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Autore: controcorrente    29/04/2012    3 recensioni
"Una volta ho letto la favola della Canna e della Quercia, madame. La Quercia si faceva beffe della Canna accusandola di debolezza, perché quest'ultima non possedeva la stessa corteccia ruvida, né il tronco imponente. Quando però una forte tempesta si abbatté su di loro, la Quercia, dopo aver fatto resistenza alla forza del vento, fu abbattuta mentre la Canna, per quanto violente fossero le raffiche, si piegava senza mai spezzarsi. Mi è sempre piaciuta quella storia e sapete perché? Perché anche la pianta più debole all'apparenza, può resistere alle difficoltà più insopportabili, se mantiene la flessibilità. Per questo motivo, non credo che siate una persona priva di temperamento. Non conosco molto di voi ma so che avete un buon carattere e se siete riuscita a mantenerlo in questo modo malgrado tutto, allora dovete sicuramente avere una qualche forza che vi ha permesso di conservarvi in questo modo." Questa è una nuova storia nella quale trovere una protagonista un po'insolita ma che secondo me merita attenzione. Auguro a chi volesse darci un'occhiata, buona lettura.
STORIA CONCLUSA
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Madri, famiglie e vicende varie'
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Benvenuti a questo nuovo capitolo. Spero che il precedente vi sia piaciuto. Era di transizione per descrivere cosa succede tra Madame e La Fayette. In linea di principio, non amo i personaggi piatti. Sono poco realistici e, francamente, abbastanza noiosi, secondo me. Questo La Fayette molto probabilmente non è quello storico, anche se dobbiamo ammettere che non riuscì ad approfittarsi della situazione che si era delineata. Come Philippe d’Orleans finirà con l’essere travolto, anche se non ci lascerà la buccia. Il dialogo con Saint Just ha lo scopo di riportarlo nei ranghi. Immagino che vi abbia lasciato con l’amaro in bocca…ma era necessario.

ADIEU, LA FAYETTE

Madame non seppe dire quanti giorni erano passati. L’unica cosa di cui era consapevole era quell’immagine di fuoco e fiamme che ancora si mostrava ai suoi occhi, in un tetro ripetersi. I minuti dell’orologio erano l’unico elemento che potesse in qualche modo permetterle di contare lo scorrere del tempo. La sua testa era ancora a quella maledetta mattina, in cui tutto quel poco di buono che ancora possedeva era andato a farsi benedire.

Suo marito era morto…e quello era l’unico pensiero che poteva permettersi di concepire. Lentamente fissò il foglio che aveva nascosto nel vestito indossato quel giorno. Ricordava bene ogni singola parola, eppure non poteva trattenersi dal ripercorrere con il cervello quelle lettere. Era una pratica che faceva spesso, in un moto ossessivo ed autolesionista. Cifre, numeri e date.

Ma che cosa pensi che me ne possa fare di questi soldi, Francois? Credi davvero che a me servisse un risarcimento? faceva, stringendo la carta in modo convulso e quasi rabbioso. Non voleva quel denaro. Non voleva quella ricchezza che aveva portato alla morte suo marito.

Guardò nuovamente le parole impresse nel foglio, poi, piano piano si alzò dal letto…per sedersi sulla poltroncina. Insieme a quel freddo che non voleva andarsene dal suo corpo.

Mancavano pochi minuti alle cinque e presto La Fayette sarebbe tornato dalle sue mansioni. La dama strinse nuovamente il foglio che teneva nelle mani. Si chiese come avrebbe reagito, non appena gli avesse rivelato tutto. Forse non l’avrebbe presa bene. Si arrabbierà? Rimarrà deluso dal mio inganno?pensava apatica. –Non ha alcuna importanza- fece, fissando il proprio riflesso- Non ho motivo di temerlo. Ho perso tutto ciò per cui valeva la pena vivere…che differenza fa? Io non posso più continuare così.-

Era tempo di liberarsi anche di quell’ultimo fardello…solo dopo avrebbe potuto disperarsi seriamente. Fu con questa nuova risoluzione che iniziò a sistemare il proprio aspetto.

 

Puntuale come un orologio, La Fayette fece ritorno nella camera che le aveva riservato. Di solito, esordiva chiedendole come stava…ma non quel giorno. Ciò che Madame vide fu un’espressione piuttosto sorpresa…e non poteva essere diversamente. Non portava più la camicia da notte, né teneva i capelli sciolti, come una femmina sconsiderata.

-Marguerite- fece questi, stupito – vi sentite un po’meglio?- 

La donna non rispose. –Gilbert- domandò pacata- è possibile fare quattro passi in giardino?-                                                                                          

 

 

 

L’area verde attorno al palazzo era curata egregiamente e, con il procedere della bella stagione, iniziava a coprirsi di nuovi colori. Madame passeggiava a braccietto con La Fayette fissando compostamente tutto quel verde. Non le dispiaceva sentire l’aria ancora fresca di quel posto. Le ricordava, almeno un po’ lo spazio attorno alla residenza dei suoi genitori.

-E’passato molto tempo dall’ultima volta che sono uscita- mormorò distratta- Non pensavo che la primavera fosse così avanti.-

-E’quasi maggio- rispose l’altro.

La dama si fermò. –Dunque è quasi estate?- domandò, fissandolo sorpresa.

Gilbert le rispose con un’occhiata incerta e preoccupata…poi annuì meccanico. –Non siete uscita per mesi…da febbraio per essere precisi. Sono contento, però, che abbiate deciso di uscire…non vi faceva bene rimanere in quelle quattro mura tanto a lungo.-

Marguerite abbassò la testa.

-Mi dispiace avervi fatto preoccupare- mormorò piano. –Non era mia intenzione affliggervi.-

La Fayette scosse il capo.

-Non importa- rispose questi, silenzioso. Si guardarono muti per qualche momento, poi ripresero quella passeggiata. I passi battevano leggeri sul selciato, con quel ritmo lento di chi non ha fretta. Gilbert osservò distratto il cielo primaverile. Le rondini volavano in cielo, disposte in formazioni che parevano uscite da uno schieramento militare. Ognuna al suo posto, ognuna con una posizione ben precisa, necessaria a difendere il gruppo dall’attacco dello sparviero.

Anche Marguerite vide quello stormo e, nella mente, iniziò a farsi largo, prepotente, la malinconia.

-Gilbert- mormorò la donna- credo che sia meglio per me lasciare la vostra casa.-

La Fayette si fermò irrigidendosi, come se fosse stato colpito da una pallottola alla schiena. Guardò l’amica, ancora incredulo alle sue parole. Aveva ormai fatto chiarezza dentro di lui…ma non era ancora pronto a separarsi da lei.  –Ne siete certa?- fu l’unica domanda che riuscì a formulare.

Marguerite annuì, con decisione. –Non ha più senso per me rimanere.- fece, guardando dritto di fronte a sé- troppi ricordi mi legano a questo posto.-

Il militare non commentò.  –Capisco, ditemi però una cosa. Perché avete ripreso a scrivermi solo di recente? Avete smesso di farlo, pochi mesi dopo che ho sposato Genevieve…e non ne capisco la ragione.-

Madame puntò allora le iridi verso le fronde. –E’stato necessario Gilbert. Le mie lettere vi distraevano dai vostri doveri di marito. I miei genitori hanno espresso tale desiderio e mia sorella, durante il nostro ultimo incontro mi ha palesato come questi scambi epistolari vi impedissero di dedicarvi al vostro obbligo. C’era in gioco la sicurezza di questo matrimonio e non potevo fare diversamente.- rispose.

La Fayette la osservò. –Siete sempre stata troppo corretta con i vostri familiari… eccessivamente direi, visto che vi hanno ingannato. Non credo che la nostra amicizia potesse influire sulla mia “diligenza” come sposo. Chiunque vi abbia detto una cosa del genere ha mentito.- rispose.

La dama si irrigidì. –Che intendete dire?- domandò.

Gilbert sospirò. –I nostri genitori avevano scelto vostra sorella perché la ritenevano più sana di voi…per la prosecuzione della stirpe, ma avevano sbagliato. Dovete però sapere che il fisico di Genevieve non era perfettamente formato. Sebbene fosse in età da marito, al momento delle nozze, possedeva ancora il corpo di una bambina. Me ne accorsi quasi subito. Dopo la prima notte, il suo fisico era preso da dolori eccessivi…cosa che mi spinse a chiedere il parere di un medico. Questi visitò mia moglie e, dopo un’attenta osservazione del suo fisico, disse che era impensabile per lei avere figli al momento. Non è ancora formata mi rivelò.Una gravidanza avrebbe messo in pericolo la sua vita. Per quanto l’avessi sposata solo per dovere, non potevo rovinarle la salute. Il medico ci disse che dovevamo attendere che iniziasse ad avere le perdite di sangue tipiche del vostro sesso e che solo allora potevamo fare un tentativo.- rispose.

Marguerite si portò una mano alla bocca. –Genevieve non me ne ha mai parlato. Durante le mie visite non ha fatto parola alcuna dei suoi problemi.- mormorò.

La Fayette ridacchiò. –E di cosa vi dovete stupire? Genevieve vi odiava.- rispose laconico.

L’altra tacque.

-Non lo sapevate?- disse apatico- Lei vi invidiava.- Gilbert mosse alcuni passi lungo il viottolo, sotto l’ombra degli alberi. L’aria tiepida di quel pomeriggio sembrava anticipare l’estate. eppure, malgrado fossero in città, quell’angolo di verde sembrava immune all’umidità urbana. –Non me lo ha mai detto, ma ho sempre saputo, vedendo il diverso comportamento che aveva con i vari membri della vostra famiglia… una strana tensione…una velata ostilità, quasi,si mostrava quando era con voi. In un primo momento, non ne ho mai compreso il motivo. Ci ho riflettuto a lungo, forse per il fatto che Genevieve era la mia prima moglie, e sono giunto ad una conclusione. Rispetto a me, rispetto a voi, rispetto alle altre donne della vostra famiglia, vostra sorella si è sposata prima rispetto alle vostre consuetudini. So che, di solito, nel vostro casato, i matrimoni iniziano dai sedici anni in poi. Lei ha perso alcuni anni della propria infanzia, forse anche di più di quanto entrambi crediamo, giacché so che la sua preparazione a questo matrimonio è iniziata assai prima delle nozze effettive.-

Madame fissò tristemente le lastre del pavimento. –Le vostre parole sono vere. Mia madre, non sapendo cosa farsene della sua inetta primogenita, ha scaricato ogni aspettativa su di lei…forse, con il suo comportamento, voleva incolparmi della fine precoce della sua infanzia. Non abbiamo mai avuto modo di discuterne. Non essendo destinata alle nozze, i miei genitori hanno fatto il possibile per tenerci separate. Dopo le vostre nozze, mia madre mi ha mandato in convento. Era convinta che la nostra amicizia avrebbe ostacolato questo matrimonio. Ho provato a scrivervi…molte volte…ma non sapevo dove vivevi e, nella mia ignoranza, ero costretta a spedire tutto o a vostro padre o ai miei genitori…questo vi rivelerà chiaramente la causa del silenzio.- disse, allungando la mano sul volto, per proteggersi dal sole. –Credo che la mia famiglia abbia fatto notevoli pressioni per una possibile maternità e questo, sicuramente, ha reso assai inquieta Genevieve.- mormorò.

-Non l’ho mai amata…Genevieve- disse il militare- Non avevamo niente in comune. Era una bambina che amava ancora le bambole e i romanzetti d’appendice. Non potevamo parlare di niente, dal momento che i nostri contatti erano stati pressoché inesistenti, fino al matrimonio. Non avrei mai voluto giacere con lei, non fino a quando il medico non lo avesse permesso. Le nostre famiglie, però, la pensavano diversamente. Non avete idea di quanto avessi litigato con mio padre che smaniava capricciosamente per un erede…avrei dovuto prevedere che la vostra famiglia avrebbe avuto maggior successo nella persuasione con Genevieve. Quando rimase incinta, capii immediatamente che le cose non sarebbero andate bene…eppure la vista della sua soddisfazione, una gioia feroce e quasi insensata, che sapeva di rivincita infantile, misero da parte le mie preoccupazioni. Non affrontò bene la gravidanza e quando ebbe le contrazioni l’ottavo mese, fu abbastanza chiaro che non sarebbe andato tutto bene.- Nervoso si passò una mano sui capelli, stringendo le palpebre in un moto di tensione. Tutto il suo corpo pareva congelato nel tentativo di frenare una rabbia sotterranea, un insieme di indignazione e rancore che Marguerite non aveva mai provato. Sebbene, infatti, data la sua infanzia d’ombra, avesse tutte le possibilità per provare cose simili, non aveva mai ceduto ad una simile tentazione. A che pro, arrabbiarsi? Quel che era fatto era fatto e se non serviva per cambiare la propria situazione, l’ira era del tutto inutile.

-Dopo averla seppellita, decisi che avrei fatto il possibile per non essere più il burattino dei La Fayette. Mio padre aveva ancora potere ed io non ero in grado di impormi. Iniziai allora la mia carriera di soldato. Volevo diventare abbastanza forte da non essere più subordinato ai loro capricci. Come loro miravano alla fortuna tramite matrimonio, così io l’avrei raggiunta con il mio impegno concreto nell’esercito…finendo con il perdere quel poco di buono che ancora possedevo del mio animo. Ora, nella mia posizione, non posso permettermi cedimenti. Non sono più la persona che conoscevate e non credo di meritare ancora la vostra amicizia.- disse, mentre sentiva premere contro la bocca quelle parole che voleva e non voleva pronunciare.

-Ormai non ha alcuna importanza. Preferisco non saperlo, davvero. Ho visto, nel periodo passato a palazzo d’Orleans un contatto tra voi ed il Principe ma non voglio che mi diciate nulla a riguardo. Per una volta, preferisco l’ignoranza.- poi, improvvisamente, indurì lo sguardo- Se sapessi, infatti, che voi avete avuto una qualche parte in tutta questa storia, non riuscirei a guardarvi più come un tempo.-

A quelle parole, La Fayette capì di aver definitivamente perso la partita. Le ultime vestigia della vecchia Marguerite che ancora vivevano nella sua idea, perirono per lasciar spazio ad una donna diversa. Meno ingenua, indurita dal dolore ma non per questo rassegnata a spegnersi di fronte ad una realtà gretta e cinica…come aveva invece fatto lui. Chiunque vi abbia protetto da questa aridità, deve essere una persona degna di ogni lode…ed io so chi è, ma non voglio pronunciare il suo nome. –Un tempo, Marguerite, ho creduto che voi foste infelice con vostro marito. Confesso di averlo detestato perché, con la sua scelta, vi ha portato via dal vostro mondo…ero geloso e preoccupato, amica mia. Temevo che non sareste stata serena nel mondo della grande nobiltà. E’troppo diverso dal nostro. Lì, vi erano palazzi grandi e freddi, protocolli di cerimonia ed etichette più rigide ed innaturali…ho avuto molta paura per voi e mi sono fatto idee sbagliate. Vi chiedo scusa se non sono stato onesto con voi.- disse, non osando andare avanti.

Madame mosse alcuni passi, dandogli le spalle, la mente persa in chissà quali pensieri. –Forse, è meglio che io lasci questo palazzo. Non voglio che la mia presenza crei del pettegolezzo, non farebbe bene alla vostra carriera.- disse, fissando il cielo. Non posò mai lo sguardo su di lui.

-Dove intendete andare?- domandò il militare. Nessun invito a rimanere. Nessuna protesta. Non era più tempo per questo.

-Tornerò in Normandia per ora. Penso che passerò lì il mio tempo, poi vedrò cosa fare.- disse, prima di rientrare nell’edificio.

 

 

La partenza di Madame arrivò prima di quanto si aspettasse. Marguerite non aveva molte cose con sé e fu abbastanza semplice preparare i bagagli. Non impiegò molto per sistemare tutto. Poche ore dopo, era nel cortile deserto del palazzo.

La Fayette aveva noleggiato una carrozza, dal momento che la dama aveva rifiutato di viaggiare su un mezzo con il suo stemma. La donna guardò lo spazio intorno a lei, silenziosa ed un po’spaesata.

Il cocchiere depose le borse nello spazio adibito al bagaglio poi, con calma, aprì lo sportello del mezzo. Fece per salire ma quando si trovò sul gradino della scaletta, usato per salire, si voltò verso la finestra del palazzo.

Pochi istanti di stasi.

Il sole, in quel momento, batteva contro il vetro, riempiendo di luce quella lastra riflettente. Marguerite ebbe la sensazione che il militare fosse dall’altra parte…ma non poteva saperlo. I raggi facevano da scudo ai suoi occhi. Ugualmente, sorrise e agitando piano la mano, levò il suo saluto…prima di sparire dalla sua vita.

 

 

 

 

Mio caro Gilbert

vi chiedo scusa se non ho potuto parlarvene di persona. Avrei davvero voluto…ma non ne ho avuto il coraggio. La confessione che mi avete fatto mi ha portato a tacervi alcune cose, per rispetto all’amicizia che abbiamo sempre avuto. Il passato determina il presenti in cui ci troviamo e, anche se non desiderato, obbliga comunque le nostre vite. Non desidero ripercorrere quanto avvenuto, poiché le persone che mi hanno spinto a vivere nella maniera a voi nota, non sono più.

Vorrei però farvi alcune confidenze, che non ho il coraggio di rivelarvi di persona. La prima riguarda vostra figlia Lucrece, che sembra abbiate cancellato dalla mente. Nella condotta che avete tenuto nei suoi confronti non posso che biasimarvi, anche se capisco le vostre ragioni, pur non approvandole. Ho sempre saputo che i rapporti con vostra moglie ed i figli da lei avuti (nonché con la prole degli altri matrimoni) sono assai difficili. La donna da voi sposata , sebbene non l’amiate, deve essere trattata con un minimo rispetto e credo che l’indifferenza per la vostra figlia illegittima nasca da questo stato. Non potevate amarla o dedicarle le dovute attenzioni…altrimenti ne avrebbe risentito il matrimonio. Eppure, questo ragionamento razionale pecca di eccessiva indulgenza per voi. Ho visto i segni delle percosse e la segregazione in cui lei versava. Non crediate di essere l’unica vittima del sistema…perché nei confronti di Lucrece voi siete stato un mero carnefice.

Immagino vi domandiate la ragione di questi discorsi, soprattutto visto e considerato che non volete parlare di un simile argomento. Devo confessarvi che alla base della sua scomparsa , vi è la mia mano. Io ho pagato la dote per la vostra figlia illegittima. Era innamorata del figlio del vostro vicino di casa…ma voi, chiuso nei gretti meccanismi del vostro mondo, non avete visto nulla.

Non dovete dunque pensare più alla sua sorte, dal momento che ella vive felice insieme alla persona amata.

La seconda confessione è strettamente legata a questa. Il denaro che ho usato proviene da un conto che ho in Svizzera. L’artefice di tutto questo è mio marito. Egli mentì il giorno dell’incendio, poiché il denaro tanto cercato da Orleans e De Bouillé era stato trasferito a me…ho scoperto tutto questo solo recentemente. I miei genitori non vedevano l’ora di disfarsi di me e quando De Jarjayes chiese la mia mano, non vi credettero molto. Per non rischiare le loro finanze mi maritarono con la medesima cifra che sarebbe dovuta servire per la mia vita di monaca…e come ben sapete, non è mai molto ingente. Mio marito, vedendo quanto fosse gretto l’animo dei miei genitori e come io fossi da loro disprezzata, trasferì tutto il denaro del Maresciallo, che ancora possedeva nei miei extra-dotali. Immagino avesse captato il rischio che stava correndo la sua vita ed avesse pertanto deciso di tutelarmi.

Forse stenterete a credere a quanto vi sto dicendo…e vi confesso che nemmeno io vi avrei prestato fede. Mio marito non era un uomo semplice ed io non ho mai avuto coraggio nell’affrontarlo in modo aperto. Ero troppo vincolata al mio passato per vedere la persona meravigliosa che la Sorte mi ha dato. Quello che voglio dirvi è che il Generale era una persona straordinaria …non dovete nemmeno pensare  che io ho ricevuto offesa da parte sua.

Malgrado le sue scelte bizzarre, a differenza dei miei genitori, ha seguito le sue figlie con dedizione, riservando ogni affetto possibile verso la mia bambina. Forse vi sembreranno strane le mie parole ma posso dirvi che, tutto sommato, Francois non era un cattivo marito, o perlomeno non così abietto come molti altri.

L’altra confessione, come ho già spiegato si lega a quella sopra detta. Nel foglio che si trova insieme a questa lettera, vi sono alcune cifre ed indirizzi. Ho chiesto, una volta venuta a conoscenza della situazione del mio casato, di disporre una somma assai consistente di quelle sostanze di cui ignoravo l’esistenza, per la vostra famiglia. Non so effettivamente se tale dono vi sarà gradito ma credo che non sarebbe male per voi accettare questo regalo. Vi chiedo però di non rifiutare. La rivoluzione è un fatto che rende tutto più incerto di quanto non fosse durante la vostra giovinezza. Consideratelo una ricompensa…per esservi ricordato della vostra amica d’infanzia.

Credetemi se vi dico che siete stato uno dei pochi rimpianti che ho avuto, durante la mia giovinezza. Non è stato facile separarmi da voi. L’ordine della mia famiglia, nel tenervi lontano, ha arrecato non poco dolore a entrambi…e solo ora mi rendo conto che avrei dovuto disobbedire…ma a che pro pensarci? Io sono comunque grata alla sorte per avervi incontrato, poiché senza di voi la mia infanzia sarebbe stata assai più dura.

Con queste parole, caro amico, mi congedo e ti auguro di essere, se non felice, almeno sereno.

Adieu

Marguerite

La lettera giaceva sul tavolo dello studio. La Fayette seguiva la sua sagoma farsi sempre più piccola, mentre si chinava per entrare nella carrozza.Non aveva avuto il coraggio di leggerla…forse per vigliaccheria, vista la sua condotta durante la sua permanenza. Era pentito per non aver fatto il possibile per salvare suo marito dalle grinfie dei suoi aguzzini ma l’antico odio per i nobili di Versailles lo aveva accecato.

Ed ora, solo questo poteva davvero permettersi.

Salutarla da lontano.

Questo solo posso concedermi, amica mia pensava malinconico sono troppo vigliacco per salutarti di persona. Perdonami ma ho paura che tu veda che ormai non vi è più traccia del vostro antico amico. Lascia almeno che questo dubbio rimanga. E’l’unica cosa che vi chiedo. In quella lenta procedura di carico dei bagagli, La Fayette percorse tutti quei momenti che erano stati alla base della sua attuale posizione di comando. Aveva agito indubbiamente per rabbia e spirito di rivalsa, verso una vita che lo aveva privato di ciò che si avvicinava almeno un po’all’affetto. Ora era di nuovo solo.

 

 

 

Per la prima volta, sentì lo strano bisogno di scrivere a sua moglie.

 

 

 

 

La carrozza percorreva le vie cittadine. Marguerite si guardava intorno, incerta sul da farsi. Aveva deciso di lasciare il palazzo di La Fayette senza pensarci troppo. Era solo stanca di rimanere in quel luogo. Le ricordava i terribili momenti passati in quei mesi. Non credeva di scoprire simili verità, voleva solo rivedere suo marito…per parlargli di nuovo. E tutto ciò che ho ottenuto è stato solo sangue pensò, stringendo rabbiosamente le mani.

Improvvisamente,il mezzo si fermò.

Marguerite si riscosse dai suoi pensieri, mentre uno strano deja-vu si stava facendo largo dentro di lei. Quella situazione le ricordava l’improvviso fermarsi del carro che l’aveva portata a Parigi, alcuni mesi prima. Istintivamente rabbrividì e, con un filo di tensione, allungò il collo fuori dalla carrozza. Sentiva infatti le chiacchiere e le bestemmie del cocchiere, una serie di parole che ebbero il potere di scuoterla dal suo torpore. –Che cosa sta succedendo?- domandò, rivolta al cocchiere.

Questi aveva un’espressione irritata. - Per le balle del Re Sole- imprecò seccato- qualche seccatore ha messo dei sassi lungo la strada. La melma di queste strade ha coperto questi sassi ed ho preso in pieno uno di questi con la ruota…dannazione! Dovrò farla riparare, o saranno guai.- Così dicendo, l’uomo si allontanò dalla carrozza, salvo poi fermarsi e guardare impacciato la dama. –Madame, nelle vicinanze c’è un artigiano esperto nella riparazione delle carrozze…mi dispiace ma questo viaggio sarà più lungo del previsto.- mormorò.

-Non fa nulla. Non ho fretta.- mormorò- Visto che non ripartiremo presto, potrei fare un salto a quella chiesa? Quando sarà tutto a posto, mi troverà lì.-  L’uomo annuì e, con passo trafelato si incamminò a sistemare la carrozza. Rimasta sola, la donna si guardò attorno. La chiesa che aveva intravisto era in stile barocco. Aveva una facciata a capanna, coperta di uno spesso e pesante strato di stucchi che creavano, sulla pietra, l’imitazione di fiori e motivi vegetali. La luce li colpiva in ogni momento del giorno, da angolazioni diverse a seconda dell’ora, creando così sfumature che rendevano l’immagine, nel suo insieme, particolarmente suggestiva.

Fino a quando non aveva messo piede a Versailles, la chiesa era l’unico luogo, esterno alla casa, che aveva visitato. In un primo momento, la sua famiglia aveva pensato di approfittare della sua curiosità per spingerla verso il chiostro…ma la sua salute cagionevole aveva fatto disperare per lei, anche solo la possibilità di vedere il convento. Per questo era stata abbandonata in un angolo, in attesa di tempi migliori. Marguerite si chiese che senso avesse entrare in quelle cappelle intrise d’incenso e moccolaia.

Aveva varcato quelle navali, tutte diverse e simili tra loro, innumerevoli volte ed altrettante si era rivolta da Dio per richieste varie ed allo stesso tempo disperate. Quando aveva chiesto che la sua famiglia le rivolgesse un minimo di affetto.

Quando aveva pregato che La Fayette la salvasse dalla sua grigia vita.

Quando aveva domandato perché quelle nozze, cullate solo nella sua mente, non avessere accarezzato le ambizioni di entrambi casati.

Quando aveva chiesto se avesse commesso degli errori nei confronti di sua sorella, di sua madre e suo padre.

Quando aveva espresso il suo dolore per la fine di Genevieve, cosa di cui si era sempre responsabile.

E’stato allora che ho smesso di rivolgermi a queste statue candide e severe pensò, fissando le immagini in pietra. A che pro farlo, quando il male ricevuto non sembra proporzionato alle colpe commesse? Eppure, malgrado queste riflessioni e l’animo non avesse poi molta fiducia, ugualmente eseguì meccanica l’atto della preghiera. Aveva detto a La Fayette che se ne sarebbe andata in convento ma non era molto convinta. Qualcosa la frenava dall’abbracciare interamente quella scelta.

Un tempo, non ve ne sarebbe stato bisogno.

La famiglia non vedeva l’ora di liberarsi di lei e non vi era con loro altro rapporto che non fosse determinato dal dovere.

Dopo il suo matrimonio, tuttavia molte cose erano cambiate. Malgrado si fosse sentita indegna, suo marito, Nanny e Oscar le avevano voluto bene, proteggendola dai pericoli. Improvvisamente si era trovata ad essere protetta ed amata come mai le era accaduto…e tutto quell’affetto sotterraneo l’aveva avvolta. Una coperta calda che aveva immobilizzato il suo animo troppo abituato al gelo…facendola arretrare per il timore.

La donna si allontanò di scatto. Improvvisamente, non aveva più voglia di pregare.

 

 

Lasciare quelle stanze imbevute di incenso non le era mai sembrato tanto facile. L’aria primaverile le scaldava il viso, mentre il venticello scuoteva le lunghe gonne del proprio abito. Fuori dalla chiesa, vedeva la gente passeggiare frenetica, parlottando tra loro delle cose più varie. Il mondo continua pure così, con qualche personaggio in più, con qualche volto in meno…ed io,semplice comparsa che cosa posso fare? andava pensando. La strada davanti a lei terminava ai piedi del convento in cui aveva passato l’ultimo anno della sua vita. Marguerite sorrise mesta. Questa volta, malgrado tutte le possibili raccomandazioni, il suo nome non avrebbe mai avuto peso…e, se doveva essere onesta, non aveva nemmeno avuto molte occasioni di beneficiarne. Nel frattempo, la campana suonò mezzogiorno e la dama, presa dalla fame, tirò fuori una parte del pranzo che le avevano preparato, prima di rimettersi in viaggio. Era un panino imbottito che la cuoca le aveva lasciato, prima di andare.

Si mise a sedere lungo una delle panchine e con calma seguì con lo sguardo il fluire di persone. Le sarebbe piaciuto passeggiare per le vie cittadine. Mentre era insieme alla compagnia teatrale, quando lavorava presso le lavandaie, aveva avuto modo di vedere spaccati della vita urbana che, pur scuotendola, le avevano messo addosso una strana curiosità. Le sarebbe piaciuto guardare ancora un po’quella città…esplorare i posti nascosti di quel mondo urbano…e, perché no? Magari passeggiare insieme a suo marito ed a sua figlia…a quel pensiero, il corpo tremò. Inutile immaginare cose impossibili, Marguerite! Le cose non sono mai andate come desideravi…perché continui a farti del male?andava pensando, mentre il paesaggio iniziava a farsi tremulo e opaco.

-Madame?- fece una voce alle sue spalle –E’mai possibile che la trovi sempre nei pressi delle chiese?-

Marguerite sobbalzò, girandosi di scatto…e rimanendo impietrita. Erin O’Neal era lì, di fronte a lei. Lo stesso sguardo felino ed il medesimo sorriso vagamente malizioso. Vedendola immobile la donna dagli occhi di giada si piegò leggermente, avvicinando il volto al suo. –Madame- continuò, pacata- perché state piangendo?-

Allora, capitolo lungo e forse noioso. Madame lascia casa La Fayette in modo definitivo. Con questo passaggio si svelano i retroscena del matrimonio del militare con la sorella di Madame, concludendo, in qualche modo, quella parte riservata al passato tra i due personaggi. Madame lascia all’amico una parte del denaro, in ricordo della vecchia amicizia. Vorrei precisare che lei non ha la certezza che La Fayette sia coinvolto. Lo sa ma non tutti i particolari…e preferisce non saperli, per non rovinare il ricordo. La parte finale, invece, mostra l’incontro con Erin. Vorrei precisare. Non è che la storia sia finita. Mancano ancora x capitoli ma possiamo dire che i conti con il passato per la dama sono finite…vi sono ancora dei buchi però…e ora saranno colmati. Grazie a tutti voi!

   
 
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