l’aria profumata del
primo pomeriggio ed eventualmente, incontrare da solo Danielle De Recamier che
di solito, a quell’ora, si concedeva una tranquilla passeggiata nel parco sotto
i tigli; attraversò il corridoio, ma passando di fronte alla porta della
biblioteca semiaperta, gettando una rapida occhiata al suo interno, intravide
il profilo fine ed elegante di madamigella Oscar emergere dietro l’ansa dello
schienale di una poltrona, intenta a leggere un libro.
Ebbe un
ripensamento e si arrestò di colpo, in prossimità della porta.
Oscar
non si era ancora accorta di lui, totalmente immersa nella sua lettura.
Il
conte si sporse all’interno della stanza con la testa, poi batté due colpi con
le nocche sulla porta di legno per palesare la sua presenza. Finalmente Oscar
si riscosse, voltandosi.
“Oscar,
vi disturbo?”
“No,
assolutamente. Entrate pure, non restate lì sull’uscio; mi fa sempre piacere la
vostra compagnia.” Madamigella chiuse il libro e lo posò davanti a sé. – Bevete
qualcosa con me?” domandò gentilmente.
“Volentieri
Oscar. Un buon bicchiere di cognac, magari.”
Un
minuto dopo, un cameriere in livrea e guanti bianchi recò su un vassoio
d’argento, due bicchieri e una bottiglia di cristallo cesellato contenente un
liquido ambrato. Posò tutto sul tavolo e si eclissò a un gesto preciso della
donna.
Oscar
versò da bere per sé e il conte; sorseggiò il suo cognac e con lo sguardo
indugiava nell’osservare l’uomo seduto di fronte a lei.
Ne
studiava il volto, i lineamenti superbi e l’espressione rilassata, e
stranamente non vi trovava la malinconia che in altri momenti le era sembrato
di scorgere; Fersen non aveva quell’aria grave e composta che ricordava, ma una
luce diversa, quasi maliziosa animava il suo sguardo chiaro. Era una luce che
non le piaceva, e il motivo era quella leggera sfumatura di dissolutezza che
normalmente la infastidiva in quasi tutti i giovani rampolli di buona famiglia
che incontrava a corte.
“Allora
Fersen, siete pronto a entrare nella fossa dei leoni? Quella di domani sarà una
serata importante; al ballo prenderanno parte i membri più illustri della
nobiltà di Francia. Voi e Danielle sarete al centro dell’attenzione generale… e
sarà presente la regina.”
Fersen
bevve un sorso di liquore e sospirò come per sciogliere la tensione.
“Lo so
Oscar. Devo dire che mi sento stranamente emozionato, e questo perché ballerò
con vostra sorella; confesso di non poter evitare che il mio orgoglio maschile
si senta gratificato. Lo giudicherete sciocco, da parte mia.” Concluse con un
debole sorriso.
“No,
affatto. – Si affrettò a rispondere. - Oltre a questo, l’idea che sia presente
Sua Maestà non vi turba minimamente?”
“Sì, in
parte, ma sono rassegnato al fatto che non danzerò con la regina, e questo sarà
un bene per entrambi. Madame Recamier sarà la mia dama per tutta la sera e mi
dedicherò completamente a lei.”
“Questo
era l’accordo, mi pare.” Constatò Oscar.
“Sapete,
volevo parlarvi proprio di questo; - Fersen faceva ondeggiare il liquido nel
bicchiere osservandone il colore attraverso il vetro, senza osare guardare in
viso madamigella Oscar. - Vi disturberebbe in qualche modo, se la mia
confidenza con vostra sorella diventasse, diciamo… più intima?” Sollevò lo
sguardo solo in quel momento, osservandola sopra il bordo del bicchiere.
Oscar
si limitò ad alzare un sopracciglio, mantenendo un’ espressione neutra. Ma
dentro di lei un sentimento di delusione si faceva strada; piegò le labbra in
quello che avrebbe dovuto essere un lieve sorriso, ma diventò una smorfia
sarcastica.
“Perché
me lo chiedete? Avete bisogno del mio permesso per corteggiare mia sorella?
Siete un uomo libero, mi pare, se non nel cuore, almeno sulla carta.” Rispose
senza mezzi termini.
Fersen
restò di stucco, con il bicchiere alzato a mezz’aria, mentre Oscar decisa,
buttava giù tutto d’un fiato l’ultimo sorso di liquore. Superata la sorpresa,
pensò che se lei era così diretta, lui non avrebbe avuto bisogno di essere
diplomatico. Si sentì rincuorato, pensando fra sé al suo insuccesso con
l’attendente di madamigella Oscar, cui aveva chiesto aiuto.
“Certo
che sì, Oscar. Ma ecco, io temevo che voi poteste fraintendere le mie
intenzioni e…”
“Tutto
questo va oltre i termini del nostro accordo: vorrei limitarmi a quello, per
ora.”
“Avete
ragione Oscar, ma la questione si è sviluppata come non avevo previsto e io non
vorrei che voi...”
“Non
dovreste preoccuparvi di me; piuttosto, di come potrebbe reagire la regina. Ci
avrete pensato, immagino.”
“Non
farò nulla che possa offendere la regina Maria Antonietta, né metterla in
imbarazzo. Io voglio proteggerla, esattamente come voi, anche a costo di diventare
io solo, lo zimbello di tutta la Francia. Se questo servisse ad allontanare lo
scandalo e le chiacchiere da colei che amo, ben venga, Oscar.”
“Quanto
spirito di sacrificio! E coinvolgereste mia sorella Danielle a questo scopo,
solo per amore della regina.”
“Avverto
del sarcasmo nelle vostre parole.”
“Non
voluto, vi assicuro. - Oscar tentò di sorridere. - In tutto questo, non
sembrate curarvi della reputazione di Danielle.”
“Non è
così. Vostra sorella è una donna disinvolta, ama rischiare e conosce le
dinamiche della corte, lo sapete anche voi; sa navigare abilmente in acque
agitate, non si farà trascinare a fondo, credetemi. Sarà un’ ottima alleata per
noi.”
Fersen
finì di bere il suo liquore e posò il bicchiere vuoto sul tavolo davanti a sé,
accanto al libro che Oscar stava leggendo poco prima.
“Siete
molto sicuro di voi. Pensate che avrete successo?”
“Abbastanza.
Sono sicuro che la vostra gemella sia degna del fiero colonnello delle Guardie
Reali.”
Scese
un silenzio breve che diede a Oscar l’occasione di riflettere su alcuni
risvolti di quella vicenda; tutto poteva andar bene se fosse servito ad
allontanare Danielle da André, ma c’era di mezzo quel maledetto scambio di
ruoli. Restava la sua confusione su quale fosse il sentimento del conte per la
sorella, che si dichiarava costantemente innamorato di Maria Antonietta e un
sospetto infelice si stava facendo strada in lei. Fersen prese a osservare con
curiosità la copertina del libro posato sul tavolino accanto.
Ne fu
meravigliato.
“Sapevo
che amavate la storia, ma mi stupisce il vostro interesse per un personaggio
simile: mi sembra così lontano da voi per temperamento e costumi.”
Oscar
con le dita accarezzò le minute lettere dorate che componevano il titolo
dell’opera sul frontespizio.
“E
perché mai? Io la sento molto vicina, invece, se non nei costumi, di certo nel
temperamento. Fu una grande sovrana, seppe governare proprio come un uomo; era
colta, intelligente ed emancipata per i suoi tempi, una donna appassionata che
però non si fece mai dominare dalle passioni, né dagli uomini. Neppure da
Cesare. E morì per la sua libertà.”
“E voi
vi definireste così, Oscar? Indomabile? - Appariva divertito. – Sì, può essere
che abbiate ragione. Mi chiedo se tali caratteristiche appartengano anche a
vostra sorella. Voi che dite?”
“Se non
lo avete ancora capito, avrete modo di scoprirlo, suppongo.”
Oscar
abbandonò la poltrona per avvicinarsi alla grande libreria che occupava la
parete alle sue spalle; allungò una mano verso lo scaffale, ma ebbe un
subitaneo ripensamento e si voltò nuovamente verso il conte.
“Ah,
Fersen… - Oscar tratteneva ancora il volumetto tra le mani - in futuro evitate
di coinvolgere il mio attendente in questioni di questo genere.”
“Co… come??” balbettò Fersen interdetto e quasi
imbarazzato.
“Suvvia,
avete capito benissimo. – Tornò a guardare lo scaffale, dove depose il libro
sulla Vita di Cleopatra. – Di qualunque natura siano
le vostre intenzioni con Danielle, cercate di cavarvela da solo. Badate, non
sono offesa, ma non mi piace che proprio Andrè sia coinvolto in certi giochi,
inoltre preferisco che non sappia nulla di questo piccolo patto tra noi.
Cercate di ricordarvelo.”
Con
espressione seria si girò verso l’uomo rimasto impalato in poltrona, che si
affrettò a rassicurarla sul fatto che avesse compreso.
Lo
salutò cortesemente prima di uscire lesta dalla biblioteca.
*********
Chissà
se le aveva dato il suggerimento giusto.
“Temporeggia,
- le aveva detto – aspetta qualche giorno. Adesso sono tutti in fermento per il
ballo a corte. Dopo parlerai con la contessa e le potrai dire tutto.”
Sarebbe
stato un ottimo modo di guadagnare tempo, per capire cosa stava accadendo tra
le mura di quella villa. Non era sicuro che Ninette avrebbe evitato di farsi
mettere sotto torchio dalla sua padrona, e Danielle era una donna dal
temperamento tenace; era come l’acqua quando goccia a goccia erode la roccia.
Lui
sperava solo di essere una roccia abbastanza dura e infrangibile, ma in certi
momenti si sentiva morbido e pericolosamente debole per resistere all’erosione.
Continuava
a pensare a quello che era accaduto nelle stalle; se lei non fosse scappata,
come sarebbe finita?
E
perché la contessa avrebbe dovuto turbarsi tanto di fronte all’ammissione di
una passione possibile tra loro, se lei era stata la prima a dichiararla e
desiderarla?
Se
Danielle avesse scoperto i retroscena degli altarini del marito, avrebbe potuto
per conseguente reazione, tentare il tutto per tutto e prendersi la sua
rivincita sull’ infedele consorte. O forse, reagire ancora peggio allo scandalo
di veder riconosciuta una bastarda dei Recamier.
Una
vicenda con tanti punti oscuri; non era chiaro dove fosse questa misteriosa
figlia, nascosta magari in qualche convento. E c’era lo strano ruolo di Madame
Lisette; ascoltando il colloquio tra il conte e la sua amante, Ninette aveva
supposto che la donna non fosse la madre della creatura, ma poteva essere
un’interpretazione erronea della cameriera. C’era un’altra donna,
evidentemente. Poteva trattarsi di questa fantomatica Isabeau, ma chi fosse e
che relazione avesse con Madame Lisette De Marchard era un mistero.
Tutte
domande cui André non sapeva dare risposta e in fondo, poco gli importava
scoprire la verità. Non erano questioni che riguardassero lui. Voleva solo
evitare che tutto potesse ripercuotersi su Oscar, se come sospettava, fossero
in atto strani giochi tra le gemelle Jarjayes.
Era
assorto nei suoi pensieri seduto al tavolo nel retro della cucina, luogo
riservato quasi esclusivamente alla servitù; si stava versando dell’acqua da una
caraffa, quando Oscar entrò nel locale.
“Ah,
sei qui. Ti stavo cercando. Ultimamente stai diventando un solitario; sarebbe
più facile avere un colloquio con la regina piuttosto che con te. Per fortuna
che sei il mio attendente!”
Lo
sorprese un po’ il tono polemico; temette per un attimo che volesse litigare e
non immaginava quale potesse essere il motivo.
“Avevi
bisogno di qualcosa, Oscar? Vieni al dunque; è ovvio che qualcosa ti rode.”
“Nulla
mi rode. Volevo fare quattro chiacchiere con te, se non sei troppo occupato in
faccende più importanti.”
Oscar
prese la caraffa sul tavolo e si versò da bere. Era nervosa; restava in piedi
di fronte al tavolo e agitava il bicchiere a mezz’aria.
“Ma di
che parli?”
“Te lo
spiego subito, André. Ho l’impressione che tendi ad evitarmi da quando abbiamo
messo piede in questa casa. Vorrei sapere cosa ti sta succedendo; perché mi
eviti? È a causa di Danielle?”
“Non ti
sto evitando, sono qui a parlare con te, anche se non so esattamente di cosa.
Se ti siedi, possiamo farlo con più calma.”
“No,
sto benissimo così. Sai, sto pensando di rientrare in anticipo a Palazzo
Jarjayes. – Fece una pausa per studiare la reazione dell’amico che non batté
ciglio. – Cosa sta accadendo con Danielle? Ti stai avvicinando troppo a lei. Ti
ha detto o fatto credere che è innamorata di te?”
Andrè
non rispose subito, ma scambiò con lei un sguardo insistente e penetrante.
Poi si
rilassò, deciso a lasciarle credere ciò che voleva.
“Tu hai
avuto qualche conferma di questo? - Oscar non ammise né smentì e Andrè si sentì
libero d’interpretare il suo silenzio. – No, vero? Credimi, io non ho mai
incoraggiato Danielle... per quanto sia difficile resisterle.” Sospirò
abbassando la voce.
“Allora
è vero… - André la vide estraniarsi un attimo - Nelle scuderie sembravi molto
interessato.”
“Sembravo?
Perché l’ho aiutata a scendere da cavallo? Dopo… Tu non eri lì, o sì?”
“Intendevo
dire…”
A quel
punto Andrè si alzò in piedi, girò attorno al tavolo di legno per andare a
piazzarsi proprio di fronte a lei.
“Oscar
che succede?”
“Come?”
Lei fece un piccolo passo indietro, vagamente allarmata.
“Vieni
qui e mi affronti con questo tono inquisitorio, come se io avessi qualcosa da
nascondere, e sei tu quella che si comporta in modo strano. Indaghi su di me,
sospetti. Trami non so cosa con tua sorella. Sono io, André, il tuo amico,
ricordi? Ha ancora un significato per te, questa parola?”
“Cosa
dici? Certo che ha significato! È per la nostra amicizia che sto cercando
d’impedire che tu ti faccia del male con Danielle. Non sei l’unico con cui le
andrebbe di trastullarsi, anche il conte di Fersen suscita il suo interesse, lo
so con certezza. Oh, André, ascoltami! Pensa bene a quello che vuoi fare, non
farti trascinare in un perverso gioco di donna, da un impulso momentaneo.”
La voce
si era fatta accalorata mentre non staccava lo sguardo da lui.
“Gioco
di donna! Ah!! Lo dici come se tu sapessi di cosa parli. So badare a me stesso
Oscar; potrebbe non essere un impulso momentaneo. – A questo punto André scosse
la testa e la guardò con indulgenza, quasi con bonaria tenerezza, come si
farebbe con un bambino capriccioso. – Davvero, credi che non ci sia già
passato? Che non mi sia già fatto male al cuore? Pensi che non mi possa
succedere, Oscar? Potrei confessarti che ci sono già dentro.”
Oscar
spalancò gli occhi smarriti come se fosse assalita da una sensazione
spaventosa. Alzò una mano e la posò all’altezza del cuore dell’uomo, e tenne
gli occhi altrettanto bassi, quasi le mancasse il coraggio per guardarlo in
faccia.
“Ti
supplico André, non innamorarti di lei. Non farlo. Piuttosto, cedi alle sue
lusinghe, ma non donarle il tuo cuore. Alla fine, lo getterebbe via; lo ha già
fatto, lo sai. E lo farà ancora quando si stancherà o s’innamorerà di un altro
uomo.”
Andrè
emise un lungo e profondo sospiro trattenendo l’impulso potente di prendere
quella mano per stringerla fra le sue, e farle capire così per chi battesse il
suo cuore.
“Non ti
ho mai sentito parlare così di lei, quasi non ti riconosco; è la tua gemella anche
nell’anima. La giudichi tanto meschina?” chiese André con cupa amarezza
nell’inflessione della voce.
No, meschina sono io - avrebbe voluto digli – che sto facendo di tutto per non farvi
avvicinare; sto mentendo e ingannando pur di non darti al suo sortilegio.
Perché non posso cederti
a lei, che potrebbe avere chi vuole. Potrebbe prendersi anche Fersen e non mi
importerebbe. In realtà, non mi importa più di nulla. Ma andrò avanti con
questa farsa di cui non sai niente, solo per convincermi che non c’è più lui
nel mio cuore.
Perché so che mi
uccideresti André, se tu scegliessi lei.
Il
silenzio di Oscar si era fatto grave e doloroso e André continuò sempre più
stranito.
“Quindi,
tu accetteresti una nostra relazione puramente sessuale, ma non l’idea che potrei
amarla?!”
Non
riusciva ad alzare lo sguardo su di lui senza sentire un profondo disagio e si
era girata dandogli la schiena.
“Per me
sarebbe il male minore… e anche per te, in fondo. È giusto che tu sappia che
dopo il ballo di domani sera, noi torneremo a casa e lasceremo Villa Recamier.
Non c’è ragione di restare ancora qui...”
“Facevi
sul serio, prima. Ma tu non hai intenzione di andare al ballo, o sbaglio?” Lo
sentì fare un passo verso di lei.
“No, io
no.”
L’attendente
restò in silenzio ad assorbire quella nuova straordinaria informazione, mentre
la sensazione di uno strano e amaro compiacimento si stava impadronendo di lui,
insieme al solito dubbio.
Oscar
gelosa, fuggiva da una situazione che la stava travolgendo e che non sapeva
gestire.
Oscar
si sentiva minacciata da Danielle e voleva allontanare la sorella da lui. Ad
ogni costo.
Doveva
esserci una ragione molto profonda in quel comportamento e André lo sapeva
bene.
Sperava
che ci fosse.
“Bene
Oscar, dimmi solo quando vuoi partire; mi farò trovare pronto.”
“Ti
farò avere disposizioni al più presto.” Disse allontanarsi verso l’uscita sul
retro.
*********
Mancavano
poche ore ormai al momento fatidico.
Era dal
primo mattino che io e Oscar stavamo pianificando ogni mossa, ogni dettaglio
dell’operazione. Prove su prove a non finire. Tutto studiato fin quasi
all’ossessione e Oscar metteva in ogni cosa lo stesso impegno che avrebbe usato
per attuare una strategia militare: il lungo viaggio in carrozza insieme al conte
di Fersen fino a Versailles, l’ingresso a corte, le reazioni dei cortigiani e
quelle dei miei vecchi amanti; i saluti alle Loro Maestà, alla Regina in modo
particolare, il confronto forse più difficile, l’inchino, i balli e le danze,
dai minuetti alle gavotte più agitate.
Ero
elettrizzata, ma anche nervosa e mi ero raccomandata mille volte con lei.
Quel
pomeriggio avevamo parlato passeggiando nel giardino, sole e lontane dagli
altri ospiti della villa.
“Non
correre e non fare movimenti bruschi, quando sali le scale solleva le gonne, ma
non troppo; non devono vedersi le caviglie e tanto meno i polpacci. Quando
parli non assumere il tuo solito tono da soldato, ma cerca di essere più
dolce.”
“Il tuo
zelo è ammirevole Danielle; sono giorni che mi riempi la testa di sciocchezze.
Stai tranquilla mi comporterò con onore. Ci tieni proprio che io faccia bella
figura, eh?”
“Voglio
assicurarmi che tutto proceda alla perfezione; è in gioco anche la mia
credibilità e se tu fallissi in qualche modo, non oso immaginare cos’
accadrebbe. Ho una reputazione da difendere.”
“Fersen
non sembra preoccuparsene troppo, lo sai? Ho parlato con lui, l’altro giorno.”
“Per
questo ho affidato il mio buon nome a te, mia cara; so che non farai nulla che
non farei io.”
Chiusi
il mio ventaglio con un colpo secco del polso.
Osservai
Oscar solo un momento per cercare di coglierne lo stato d’animo; era
stranamente troppo rilassata. Appariva eccessivamente sicura di sé, un fatto
che mi rendeva molto perplessa.
“Non
tradisci il benché minimo accenno di nervosismo, e la cosa mi preoccupa un po’;
non sempre è un bene l’eccessiva sicurezza: è un atteggiamento che fa abbassare
la guardia.”
“Sorprendente!
Parli proprio come un soldato Danielle. – Ironizzò divertita. – Se fossi troppo
nervosa, non riuscirei a recitare al meglio la mia parte.”
Svoltammo
ad un angolo del parco in prossimità dell’orangerie e scorgemmo sopraggiungere
nella nostra direzione Lisette De Marchard.
Camminava
da sola e non sembrava aver fatto caso a noi, ma quando si accorse della nostra
presenza, aumentò l’andatura per raggiungerci.
Io e
Oscar ci fermammo ad aspettarla.
La
donna si fermò e ci salutò con cortesia.
Fu per
caso che notai il foglio della lettera che nascondeva velocemente sotto le
pieghe della veste, lettera che doveva aver letto fino a qualche attimo prima.
Mi chiesi per l’ennesima volta, perché Lisette fosse ancora in casa mia.
Credevo
che sarebbe ripartita con mio marito molto prima, o così Leopold mi aveva
assicurato. Pensai bene di domandarlo a lei.
“Buongiorno
a voi, madame. La vostra permanenza qui sembra essere più lunga del previsto;
se lo avessi saputo, vi avrei fatto alloggiare in una stanza più confortevole.
Immagino che abbiate rimandato la vostra partenza a causa di qualche
imprevisto.”
Commentai
allusiva e forse, con un pizzico di cattiveria. Ma l’espressione ansiosa che
Lisette restituì alla mia malagrazia mi fece subito pentire delle mie parole
poco attente.
“Veramente
contessa, ho appena ricevuto notizie che mi costringono a una partenza
improvvisa. Il tempo di preparare le mie poche cose; vorrei partire domattina
presto.”
“Oh,
sono sorpresa. Nulla di grave, spero.” Fui sincera.
“No,
per fortuna. Solo un parente indisposto.”
Mi parve
una risposta vaga e volutamente evasiva.
“Se
avete bisogno, sono certa che mio marito vi accompagnerà.”
“Può
darsi… Io ne approfitto per salutarvi ora: madame Recamier, madamigella Oscar,
è stato un piacere incontrarvi.”
Si
congedò da noi con un inchino e si allontanò velocemente verso la villa.
Oscar
era rimasta in silenzio fino a quel momento, la guardava allontanarsi.
“Una
partenza precipitosa quella di Madame Lisette: nonostante il tentativo di
minimizzare, credo che ci sia sotto qualcosa di serio.”
Fu il
commento di mia sorella, idea che io condividevo in massima parte.
“Non mi
ha mai convinto quella donna e non per il fatto che sia l’amante di mio
marito.”
“Non
capisco le tue contraddizioni, a volte. Se non sei gelosa di Leopold, perché ti
dà tanto fastidio la sua amante?”
Riflettendo,
la domanda di Oscar era legittima, però io non sapevo dare una risposta che
fosse logica e coerente.
“Non lo
so; forse è solo antipatia, la mia. Quel giorno che ci siamo scambiate i
vestiti, credo che Ninette abbia scoperto qualcosa di compromettente, ma quando
durante la toilette mattutina ho cercato d’interrogarla in proposito, si è
dimostrata assai sfuggente. Non è da lei. Mi ha solo detto di averli sorpresi a
baciarsi con passione e di essersi scandalizzata. Assurdo!! Secondo me, c’è
dell’altro.”
“Forse
vedi scandali dove non ci sono, Danielle. Frequentare tanto a lungo la corte ti
ha fatto diventare una sciocca dama pettegola e bigotta.”
Mi
provocò Oscar divertita, e io non le nascosi il mio disappunto.
“Non
offendere la mia intelligenza. Conosco la mia cameriera personale; è una
ragazza sveglia che non si scandalizza per così poco. C’è qualcosa che non ha
voluto dirmi.”
Proseguimmo
la nostra tranquilla passeggiata quasi in silenzio, tornando verso la villa.
Qualche
ora più tardi, nascosta dietro la porta che si apriva nel muro della mia
camera, avevo dovuto lasciare che Ninette aiutasse Oscar con la vestizione.
Poi mia
sorella l’aveva allontanata in maniera garbata e io avevo proseguito con cipria
e belletto.
Finalmente
dopo quasi un’ ora di preparativi, Oscar era davanti a me in tutto il suo
splendore.
Troneggiava
davanti al grande specchio della mia camera, altera come una regina col suo
grande ventaglio di piume, i guanti di raso lunghi fin sopra il gomito, fatti
fare apposta a celare la cicatrice.
Sarebbero
apparsi come una stranezza elegante e raffinata, stravaganze che spesso mi
concedevo per stupire e che osavo portare come poche altre. [1]
Era
magnifica; il color ametista dell’abito da sera ricamato con fili d’argento si
intonava perfettamente alla sua carnagione delicata. La gonna di seta sostenuta
dalla crinolina non era eccessivamente vaporosa, ma scendeva sulle forme
sinuose con un drappeggio morbido e leggero a mettere in risalto la sua figura
slanciata, valorizzata da una scollatura sensuale, sottolineata dal filo d’oro
e blu di una collana di zaffiri.
I
capelli trattenuti in alto, erano fermati in un’ acconciatura da cui scappavano
onde di lunghi riccioli ribelli sulla schiena. Un trucco sapiente metteva in
risalto i suoi magnifici occhi, nascondendo un po’ lo sguardo quasi
costantemente severo.
Perfino
Oscar era sorpresa dalla trasformazione subita; l’immagine bellissima di donna
che le restituiva lo specchio, le procurava un certo orgoglio e ammirazione,
cui neppure io potevo sottrarmi.
Bussarono
alla porta; era Ninette che veniva ad avvisarmi che il conte di Fersen mi
attendeva per accompagnarmi al ballo. Le risposi senza invitarla ad entrare.
“Grazie
Ninette. Raggiungi il mio ospite e digli che scenderò tra pochi minuti.”
“Subito,
signora contessa.”
Sentimmo
i passi della cameriera che si allontanavano lungo il corridoio.
“Sei
splendida Oscar; l’inganno è perfetto. Non avremmo potuto fare meglio.”
Confermai
con un sorriso tranquillo.
Io e
Oscar ci guardammo negli occhi; un ultimo sguardo per dare coraggio una
all’altra, anche se era lei ad avere la parte più difficile.
“Sei
pronta per affrontare il conte di Fersen?” le chiesi in ultimo.
Mi
rispose con un cenno impercettibile, ma affermativo del capo.
Prese
un ampio respiro e fu la sola esitazione che mostrò. Lentamente in un frusciare
di tessuto serico, quel suono ovattato e dolce che fa sentire una donna
importante e al centro di ogni attenzione, con il ventaglio prezioso chiuso in
una mano, si mosse con grazia semplice ed elegante verso la porta.
Stavano
per aprirsi le danze.
Oscar
era pronta ad entrare in scena.
Io non
sapevo ancora se sarei riuscita a sostenere la mia.
Continua…
Eccomi qui, in mega ritardo, ma ormai sarete abituate.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e che almeno vi ripaghi un po’
dell’attesa.
È stato difficoltoso, specialmente in certi dialoghi (Oscar e Fersen –
Oscar e André) che ho rimaneggiato spesso e non mi convincevano; ho qualche
dubbio ancora adesso. Ho fatto del mio meglio per renderli chiari e
comprensibili.
Mi direte voi se ho fatto un buon lavoro, temo già le bandierine gialle
di qualcuna, e lei lo sa.
Credo che inizino a delinearsi meglio certi rapporti e certe complicità
che fin’ora avevo solo accennato.
Per tutto il resto vi rimando al prossimo capitolo, che sarà… non lo so
quando, ma abbiate fede, arriverà. Grazie e tutte le sante donne pazienti che
mi seguono. Questo lo dedico a tutte voi.
Un saluto. Ninfea