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Autore: MarchesaVanzetta    28/04/2012    1 recensioni
Alessio e Tommaso: due ragazzi diversi che si scontreranno una mattina di aprile come tante. Cosa succederà?
*
Tutto questo ambaradam doveva essere una drabble, scritta per una sfida tra me e Power Lolly che coinvolge cinque prompt. Temo si sia allungata un po' e continuerà a farlo... in ogni caso, qualsiasi cosa venga fuori, la dedico a lei :)
{Aggiornamenti venerdì sera, spero}
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cellulare sul suo comodino vibrò, svegliandolo. Allungò una mano fuori dal piumino per spegnere quell’aggeggio vibrante prima che svegliasse Daniele e sforzandosi riuscì a uscire dal letto, infilando le ciabatte al contrario. Imprecò sottovoce, dirigendosi poi verso il bagno: perché aveva avuto la malaugurata idea di svegliarsi alle sei del mattino, quando il negozio apriva alle nove? Poi si ricordò di venerdì mattina e del sorriso fugace di Tommaso e si mise di più lena a lavare i denti, sistemando i capelli con la sinistra.
Si tolse il pigiama e si vestì, come per andare in negozio: non voleva sembrare preparato a quel nuovo incontro con il misterioso barista.
Uscì di casa dopo aver afferrato al volo la tracolla stracolma come sempre e si diresse verso l’angolo tra la sua via e quella che portava alla cartoleria dove lavorava. Trovò la sua Vespa e, messo in moto, puntò verso il centro e il bar di Tommaso.
Arrivò in una manciata di minuti, parcheggiò il motorino legandolo a una rastrelliera per le bici e guardò l’orologio: appena le sei e venti. Era stato troppo veloce.
Iniziò a gironzolare lì intorno, non sapendo cosa fare; dopo cinque minuti si era già stufato. Vedendo un giornalaio decise di andare a comprare il quotidiano, così da leggerlo durante l’attesa.
“Buongiorno” lo salutò il vecchietto che sembrava quasi scomparire dietro il banco del negozio, tanto era sommerso da riviste, fumetti e giornali.
“ ‘Giorno. Vorrei il Corriere, per favore” chiese gentilmente Alessio, guardandosi distrattamente intorno: oltre alle riviste femminili di giardinaggio, cucina, arredamento, gossip, bambini, psicologia e altre mille menate varie non c’era molto altro. Dopo aver frugato un po’ nel retrobottega-evidentemente non trovava l’inserto del lunedì- riemerse dalla pila di carta stampata in cui era precipitato e, prese le monete dal palmo del biondo, lo salutò di nuovo.
Alessio tornò alla Vespa, controllando l’orologio: sei e trentacinque. Si sedette sulla moto e aprì il giornale, iniziando a leggere.
“Hai una Vespa? Sei uno stereotipo italiano vivente” lo ridestò dalla lettura una voce un po’ roca e fastidiosa. Il ragazzo alzò gli occhi dalla carta per trovarsi davanti Tommaso, in tutto il suo splendore mattutino. Ma cosa diavolo stava pensando?!
“Quantomeno non c’è il Colosseo, qui. E il calcio non mi piace, se proprio vogliamo sfatare lo stereotipo” gli rispose a tono, chiudendo il Corriere.
“La Vespa resta comunque una scelta discutibile, in fatto di mezzo di locomozione. Ma, esattamente, cosa ci fai qui?” ribatté il moro, spostando la pseudoconversazione su binari più spinosi.
“Qualcuno mi ha detto che qui si baratta il caffè con le brioches…” accennò vago, sorridendo poi furbescamente.
“Non vedo brioches, nelle tue mani” osservò Tommaso, cercando di metterlo in difficoltà. Come se fossero i cornetti, che aveva aspettato per due giorni.
“Sì bhe, non volevo farti ingrassare. Ti ho portato il giornale” rispose Alessio, porgendogli l’ingombrante fascicolo di carta ancora fresca di inchiostro, con le prime pagine appena stropicciate.
“Leggi il Corriere?” domandò retorico, vedendo il carattere del titolo e l’inserto.
“Sì, perché?” chiese Alessio, indovinando già il motivo di quell’espressione contrariata.
“Mh, nulla” cercò di tergiversare il moro, facendo un vago gesto con la mano.
“Fammi indovinare: fedele acquirente di Repubblica?” lo stuzzicò il biondo, ridacchiando poi della faccia che aveva fatto il barista, intento ad aprire la porta smerigliata.
Tommaso andò subito ad accendere le macchine del caffè e poi tornò alla porta, controllando il cartello appeso: l’”Aperto” era girato verso l’interno.
“Sei abbastanza fastidioso tu, non voglio rischiare di trovarmi tra capo e collo un tuo compare” spiegò con un sorriso ad Alessio, che incominciò a ridere, rantolando qualcosa tra le risa. L’altro non poté far a meno di unirsi alla risata, improvvisa e senza senso.
Si calmarono insieme, e si trovarono rispettivamente a fissarsi negli occhi. Un sorriso identico passò sui loro visi per un attimo, per poi sparire nel vapore che usciva dalle macchinette, ormai pronte per far sgorgare caldo e scuro nettare mattutino.
“Dai, accetta comunque il giornale. Però l’inserto lo prendo io!” propose nuovamente Alessio, allungando oltre il bancone il quotidiano.
“Sei interessato all’economia?” chiese Tommaso, mettendo due tazzine sotto il becchetto di metallo.
“Assolutamente! Non ci capisco nulla. Ma il mio ragazzo fa il commercialista, laureato in economia, e trova rilassante il CorrierEconomia” rispose spontaneamente il biondo, realmente stranito dagli hobby di Daniele.
Un’ombra scura passò sul viso del barista, girato per prendere le due tazzine col caffè.
“Quindi si è sistemato tutto?” si informò, cercando di nascondere il viso dietro la chicchera, che non gli era mai sembrata tanto minuscola.
“Mha, non so. Cioè, per lui sì, per me no” rispose Alessio, perdendosi a guardare la schiuma marroncina del suo caffè.
“Ma non ti aveva cacciato fuori di casa?” chiese, smarrito. Non gli tornavano un paio di conti…
“Sì bhe, cioè, no. Oddio. Dunque, sì, mi ha sbattuto fuori di casa ma era una cosa abbastanza voluta anche da me. Insomma, non lo sopporto più! È eccessivamente melenso e monotono e privo di qualsiasi fantasia!” sciorinò il biondo, pensando alla palla al piede che era diventato l’altro.
“Cazzo, scusa, ho parlato troppo. Immagino che non te ne freghi niente”  si scusò poi, rendendosi conto del fiume di lamentele che aveva appena riversato addosso a un tizio più o meno sconosciuto e con il quale, più o meno, ci stava provando. Che figura di merda.
“Non ti preoccupare. Quindi non lo ami?” chiese cordialmente Tommaso, più interessato alla risposta di quanto fosse lecito.
“No” rispose secco, senza esitazione. Alessio si perse un attimo, stranito dalla sua risposta: neanche con se stesso l’aveva mai ammesso tanto chiaramente e ora con lui riusciva a dirlo come se fosse naturale, senza sentirsi in colpa.
Il barista rispettò quell’improvviso silenzio, stupito dalla decisione dell’altro e speranzoso di poter avere una possibilità. Quel tipo lo stava affascinando sempre di più, e ormai non sapeva se la cosa potesse essere positiva o meno.
“Allora perché ci stai insieme?” domandò più piano, come a rispettare quel silenzio che era calato tra loro, denso ma non teso.
“Non saprei come dirgli che non lo voglio più. E poi dividiamo lo stesso appartamento, pensa il casino che ne uscirebbe! In ogni caso, è un ragazzo che ne ha passate tante, non voglio essere ricordato come uno dei tanti stronzi che l’hanno solo usato” rispose Alessio, rompendo definitivamente l’incanto silente di poco prima.
“Non si può stare con una persona solo per questo, sai?” lo rimproverò amichevolmente Tommaso, cercando di capire quel mistero che si chiamava Alessio. Alessio e basta, Alessio – notte insonne, Alessio – brioche, Alessio –Vespa.
“Già. Intanto scaccio la noia arrangiandomi come posso, motivo per cui sono stato cacciato da casa l’altra sera” borbottò quasi il biondo, sperando che l’altro capisse e non lo giudicasse male.
“Non è una cosa carina” gli rispose, senza ottenere risposta. Alessio aveva appoggiato la testa sulla mano e giocava con il suo lobo con l’indice e il pollice, mordendosi lievemente le labbra.
“A cosa pensi?” gli chiese dopo un po’ Tommaso, tornato al bancone dopo aver sistemato velocemente la saletta.
“Se ti chiedessi di uscire, dopo la mia brillante risposta di prima, sarebbe davvero inopportuno, vero?” lo stupì il biondo. “Cioè, da amici, non pensare male! Solo per continuare la conversazione, tra poco qui ci sarà un sacco di gente e io devo andare a lavorare” si affrettò a chiarire, sperando di avere ancora una possibilità e non essersi compromesso troppo.
“Io stacco a mezzogiorno e mezza e riprendo alle quattro” lo informò apparentemente disinteressato Tommaso, ma fremendo in sé per quell’invito accennato.
“Vedrò di esserci. Però adesso devo scappare” mentì Alessio, non sapendo più che cosa fare o dire per non rovinare quel momento perfetto che la sua mente già stava edulcorando.
Senza neanche dare il tempo a Tommaso di salutarlo, schizzò via e si fiondò sulla Vespa, dimentico del giornale e di qualsiasi altra cosa che non comportasse l’esaltazione per essere riuscito a chiedergli di uscire senza essere preso a battutine sarcastiche. E anche se ci fossero state lui non le avrebbe sentite, considerando la velocità a cui era fuggito.
Slegò la moto e si diresse al parco, per pensare in pace a quel turbine di pensieri che non gli lasciavano pace.
  
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