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Autore: mavi    12/11/2006    6 recensioni
Cercava di prendere l’inchiostro ma, purtroppo per lei, la boccetta era di poco più distante e così era chiaro non ce l’avrebbe mai fatta.
Draco inclinò leggermente la testa, quando la vide ritornare seduta compostamente sulla sedia e prendere un grosso respiro.
“Madama Pince?”
Aveva una voce ansiosa e leggermente… stridula.
“Madama Pince, la prego, avrei bisogno di una mano."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Serpeverde | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo interessante direi, forse molto più di altri, spero di riuscire a trasmettervi quello che ho provato scrivendolo ;)

Capitolo interessante direi, forse molto più di altri, spero di riuscire a trasmettervi quello che ho provato scrivendolo ;).

Per vale: Hai ragione ;P sono piuttosto imbarazzata, quella è stata una modifica dell’ultimo minuto e, manco a dirlo, sarebbe stato meglio se mi fossi stata ferma… Comunque dopo la tua osservazione (per cui ti ringrazio molto) ho corretto, anticipando anche qualcosa che sarebbe dovuta venire dopo.

Per ElizabethLovelace: Questa volta ho cercato di stare ancora più attenta, la storia è tutta già scritta e si tratta solo di rivedere e perfezionare i vari, appunto, errori. Ma quando posto sono quasi sempre di fretta e purtroppo….

Ti ringrazio molto per i complimenti ;).

 

Grazie mille a tutti i recensori, ma anche ai lettori.

Buona lettura^^

 

Cap. 7

 

“Ti ho detto, mi sembra, che non puoi aggiungere il polline del fiore di Bach assieme al minerale!”

Strinse i pugni e puntò i piedi per terra.

“Infatti, sono separati!”

Le lanciò uno sguardo infuocato, anche se lei non poteva vederlo.

“Certo come no! Li hai mischiati! Ti sei tradito prima, da solo. Se non vuoi che la pozione si rovini irreparabilmente… prendi e ripesa nuovi ingredienti.”

“Mi hai stufato Mezzosangue! Se devi fare tutte queste storie per ogni cosa che faccio, vieni. Lavoraci tu sopra il calderone!”

“Ah! Sai benissimo che non posso!”

 

 

“Sei certo che la Malva vada aggiunta ora?”

Certissimo” sibilò.

“Se sbagli…”

“No, tu sbagli. Guarda… o giusto non puoi… la pozione sta diventando rossa. Proprio come dicono le istruzioni.”

 

 

La ragazza scoppiò a ridere sguainatamene.

“E tu saresti quello che non ha problemi in Pozioni?”

“Taci!” si portò una mano alla fronte e iniziò a liberarsi di quella melma appiccicaticcia di cui si era riempito.

“Non sai nemmeno amalgamare due ingredienti come la…”

“Erano altamente pericolosi. L’Erba Incendiaria non è uno scherzo!”

“E già… Dallo scoppio che ho sentito…”

“Smettila subito di ridere!”

 

Era così arrivato Dicembre.

Per fortuna la preparazione della  pozione non era stata intaccata dai loro litigi, ma le vacanze si avvicinavano.

Hermione e Draco si trovavano nella vecchia aula in disuso. La ragazza era appoggiata con le spalle al muro, mentre il Serpeverde finiva di girare lentamente la pozione.

“Malfoy…”

“Che c’è?!”

Sempre molto gentile e disponibile.

 “Tra qualche giorno prenderemo le vacanze natalizie, chi penserà alla pozione?”

“Noi, naturalmente.”

“Ma come faremo? Non ci saremo.”

“Granger…”

Si voltò a guardarla.

“Noi ci saremo. Resteremo qui per le vacanze.”

“Cosa?!”

“Mi sembrava chiaro.”

“Non lo è affatto! No, no… io non posso. I miei…”

“Senti, la pozione non serve a me. Inventati una scusa qualunque, tu da qua non ti muovi! Altrimenti spengo tutto. E lo faccio.”

“Non ho dubbi.”

“Bene. E’ tutto risolto.”

Draco tornò a lavorare alla pozione, soddisfatto.

Quel Natale era il primo che avrebbe passato ad Hogwarts. In genere tornava a casa e trascorreva delle belle vacanze. Lui e i suoi genitori partivano anche, alcuni anni.

Quell’anno, però, sarebbe stato tutto diverso con suo padre ad Azkaban, e sua madre avrebbe trascorso un Natale completamente sola.

Le aveva chiesto se voleva che lui tornasse a casa, ma Narcissa non aveva opinioni al riguardo.

Molto probabilmente sua madre non avrebbe “festeggiato”. Non dopo le ultime novità.

Per lui, quindi, non era tutto questo gran sacrifico restare ad Hogwarts e occuparsi della pozione, come voleva invece lasciare ad intendere.

Hermione, nel frattempo, restava appoggiata al muro,  rattristata.

Restare ad Hogwarts, da sola…

Sbuffò pesantemente, d’altronde Malfoy non aveva torto. La pozione era per lei, si sarebbe dovuta aspettare di dover fare dei sacrifici.

Di certo non poteva pretendere che restasse solo lui a svolgere il lavoro. Primo, perché non era sicura che al suo ritorno avrebbe trovato qualcosa simile ad una pozione. E secondo, semplicemente perché non era giusto. Anche Malfoy stava rinunciando alle vacanze a casa, per lei… per lei? Ma che le veniva in mente?

Rise di sé stessa per aver pensato una cosa del genere. A volte si scordava che c’era un patto tra di loro.

“Finito.”

La voce, come di consueto strascicata, le arrivò alle orecchie distogliendola dai propri pensieri.

“Bene. Senti Malfoy, dobbiamo parlare un attimo.”

“Ancora? Ti ho già detto che non saprai niente prima del tempo previsto.”

“No, non era del patto che ti volevo parlare…” disse scostandosi dalla parete.

“Ah e di cosa? Sbrigati, io non ho-”

“Gli orari. Non si potrebbero cambiare? Ogni notte, per entrare e uscire dai dormitori, è un problema. Per fortuna le mie compagne hanno il sonno pesante, ma ieri ho rischiato di ritrovarmi faccia a faccia con Ginny, credo, mentre rientrava anche lei…

La settimana scorsa, in Sala Comune, ho incontrato Dean e ho dovuto inventarmi una scusa. Assurda tra l’altro.  In più di sera non riesco a distinguere nemmeno le ombre, e prima di entrare nella Torre devo restare un quarto d’ora fuori per distinguere gli eventuali rumori all’interno.”

“Hai finito?” le chiese con tono indifferente.

“Per me non c’è problema. Anche se la Sala Comune è piena, è normale uscire di notte… a certi orari. Nessuno chiede niente. La gente, a Serpeverde, si fa i fatti propri. La discrezione sarebbe una buona abitudine che dovreste imparare anche voi Grifondoro. E comunque, mi sembra di averti già detto chiaramente che i tuoi problemi non sono affar mio…”

“…è normale uscire di notte… a certi orari…”  

Tsk! E lui è un Prefetto! In quella Casa deve regnare un’anarchia totale.

“Ma se scoprono me, scoprono anche te… Ah e naturalmente non ci scordiamo di Gazza, è un miracolo che ancora non mi abbia scoperto!” continuò inviperita Hermione.

“Non sono io che decido gli orari per lavorare alla pozione. Ci sono dei tempi precisi, a volte può capitare che verremo anche di giorno. Te lo dirò in caso, per ora non mi scocciare.”

Uscirono dalla vecchia aula di Pozioni e, dopo averla sigillata, tornarono verso la biblioteca.

“La scala a tre passi da te” la avvisò in maniera molto scocciata e stanca di ripetere sempre le stesse cose.

Hermione iniziò a salire la scale, non badando minimente al tono del Serpeverde. Oramai, si può dire ci fosse abituata.

Stavano quindi percorrendo la sala che li avrebbe condotti  alla biblioteca, quando Draco sentì in lontananza dei passi, e poi vide la luce di una lanterna farsi sempre più vicina.

Era Gazza, e veniva proprio dalla biblioteca.

Senza pensarci troppo, afferrò la ragazza per  mano e si mise a correre nella direzione contraria. Era quasi certo che il Custode gli avesse scorti, nella semi oscurità.

“Ehi! Ma che fai?”

Il miagolio di Miss Purr, che si lanciava all’inseguimento, gli confermò che aveva ragione.

“Zitta! Gazza ci ha visto!”

Hermione tacque, sbiancando in pochi secondi e assecondando la corsa.

I loro passi creavano nel silenzio notturno un notevole rumore e i miagolii sempre più insistenti della gatta, furono coperti dalla voce di Gazza.

“Chi è là?” aveva gridato correndo e zoppicando.

“Maledetti studentelli… Questa volta, questa volta non avrò pietà. Silente sbaglia, sbaglia!”

Sentirono il Custode farfugliare queste parole tra sé e sé, con un tono poco raccomandabile.
Per nascondersi si erano appiattiti contro un muro, non appena svoltato l’angolo di uno dei tanti corridoi di Hogwarts.

Hermione sentiva il respiro un tantino più affannato del ragazzo, mentre anche lei riprendeva fiato. Intanto Draco sbirciava il corridoio buio e, alla sua sinistra, vide la Grifondoro che si era appena portata una mano sul viso.

“L’abbiamo seminato?”

“Credo di sì…”

Si voltò a guardarla e grazie alla luce della luna, che filtrava dalle alte finestre, riuscì a scorgere un sorriso su quelle labbra morbide.

“Perché sorridi?” chiese scettico.

“E’ che… è che questo è davvero strano…”
“Sì, lo è.”

Draco sentì un fastidioso miagolio molto vicino, troppo. Abbassò lo sguardo e vide che Miss Purr era ai suoi piedi.

Riafferrò per mano la Grifondoro e strattonandola ricominciò a correre. L’unica via di salvezza erano le scale.

La Granger non fece domande questa volta, aveva capito la situazione.

Fecero appena in tempo ad allontanarsi, perché, pochi istanti dopo, dove c’era la gatta c’era anche Gazza.

Salirono di corsa le scale ma, sfortunatamente, queste decisero di “cambiare”.

Hermione, a causa del movimento inaspettato, tirò un piccolo urlo. Si stava appunto portando una mano alla bocca quando Malfoy , avendo risentito dello spostamento, le cadde addosso. La ragazza andò a sbattere contro il passa mano delle scale, al quale si aggrappò, mentre il Serpeverde finì brutalmente a terra.

“Ahi!”

“Malfoy, non puoi stare più attento!”

“Ho battuto la testa, porca-”

“Si sono fermate, andiamo.”

Il ragazzo si rialzò, toccandosi la fronte dolorante e da dove iniziava a colare del sangue.

Hermione sentì Malfoy prenderle di nuovo la mano, e insieme finirono di percorrere le scale.

Era preoccupata, l’ultima volta che le scale l’avevano portata in qualche luogo aveva incontrato un mostro a tre teste.

“Dove siamo finiti?” chiese ansiosa.

“Non ne ho idea…”

“Cerca di fartela venire, allora, e di riportarmi indietro!”

“Sta calma” le disse con il tono di chi fa un minaccia, piuttosto che una rassicurazione.

Stavano ancora camminando quando, d’improvviso, Malfoy si bloccò.

“Che c’è?”

“Niente, credevo di aver sentito ancora quella stupida gatta.”

Realizzando di tenere ancora per mano la ragazza, con un gesto veloce e quasi schifato, Draco ruppe quel contatto. Restarono quindi fermi nello strano posto in cui erano arrivati.

“Credevo che non toccassi le Mezzosangue, Malfoy” gli disse con uno strano sorriso.

“Infatti, ma dubito che sarei riuscito a dirti dove correre, o che tu saresti stata capace di seguire le mie indicazioni, nella foga di scappare…”

“Mi avresti sempre potuto lasciare là…”

“Giusto, ma se scoprono te scoprono anche me. E non è prudente lasciare anche una sola traccia di quello che stiamo facendo.”

Hermione non rispose, e in tanto Draco stava pensando ciò che aveva fatto.

Gli era venuto spontaneo di prenderla e portarla via.

Senza dubbio quello che aveva detto era tutto vero, ma lui l’aveva fatto perché… in realtà non sapeva perché, in quell’istante, avesse deciso di portarla con sé.

Forse il fatto di starle dando delle indicazione su dove andare, l’aveva talmente convinto che dovessero fare quel tragitto insieme, che non aveva pensato neanche un attimo ad abbandonarla.

Qualunque cosa fosse stata, avrebbe fatto in modo che non interferisse mai più con il suo “essere Serpeverde”.

Erano quelli gli effetti collaterali del passare troppo tempo assieme ai Grifondoro?

Decise in ogni caso di abbandonare quei pensieri e di concentrarsi  sul posto in cui erano incappati.

Era di nuovo un corridoio. Delle torce affisse ai muri illuminavano fiocamente l’ambiente e mostravano numerosi quadri, arazzi e porte. All’improvviso capì dove erano…

“Il Corridoi Proibito…”

“Come, scusa?”

Si schiarì la voce.

“Siamo nel corridoio proibito.”

“Ah! Bene. ”

Hermione distinse una luce che all’improvviso si accese davanti ai suoi occhi e capì che il ragazzo aveva usato l’incantesimo Lumos, solo quando anche i quadri si iniziarono a lamentare.

“Ehi Tu! Spegni subito!”

“Ma vi sembra ora?”

“Ah non si può stare mai tranquilli!”

“O mio dio, questa luce è accecante!”

“Ma questo corridoio, non è proibito?”

“E va bene!” sbottò il Serpeverde.

Di colpo la luce cessò.

“Stupidi quadri tarlati…”

“Andiamo via.”

“Paura, Granger?”

“Affatto. E solo che non sono in cerca di guai e ho fretta di tornare alla Torre, è tardi.”

Non le piaceva quella situazione. Il Corridoio Proibito era sempre un covo di guai.

“Devi aspettare un po’, Gazza ora ci starà cercando come un matto. Lascia calmare un po’ la situazione.”

Purtroppo Malfoy aveva ragione.

Draco iniziò a muovere qualche passo in avanti. Non voleva addentrarsi nel corridoio, non ci teneva proprio, ma era incuriosito da quel luogo. Sapeva, in oltre, che non ci sarebbe tornato più. Quindi…

“Non ti allontanare Malfoy, il corridoio è pieno di pericoli. Se ti perdi là dentro, puoi stare certo che non verrò a cercarti.”

“Certo, Granger.”

Sentì la sua voce di nuovo vicina, e questo le assicurò che il ragazzo aveva usato il buon senso ed era tornato indietro.

Draco si sedette a terra, appoggiando le spalle al muro. La ferita sulla fronte iniziava a bruciare e il sangue non accennava a voler cessare.

Sentiva un dolore che circoscriveva tutta la zona sinistra della fronte, nonché l’occhio corrispondente. Con la manica si asciugò nuovamente il sangue che, caldo, gli procurava un fastidioso formicolio sulla pelle.

Socchiuse gli occhi e sospirò.

Anche la Granger si era appoggiata al muro, però rimaneva in piedi, con la testa leggermente reclinata verso l’alto. Restarono in silenzio per alcuni minuti, in tanto, un forte mal di testa aveva iniziato a tormentarlo.

“Allora?!”

“Non gridare!” aveva parlato a bassa voce, iniziando a massaggiarsi le tempie con le dita.

“Non sto gridando e poi non credo passi nessuno di qui!”

“Allora non parlare proprio! Ho mal di testa e non sopporto di sentirti parlare.”

La ragazza sbuffò.

“Senti…”

“Ma allora non capisci?” aveva alzato la voce, sollevando la testa di scatto. Ma si pentì amaramente del suo gesto, quando una fortissima fitta lo costrinse a riabbassare il capo prendendolo tra le mani.

Hermione, nel frattempo, era più che convinta che quella del Serpeverde fosse solo scena. Draco Malfoy era un attore eccezionale quando doveva fare il malato, e questo l’aveva capito dopo il terzo anno.

“A quanto pare…”

“Shhh!”

“Smettila Malfoy! Andiamo via, ormai Gazza si sarà perso d’animo.”

Draco strinse gli occhi e aumentò la pressione che esercitava, con i palmi delle mani, sulle tempie. Quella voce era insopportabile. Ogni rumore lo era.

“Malfoy?”
Fece due grossi respiri prima di rispondere.

“Non sai tornare da sola?! la Torre dei Grifondoro non deve essere molto distante, o sei proprio un’impedita?”

Cercò di sembrare sgarbato e scostante come al solito, e ci riuscì anche bene, ma la sua voce era più bassa del solito.

Hermione non rispose subito, poi corrugò la fronte.

“Certo che lo posso fare. Vado, Buonanotte.”

Si voltò e si incamminò decisa verso le scale. Quel ragazzo era sempre irritante, sempre offensivo. Aveva ragione Ron, Malfoy era davvero un brutto tipo.

Aveva appena finito di percorrere le scale che la separavano da quel corridoio, e da quel Serpeverde, quando un grosso sbadiglio premeva per uscire dalle sue labbra.

Si portò una mano davanti alla bocca, spostandola dal passamano, per accogliere con la buona educazione quella richiesta di riposo, ma sentì che qualcosa non andava.

Uno strano odore, che aveva già sentito altre volte, le invase le narici. Un odore forte, che però non sapeva di niente. Un odore i ferro, di…

Avvicinò maggiormente la mano al suo viso. Annusò ancora e poi, per avere la prova del nove, “assaggiò” i polpastrelli della sua mano sinistra.

Non c’erano dubbi: era sangue.

Esaminò bene la sua mano, passando le dita su ogni centimetro di pelle, ma non vi trovò nessun graffio. Né tanto meno sentiva di essere ferita da nessun altra parte. Poi si ricordò di un particolare che le fece voltare il viso verso l’alto della rampa di scale.

“Ho battuto la testa, porca-”

Non era lei quella ad essere ferita, la sua mano era sporca di sangue non suo.

Sangue Puro, pensò per un attimo, trasalendo scioccamente. Malfoy l’aveva presa per mano dopo aver battuto la testa.

Salì di nuovo le scale. Il suo senso del dovere, la sua umanità, la spingeva ad aiutare anche chi non lo meriterebbe a pieno.

Arrivò all’ingresso del corridoio.

“Malfoy?”

Draco, ora in piedi ma sempre addossato la muro, si voltò verso quella voce.

“Sei proprio un’impedita, allora.”

Non subito Hermione capì cosa volesse dire con quelle parole seccate, ma poi ci arrivò.

“So come tornare alla Torre! Non è per questo che sono qui.”

“Allora cosa? Ti manco, Granger?”

Notò che il tono della sua voce era molto più basso del normale. E ascoltandolo bene, potè scorgere sofferenza nelle sue parole.

Sbuffò esasperata.

“No. Ma sono tornata perché sei ferito.”

“Cosa vai dicendo? E abbassa la voce…”

Questa volta la ragazza parlò piano.

“Hai battuto la testa, prima, sulle scale. Ho la mano sporca di sangue, e non è mio.”

Malfoy emise uno sbuffo di resa.

“Dovresti essere onorata…”

“Sì, sì, certo. Non poteva mancare questa osservazione, vero?”

“Non-gri-da-re!”

“Scusa…”

Sentì molto, molto dolore nelle sue parole e così le venne naturale di sussurrare quelle scuse.

“Devi andare da Madama Chpis…” disse facendo qualche passo avanti nella direzione del ragazzo.

“Domani.”

“Domani è tardi!” si avvicinò ancora di più e tese una mano.

“A quest’ora non credo sia disponibile, in più non so cosa raccontarle se… Ehi, ehi ma che fai!”

Hermione aveva posato una mano sul petto del ragazzo e ora risaliva verso la fronte.

“Voglio solo controllare se la ferita è grave, non ti preoccupare… e poi così so per certo dove sei!” disse arrossendo leggermente.

“Non ce ne è bisogno!”

Malfoy tentò di allontanarsi di lato, ma lei lo trattenne.

“Non fare lo stupido! Per una volta, cerca di non essere fissato con quelle… con quelle “certe cose”. Dove è che hai battuto?”

Draco non le rispose, e lei poteva sentire la battaglia interiore che c’era dentro di lui. Scansarsi da lei, o farsi aiutare?

 Intanto le sue mani viaggiavano sul suo viso, e lui veniva attraversato da brividi che non sapeva spiegare.

Hermione sentì l’estremità delle sue dita sporcarsi di sangue, toccare alcune ciocche di capelli, passare sulla pelle liscia e, piano a piano, risalire alla ferita.

Era un taglio non molto lungo ma, dal sangue che fuoriusciva, sicuramente profondo. Situato a pochi millimetri più su della sopracciglia sinistra, poteva davvero essere pericoloso.

 Premette leggermente due dita sulla ferita e subito sentì il ragazzo irrigidirsi.

“Mi fai male!”

“Resisti un po’, è per fermare il sangue.”

Draco le lanciò uno sguardo bieco e la vide estrarre la bacchetta.

“Che vuoi fare?!”

“Conosco un incantesimo che può far rimarginare superficialmente il taglio, così domani potrai andare in infermeria e  farti curare come si deve.”

Hermione puntò la bacchetta contro la ferita, stando bene attenta  a prendere le giuste misure, e pronunciò l’incantesimo di Automedicazione.

Quando abbassò la mano dalla fronte del ragazzo, sfiorò le sue labbra e fece uno strano pensiero. Un pensiero che non avrebbe mai  creduto di poter fare su Draco Malfoy, un pensiero che non avrebbe mai confidato a nessuno, un pensiero assurdo (come tante cose da un po’ di tempo a quella parte):come sarebbe stato baciarlo?

“Fatto.”

Indietreggiò di un passo.

Draco si portò la mano alla fronte e vide, con suo grande sollievo, che non sanguinava più.

Guardò verso la Grifondoro, guardò la sua mano sporca di sangue. Si ricordò delle sensazioni provate quando quelle dita avevano accarezzato la sua pelle, ma subito si riscosse.

Avrebbe dovuto ringraziarla, quindi? Che assurdità! Un Malfoy non ringrazia un Mezzosangue!

“Non mi devi ringraziare, anche se lo so che non lo stavi facendo” disse arricciando il naso.

“Diciamo che così siamo pari” continuò semplicemente.

“Pari per cosa?”

“Per tutte le volte che mi prendi e mi riaccompagni in biblioteca… Questo non era incluso nel patto.”

“Sì, va bene. Mi sembra la soluzione migliore.”

“Ora, andiamo?”

“Non sai tornare da sola” disse in tono piatto.

Era una constatazione che la infastidiva parecchio, quella del ragazzo. Non aveva provato ad arrivare sino alla Torre, ma era convinta di potercela fare!

 Spervava, di potercela fare….

“Certo che lo so fare!”

 

 

  
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