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Autore: sayuri_88    16/04/2012    3 recensioni
« Le tre regole d’oro delle ragazze dello chalet. Prima regola: niente amici nello chalet. Seconda regola: feste finché vuoi, basta che la colazione sia sul tavolo alle otto in punto. Se non ti svegli, fai i bagagli. Terza regola: non si va a letto con i clienti. Salvo che non siano in forma o ricchi o che ci provino ».
« In pratica, ci sono solo due regole ».
« In pratica ».
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao! Allora scusate per il tremendo ritardo, mi ero prefrissata di fare uno o due capitoli al mese, seguendo l'andamento della storia ma per marzo proprio non ci sono riusita : (
Ho fatto fatica a scrivere di questo capitolo, l'ho scritto tre volte e in tre versioni differenti, alcune di voi nelle recensioni mi avevano fatto venire diverse idee... alla fine però sono tornata alla versione originale, con alcune modifiche. Spero vi piaccia!

Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite e preferite, sono davver felice e 10000000000 di grazie alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, 8!! Non mi era mai capitato per una originale.

Vi ricordo la mia pagina FB dove potete trovare spoiler avvisi, ecc...

Buona lettura!!


 

 

Capitolo 5 - marzo

1 parte

 

 

 

" Mia madre dovrà accettate la cosa... "

Certo, ed è per questo che noi due ci comportiamo come datore e dipendente, estranei l’uno all’altra, almeno quando c 'è Adrianna.

A onor del vero sono stata io a deciderlo.

Fino al momento dell’atterraggio del loro aereo sono stata piena di coraggio ed ero pronta ad affrontare un drago come San Giorgio ma tutta la mia baldanza si è sciolta come neve al sole quando ho incontrato il suo sguardo ed ho messo subito dei paletti lasciando David spaesato quando quattro giorni dopo, assieme a Carlo, li ha raggiunti. Lo so sono un modello di coerenza, prima mi lamento dei suoi sbalzi di umore e poi sono io che li ho… siamo una coppia bell’assortita, vero?

Ma sono terrorizzata da quella donna e fino a che non avrò finito la stagione, ci atterremo al piano. Faremo come se fossimo due estranei legati solo da un contratto.

David non ha avuto nulla da ridire, alla fine temeva anche lui che la madre potesse fare qualcosa e se lo dice lui che la conosce da tutta la vita, più i nove mesi in cui è stato nella sua pancia, chi sono io per negare?

Cosi il ragazzo si limita a trattarmi con cortesia quando la sua dolce genitrice è presente e solo quando siamo soli, azzarda atteggiamenti più aperti.

Vi devo confessare che un po' è divertente, agire alle sue spalle, complottare, scambiarci messaggi in codice. Come delle vere e proprie spie.

Okay, forse era un po' infantile, ma tutti abbiamo un Peter Pan in noi.

Dopo la sua partenza a febbraio, due giorni dopo il nostro chiarimento, ci siamo tenuti in contatto attraverso messaggi. Pochi a dire il vero, le due settimane sono letteralmente volate e la prima settimana di Marzo, i Signori Modigliani sono tornati a Sant. Anton.

 

« Non prendere impegni per questa sera » mi dice, o meglio ordina, David entrando in cucina. I suoi genitori sono al piano superiore e tra poco scenderanno per la colazione.

« Buon giorno anche a te » interviene divertita Lizzy che non manca di lanciarmi uno sguardo malizioso.

« Oh, ciao Lizzy, non ti avevo visto » gli risponde lui senza mostrare imbarazzo. O è un bravo attore o non gli interessa quello che può pensare la ragazza.

“Chissà perché” è la risposta borbottata della bionda mentre esce dalla cucina con il vassoio pieno ei piatti e posate.

Solo quando scompare dalla mia vista e i rumori di piatti e bicchieri mi avvisano che è troppo lontana per ascoltare la nostra conversazione rispondo a David.

« E se avessi già preso impegni? »

Impossibile visto che quando i padroni di casa sono allo chalet la nostra vita sociale è pari a zero.

« Li annulli » risponde serafico accompagnando le sue parole con una alzata di spalle.

Certo solo perché lo dice lui.

« Zi, padrone » dico imitando il tono di uno schiavo del cotone.

« No, seriamente. Voglio farmi perdonare per l’altra volta ».

« David, dove sei? » la voce della signora Modigliani arriva chiara e forte dalle scale.

« Alle nove, quando i miei se ne saranno andati dai Goldman, noi usciremo ».

« E Lana? » gli chiedo alzando un sopracciglio, scettica « Quella cara ragazza non vede l’ora di vederti » continuo imitando la voce di Adrianna. David ridacchia ma si da subito un contegno.

« Mi darò malato non preoccuparti. Questa sera ho intenzione di passarla con te » ammette con disinvoltura.

« Okay, ma Carlo? A proposito che ci fa qui? E soprattutto digli di tenere le sue manacce lontane da Lizzy, è già impegnata » più o meno, lei e il tedesco stanno avendo un po' di problemi in questo periodo ma sono certa che li supereranno.

« Riccardo, hai visto tuo figlio? » ed è ancora la voce alterata di Adrianna a rompere il nostro momento rubato. Ma perché non gli si è inceppato l’arricciacapelli in testa?

« Lui non è un problema. A dopo » mi saluta alzando gli occhi al cielo. « Mam, sono qui » dice quando ormai è fuori dalla cucina.

« Oh bene… »

Scollego completamente il cervello, non avendo nessuna voglia di ascoltare Adrianna blaterare quando la mia mente è impegnata a godersi le sensazioni che scaturiscono della prospettiva di una serata sola con David e mi maledico per non avergli chiesto dove volesse portarmi.

Quando vado in salotto con un vassoio di brioches appena sfornate tutta la famiglia e il loro giovane ospite, sono comodamente seduti attorno al tavolo e si stanno servendo.

Efficienti e silenziose seguiamo i Modigliani ed eseguiamo ogni loro richiesta con prontezza.

Adrianna sembra non aver ancora digerito la mia piccola disavventura di Febbraio che gli è costata la festa, ma questa volta David sembra aver ritrovato gli attributi e più di una volta è intervenuto per sedare, almeno in parte la sete di vendetta della donna.

« Dafne » all’ennesimo richiamo della signora Modigliani, alzo lo sguardo dal vassoio su cui sto raccogliendo le caraffe vuote.

« Dopo aver sistemato in salotto vai in camera mia. Non sapevo che indossare per questa sera e così ho lasciato qualche vestito in giro. Non è molto. Ah se ce n’è qualcuno stropicciato, stiralo prima di riporlo nell’armadio ».

« Certamente ».

« Ottimo, » dice con un sorriso falsissimo, poi il suo sguardo diventa una maschera di disapprovazione e subito mi chiedo che posso aver fatto, perché quando mette quello sguardo state sicure che è colpa mia, « ma non hai ancora portato via questi piatti? Lizzy, dovremmo darti parte dello stipendio di Dafne se devi faticare di più per fare anche la sua parte » termina con una risata divertita.

Bene, la scena nel mio cervello si svolge così. Cala un silenzio totale, quasi lugubre. Incurante delle caraffe di cristallo e finissima porcellana alzo il vassoio sopra la mia testa, attorno a me solo il rumore dei recipienti che s’infrangono contro il parquet, avanzo a passo di carica e, sotto lo sguardo allibito di tutti, inizio a colpire la donna in testa e quando questa stramazza contro lo schienale della sedia con una smorfia diabolica sul viso, prendo una fetta di pane con burro e marmellata, alle ciliegie, e gliela spalmo in faccia e sui suoi dannatissimi vestiti costosissimi.

La scena reale, invece, si svolge così. Accenno un sorriso e cordialmente mi scuso. La prospettiva di finire in prigione per omicidio volontario e preterintenzionale impedisce a quel pensiero di diventare realtà, sedarono così la mia sadicità.

« Mamma, Dafne fa un eccellente lavoro. Non puoi pretendere che faccia tre cose contemporaneamente ».

« Noi » e calcò molto sul pronome, come a sottolineare la differenza, sociale e forse a parer suo anche intellettuale, che c’è tra me e loro « paghiamo molto per l’efficienza, David. Ricordalo sempre » c’era da aspettarsi una risposta del genere.

« Scusi ancora. Lo faccio subito Signora Modigliani ».

« Ottimo, » risponde soddisfatta per poi rivolgere le sue attenzione ad altro.

Ringrazio David con un sorriso che deve chetarlo, non volevo che iniziasse una diatriba tra i due - già il ragazzo aveva aperto la bocca per controbattere.

Feci spazio sul vassoio e recupero i piatti vuoti. Al pari del migliore dei giocolieri riesco a raggiungere la cucina senza far cadere nessun piatto, nonostante il loro precario equilibrio.

« Carlo, dicci, come vanno gli studi? » Adrianna sta conversando con Carlo quando ritorno in sala per recuperare il resto. Voi vi chiederete ma perché così tanti piatti e bicchieri quando una persona normale sporca sì e no due piatti a testa e una tazza a colazione?

Bene, loro no. Loro usano un piattino per ogni cosa. Un piattino per il pane con la marmellata, uno per la fetta biscottata con burro, uno per ogni brioche che mangiano, perché non possono riusare un piatto sporco. Se poi aggiungiamo che Lizzy è rintanata in cucina a fare colazione, potete capire che ho il mio da fare.

« Benone, mio padre mi sta già presentando ad alcuni clienti. Subito dopo la laurea vuole che mi occupi di alcuni loro affari » e ciao, ciao al povero dipendente che ha sgobbato anni per arrivare in cima e si vede soffiare il posto dal figlio di papà che, come diceva mio nonno quando vedeva queste cose, avevano ancora il sapore del latte materno in bocca.

« Oh, immagino, sei sempre stato un ragazzo brillante » cinguetta Adrianna e io devo trattenere una smorfia di disapprovazione. Non metto in dubbio che possa essere intelligente ma quel posto non se lo è guadagnato. Il padre glielo ha tenuto al caldo fino a questo momento.

 

Dopo la colazione tutti sono spariti per indossare la tuta e recuperare il necessario per passare una mattinata sulla neve. Due mesi che sono qui e le uniche volte che ci sono andata è stato per divertirmi sulla pista dei bob. Vi rendete conto che c'è una bellissima pedana mobile che porta su gli slittini così da risparmiare ai fruitori la fatica della risalita con quel peso appresso. Fantastico!

Cosa importante, la casa rimarrà deserta, Lizzy ed io saremo bloccate qui, se arrivasse qualcuno e noi non ci fossimo potremmo anche non ripresentarci a recuperare la nostra roba, che probabilmente la padrona di casa si sarà premurata di buttare dal balcone, anche se un po' di silenzio e pace non ci faranno che bene, sono arrivati da una settimana ed io e la mia amica abbiamo già finito una boccettina di Novalgina a testa.

« Finalmente » sospira di gioia Lizzy una volta chiusa la porta alle sue spalle e insieme ci incamminiamo lungo il corridoio. « Non ce la facevo più e poi Adrianna? Perché ce l’ha tanto con te, oggi a colazione ha dato il meglio di se ».

« Non mi ha ancora perdonato di averle rovinato la festa » bofonchio per poi entrare nel salotto e inizio a mettere un po' di ordine. Alle mie spalle arriva la risata divertita di Lizzy.

Dopo la partenza di David non ha fatto altro che prendermi in giro imitando, con voci alterate, i possibili dialoghi tra me e David. Non ve li racconterò, io stessa sto cercando di rimuoverli dalla mia mente.

« E quando scoprirà il tuo intrallazzo con David, che farà? » mi chiede mentre dal lato opposto della tavola raccoglie le tovagliette.

« Non c’è nessun intrallazzo » obbietto, ma non la guardo mentre lo dico, « siamo amici ».

Non è una bugia, no? È quello che siamo, anche se spesso mi sono ritrovata a immaginarci in situazioni diverse da quelle di due normali amici ma questo non lo sa nessuno! Quindi bocca chiusa voi.

« Certo e io sono sposata con il principe William ».

« Davvero? Congratulazioni quando ha divorziato da Kate? » le chiedo con ironia.

Lizzy alza gli occhi al cielo, trattenendo a stento un sorriso che nasconde con uno sbuffo.

« Nega quanto vuoi » mi accusa puntandomi un dito contro « ma io so » e con questa affermazione al pari di quelle di Nostradamus se ne va in cucina.

Così, con il peso di quelle parole profetiche che aleggia su di noi, finiamo di sistemare tutto il piano. Sono le undici quando possiamo ammirare la cucina e il salotto risplendere come nella pubblicità del mastro lindo.

« Forza, andiamo a sistemare le camere » bofonchiia la mia amica stiracchiandosi le braccia. « Non posso perdermi l’episodio di Grey's Anatomy. Ho bisogno di rifarmi un po' gli occhi ».

« Credo che ti farò compagnia » già immaginandomi con sguardo sognate mentre fa il suo ingresso il Dottor Stranamore.

« Va che lo dico a David ».

« Piantala! » urlo alla sua schiena mentre corre su per le scale ridendo.

 

« Perfetto, manca solo la camera dei signori » esulta Lizzy raccogliendo paletta e scopa.

Cos’è che ha detto Adrianna?

“Non è molto”

No, è per questo che la camera sembra un campo di battaglia. Vestiti femminili e maschili sono sparsi ovunque, sul pavimento, sulle sedie, divani, ripiani, insomma su ogni superficie possibile.

« Ecco… mi sono appena ricordata di aver ancora delle cose da fare » e alla pari di Beep Beep scompare in una nuvola di fumo.

« Traditrice » sibilo prima di immergermi tra le dune di vestiti.

Ne riemergo sono quattro ore dopo, ammaccata e sudata, il ferro da stiro in una mano e il piano da stiro nell’altra, giusto in tempo per veder salire Adrianna e Riccardo. Dietro di loro una Lizzy trafelata.

« Fatto? » è la prima cosa che mi chiede la padrona di casa. Potrebbe fare invidia a un caporale dell’esercito.

« Sì, signora ».

« Molto bene, allora scendi e prepara del tè e qualche pasticcino per tutti » ordina sparendo in camera di suo figlio assieme alla mia amica.

Un momento perché in camera di David?

« Dafne, non disturbarti per me e nemmeno per mio figlio, lui e il suo amico sono ancora fuori. Abbiamo incontrato Lana, nel primo pomeriggio, e andranno direttamente da lei » mi rivela il signor Modigliani, spiazzandomi completamente.

« Ma come fanno per i vestiti? » obbietto cercando di apparire impassibile. Dentro di me invece è in atto la terza guerra mondiale. Com’è possibile che lui andrà da Lana? Mi aveva promesso che sarebbe uscito con me! Lui ha detto che questa sera era nostra perché doveva farsi perdonare!

« Oh… per quello c’è Lizzy, aiuterà Adrianna a preparare la borsa di David e Carlo e gliele porterà dai Goldman. Tu riposati pure » mi dice comprensivo, picchiettandomi sulla spalla.

Lo ringrazio cercando di tenere un tono di voce normale, avrò tempo dopo di lasciarmi crogiolare del disappunto e nella delusione.

 

 Preparo il tè e sistemo i pasticcini preferiti della donna su un piattino finemente decorato a mano. Eseguo tutto con gesti meccanici, automatici grazie all’esperienza. Per fortuna direi perché la mia mente è molto lontana dalla cucina. Tanti pensieri si azzuffano nella mia mente per avere il primato che nessuno riesce a emergere. Sono solo un’accozzaglia di emozioni e suoni che non fanno altro che peggiorare il mio mal di testa e il mio malumore.

Finalmente i signori se ne vanno verso le cinque e trenta, alla fine Adrianna non ha bevuto il suo stupido tè e la voglia ti versarglielo in testa quando me l’ha detto, era tanta.

Lizzy mi propone una serata film per distrarmi, cosa c’è di meglio di una full immersion di film con Hugh Grunt?

E poi fare come nei più famosi pigiama party americani, manicure, pedicure e tinta di capelli… già, Lizzy vuole farmi bionda. Dice che starei benissimo.

Per quanto la proposta è allettante, rifiuto per rifugiarmi in camera a parlare con la mia amica e sfogarmi.

Ma una sorpresa mi attende quando accendo il cellulare, è rimasto spento per tutta la giornata attaccato alla presa.

Cinque chiamate senza risposta e quattro messaggi non letti.

“Perdonami ma dobbiamo rinviare la serata, abbiamo incontrato Lana e i suoi genitori. D. ”

Questo risaliva alle tre di pomeriggio, il secondo alle tre e mezza. E la storia dello stare male? Avrei voluto dirgli.

“Dafne, scusami davvero, ma mi hanno incastrato e Carlo si è divertito a dare una mano. D.”

Certo, facciamo lo scarica barile sull’amico. Assumiti le responsabilità delle tue azioni. Traditore.

Indispettita passai al messaggio successivo risalito a un’ora fa.

“ Dafne, so che ci sei rimasta male… ”, « E ci mancherebbe » borbotto prima di riprendere a leggere.“ …anch’io avrei voluto attenermi al piano originale. D.”

Già si vede come sei dispiaciuto. Che stai facendo ora? Bevendo champagne e mangiando caviale? Oh, sì, sei proprio dispiaciuto.

“ Ti prego, appena leggi uno di questi messaggi, rispondimi per favore devo sapere che non ce l’hai con me. D.”

Questo era di dieci minuti fa.

Con uno scatto rabbioso mi alzo dal letto e lancio il cellulare sulle lenzuola con la ferma intenzione di ignorarlo. Raggiungo il bagno e apro l’acqua che come una cascata inizia a riempire la vasca, aggiungo abbondante bagnoschiuma, e poi torno in camera con meta l’armadio e recupero il necessario per cambiarmi e senza rispondere al messaggio vado a farmi un bagno.

Come ogni pesce che si rispetti, nell’acqua trovo il mio elemento, è la mia bolla di pace e tranquillità. Mi aiuta a riflettere quando sono indecisa e a calmarmi quando sono arrabbiata. Entrambe in questo momento.

Non so per quanto tempo rimango ammollo nella vasca, molto viste le mie dita raggrinzite ma certamente sono più calma e rilassata.

Bene, Dafne, sei calma e rilassata, il mondo ha quella leggere sfumatura rosa, tanti arcobaleni ti circondano e finalmente te ne puoi andare a letto. L’unica problema è il cellulare ancora abbandonato sulla coperta. Lo riprendo in mano e dopo essermi sistemata in posizione fetale sotto le coperte, rileggo tutti i messaggi che mi ha mandato. L’hanno obbligato ma perché non si è inventato la scusa di non stare bene come mi aveva detto? Carlo… mi ha detto che non è un problema ma a quanto pare si è sbagliato.

Forse posso dargli il beneficio del dubbio, forse posso anche passarci sopra, magari lui ci ha provato davvero ma uno contro una mandria di snobbosi è molto probabile che soccomba.

 Cavolo, sembra che sia andato in guerra e non a  una cena.

È con un sospiro arrendevole che scrivo la risposta.

“Non ce l’ho con te, anche se è vero, mi sono sentita un po' presa in giro. Goditi la serata ci vediamo domani mattina a colazione. Notte. Dafne”.

Non ho il tempo di pentirmene e di poggiare il telefono sul comodino che inizia a vibrare.

“ Temevo non mi avresti più rivolto la parola. Ti giuro che mi farò perdonare. Vai già a dormire? D.”

“ La lista si allunga caro il mio Modigliani, per il resto… ci ho fatto un pensierino ma ti sei salvato grazie a un lungo bagno ristoratore. Non dormirò ma mi nascondo da Lizzy, vuole farmi bionda!”

Questa volta ci mette più tempo a rispondere ma non devo attendere molto, in ogni caso.

“Non staresti male… ma preferisco le more. Poi come farei a riconoscerti domani? D.”

“Semplice, sarei quella che ti versa il caffè in testa : )”

Rido da sola mentre rileggo il messaggio e immaginando la faccia di David quando lo leggerà. Con un braccio sistemo meglio il cuscino sotto la mia testa in attesa della sua risposta ma questa non è rapida ad arrivare come le altre. Che ci sia rimasto male?

Ho già aperto la casella per un nuovo messaggio quando David risponde.

“ Me lo merito, ora devo andare, purtroppo. Notte Dafne. D.”

Una leggera ondata di malinconia mi colpisce allo stomaco ma quel “purtroppo” forse irrilevante per qualcuno per me vale molto.

Ed è così che, sorridendo, cado in un sonno profondo.

 

Il giorno dopo, sono svegliata da un raggio di sole, che birichino filtra dalle tende color panna delle finestre, e dall’insistente vibrazione del mio cellulare, chi chiama alle sei e trenta del mattino?

Svogliatamente prendo il telefonino e quando apro la casella messaggi, ne trovo uno di Anna che mi augura tanti auguri. Sorrido felice e le rispondo subito.

Come ho già detto non tengo molto in conto i compleanni, tanto che nemmeno mi ricordavo che oggi fosse il mio. È un giorno come un altro, solo che sei più vecchio. Perché si festeggia il diventare più vecchi? Perché, alla fin fine è questo che si fa. Preferisco viverlo normalmente come se fosse un giorno qualsiasi, anche se questa volta sono tentata di chiedere un giorno libero per scappare dalla pazzia di Adrianna.

Guardo nel letto adiacente al mio, dove un ammasso di coperte mi suggerisce che la ragazza che lo occupa sta ancora dormendo profondamente. Rimetto il cellulare sul comodino e stanca a causa della notte movimentata provocata da una serie infinita d’incubi - con protagonista la sottoscritta che veniva perseguitata da Adrianna, o delle volte Lana, oppure entrambe, le quali, ogni volta, assumevano le sembianze di uno dei killer barra mostri dei film del terrore -, mi alzo e in malo modo strattono la mia compagna che si sveglia con un sobbalzo. Con un gesto nervoso si toglie la maschera per gli occhi e mi guarda assonnata.

Anche lei è messa come me.

Sono le sette un quarto quando salgo al piano padronale per preparare la colazione. Ma per la prima volta in quasi tre mesi non sono la più mattiniera.

« David? »

« Buon giorno » mi saluta sorridente. I capelli ancora scompigliati e gli occhi rossi.

« Che ci fai qui? La colazione sarà pronta solo per le otto ».

« Lo so, ma volevo parlarti e tu mi hai detto che prima di un quarto alle otto Lizzy non si fa vedere, così eccomi qui ».

L'unica cosa di cui vorrebbe parlare è lo spiacevole episodio di ieri sera così annuisco e mentre inizio a preparare il necessario per la colazione, lo ascolto.

« Volevo prepararti qualcosa per la colazione ma non so cosa preferisci… ».

« Caffè latte e gocciole, così la prossima volta ti ricordi ».

« Non lo dimenticherò. Ti posso dare una mano? » mi chiede prendendo il latte dal frigorifero.

« Non è che poi mi bruci la cucina? No, perché Adrianna darebbe la colpa a me » scherzo e lui mantenendo lo stesso mio tono allegro mi assicura di essere un discreto cuoco.

« A Padova vivo da solo e ho dovuto arrangiarmi ma hai ragione, all'inizio ho rischiato di bruciare la cucina più di una volta. Poi ho scoperto i “quattro salti in padella”, la mia salvezza » confessa facendomi ridere. È come mio padre, quando sono al lavoro o via, lui vive di cibo in scatola, purtroppo non si è ancora evoluto ai prodotti surgelati, microonde e forno erano e restano  elettrodomestici di cui non ha mai capito il funzionamento.

 

« Allora, che volevi dirmi? » esordisco mentre seduti al tavolo, aspettiamo che sia pronto il caffè.

« Voglio scusarmi, e forse ti sarai anche stancata di sentirmi dire questa parola, per quella che deve essere la millesima volta » gli lancio un occhiata e non riesco a trattenere una leggera risata alla sua affermazione e pure lui sorride, poi continua.

« Ieri avevo un piano ben organizzato. Uscire, qualche volta far trapelare che non mi sentivo tanto a posto fino a quando nel pomeriggio quando i miei avrebbero ricominciato a sciare, io sarei sceso con la scusa che non stavo bene ».

« E a quanto pare non ha funzionato » deduco ricevendo in risposta uno sbuffo sconsolato.

« No, a pranzo abbiamo trovato Lana e i suoi genitori, cosi abbiamo pranzato assieme, io sono andato avanti con il mio piano ma Carlo, che doveva aiutarmi, mi ha remato contro. Dovevi vederlo come si divertiva alle mie spalle » posso ben immaginarlo nella mia mente. « E quando hanno iniziato a parlare della sera io mi sono ritrovato con le spalle al muro ».

« Non importa, David. Non è una cosa grave e poi alla fine la cena era un impegno che avevi preso in precedenza e sarebbe stato scortese non andarci ».

Questo ieri sera non lo avrei mai pensato ma come si dice " la notte porta consiglio ".

« E dimmi come è andata? » gli chiedo sorridendo per fargli capire che sono sincera.

« Come al solito. Ottimo cibo, il signor Goldman si è vantato degli ultimi successi della sua impresa, la madre di Lana e la mia hanno parlato dei vecchi tempi del collegio a Londra mentre io facevo finta di ascoltare Lana e Carlo mentre sbirciavo il cellulare in attesa che qualcuno rispondesse » e mi lancia un’occhiata allusiva, non posso negare di essere lusingata del fatto,  « e poi c’erano alcuni amici che non facevano altro che chiedermi dell’università e dello studio di papà ».

« Beh… a mia discolpa ho letto i messaggi solo dopo la partenza dei tuoi genitori e ora sono anche ragionevole, ma questo non vuol dire che ci sono rimasta male quando li ho letti ».

« Quindi devo ringraziare il lungo bagno ristoratore? »

« Già… che c’è? » chiedo vedendolo pensieroso. David mi guarda interrogativo e alza un angolo della bocca in un accenno di sorriso.

« Nulla. È pronto il caffè » dice e si alza per versare la bevanda nel thermos di acciaio.

Avete presente quelle persone che quando chiedi “ a cosa stai pensando?” ti dicono “ Oh, nulla” ma in realtà stanno pensando a qualcosa che riguarda te ma non te lo dicono? Ecco il suo “Oh, nulla” mi ha lasciato questa sensazione.

Non indagai oltre, anche perché dal piano superiore iniziano ad arrivare rumori di porte che si aprono e che si chiudono, acqua che scroscia e così recupero piatti, forchette, cucchiaini e tutto il necessario per preparare la tavola.

A un quarto alle otto Lizzy fa il suo ingresso in cucina perfettamente truccata e pettinata.

Rimane spaesata quando al posto della sottoscritta trova David a strapazzare le uova.

« Lizzy, vedo che sei molto mattiniera » è il suo commento sarcastico.

« Oh, emh… Non è mia abitudine fare tardi… ».

« Lizzy, lascia perdere e porta questi al tavolo » e le metto in mano in vassoio di pane già affettato. La ragazza esegue l’ordine senza obbiettare, defilandosi in pochi secondi.

« Forse è meglio se la rassicuri sul fatto che non gli abbassi lo stipendio » dico divertita a David.

« Lasciamola nel dubbio ancora un po’ » propone lui con fare cospiratorio. Per un momento vorrei dirgli di no ma poi penso che un po' di suspense male non fa.

« Non ti facevo così diabolico ».

« Oh, ci sono un sacco di cose che devi conoscere ancora ».

 

I signori Modigliani e Carlo scendono alle otto e un quarto, tutti stupidi di vedere il moro tranquillamente seduto sul divano mentre mi fa alcune domande sulla colazione. È stata una sua idea di depistaggio, come ha detto lui quando avevamo sentito le scale scricchiolare.

« David, che fai già qui? » gli chiede Carlo che probabilmente lo credeva ancora a dormire.

« Mi sono svegliato presto e così sono sceso prima » e alza in aria un voluminoso libro di diritto privato. Se la carriera da avvocato gli dovesse andare male, potrebbe intraprendere la carriera di attore.

« Dafne, potresti versarmi una bella tazza di caffè per favore » dall’ultima frase potete capire che non è Adrianna quella che mi ha chiesto il caffè. Il Signor Modigliani, si siede a capotavola e svogliatamente inizia a spalmare della marmellata su un po' di pane. « Siete fortunati voi giovani » continua lanciandomi un’occhiata quasi paterna « anche io da giovane stavo alzato fin quasi al mattino e il giorno dopo ero bello pimpante e pronto a seguire una lezione o lavorare ora… anche solo rientrare all’una di notte mi riduce a un relitto » sogghigna e io rispondo con un sorriso divertito. Quest’uomo è simpatico e gentile, proprio non capisco come ha fatto a sposare un’arpia come la moglie.

« Piantala, Riccardo, sono solo storie per potertene stare a casa a non partecipare al party dei Grotti. Ieri sera è stata una bella serata in famiglia ».

Perché l’ultima parte l’ha detta guardando David con uno sguardo pieno di significati.

« Lana era raggiante ma tu David, eri sempre attaccato al cellulare. Sei stato molto scortese nei suoi confronti, sai? » lo rimprovera la donna e non riesco a impedire ai miei occhi di correre al ragazzo che si muove sulla sedia a disagio e sorrido.

« Perdonami, mamma, ma aspettavo un messaggio importante ».

« Per l’università? »

« Emh… sì »

« A quell’ora? »

« Che ci vuoi fare, sono cose normali credimi » la rassicura il figlio, « vero, Carlo? » aggiunge con un’occhiata minacciosa all’amico che alza la testa dal piatto, stranito.

« Oh sì, certo. È all’ordine del giorno » gli regge il gioco l’altro con un sorriso strafottente che è sostituito da una smorfia di dolore. Guardo David, seduto al suo fianco e sul suo viso fa bella mostra di se un sorriso soddisfatto e ci metto poco a capire che è successo.

« E a proposito di questa sera io e Carlo non ci saremo, dobbiamo incontrare alcuni nostri amici a Lech partiranno dopodomani e così ci siamo accordati per questa sera ».

« Bene, allora saluteremo i Grotti da parte tua ».

La colazione continua con discorsi noiosi, almeno per me, sugli ospiti della cena dai Goldman e di quelli di questa sera.

La famiglia a causa della nebbia che è caduta sul piccolo paesino ha deciso di rimanere a casa. Una tragedia per i miei nervi, più di una volta mi sono ritrovata a pregare che lunedì arrivi il più in fretta possibile per vederli salire sul loro bellissimo e costosissimo jet e partire per non tornare fino alla fine della stagione e quindi del mio contratto.

L’unica nota di colore è stata la chiamata di mio padre, sfruttando l’ora del riposino post pranzo degli abitanti della casa l’ho potuto chiamare e mi ha aggiornato sulle novità di Milano e la Signora Brambilla mi ha tenuto al telefono a lungo perché voleva sapere praticamente tutto quello che avevo fatto fino ad oggi.

Ricevetti anche altri messaggi da parte di vecchi compagni di scuola e colleghi di lavoro.

 

Purtroppo oggi c’è anche qualcun altro che ha deciso di mandarmi fuori di matto.

Perché non possono farmi il regalo di scomparire tutti?

« Non ci vado e non provare a chiamare per farti portare la roba, chiaro? O assaggerai la mia vendetta » mi minaccia Lizzy puntandomi un coltello perfettamente lucidato davanti al viso.

« Lizzy, si ragionevole. La macchina non possiamo prenderla e io ho un sacco di compiti che mi ha dato Adrianna » cerco di spiegarle con tutta la calma del mondo ma la ragazza non sembra sentire ragioni.

« Beh… trova il tempo perché io non ci vado » è la sua risposta impettita.

« Tutto a posto? » David fa il suo ingresso in cucina con indosso una semplice, banale tuta. Allora perché mi sembra comunque uno schianto, come se indossasse il più bello dei vestiti di alta moda?

« Benissimo, non preoccuparti ».

Anche se vorrei urlare: No non va bene per nulla. Ho un sacco di lavoro, una collega che non vuole collaborare e sono sull’orlo di una crisi di nervi per colpa di tua madre.

« Strano perché sembri sul punto di strozzare Lizzy » ribatte sogghignando.

« Disguidi » liquido la faccenda.

« Okay, cosa c’è per pranzo? »

« Lizzy, stava giusto andando in paese a comprare il necessario » e sorrido malefica sapendo che con davanti David, Lizzy non avrebbe detto no.

« Sì ma poi Dafne si è proposta di andare lei » rigira la frittata a suo favore. Assottiglio lo sguardo e credendo che la ragazza legga nel pensiero le urlo mentalmente le più atroci maledizioni ed epiteti che farebbero arrossire persino uno scaricatore di porto.

« Non è esattamente così, Lizzy… » bisbiglio cercando di controllare la voce. « Sai che ho un sacco di lavoro da fare ».

« Scusate ma chiamare quel Axel? » interviene David senza sapere di scatenare così il fini mondo.

« No! » appunto, « taglierò la lingua a chiunque lo farà venire qui » e in questo momento sembra un angelo vendicatore tanto fiammeggiano i suoi occhi.

« Okay… » dice esitante, anche lui come me teme che le sue parole si possano avverare. « Quindi… ? »

« Quindi ci va Dafne ».

« Lizzy, ti ho detto che ho da fare, ci andrei se la Signora Modigliani non mi avesse dato tutto quel lavoro ».

« Sentite, facciamo così » interviene David che in questo momento sembra tanto Salomone che decide del destino del bambino.

« Tu » ed indica me, « verrai con me a fare la spesa ».

« Cosa! » gracchio tra lo sconcertata e l’imbarazzata.

« E tu » questa volta indicando Lizzy, « tu farai il lavoro di Dafne. Così tu non vedrai Axel e i lavori di Dafne saranno fatti ».

Beh… questo mi piace.

« Ci sto » accetto liberandomi del piccolo grembiulino per lanciarlo sulla mensola sotto la finestra ed esco dalla cucina per scendere a recuperare la giacca accompagnata dalle proteste di Lizzy.

Ad accogliermi quando risalgo il sorriso divertito di David.

« Credo che Lizzy mi voglia strangolare »  confessa quando lo raggiungo.

« Sapendo quello che la attende, la posso capire ».

« Allora è meglio scappare prima che decida di attuare uno dei suoi piani » bisbiglia e per avvalorare la sua tesi mi indica la bionda che completamente piena di cenere cerca di ripulire il camino. Lancia uno sguardo imbufalito verso di noi ed io non riesco a trattenere le risate.

« O sì, è meglio scappare » concordo prendendolo per un braccio e spingendolo verso l’uscita.

« Grazie per avermi fatta uscire da quella casa. Avevo proprio bisogno di staccare » dico appena chiusa la portiera. Metto la cintura e mi lascio scivolare sul sedile chiudendo gli occhi sorridendo.

David mi rivolge un sorriso comprensivo, accende la macchina e parte.

« Lo immaginavo, mia madre sa essere sfiancante quando ci si mette ».

« È molto brava in questo » concordo.

« Allora dove dobbiamo andare? »

« Al mercato a fare un po' di rifornimenti » gli rispondo estraendo la lista della spesa. « Siete delle fogne lo sai? » lo riprendo bonariamente, « avete divorato quello che abbiamo comprato prima che arrivaste ».

« Beh… quando si ha fame si ha fame e sciando tutto il giorno abbiamo bisogno di ricaricarci ».

« Certo, certo… comunque finito al mercato dobbiamo passare da Axel per prendere della zuppa di gulasch e abbiamo finito ».

« Sì, signora » risponde da perfetto soldatino.

Il mercato si svolge in un grande piazzale al centro del paese. È molto suggestivo per i turisti perché trasmette quell’aria di antico borgo. I locali, lo chiamano “la grande sala”, proprio per le sue dimensioni. È una combinazione di mercato di contadino e negozi alimentari fissi che offrono prodotti freschi ogni giorno. Ci si trova di tutto, dai formaggi al pane, dalle verdure alla carne e anche pesce.

« Wow… certo che è affollato » è il commento di David mentre cerchiamo di raggiungere le vari bancarelle.

« Che credevi? Questo è un ottimo posto per fare la spesa e la qualità è garantita ».

Ci impieghiamo quasi un’ora per comprare tutto il necessario. Forse ci avremmo impiegato anche un po' meno se non mi fossi fermata a quasi tutte le bancarelle di artigianato e ceramica, lo ammetto ma credetemi quando vi dico che nessuno può passare dritto senza darci un’occhiata, nemmeno David c’è riuscito.

David mi segue pazientemente e non fa mancare certe sue battute sulla fissazione delle donne a guardare ogni oggetto esposto su una bancarella guadagnandosi anche qualche occhiata non proprio amichevole da quei commercianti che masticano un po’ d’italiano, come quella della bancarella dove siamo fermi da più di dieci minuti perché io mi sono persa a osservare un ciondolo in argento a forma di spicchio lunare e con un piccolo Swarovski. Bellissimo e purtroppo "leggermente" al di sopra delle mie finanze.

Peccato...

E così passiamo oltre per continuare il giro ma non posso evitare di fermarmi una seconda volta quando torniamo indietro. Mamma mia che bella che è...

Avete presente quando una cosa ti piace, ma proprio tanto, e purtroppo non potete averla e ci rimuginate e rimuginate, sapendo perfettamente che per quanto lo facciate le cose non cambieranno ma nonostante ciò continuate buttandovi sempre più giù? Io mi sento così. So che se non la prendo me ne pentirò per sempre ma non voglio nemmeno spendere tutti quei soldi...

« Okay, andiamo dobbiamo ancora passare da Axel » dico allontanandomi a passo di carica.

« Aspettami alla macchina devo tornare a una bancarella che abbiamo visto poco fa » mi blocco alla sua richiesta.

« Ti accompagno » gli propongo ma lui rifiuta.

« No, o se no mentre torniamo mi tocca riguardare ancora questa bancarella ».

Effettivamente non ha tutti i torti...

« Okay, dammi le chiavi, allora ».

« Non partire senza di me ».

« Oh... Non ti farebbe male una bella camminata » lo provoco inducendolo a pensare di avere qualche chilo di troppo.

« Ehi... Sono in perfetta forma non mettere in giro false voci » risponde fintamente offeso. Infila la mano nella tasca e mi consegna le chiavi per poi allontanarsi.

Ridacchiando e divertita mi avvio alla macchina e dopo aver sistemato nel baule le borse, mi accomodo e lo aspetto ascoltando la radio che trasmette canzoni tedesche, moderne e tradizionali austriache.

« Eccomi! » si palesa David sedendosi al posto di guida.

« Che dovevi prendere? » chiedo curiosa mentre lo guardo alla ricerca di una busta che non c'è. « Ma non hai preso nulla? »

« No, lo avevano già preso » risponde dispiaciuto.

« Quando una cosa piace bisogna prenderla prima che qualcuno te la rubi ».

« E perché non hai preso quel ciondolo? Sembrava piacerti molto ».

Sbuffo dispiaciuta ricordando quel bellissimo spicchio lunare che ora sarà in mano a qualcuna più facoltosa di me.

« Se il prezzo fosse stato più basso lo avrei preso, stanne certo » borbotto.

« Potevo prestarteli io... e tu me li avresti ridati con calma » si affretta ad aggiungere sotto il mio sguardo di disapprovazione.

« Non fa nulla... » e chiudo il discorso alzando il volume della radio. « Allora questa sera, serata tra amici a Lech? ».

David mi guarda senza capire ed io mi ritrovo a ricambiare lo sguardo, visto che ne parlava questa mattina e non credo che abbia problemi alla memoria a breve termine alla sua età.

« Oh, no. Quella era una scusa » risponde una volta ripresosi.

« Dovete andare in qualche posto che i tuoi disapproverebbero? » lo canzono anche se al pensiero di vederlo in qualche locale di streaptease o assieme a qualche avvenente giovane donna mi fa salire il sangue al cervello.

« No, usciamo io e te. Carlo se ne starà a casa o andrà al Dobler in paese. Questa volta abbiamo le spalle coperte, facciamo alle otto e mezzo? »

Vengo travolta da una strane euforia sapendo che questa sera saremo solo io e lui, senza nessuno.

Se ha detto tu ed io vuol dire che non c’è nessun altro. Se no avrebbe detto io, te e Pinco pallino, mette becco il mio grillo parlante. Era da diverso tempo che non spuntava fuori e mi stavo preoccupando ma, ora vorrei tanto che se ne tornasse in silenzio.

Evita frasi stupide ed io non devo intervenire.

Okay, basta. Questa sera saremo io e David.

« Okay, dove andiamo? » domando curiosa ed eccitata. Nemmeno lo sa ma mi sta facendo il regalo di compleanno più bello di tutti.

« Non preoccuparti ti porterò in un posto che ti piacerà molto » e no, non può uscire con questa frase.

« Non puoi dire una cosa del genere a una che è curiosa cronica per natura! » a Natale perlustro tutta la casa ala ricerca dei regali di papà!

Sì, ho usato il presente perché lo faccio ancora. Chi non ha peccato scagli la prima pietra.

« Dovrai aspettare stasera » ribatte e alza il volume della radio proprio come avevo fatto io prima per chiudere il discorso del ciondolo.

 

Raggiungiamo il ristorante di Axel in pochi minuti ed è proprio il tedesco ad accoglierci con un sorriso raggiante che si spegne quando non vede la biondina. Non so bene che sia successo, solo che una sera Lizzy è tornata imbufalita e che da quel momento non fanno che litigare per ogni cosa e si vedono sempre meno.

Loro non mi dicono nulla ed io non chiedo, fedele al detto “tra mogie e marito non mettere il dito”, nel loro caso questo è da leggere nel senso lato del termine.

« Ehi, ragazzi che posso fare per voi? » ci chiede con falso entusiasmo.

« Vorrei quattro porzioni della vostra buonissima Gulaschsuppe. Il Signor Modigliani vi fa i complimenti, ha detto che era ottima ».

« Oh beh nessuno è meglio di mamma in questo campo » si pavoneggia Axel, orgoglioso del suo genitore.

« Questa mattinata è stata piacevole. Ti è piaciuta? » mi chiede David mentre aspettiamo l’ordine.

« Sì, mi sono divertita, soprattutto quando la signora ti ha convinto a indossare quel cappello pieni di piume » ricordo trattenendo le risate a fatica. Era ridicolo.

« Non ricordarmelo per favore » si lamenta lui, poi il suo sguardo si accende di terrore. « Hai cancellato la foto, vero? »

« Certo » squittisco. Solo che lui non può vedere la mia mano dietro la schiena che ha le dita incrociate...

« Ecco a voi » esclama Axel comparendo con due sacchetti di plastica. « 180°, mezz’ora prima di mettere in tavola ».

« Grazie » dico sporgendomi per prenderle ma David mi anticipa.

« Io vado a pagare e poi al bagno aspettami qui che fuori fa freddo » e se ne va impedendomi ogni protesta.

« Come sta Lizzy? Sono giorni che non risponde alle mie chiamate » ne approfitta il tedesco usando un tono sommesso.

Axel in questo momento assomiglia a quegli orsacchiotti pelosoni e morbidoni che non vorresti fare altro che spupazzare per tutto il giorno ed è proprio quello che vorrei fare e solo perché il locale è affollato che mi limito a strofinargli il braccio in segno di solidarietà.

« Dovresti sapere meglio di me che Lizzy ha seri problemi, quella ragazza è lunatica e siccome tu sei il suo ragazzo, scarica tutto su di te ».

Axel è un santo, per riuscire a sopportare quella ragazza ci vuole una pazienza infinita.

« Ormai non so più se stiamo assieme, l'hai vista in questo periodo. È più schizzata del solito ».

Sospiro visto che è l'unica cosa che posso fare.

« Voi donne siete strane e matte » borbotta.

« Ehi, non generalizziamo » lo richiamo colpendolo piano sul braccio. « Axel, sarà un periodo no. Abbi pazienza e tutto si risolverà ».

 

« L'ho mollato ».

Perché non me ne sto mai zitta?

« Tu cosa? » chiedo alzando lo sguardo dall'impasto.

« Ho mollato Axel ».

« Perché? Finalmente avevi trovato l'unico ragazzo che sopporta le tue pazzie e lo lasci? »

Lizzy mi lancia un’occhiata di disappunto. Certo, lei si crede la ragazza perfetta e senza difetti.

« Era diventato asfissiante, chiamava sempre e non potevo svoltare l'angolo che lui era lì ».

« Ehi, Lizzy ».

Carlo fa il suo ingresso con la sua camminata da ragazzo che si crede mister mondo e con fare malizioso occhieggia alla mia amica. Raggiunge il frigorifero, lo apre e recupera una bottiglia di acqua. Il tutto, senza staccare gli occhi di dosso dalla bionda.

« Ehi... » risponde lei con fare civettuoso. Io faccio passare lo sguardo tra loro due come se stessi guardando una partita di ping-pong.

Lizzy con un sorriso malizioso prede un bicchiere dalla mensola e glielo porge.

Probabilmente i miei occhi sono fuori dalle orbite perché non credono a quello che sta succedendo. Stanno flirtando davanti a me!

No, non va bene. Avevo detto a David di tenere il suo amico lontano e invece eccolo qui all'attacco.

« Lizzy, dovresti scendere in cantina a recuperare un Pinot del 96  ».

Sinceramente non mi serve nulla ma devo intervenire. Non va bene quello che sta succedendo.

Il mio intervento ottiene l'effetto desiderato e il gioco di sguardi si rompe.

« Cosa? »

« Mi serve un Pinot del 96. Mi sono ricordata che il signor Modigliani lo vuole bere questa sera » aggiungo per rendere più credibile la cosa. « Io sono leggermente sporca per muovermi in giro per casa. Chi la sente poi la Signora ».

Lizzy sbuffa contrariata, ma fa come le ho chiesto.

« Dafne » inizia il ragazzo poggiando i gomiti sul piano dell’isola, un sorriso da schiaffi in viso, « volevo scusarmi per aver rovinato la seratina romantica tra te e David ».

« Non c’era nulla di romantico » obbietto.

« Certo, in ogni caso mi spiace. Questa sera non farò nulla. Parola di scout » promette e dopo avermi rubato una mela se ne va.

Dieci minuti dopo Lizzy, imbufalita entra in cucina.

« Da basso non c’è nulla! »

« Oh… già mi sono ricordata che l’hanno presa ieri per la cena. Che sciocca » dico scrollando le spalle. « Scusami ».

 

Non so se sto facendo bene a uscire. Insomma lascio Lizzy nelle mani del lupo cattivo. Non mi sento tanto a mio agio…

È grande e vaccinata mi dico per convincermi a uscire.

Sì, ma al momento è in una fase strana e potrebbe fare di tutto, non è nel pieno delle sue facoltà mentali, mi dico per convincermi a restare a casa.

Così mi ritrovo davanti allo specchio, pronta per uscire ma indecisa sul da farsi, tanto che penso di usufruire del buon vecchio metodo della margherita ma ci pensa Lizzy a risolvere la situazione per me.

« Il tuo bello è pronto e profumato davanti alla porta ad attendere la sua bella. Quindi muoviti prima che si preoccupi ».

Sì, Lizzy è grande e vaccinata da cavarsela da sola.

« Okay, ci vediamo domani mattina » dico con un sorriso a trentadue denti. La saluto e corro su per le scale ignorando il suo “non fate gli sporcaccioni”. Dovrei essere io a dirlo!

David è davanti alle scale e sorride quando mi vede, un sorriso così bello che mi fa dimenticare la mia amica.

« Eccoti, credevo che fossi scappata ».

« Scusa, solo che non sapevo cosa mettere visto che qualcuno non mi ha voluto dire la meta ».

David fa orecchie da mercante e con un alzata di spalle mi precede lungo il corridoio. Ha già indosso la giacca ed è pronto

Mi guardo attorno ma dell’altro inquilino della casa non c’è traccia. Che sia uscito davvero?

« Dafne? »

« Arrivo! » indosso la giacca e correndo, raggiungo il ragazzo che mi attende tenendo la porta aperta.

 

« C’è qualche problema? » mi chiede quando stiamo scendendo dalla stradina che porta al paese. Questa sera abbiamo deciso di fare gli ecologisti e di goderci l’aria fresca e pulita di montagna.

La sua domanda è abbastanza legittima visto che continuo a lanciare occhiate furtive allo Chalet che piano piano sta diventando sempre più piccolo.

« Nullaaa » prolungo l’ultima sillaba quando inavvertitamente metto il piede su una lastra di ghiaccio. David è subito pronto a sostenermi e anche quando mi rimetto in posizione stante, non lascia la presa sul mio braccio. Così camminiamo a braccetto con un po' d’imbarazzo da parte mia.

« Allora come stanno Lizzy e Axel? »

« Sì sono lasciati ».

« Davvero? »

« Lei ha lasciato lui, oggi » borbotto ripensando alla conversazione con Axel e poi quella con Lizzy e l’indesiderato arrivo di Carlo. « Tu credi che Carlo ci proverà con Lizzy questa sera? »

« Probabile » risponde con tono indifferente « ma non credo siano affari tuoi o miei » continua stringendo il mio braccio « sanno badare a loro stessi. Noi abbiamo la nostra serata e voglio che ci divertiamo ».

« Giusto… allora ora puoi dirmi cosa ti è venuto in mento per farti perdonare? » chiedo con ritrovato sorriso e una preoccupazione in meno nella testa. È la nostra serata e non voglio farmela rovinare da nessuno. Poi è anche il mio compleanno.

« Ahh… ma come siamo curiose, manca poco e lo vedrai ».

« Un indizio? » scuote la testa divertito « nemmeno piccolo, piccolo? » lo supplico stringendo il braccio cui sono abbracciata. Il ragazzo sembra irremovibile perché scuote ancora la testa e fa segno di cucirsi le labbra. Metto su un broncio che farebbe invidia a una bambina di due anni, ma non mi arrendo, cerco di carpirgli qualche informazione studiando la direzione che abbiamo preso e cercando di sorprenderlo con domande a trabocchetto. Stiamo camminando verso la zona più vicina all’ovovia, dove ci sono piste per go card, piccoli parchi divertimenti e altri impianti per lo svago dei turisti.

Spero davvero che non mi porti alle macchine…

 

« Questa è corruzione » esordisco appena si ferma davanti al palazzo del ghiaccio. La pista è già affollata e tante luci colorate decorano le fronde degli alberi donando un aspetto quasi natalizio. La musica di sottofondo, mica tanto visto che la sentono fino al paese successivo, è una canzone di David Guetta, “Little Bad Girl”. La colonna sonora delle mie vacanze estive in Francia. Anna ed io la trovavamo su ogni canale di musica e su ogni stazione radio.

« Sono un avvocato ed è mio compito scoprire i punti deboli dell’avversario e usarli a mio vantaggio ».

« Vuol dire che sarai un ottimo avvocato in futuro ».

All’ingresso non troviamo molta coda, così in poco tempo ci ritroviamo seduti alle panche a indossare i nostri pattini. È da due settimane che non vengo, prima dovevamo ripulire la casa da cima a fondo per l’arrivo dei proprietari e da quando sono tornati, Lizzy ed io non siamo potute uscire per staccare la spina nemmeno un attimo.

« Forza, David, stai facendo la coda! » gli urlo mentre inizio a scivolare sul ghiaccio nelle vicinanze dell’entrata.

« Oh no, io sto bene qui. Tu vai pure » urla. Esitante mette un piede sul ghiaccio e tenendosi alla ringhiera cammina, si cammina non pattina, rimanendo sul bordo.

« Paura, David?» lo provoco pattinando all’indietro.

« Chi, io? No! » e non posso che scoppiare a ridere alla vista della sua faccia paonazza.

« Allora forza » lo incito e lui borbotta qualcosa di incomprensibile. Scuoto la testa divertita e faccio per allontanarmi e compiere almeno un giro prima di andare a recuperarlo ma lui mi richiama dopo nemmeno due metri.

« Aspetta, prima che me ne dimentichi ho una cosa per te ».

Curiosa lo raggiungo e freno al suo fianco come se fossi a una gara di pattinaggio artistico.

« Brava » è il suo commento.

« Grazie, » rispondo, compiaciuta per il complimento. Mi appoggio con la schiena alla ringhiera e giro la testa per guardarlo, « allora che succede? »

Dalla tasca interna della giacca estrae un piccolo sacchettino argentato e me lo porge. Lo prendo e gli rivolgo uno sguardo curioso.

« Aprilo » mi incita e non me lo faccio ripetere due volte. Tre secondi dopo, reggo in mano il ciondolo che questa mattina aveva catturato tutto la mia attenzione.

« Temevo che qualcuno lo comprasse prima che facessi in tempo a tornare alla bancarella ».

« Allora non ti serviva nulla… dovevi prendere questo » sussurro alternando lo sguardo tra la collanina e il ragazzo. David si limita ad annuire.

« Come facevi a sapere che era il mio compleanno? Non l’ho detto a nessuno ».

Ha doti da veggente e non lo sapevo? O, forse, più probabilmente ha letto il mio contratto…

« È il tuo compleanno? » la sua voce è quasi scioccata, « perché non me lo hai detto? » mi chiede con un tono che sembra nascondere un’accusa.

« Non sono una fan dei compleanni, se non lo sapevi perché me l’hai presa? »

« Perché ho visto che ti piaceva molto ma alla luce dei recenti fatti, consideralo un regalo di compleanno » risponde serafico.

« No, non posso accettarla, costa settanta euro » obbietto rimettendola nel sacchetto per restituirglielo. È pazzo a spendere tutti questi soldi per un ciondolo. David mi ferma a metà strada e respinge il mio gesto.

« No, mi offendi se lo rifiuti ».

« Allora te lo pago. Dovrai aspettare la fine della vacanza dei tuoi per le mance ma… »

« Ehi » e blocca la mia parlantina mettendomi un dito sulla bocca.

« Ma… » cerco di controbattere ma mi zittisce.

« Prima di tutto non si parla quando si ha il dito sulla bocca. Secondo, siccome saresti capace di andare avanti per ore, ti propongo un accordo » e finalmente toglie il dito. Lo guardo insospettita, nei film certe cose non portano a nulla di buono.

« Ti ascolto ».

« Puoi ripagarmi, insegnandomi a pattinare ».

« Darti lezioni? »

« Esattamente ».

« Non sai pattinare? » Sono incredula.

« Sono completamente negato ».

Visto come si muoveva prima e com’è aggrappato alla ringhiera, deduco che dica la verità.

« Okay, ma ora devi aiutarmi a indossarla ».

Felice come una Pasqua gli consegno la collana e poi mi libero della sciarpa e sposto i capelli da un lato per permettergli di allacciarla.

« Ti sta benissimo » è il suo commento quando mi giro. Sorrido rossa come un peperone e mi rimetto la sciarpa.

« Bene, ora iniziamo la nostra lezione ».

David fa un’espressione da funerale che mi fa alzare gli occhi al cielo inneggiando una preghiera.

« Credo che tornerò a casa malconcio » borbotta guardando preoccupato la pista.

« Potevi anche portarmi da qualche altra parte ».

« Sì, ma dovevi vedere la faccia che hai fatto. Eri una bambina davanti a un giocattolo nuovo, proprio come la prima volta che siamo venuti qua » i suoi occhi lampeggiano e avvicina il suo viso al mio. « Non te l’ho detto ma eri davvero bella la sera in cui siamo usciti » e mi riserva un sorriso smagliante. Ricambio, un po' imbarazzata, e poi gli prendo le mani aiutandolo ad allontanarsi dalla ringhiera.

Credo che nessuno abbia fatto un gesto così carino per me, almeno nessun ragazzo. Forse sono sempre andata a cercare quelli sbagliati.

 

La serata si rivela essere molto divertente, certo non fa bene ridere delle sventure altrui ma veder David a gambe all’aria tre volte di fila non ha prezzo. È buffissimo, anche quando cerca di rialzarsi, ostentando una falsa disinvoltura, per poi scivolare subito.

Dire che è negato e un eufemismo, i bambini di sette anni che ci girano attorno sono più bravi di lui ma s’impegna. Assomiglia tanto alla protagonista di “Ice princess” la prima volta che partecipa alle lezioni con le bambine alle prime armi. Forse dovrei regalargli uno di quei para sederi che usano al corso spazzaneve.

« Alzati, Imbranato » dico tra una risata e l’altra. David è ancora una volta a terra e visto che mi sento tanto generosa cerco di aiutarlo ad alzarsi, il problema è che lui è il doppio di me e rischia di farmi cadere con lui.

« Vorrai dire. Alzati gentilissimo cliente pagante » dice mentre si sforza di rialzarsi.

Faccio finta di pensarci e gli sorrido beffarda.

« No, volevo dire proprio imbraaahh... » urlo quando mi strattona a terra con lui, con le sue risate di sottofondo.

« Sei un imbranato » scandisco sillaba per sillaba burlandomi apertamente di lui.

Scuoto la testa cercando di spostare quelle poche ciocche di capelli che sono scappate dalla coda e che si sono piazzate davanti ai miei occhi ma non ci riesco. Cerco di spostarle sbuffando ma il moro mi precede. Con la mano le sposta sistemandomele dietro le orecchie.

« Grazie » mormoro. Il mio respiro crea tante nuvolette bianche di condensa che si mischiano a quelle di David.

Sdraiati uno sopra l’altro, i nostri visi sono molto vicini tanto che ne sento il sapore. Menta. Basterebbero pochi centimetri per eliminare la distanza tra di noi. 

« Ehi, ci sono dei bambini » la voce di un signore leggermente irritato ci fa girare verso l’interno della pista. Un uomo è fermo non molto lontano da noi con una bambina di dieci anni circa che ride con la mano davanti alla bocca.

« Scusi » mormoriamo in sincrono e ci alziamo il più in fretta possibile. Non senza altre scivolate e risate che fanno diventare l’uomo, rosso di rabbia.

« Scappiamo » bisbiglio divertita prendendolo per mano e pattinando lontano dal tizio.

Passiamo un’ora a girare in circolo e tento anche di insegnargli a pattinare all’indietro, al quinto tentativo riesce a fare mezzo metro senza rischiare di inciampare.

« Sono un’eccellente insegnante. Nemmeno due ore e pattini come i miei bambini del corso spazzaneve » commento, soddisfatta dei suoi progressi.

« Corso spazzaneve? »

« Si sono i principianti. Solitamente vanno dai cinque ai dieci anni ».

« O buon per me ».

« Non è un’offesa, anche loro quando arrivano sono come te quando sei entrato prima. Imparare a pattinare è un percorso lungo e molto impegnativo ».

« Beh, il mio percorso finisce qui » dice dirigendosi sicuro verso il bordo della pista. Si appoggia alla ringhiera e riprende fiato.

« Stanco? »

« Un po’ » e guarda l’orologio, « sono le dieci, se non vogliamo arrivare dopo i miei dovremo andare » mi informa smontando il mio entusiasmo. Non voglio tornare dalla strega cattiva di Biancaneve! « Ma prima perché non mi fai vedere qualche cosa? Un salto o qualcos’altro? ».

Sorrido con rinnovato entusiasmo.

« Okay, sta a vedere ».

Insegnare a David è stato divertente ma per stare dietro a lui non ho potuto godere appieno della pista ma ora, con la gente che è diminuita rispetto a quando siamo arrivati e la libertà di azione posso dare sfogo alla mia fantasia.

Seguendo il ritmo della musica danzo, eseguo un doppio e poi un triplo salto. Pattino eliminando tutto. Siamo solo io, il ghiaccio, i miei pattini e la musica.

Terminato, David mi riserva un applauso entusiasta.

« Sei bravissima, » si complimenta mentre usciamo dalla pista per tornare negli spogliatoi e recuperare le nostre scarpe, « sicuramente vinci tutte le gare ».

« Oh no, non gareggio » rispondo lasciandolo stupito. Intanto abbiamo raggiunto il nostro armadietto che dopo qualche tentativo David riesce ad aprire.

« Perché? » mi chiede curioso mentre mi dà le mie scarpe e la borsa.

« Perché diventerebbe un dovere e perderei tutto il divertimento. Preferisco insegnare e lasciare ad altri le gare e lo stress psicologico. Credimi ne ho viste di matte al centro » e mi lascio sfuggire una risata divertita ricordando certe scene di madri e figlie per l’esibizione.

Così mentre torniamo allo Chalet gli racconto diciannove anni di aneddoti di pattinatrici del centro, dell’isteria delle loro madri e dei loro avvocati. Già anche avvocati… alcuni prendono il pattinaggio molto sul serio.

 

« Questa sera mi sono divertita tantissimo » dico appena ci fermiamo davanti alla porta. David la apre e finalmente il calore fa sciogliere il freddo che mi era entrato nelle ossa.

« Anche io » confessa David chiudendo la porta dietro di se. « Dobbiamo rifarlo il prima possibile » propone mentre mi aiuta a liberarmi del giaccone.

« Grazie, sì non sarebbe una cattiva idea » e, distrattamente, prendo a giocherellare con il ciondolo.

La casa è silenziosa ed è strano visto che sono solo le dieci e mezzo. Lizzy non può essere già andata a dormire… un pensiero non molto bello mi attraversa la mente. Dove sarà Carlo?

No, Dafne, non rovinarti il fine serata, mi sgrido da sola.

« Bene, allora mi arrogo il diritto di rapirti alla prima occasione ».

« Rapirmi? » ha un non so che di divertente ed eccitante, lo ammetto. « Sì può fare ».

« Bene, allora ti auguro buona notte. Ci vediamo domani mattina » mi saluta una volta che siamo arrivati alle scale.

« Certo, buona notte e grazie ancora per la collana » e nel dirlo accarezzo, con un sorriso, la collana.

« Aveva il tuo nome scritto sopra ».

« Comunque grazie » dico baciandogli la guancia. Con questo gesto lascio stupito lui ma ancora di più me. Imbarazzata, gli auguro la buona notte e corro giù per le scale.

Lizzy si muove sotto le coperte appena mi sente arrivare. Dentro di me tiro un sospiro di sollievo nel vederla al sicuro nel letto, certo ho un buco di due ore e passa ma sono fiduciosa.

« Come è andata la serata? » biascica togliendo dagli occhi ma maschera e parendo un occhio.

« Benissimo ».

   
 
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