Girando
l’angolo
«Oddio, è
assurdissimo!».
«Eh...».
«No ma
seriamente!».
«Lo so...».
«Cioè, aspetta -- spiega da
capo!».
«Ancora?» Hermione roteò gli occhi esasperata. Susie spalancò gli occhi azzurri guardandola con un’espressione imbronciata, il labbro inferiore sporto ostentatamente all’infuori.
«Oh, ti prego,» bisbigliò
Hermione, sistemandosi meglio sulla sedia della pizzeria, «Te l’ho ripetuto un
miliardo di volte!».
Era da circa un’ora che stavano
sedute nel locale; era stata una giornata tranquilla e normale, fino a quando
dalla bocca di Hermione non era scivolata fuori quella maledetta frase,
contenente le parole “ieri”, “miglior amico” e
qualcosa come “completamente sconvolta”.
Effettivamente, sarebbe stata una
giornata tranquilla e normale fino a quel momento, se non fosse per quello che
era accaduto il giorno prima; il ricordo si conservava nella sua mente come
sfocato, così lontano da quella sua nuova vita. I nomi “Harry” e “Ginny”, in
quel contesto – lei, in pizzeria appena uscita dalle lezioni, con Susie –
sembravano così assurdi e fuori luogo che non riusciva proprio a concepire di
averli incontrati solo il giorno prima.
Ad ogni modo, Susie non aveva
nessuna intenzione di demordere.
«Ma scusa,».
«Sì».
«Non ho capito una
cosa...».
«Strano!» replicò Hermione,
pulendosi le labbra con il tovagliolo.
«Oh, sta’ zitta – dicevo, non ho
capito una cosa... uno: questo tuo amico di cui mi hai detto, si chiama Harry
Potter».
«Oh, oddio, ma davvero? Sono
assolutamente sconvolta! Tu – mi hai fatto vedere la
luce!».
Ci fu un attimo di silenzio, in
cui Susie sbattè le palpebre con aria vacua.
«Aspetta un attimo, aspetta – mi
stai prendendo in giro?» disse alla fine, minacciandola con la forchetta. Non le
lasciò tempo di replicare, perché ricominciò subito: «Intendo: questo tuo amico
è Harry Potter, quell’Harry Potter? Tu-sai-chi, morti ammazzati,
cicatrici eccetera?».
Hermione annuì
meccanicamente.
«Oh!» fece Susie, colpita.
Hermione diede un morso ad una fetta di pizza.
«Non mi avevi detto di essere
amica di Harry Potter! Cioè, essere stata. Credo. Nel senso, credo che tu lo sia
stata ma in effetti non ne ho idea, tu... pensi ancora di poter essere
considerata la sua migliore amica o cosa..?».
«Non lo so! Non ci capisco una
beata mazza, e parlarne con te non mi aiuta perché mi fai ancora più casino in
testa con queste domande!». Sospirò un attimo, massaggiandosi le tempie. «Okay,
scusa, scusa. Sono un po’ confusa, ed essere confusa mi fa sentire come se non
avessi nulla sotto controllo, e non aver nulla sotto controllo mi rende
irritabile» disse immediatamente, passandosi una mano sul
viso.
«Non te l’ho detto perché...
innanzitutto, come ben sai, quando me ne sono andata per la mia strada e ci
siamo incontrate... volevo dimenticare tutto quello che c’era stato prima. E
poi, Harry non l’ho mai considerato come Harry Potter, comunque – è solo
Harry».
Susie annuì, bevendo la sua bibita
dalla cannuccia senza staccarle gli occhi di dosso.
«E qual era l’altra cosa che non
avevi capito?» domandò Hermione con un sospiro.
Susie la squadrò un attimo; mise le mani sotto il mento, e le
lanciò un’occhiata penetrante.
«Mi chiedevo,» disse lentamente,
soppesando le parole. «Il tipo con cui stavi insieme
prima...».
Hermione si mosse a disagio sulla
sedia, ma annuì incitandola a continuare.
«E’ ancora loro amico,
no?».
«Sì... cioè... non ne abbiamo
parlato... direttamente.» chiarì, «Ma Ginny è sua sorella, e dal poco che
abbiamo detto, mi sembrava che fossero in contatto».
«Mh, ho capito,» sussurrò
abbassando lo sguardo.
Hermione ricominciò a mangiare la
sua pizza, con gli occhi piantati nel piatto, ma riusciva a vederla con la coda
dell’occhio mentre Susie la fissava
di soppiatto ogni tanto.
«Che hai?» chiese alla fine,
perplessa.
«Eh?».
«Mi fissi!».
«No, niente... pensavo a
te».
«Interessante».
«E alla tua situazione
sentimentale...».
«Susie...».
«E questo ragazzo
qua...».
«Smettila» la avvertì Hermione,
scoccandole un’occhiata di fuoco. L’altra si strinse nella spalle,
rassegnandosi.
*
Hermione si gettò sul divano,
esausta. Intorno a lei erano sparsi scatoloni su scatoloni, la maggior parte dei
quali completamente vuoti; si era data da fare per sistemare tutto con la magia,
mentre puliva la casa, ed ora era decisamente esausta.
Chiuse gli occhi, sospirando e
mettendosi le braccia dietro la nuca a mo’ di cuscino.
In quel momento di relax, non potè
fare a meno di ripensare a quello che le aveva detto Susie. Riguardo a lei. E
quel ragazzo qua. Era vero... anche se aveva cercato di nasconderlo a se
stessa, aveva subito pensato a loro due appena era arrivata a casa, la sera
precedente.
Scosse la testa, infastidita. Non
aveva imparato proprio niente? Doveva stare rimbecillendosi. Odiava quella sensazione... come se le cose le
stessero capitando tra capo e collo senza che lei se ne accorgesse, e non
riuscisse a tenerle sotto controllo. Cosa che non era vera, alla fine. Andava
tutto perfettamente: l’unico particolare che le risultava assurdo era che Harry
e Ginny erano spuntati dal nulla. Assieme e quello che voleva
dimenticare.
Sbuffò e si rialzò, ma non fece
neanche in tempo a muovere un passo che il campanello suonò; incuriosita si
avviò nell’ingresso ed aprì, ritrovandosi Harry davanti.
«Ehilà» la salutò con un mezzo
sorriso.
«Oh!» fece Hermione, decisamente
sorpresa «Ciao!».
«Hai dimenticato questo, ieri»
Harry tirò fuori dalla tasca un orecchino pendente, porgendoglielo; Hermione
istintivamente si portò una mano all’orecchio, e constatò che effettivamente
all’orecchio destro non aveva nulla.
Aveva sempre avuto la strana mania
di togliersi gli orecchini pendenti mentre era nervosa, per giocarci e
passarseli tra le dita: decisamente la sera prima lo era
stata.
Hermione ripescò l’orecchino e se
lo riallacciò al lobo.
«Hai bisogno di una mano?» chiese
Harry, accennando con un gesto alle scatole dietro di lei.
«Ah... ho quasi finito» ribatté.
Lui annuì abbassando lo sguardo e fece per voltarsi verso l’androne delle scale
del pianerottolo, quando Hermione lo richiamò.
«Ma un po’ di aiuto non fa mai
male!».
Harry si voltò
sorridendo.
*
«Hai troppi
libri».
«No, non è
vero».
«Sì, è così. Sempre stato
così».
«Bè, sappi che questa non è che
una minima parte dei libri che ho. Ci sono ancora degli scatoloni in
cucina».
«Hai decisamente troppi
libri».
Harry crollò sul letto della sua
stanza, completamente a soqquadro. Hermione sorrise con aria
divertita.
«Ti stai pentendo di avermi
chiesto di aiutarmi, eh?».
«Chi? Io?» disse, con un sorriso
fintamente angelico.
«So che è
così».
«Sei una so-tutto-io, è
normale».
«Dimmi qualcosa che no so,»
rispose, sedendosi accanto a lui.
Era felice in quel momento; si era
dimenticata quanto le mancasse Harry, i suoi modi di fare. In quel momento si
chiese come aveva fatto a fare a meno di un amico come lui in tutti quegli anni;
dopo questo pensiero nella sua mente se ne infilò subito un altro, quasi
prepotentemente. Hermione scosse la testa, per scacciarlo. Harry la fissò
incuriosito: «Che c’è?». Lei rispose con un gesto vago della mano, non volendo
parlare, perché aveva paura di quello che ne sarebbe potuto uscire. Ma mentre si
alzava dal letto per rimettersi al lavoro, la domanda le scivolò via tra le
labbra senza che lei neanche se ne accorgesse.
«Dov’è Ron
adesso?».
L’aveva appena pronunciato, e già
voleva mordersi la lingua e morire. La risposta di Harry non arrivò, quindi si
girò incuriosita; ma quando lui vide che lo stava guardando, si affrettò a
cancellare l’espressione stupida del suo volto e a
ribattere.
«Bè... in realtà, mi chiedevo
quando l’avresti chiesto, e se l’avresti fatto...» si grattò la punta del naso.
«Abita anche lui qui vicino, comunque. Ci vediamo, spesso – molto
spesso».
«Ho capito,» rispose con un filo
di voce, voltandosi di nuovo. Questo fatto la colpì più forte del lecito – il
fatto che abitasse lì vicino e si vedessero spesso – senza un motivo serio. Nel
frattempo altre mille domande si stavano facendo strada nella sua mente – ma
questa volta si guardò bene dal pronunciarle.
Ma Harry la conosceva anche troppo
bene, e continuava a lanciarle occhiate furtive, così si sentì in un qualche
modo costretta ad andare avanti, almeno in parte.
«E’... diventato un
Auror?».
Harry annuì «Lavoriamo insieme»
disse, e sorrise come al ricordo di qualcosa.
La guardò ancora per un attimo;
poi controllò l’ora.
«Meglio che vada, è tardi...
domani torno a darti una mano, okay?».
«Non ti preoccupare, in un’oretta
avrò già finito» rispose sorridendogli grata.
Lui ricambiò, prima di salutarla.
Ha
qualcuno?
Era l’ultima occasione per chiederglielo. O lo faceva adesso, o non ce l’avrebbe fatta più, lo sapeva.
Ron... ha
qualcuno?
Qualcuno che lo ama... che sta con lui anche con tutti i suoi
difetti idioti, che gli scaldi il cuore, che lo aspetti la sera a casa...
qualcuno!
Stava diventando troppo sentimentale.
Salutò Harry con una mano dal balcone mentre lui percorreva il cortile interno del condominio fino al portone.
Ritardo schifosamente imperdonabile, lo so! La scuola mi riempe di
cose da fare, e quando ho un momento di pausa sono sempre troppo stremata per
mettermi sotto a scrivere... perdonatemi! Ci metto tanto, ma scriverò,
giuro!
A chi se lo sta chiedendo dopo quattro capitoli, Ron arriverà tra
poco ^_-!
Un grazie enorme a tutti quelli che hanno
commentato!