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Autore: LaU_U    24/04/2012    2 recensioni
Robin e la sua banda hanno scoperto che lo sceriffo e i Cavalieri Neri stanno architettando un piano per uccidere il cugino del Re così da eliminare un rivale di Giovanni al trono dell'Inghilterra. Decidono quindi di partire per salvarlo.
In un viaggio fra avventura, battibecchi, comicità e azione... riusciranno a raggiungere la capitale e compiere la loro missione?
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 CAPITOLO 1 – NOI ANDIAMO A LONDRA
PARTE 3



 

 

Dintorni di Nottingham, strada maestra, II giorno, mattina inoltrata
«Allora, si può sapere perché ci siamo fermati?» strepitò Cathy. Erano in marcia da poco, e lei non aveva chiuso bocca nemmeno per un secondo. Non si stava divertendo molto, però. Jamie le rispondeva, ma tutti gli altri non le davano minimamente retta. Much si era addirittura ficcato dei pezzi di stoffa nelle orecchie e Cathy iniziava a sentirsi offesa. Cosa stava facendo di così male?
E poi, si erano fermati all’improvviso. Così, in mezzo alla strada. E per giunta, nessuno le rispondeva.
«Mi volete dire perché siamo qua?!» gridò più forte.
«Stiamo aspettando Allan» disse finalmente Robin. «Doveva raggiungerci qui, a quest’ora».
«E ancora non si vede. Chissà come mai» borbottò Much tra sé e sé con aria infastidita. Cathy iniziava a capire.
«Dici che si farà vivo?» sussurrò a Jamie, accanto a lei. Il ragazzo le rispose con una strana smorfia. In effetti erano lì già da qualche minuto.
Cathy sbuffò, era stufa di aspettare. Che diamine aveva da fare, di così importante, quel nasone? Non è che aveva preferito filarsela a gambe levate? Il pensiero di Allan che si dava alla fuga la fece sogghignare, ma iniziava anche ad essere preoccupata. Se si fermavano, non sarebbero arrivati a Londra in tempo. Dovevano proseguire.
«Non possiamo aspettare ancora tanto» disse Will, come se le avesse letto nel pensiero.
Robin sospirò. «Hai ragione. Credo che dovremmo riprendere la marcia».
In quel momento, Jamie prese per mano Cathy, e la ragazzina smise di preoccuparsi per il viaggio e di ridere per la fuga del nasone. Guardò Jamie di sottecchi, sorridendo e camminando insieme a lui.
Proprio allora le sembrò di vedere qualcosa, in fondo alla stradina che riusciva appena a scorgere al di là delle spalle di Jamie. Era qualcuno che si avvicinava di corsa.
«Oddio Jamie, che diavolo è?» disse Cathy, piena di sgomento.
Jamie si voltò.
«Chi vuoi che sia?» le disse dopo un istante. «Robin!» gridò poi rivolgendosi al loro capo «Aspetta un secondo, Allan sta arrivando».
Poco dopo Allan era lì con loro, stravolto e senza fiato.
«Pensavate che non sarei tornato, eh?» esclamò con un sorriso vagamente nervoso, appoggiandosi alle ginocchia per riposarsi un attimo. Sembrò restare un po’ deluso quando incontrò una serie di sguardi accusatori puntati su di lui. «Che c’è?!»
«Be’, sei un po’ in ritardo» disse Djaq, finalmente. «Ma l’importante è che adesso sei arrivato».
Allan le sorrise. «Non per fare lo spiritoso, ma non mi perderei un viaggetto a Londra per niente al mondo!»
Cathy sbuffò sonoramente, piena di impazienza. «Possiamo muoverci, adesso?»
«Cathy, cammineremo per giorni, stai tranquilla» rispose Jamie, riprendendole la mano con un sospiro.
«Oh, ma non è per quello!» ribatté lei «È che non vedo proprio l’ora di presentarvi questo tizio che conosco. È straordinario. Abbiamo lavorato insiem-»
«Ah, sì? Quanto straordinario, esattamente?» chiese Jamie con una nota di panico nella voce. Allan, ascoltando distrattamente la conversazione dei due, ridacchiò divertito. Come una pugnalata, lo colpì a tradimento il pensiero di Erin, da sola nella sua casa. Sentì forte il rimorso di averla lasciata lì, con la notizia della sua partenza data con così poco preavviso. Chissà cos’aveva pensato.
«Allora, straordinario dici, eh? Dimmi, ha mai sconfitto da solo un’orda di topi mannari, disarmato e con uno scoiattolo?»
«Non lo so, glielo chiederò quando lo vedremo, va bene?»
Quando il gruppo si fu allontanato, qualcuno si mosse nei cespugli, si inoltrò nel bosco con cautela e prese a correre a perdifiato verso la città di Nottingham. 


Castello di Nottingham, ufficio dello Sceriffo, II giorno, pomeriggio
«Sei sicuro di ciò che hai visto?»
«Ne sono certo, ve lo giuro! Erano sulla strada maestra».
«Li hai sentiti dire qualcosa, qualunque cosa?»
«Non ricordo bene…»
Lo sguardo di Guy di Gisborne lo congelò lì dov’era, in piedi davanti allo scranno dello sceriffo. La spia di Gisborne sussultò.
«Ehm, fatemi pensare. Ah sì… ecco, hanno detto che andavano a Londra».
Lo sceriffo si alzò di scatto. «C’è altro?»
«No, no signore».
«Bene, sei congedato».
Non appena l’uomo uscì dalla porta, piccolo e pieno di paura, lo sceriffo emise un urlo colmo di frustrazione.
«A Londra! Non è possibile! Noi programmiamo una congiura a Londra e dov’è che vanno, Robin Hood e la sua banda? A Londra!»
«Potrebbe non essere per forza a causa del complotto» intervenne Gisborne.
«Ma certo che è per il complotto, razza di idiota! Per cosa altrimenti? Dubito che vadano a una cena di famiglia!» sbraitò lo sceriffo. Gisborne tacque, osservandolo di sbieco.
«I congiurati dovranno subito esserne informati. E tu, partirai il prima possibile per Londra» continuò lo sceriffo, camminando nervosamente su e giù per la stanza. Si fermò, voltandosi verso Gisborne. «Che ci fai lì impalato? Sbrigati!»
Gisborne soffocò un sospiro infastidito e uscì dalla stanza, lasciandosi dietro alle spalle i borbottii inviperiti di Vasey. Non tollerava facilmente i modi dello sceriffo, ma riteneva anche lui necessario partire immediatamente. Per quanto innocui che potessero sembrare a prima avviso, Locksley e la sua banda riuscivano sempre a distruggere tutto quello che lo sceriffo architettava.
«Questa volta, no» sussurrò tra sé e sé.
 
 
Knighton Hall, casa di Marian, II giorno, tardo pomeriggio.
Erin entrò in casa, salutando Marian. Il padre della ragazza stava poco bene e lei era lì per curarlo.
Tuttavia, mentre lo visitava, si trovò ad osservare più volte Marian: sembrava molto turbata, nonostante il padre avesse solo un leggero malore. No, appariva sconvolta, profondamente. C’era qualcosa che non andava. Erin si ripromise di non intromettersi, com’era giusto che fosse, ma non riusciva a sentirsi completamente tranquilla. Poco prima aveva visto la sagoma di un uomo a cavallo allontanarsi in fretta dalla casa di Marian. Per quanto fosse ormai l’imbrunire, aveva riconosciuto distintamente Guy di Gisborne. Era abbastanza sicura che il malessere di Marian avesse a che fare con lui.
Quando ebbe terminato la visita, Erin scese le scale insieme a Marian, parlando sottovoce dei rimedi più efficaci per i frequenti malori del padre. Una volta arrivata all’uscio, però, Marian la fermò trattenendola per un braccio.
«Erin, ascolta, devo parlarti» disse. Erin colse chiaramente l’ansia nelle parole di Marian.
«Non si tratta di mio padre» proseguì la donna «È Robin».
Erin si allarmò. Marian non doveva sapere che Allan l’aveva informata della loro partenza. Doveva fingere di esserne all’oscuro. «Che succede?»
«Lui e la banda sono partiti per Londra. Devono sventare un complotto. Ma la cosa peggiore è… che è stato Guy a dirmelo. Lui e lo sceriffo lo sanno. È venuto a salutarmi prima di andare, partirà per Londra questa stessa notte. Robin è in trappola, Guy lo raggiungerà in poco tempo».
Erin si sentiva senza fiato. Il cuore le batteva senza tregua nel petto. Poi un dubbio le affiorò alla mente. «Perché… perché mi dite queste cose, Marian?»
«Io non posso lasciare mio padre… e se lo sceriffo venisse a sapere che me ne sono andata proprio ora…» rispose l’altra, ed Erin capì.
«Tu vorresti che io…»
«Tu conosci Robin e la banda, li hai aiutati in tante altre occasioni. Ti prego, devi partire. Devi dirglielo. Non hanno scampo, se qualcuno non riesce ad avvisarli in tempo. E io… non posso restare qui ad aspettare che vengano catturati o… peggio».
L’angoscia nel cuore di Marian era palpabile, ed Erin riconobbe dentro di sé una violenta stilettata di paura. Anche lei non poteva starsene al sicuro, chiusa in casa, aspettando che Robin e gli altri cadessero in trappola. Le venne in mente Allan. Era addirittura venuto a salutarla prima di andarsene.
«Lo farò» disse a Marian «Partirò immediatamente. Forse riuscirò ad ottenere qualche ora di vantaggio su Gisborne».
Marian annuì «Prendi uno dei nostri cavalli. Non seguire la strada principale. Quella a ovest è più veloce, anche se meno frequentata. Se Guy parte con le sue guardie non riuscirà a percorrerla, è troppo stretta. Ma tu da sola ci riuscirai, e guadagnerai tempo».
Erin sollevò il cappuccio del mantello e fece per uscire.
«Aspetta» disse Marian «Di’ a Robin che…»
Fece una pausa.
«No, lascia perdere» concluse infine «Lui lo sa».
 
Recuperate poche essenziali provviste da casa, Erin montò a cavallo. Lo spronò verso la strada ovest, la più veloce e pericolosa. Sentiva contro di sé il metallo liscio e freddo del pugnale, nascosto nella cintura. Ricordava ancora il dolore dei lividi che l’uomo che aveva tentato di rapirla le aveva lasciato. Ricordava Allan, che l’aveva liberata e sembrava pronto a uccidere quell’uomo, per lei. Sentendosi il cuore pesante, Erin strinse più forte le briglie del cavallo e intraprese a tutta velocità la strada ovest.


 

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Pressi di Leicester, strada maestra, II giorno, tardo pomeriggio
«Una vanga?»
«No.»
«Un rastrello?»
«Assolutamente.»
«Un secchio?»
«Sei lontanissimo.»
Erano tre minuti pieni che Cathy rispondeva negativamente ad ogni proposta di Jamie.
«Una capra?»
«E da quando in qua una capra è un oggetto per la cura del cortile?» domandò Allan che non voleva lasciarsi sfuggire alcuna occasione per sottolineare le idiozie del compagno.
«Da quando ho finito tutte le altre possibili risposte» commentò l’altro svilito, mentre si consolava dando una carezza allo scoiattolo posato sulla sua spalla.
«Secondo me è la corda del pozzo» disse Much.
«Ti ha già detto di no. Un aiutino?»
La ragazza ci pensò su qualche istante poggiando l’indice sulle labbra e alzando lo sguardo al cielo. Camminavano da diverse ore, ormai l’aria s’era fatta fresca e il sole stava finendo di tramontare all’orizzonte, ma Robin aveva insistito perché continuassero a procedere ancora per un pezzetto prima di accamparsi, nonostante la stanchezza si stesse facendo sentire. Ad un certo punto del viaggio la ragazzina aveva proposto a tutti di distrarsi e ravvivare la marcia – il capobanda e il nasone erano così pensierosi – facendo uno degli stupefacenti giochi a cui lei era abituata durante i suoi numerosi spostamenti fra un villaggio e l’altro quando era ancora col gruppo di artisti nomadi. Jamie era pressoché l’unico a partecipare, ma ogni tanto anche gli altri davano il loro parere, avendo cura di continuare a fingersi disinteressati.
«Ultimo aiutino: può essere dipinto di rosso.»
Ci furono diversi sbuffi da parte di tutti, ma Cathy si impose di non farci caso.
«Anche la mia faccia può essere rossa se le pitturo. Che aiutino è?» esclamò Allan.
Per l’ennesima volta quel giorno, la giovane si trattenne dal lanciare una frecciatina a quello sbruffone sul fatto che lei avrebbe potuto personalmente aiutarlo a fargli diventare rossa la faccia. Per il bene della missione, si disse, era meglio non far rissa tra di loro prima ancora di arrivare a destinazione.
«La corda del pozzo?»
Much tornò all’attacco.
«No» rispose Djaq con un sospiro. «Un recinto?»
«Sbagliato!»
Cathy ci stava prendendo gusto a metterli tutti in difficoltà.
«Un sacco?»
«Non c’entra proprio nulla.»
«Uno stendibiancheria?»
«Vi sbagliate.»
«È la corda del pozzo.»
«NO!»
Un coro violento di voci si riversò sul fuorilegge insistente che sobbalzò. Dopo essersi ripreso dallo spavento strinse i denti, si sentiva estremamente offeso per il modo in cui era perennemente trattato da tutti.
«Va bene. Se è così, allora starò zitto. Non dirò più una parola fino alla fine del viaggio, tanto sembra che il mio parere non sia gradito qui. Da adesso fate come se non ci fossi.»
«Sia lode ad Allah!» sussurrò Djaq.
Will si fermò un istante.
«Che cos’è questo odore?»
I membri della banda bloccarono la marcia e si misero ad annusare l’aria. Si poteva percepire un profumo, non particolarmente intenso poiché probabilmente erano troppo distanti dalla sua fonte.
«È pollo!» esclamò Much, che aveva già finito il suo sciopero silenzioso. «È pollo arrosto!»
I compagni socchiusero gli occhi per inspirare più profondamente. Un paio di stomaci gorgogliarono quando si resero conto che la deduzione dell’amico era corretta. Riuscirono poi a scorgere un edificio in lontananza, sembrava abbastanza grande da poter essere una locanda.
«Padrone, possiamo fermarci?» Robin guardò il suo gruppo scorgendo sette sguardi imploranti che sembravano essere d’accordo con la richiesta.
«Ormai è tardi, non vediamo ad un palmo di naso» osservò Will.
All’udire quella frase, Cathy si voltò istintivamente verso Allan il quale non riusciva mai a capire che cosa avesse sempre da guardare quella tizia. Il capobanda era combattuto: avrebbe preferito continuare a camminare, ma la giornata era stata lunga per i suoi compari come per lui stesso. Un po’ di riposo avrebbe giovato, avrebbe permesso loro di ripartire ricaricati. Un pasto caldo avrebbe fatto inoltre risparmiare le provviste per il resto del viaggio.
«Va bene. Andiamo a vedere se c’è qualcosa da mettere sotto i denti.»
Tutti si avviarono con un passo molto più sostenuto del precedente, come se la nuova meta visibile ai loro occhi avesse dato loro nuove forze.
«Mi mangerei un maiale intero. O una mucca» annunciò Much.
Una punta di dispiacere colpì Cathy: sì, è vero, avrebbero mangiato e si sarebbero riposati, ma nessuno avrebbe più avuto interesse ad indovinare il suo oggetto misterioso.





 

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Rieccoci con un nuovo capitolo di Missione a Londra, stavolta scritto da _Eleuthera_ e laureta1387.
Cathy e Allan la fanno un po' da padroni in questa storia, di fatto sono tra quelli che nel nostro gdr hanno trovato più spazio e la cosa si sta riflettendo anche in questo racconto a sei mani. Se vogliamo dirla tutta, il personaggio-prezzemolo delle nostre avventure è senz'altro Jamie. Leggete una ruolata e lui c'è... o comunque gli altri ne parlano (vero, Will?). Già che si parla del mio raccontafrottole preferito, colgo l'occasione per linkare la fanfiction che ho scritto sulle "origini" di questo personaggio. Parla della sua vita prima della banda e di ciò che l'ha spinto a partire per poi arrivare a Nottingham. Una storia introspettiva-commedia, diciamo, a cui manca solo il capitolo conclusivo. Magari leggendola potreste inquadrare meglio questo OC. Quindi, vi presento: Il ragazzo e lo scoiattolo.

Sempre grazie ai lettori e ai commentatori... per ora LA commentatrice ;)

PS: Noi siamo convinte che lo sceriffo non avesse ragione di essere così certo che Robin stia andando a Londra per rovinare il suo piano... insomma, potrebbero benissimo essere cominciati i saldi da Harrods!
PPS: C'è qualche whovian fra i lettori? Avete colto la citazione? ;)

   
 
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