Benvenuti
a questo nuovo capitolo. Spero
che il precedente vi sia piaciuto. Era di transizione per descrivere
cosa
succede tra Madame e
ADIEU,
Madame non seppe dire quanti giorni erano passati. L’unica cosa di cui era consapevole era quell’immagine di fuoco e fiamme che ancora si mostrava ai suoi occhi, in un tetro ripetersi. I minuti dell’orologio erano l’unico elemento che potesse in qualche modo permetterle di contare lo scorrere del tempo. La sua testa era ancora a quella maledetta mattina, in cui tutto quel poco di buono che ancora possedeva era andato a farsi benedire.
Suo marito era morto…e quello era l’unico pensiero che poteva permettersi di concepire. Lentamente fissò il foglio che aveva nascosto nel vestito indossato quel giorno. Ricordava bene ogni singola parola, eppure non poteva trattenersi dal ripercorrere con il cervello quelle lettere. Era una pratica che faceva spesso, in un moto ossessivo ed autolesionista. Cifre, numeri e date.
Ma che cosa pensi che me ne possa fare di questi soldi, Francois? Credi davvero che a me servisse un risarcimento? faceva, stringendo la carta in modo convulso e quasi rabbioso. Non voleva quel denaro. Non voleva quella ricchezza che aveva portato alla morte suo marito.
Guardò nuovamente le parole impresse nel foglio, poi, piano piano si alzò dal letto…per sedersi sulla poltroncina. Insieme a quel freddo che non voleva andarsene dal suo corpo.
Mancavano pochi
minuti alle cinque e presto
Era tempo di liberarsi anche di quell’ultimo fardello…solo dopo avrebbe potuto disperarsi seriamente. Fu con questa nuova risoluzione che iniziò a sistemare il proprio aspetto.
Puntuale come un
orologio,
-Marguerite- fece questi, stupito – vi sentite un po’meglio?-
La donna non rispose. –Gilbert- domandò pacata- è possibile fare quattro passi in giardino?-
L’area verde
attorno al palazzo era curata egregiamente e, con il procedere della
bella
stagione, iniziava a coprirsi di nuovi colori. Madame passeggiava a
braccietto
con
-E’passato molto tempo dall’ultima volta che sono uscita- mormorò distratta- Non pensavo che la primavera fosse così avanti.-
-E’quasi maggio- rispose l’altro.
La dama si fermò. –Dunque è quasi estate?- domandò, fissandolo sorpresa.
Gilbert le rispose con un’occhiata incerta e preoccupata…poi annuì meccanico. –Non siete uscita per mesi…da febbraio per essere precisi. Sono contento, però, che abbiate deciso di uscire…non vi faceva bene rimanere in quelle quattro mura tanto a lungo.-
Marguerite abbassò la testa.
-Mi dispiace avervi fatto preoccupare- mormorò piano. –Non era mia intenzione affliggervi.-
-Non importa- rispose questi, silenzioso. Si guardarono muti per qualche momento, poi ripresero quella passeggiata. I passi battevano leggeri sul selciato, con quel ritmo lento di chi non ha fretta. Gilbert osservò distratto il cielo primaverile. Le rondini volavano in cielo, disposte in formazioni che parevano uscite da uno schieramento militare. Ognuna al suo posto, ognuna con una posizione ben precisa, necessaria a difendere il gruppo dall’attacco dello sparviero.
Anche Marguerite vide quello stormo e, nella mente, iniziò a farsi largo, prepotente, la malinconia.
-Gilbert- mormorò la donna- credo che sia meglio per me lasciare la vostra casa.-
Marguerite annuì, con decisione. –Non ha più senso per me rimanere.- fece, guardando dritto di fronte a sé- troppi ricordi mi legano a questo posto.-
Il militare non commentò. –Capisco, ditemi però una cosa. Perché avete ripreso a scrivermi solo di recente? Avete smesso di farlo, pochi mesi dopo che ho sposato Genevieve…e non ne capisco la ragione.-
Madame puntò allora le iridi verso le fronde. –E’stato necessario Gilbert. Le mie lettere vi distraevano dai vostri doveri di marito. I miei genitori hanno espresso tale desiderio e mia sorella, durante il nostro ultimo incontro mi ha palesato come questi scambi epistolari vi impedissero di dedicarvi al vostro obbligo. C’era in gioco la sicurezza di questo matrimonio e non potevo fare diversamente.- rispose.
La dama si irrigidì. –Che intendete dire?- domandò.
Gilbert sospirò. –I nostri genitori avevano scelto vostra sorella perché la ritenevano più sana di voi…per la prosecuzione della stirpe, ma avevano sbagliato. Dovete però sapere che il fisico di Genevieve non era perfettamente formato. Sebbene fosse in età da marito, al momento delle nozze, possedeva ancora il corpo di una bambina. Me ne accorsi quasi subito. Dopo la prima notte, il suo fisico era preso da dolori eccessivi…cosa che mi spinse a chiedere il parere di un medico. Questi visitò mia moglie e, dopo un’attenta osservazione del suo fisico, disse che era impensabile per lei avere figli al momento. Non è ancora formata mi rivelò.Una gravidanza avrebbe messo in pericolo la sua vita. Per quanto l’avessi sposata solo per dovere, non potevo rovinarle la salute. Il medico ci disse che dovevamo attendere che iniziasse ad avere le perdite di sangue tipiche del vostro sesso e che solo allora potevamo fare un tentativo.- rispose.
Marguerite si portò una mano alla bocca. –Genevieve non me ne ha mai parlato. Durante le mie visite non ha fatto parola alcuna dei suoi problemi.- mormorò.
L’altra tacque.
-Non lo sapevate?- disse apatico- Lei vi invidiava.- Gilbert mosse alcuni passi lungo il viottolo, sotto l’ombra degli alberi. L’aria tiepida di quel pomeriggio sembrava anticipare l’estate. eppure, malgrado fossero in città, quell’angolo di verde sembrava immune all’umidità urbana. –Non me lo ha mai detto, ma ho sempre saputo, vedendo il diverso comportamento che aveva con i vari membri della vostra famiglia… una strana tensione…una velata ostilità, quasi,si mostrava quando era con voi. In un primo momento, non ne ho mai compreso il motivo. Ci ho riflettuto a lungo, forse per il fatto che Genevieve era la mia prima moglie, e sono giunto ad una conclusione. Rispetto a me, rispetto a voi, rispetto alle altre donne della vostra famiglia, vostra sorella si è sposata prima rispetto alle vostre consuetudini. So che, di solito, nel vostro casato, i matrimoni iniziano dai sedici anni in poi. Lei ha perso alcuni anni della propria infanzia, forse anche di più di quanto entrambi crediamo, giacché so che la sua preparazione a questo matrimonio è iniziata assai prima delle nozze effettive.-
Madame fissò tristemente le lastre del pavimento. –Le vostre parole sono vere. Mia madre, non sapendo cosa farsene della sua inetta primogenita, ha scaricato ogni aspettativa su di lei…forse, con il suo comportamento, voleva incolparmi della fine precoce della sua infanzia. Non abbiamo mai avuto modo di discuterne. Non essendo destinata alle nozze, i miei genitori hanno fatto il possibile per tenerci separate. Dopo le vostre nozze, mia madre mi ha mandato in convento. Era convinta che la nostra amicizia avrebbe ostacolato questo matrimonio. Ho provato a scrivervi…molte volte…ma non sapevo dove vivevi e, nella mia ignoranza, ero costretta a spedire tutto o a vostro padre o ai miei genitori…questo vi rivelerà chiaramente la causa del silenzio.- disse, allungando la mano sul volto, per proteggersi dal sole. –Credo che la mia famiglia abbia fatto notevoli pressioni per una possibile maternità e questo, sicuramente, ha reso assai inquieta Genevieve.- mormorò.
-Non l’ho mai amata…Genevieve- disse il militare- Non avevamo niente in comune. Era una bambina che amava ancora le bambole e i romanzetti d’appendice. Non potevamo parlare di niente, dal momento che i nostri contatti erano stati pressoché inesistenti, fino al matrimonio. Non avrei mai voluto giacere con lei, non fino a quando il medico non lo avesse permesso. Le nostre famiglie, però, la pensavano diversamente. Non avete idea di quanto avessi litigato con mio padre che smaniava capricciosamente per un erede…avrei dovuto prevedere che la vostra famiglia avrebbe avuto maggior successo nella persuasione con Genevieve. Quando rimase incinta, capii immediatamente che le cose non sarebbero andate bene…eppure la vista della sua soddisfazione, una gioia feroce e quasi insensata, che sapeva di rivincita infantile, misero da parte le mie preoccupazioni. Non affrontò bene la gravidanza e quando ebbe le contrazioni l’ottavo mese, fu abbastanza chiaro che non sarebbe andato tutto bene.- Nervoso si passò una mano sui capelli, stringendo le palpebre in un moto di tensione. Tutto il suo corpo pareva congelato nel tentativo di frenare una rabbia sotterranea, un insieme di indignazione e rancore che Marguerite non aveva mai provato. Sebbene, infatti, data la sua infanzia d’ombra, avesse tutte le possibilità per provare cose simili, non aveva mai ceduto ad una simile tentazione. A che pro, arrabbiarsi? Quel che era fatto era fatto e se non serviva per cambiare la propria situazione, l’ira era del tutto inutile.
-Dopo averla seppellita,
decisi che avrei fatto il possibile per non essere più il
burattino dei
-Ormai non ha alcuna importanza. Preferisco non saperlo, davvero. Ho visto, nel periodo passato a palazzo d’Orleans un contatto tra voi ed il Principe ma non voglio che mi diciate nulla a riguardo. Per una volta, preferisco l’ignoranza.- poi, improvvisamente, indurì lo sguardo- Se sapessi, infatti, che voi avete avuto una qualche parte in tutta questa storia, non riuscirei a guardarvi più come un tempo.-
A quelle parole,
Madame mosse alcuni passi, dandogli le spalle, la mente persa in chissà quali pensieri. –Forse, è meglio che io lasci questo palazzo. Non voglio che la mia presenza crei del pettegolezzo, non farebbe bene alla vostra carriera.- disse, fissando il cielo. Non posò mai lo sguardo su di lui.
-Dove intendete andare?- domandò il militare. Nessun invito a rimanere. Nessuna protesta. Non era più tempo per questo.
-Tornerò in Normandia per ora. Penso che passerò lì il mio tempo, poi vedrò cosa fare.- disse, prima di rientrare nell’edificio.
La partenza di Madame arrivò prima di quanto si aspettasse. Marguerite non aveva molte cose con sé e fu abbastanza semplice preparare i bagagli. Non impiegò molto per sistemare tutto. Poche ore dopo, era nel cortile deserto del palazzo.
Il cocchiere depose le borse nello spazio adibito al bagaglio poi, con calma, aprì lo sportello del mezzo. Fece per salire ma quando si trovò sul gradino della scaletta, usato per salire, si voltò verso la finestra del palazzo.
Pochi istanti di stasi.
Il sole, in quel momento, batteva contro il vetro, riempiendo di luce quella lastra riflettente. Marguerite ebbe la sensazione che il militare fosse dall’altra parte…ma non poteva saperlo. I raggi facevano da scudo ai suoi occhi. Ugualmente, sorrise e agitando piano la mano, levò il suo saluto…prima di sparire dalla sua vita.
Mio
caro Gilbert
vi
chiedo scusa se non ho potuto parlarvene di persona. Avrei davvero
voluto…ma
non ne ho avuto il coraggio. La confessione che mi avete fatto mi ha
portato a
tacervi alcune cose, per rispetto all’amicizia che abbiamo
sempre avuto. Il
passato determina il presenti in cui ci troviamo e, anche se non
desiderato,
obbliga comunque le nostre vite. Non desidero ripercorrere quanto
avvenuto,
poiché le persone che mi hanno spinto a vivere nella maniera
a voi nota, non
sono più.
Vorrei
però farvi alcune confidenze, che non ho il coraggio di
rivelarvi di persona.
La prima riguarda vostra figlia Lucrece, che sembra abbiate cancellato
dalla
mente. Nella condotta che avete tenuto nei suoi confronti non posso che
biasimarvi, anche se capisco le vostre ragioni, pur non approvandole.
Ho sempre
saputo che i rapporti con vostra moglie ed i figli da lei avuti
(nonché con la
prole degli altri matrimoni) sono assai difficili. La donna da voi
sposata ,
sebbene non l’amiate, deve essere trattata con un minimo
rispetto e credo che
l’indifferenza per la vostra figlia illegittima nasca da
questo stato. Non
potevate amarla o dedicarle le dovute attenzioni…altrimenti
ne avrebbe
risentito il matrimonio. Eppure, questo ragionamento razionale pecca di
eccessiva indulgenza per voi. Ho visto i segni delle percosse e la
segregazione
in cui lei versava. Non crediate di essere l’unica vittima
del sistema…perché
nei confronti di Lucrece voi siete stato un mero carnefice.
Immagino
vi domandiate la ragione di questi discorsi, soprattutto visto e
considerato
che non volete parlare di un simile argomento. Devo confessarvi che
alla base
della sua scomparsa , vi è la mia mano. Io ho pagato la dote
per la vostra
figlia illegittima. Era innamorata del figlio del vostro vicino di
casa…ma voi,
chiuso nei gretti meccanismi del vostro mondo, non avete visto nulla.
Non
dovete dunque pensare più alla sua sorte, dal momento che
ella vive felice
insieme alla persona amata.
La
seconda confessione è strettamente legata a questa. Il
denaro che ho usato
proviene da un conto che ho in Svizzera. L’artefice di tutto
questo è mio
marito. Egli mentì il giorno dell’incendio,
poiché il denaro tanto cercato da
Orleans e De Bouillé era stato trasferito a me…ho
scoperto tutto questo solo
recentemente. I miei genitori non vedevano l’ora di disfarsi
di me e quando De
Jarjayes chiese la mia mano, non vi credettero molto. Per non rischiare
le loro
finanze mi maritarono con la medesima cifra che sarebbe dovuta servire
per la
mia vita di monaca…e come ben sapete, non è mai
molto ingente. Mio marito,
vedendo quanto fosse gretto l’animo dei miei genitori e come
io fossi da loro
disprezzata, trasferì tutto il denaro del Maresciallo, che
ancora possedeva nei
miei extra-dotali. Immagino avesse captato il rischio che stava
correndo la sua
vita ed avesse pertanto deciso di tutelarmi.
Forse
stenterete a credere a quanto vi sto dicendo…e vi confesso
che nemmeno io vi
avrei prestato fede. Mio marito non era un uomo semplice ed io non ho
mai avuto
coraggio nell’affrontarlo in modo aperto. Ero troppo
vincolata al mio passato
per vedere la persona meravigliosa che
Malgrado
le sue scelte bizzarre, a differenza dei miei genitori, ha seguito le
sue
figlie con dedizione, riservando ogni affetto possibile verso la mia
bambina.
Forse vi sembreranno strane le mie parole ma posso dirvi che, tutto
sommato,
Francois non era un cattivo marito, o perlomeno non così
abietto come molti
altri.
L’altra
confessione, come ho già spiegato si lega a quella sopra
detta. Nel foglio che
si trova insieme a questa lettera, vi sono alcune cifre ed indirizzi.
Ho
chiesto, una volta venuta a conoscenza della situazione del mio casato,
di
disporre una somma assai consistente di quelle sostanze di cui ignoravo
l’esistenza, per la vostra famiglia. Non so effettivamente se
tale dono vi sarà
gradito ma credo che non sarebbe male per voi accettare questo regalo.
Vi
chiedo però di non rifiutare. La rivoluzione è un
fatto che rende tutto più
incerto di quanto non fosse durante la vostra giovinezza. Consideratelo
una ricompensa…per
esservi ricordato della vostra amica d’infanzia.
Credetemi
se vi dico che siete stato uno dei pochi rimpianti che ho avuto,
durante la mia
giovinezza. Non è stato facile separarmi da voi.
L’ordine della mia famiglia,
nel tenervi lontano, ha arrecato non poco dolore a
entrambi…e solo ora mi rendo
conto che avrei dovuto disobbedire…ma a che pro pensarci? Io
sono comunque
grata alla sorte per avervi incontrato, poiché senza di voi
la mia infanzia
sarebbe stata assai più dura.
Con
queste parole, caro amico, mi congedo e ti auguro di essere, se non
felice,
almeno sereno.
Adieu
Marguerite
La lettera giaceva
sul tavolo dello studio.
Ed ora, solo questo poteva davvero permettersi.
Salutarla da lontano.
Questo
solo posso concedermi, amica mia
pensava malinconico sono troppo vigliacco
per salutarti di persona. Perdonami ma ho paura che tu veda che ormai
non vi è
più traccia del vostro antico amico. Lascia almeno che
questo dubbio rimanga.
E’l’unica cosa che vi
chiedo. In
quella lenta procedura di carico dei bagagli,
Per la prima volta, sentì lo strano bisogno di scrivere a sua moglie.
La carrozza percorreva
le vie cittadine. Marguerite si guardava intorno, incerta sul da farsi.
Aveva
deciso di lasciare il palazzo di
Improvvisamente,il mezzo si fermò.
Marguerite si riscosse dai suoi pensieri, mentre uno strano deja-vu si stava facendo largo dentro di lei. Quella situazione le ricordava l’improvviso fermarsi del carro che l’aveva portata a Parigi, alcuni mesi prima. Istintivamente rabbrividì e, con un filo di tensione, allungò il collo fuori dalla carrozza. Sentiva infatti le chiacchiere e le bestemmie del cocchiere, una serie di parole che ebbero il potere di scuoterla dal suo torpore. –Che cosa sta succedendo?- domandò, rivolta al cocchiere.
Questi aveva un’espressione irritata. - Per le balle del Re Sole- imprecò seccato- qualche seccatore ha messo dei sassi lungo la strada. La melma di queste strade ha coperto questi sassi ed ho preso in pieno uno di questi con la ruota…dannazione! Dovrò farla riparare, o saranno guai.- Così dicendo, l’uomo si allontanò dalla carrozza, salvo poi fermarsi e guardare impacciato la dama. –Madame, nelle vicinanze c’è un artigiano esperto nella riparazione delle carrozze…mi dispiace ma questo viaggio sarà più lungo del previsto.- mormorò.
-Non fa nulla. Non ho fretta.- mormorò- Visto che non ripartiremo presto, potrei fare un salto a quella chiesa? Quando sarà tutto a posto, mi troverà lì.- L’uomo annuì e, con passo trafelato si incamminò a sistemare la carrozza. Rimasta sola, la donna si guardò attorno. La chiesa che aveva intravisto era in stile barocco. Aveva una facciata a capanna, coperta di uno spesso e pesante strato di stucchi che creavano, sulla pietra, l’imitazione di fiori e motivi vegetali. La luce li colpiva in ogni momento del giorno, da angolazioni diverse a seconda dell’ora, creando così sfumature che rendevano l’immagine, nel suo insieme, particolarmente suggestiva.
Fino a quando non aveva messo piede a Versailles, la chiesa era l’unico luogo, esterno alla casa, che aveva visitato. In un primo momento, la sua famiglia aveva pensato di approfittare della sua curiosità per spingerla verso il chiostro…ma la sua salute cagionevole aveva fatto disperare per lei, anche solo la possibilità di vedere il convento. Per questo era stata abbandonata in un angolo, in attesa di tempi migliori. Marguerite si chiese che senso avesse entrare in quelle cappelle intrise d’incenso e moccolaia.
Aveva varcato quelle navali, tutte diverse e simili tra loro, innumerevoli volte ed altrettante si era rivolta da Dio per richieste varie ed allo stesso tempo disperate. Quando aveva chiesto che la sua famiglia le rivolgesse un minimo di affetto.
Quando aveva
pregato che
Quando aveva domandato perché quelle nozze, cullate solo nella sua mente, non avessere accarezzato le ambizioni di entrambi casati.
Quando aveva chiesto se avesse commesso degli errori nei confronti di sua sorella, di sua madre e suo padre.
Quando aveva espresso il suo dolore per la fine di Genevieve, cosa di cui si era sempre responsabile.
E’stato
allora che ho smesso di rivolgermi a
queste statue candide e severe pensò, fissando le
immagini in pietra. A che pro farlo, quando
il male ricevuto non
sembra proporzionato alle colpe commesse? Eppure, malgrado
queste
riflessioni e l’animo non avesse poi molta fiducia,
ugualmente eseguì meccanica
l’atto della preghiera. Aveva detto a
Un tempo, non ve ne sarebbe stato bisogno.
La famiglia non vedeva l’ora di liberarsi di lei e non vi era con loro altro rapporto che non fosse determinato dal dovere.
Dopo il suo matrimonio, tuttavia molte cose erano cambiate. Malgrado si fosse sentita indegna, suo marito, Nanny e Oscar le avevano voluto bene, proteggendola dai pericoli. Improvvisamente si era trovata ad essere protetta ed amata come mai le era accaduto…e tutto quell’affetto sotterraneo l’aveva avvolta. Una coperta calda che aveva immobilizzato il suo animo troppo abituato al gelo…facendola arretrare per il timore.
La donna si allontanò di scatto. Improvvisamente, non aveva più voglia di pregare.
Lasciare quelle stanze imbevute di incenso non le era mai sembrato tanto facile. L’aria primaverile le scaldava il viso, mentre il venticello scuoteva le lunghe gonne del proprio abito. Fuori dalla chiesa, vedeva la gente passeggiare frenetica, parlottando tra loro delle cose più varie. Il mondo continua pure così, con qualche personaggio in più, con qualche volto in meno…ed io,semplice comparsa che cosa posso fare? andava pensando. La strada davanti a lei terminava ai piedi del convento in cui aveva passato l’ultimo anno della sua vita. Marguerite sorrise mesta. Questa volta, malgrado tutte le possibili raccomandazioni, il suo nome non avrebbe mai avuto peso…e, se doveva essere onesta, non aveva nemmeno avuto molte occasioni di beneficiarne. Nel frattempo, la campana suonò mezzogiorno e la dama, presa dalla fame, tirò fuori una parte del pranzo che le avevano preparato, prima di rimettersi in viaggio. Era un panino imbottito che la cuoca le aveva lasciato, prima di andare.
Si mise a sedere lungo una delle panchine e con calma seguì con lo sguardo il fluire di persone. Le sarebbe piaciuto passeggiare per le vie cittadine. Mentre era insieme alla compagnia teatrale, quando lavorava presso le lavandaie, aveva avuto modo di vedere spaccati della vita urbana che, pur scuotendola, le avevano messo addosso una strana curiosità. Le sarebbe piaciuto guardare ancora un po’quella città…esplorare i posti nascosti di quel mondo urbano…e, perché no? Magari passeggiare insieme a suo marito ed a sua figlia…a quel pensiero, il corpo tremò. Inutile immaginare cose impossibili, Marguerite! Le cose non sono mai andate come desideravi…perché continui a farti del male?andava pensando, mentre il paesaggio iniziava a farsi tremulo e opaco.
-Madame?- fece una voce alle sue spalle –E’mai possibile che la trovi sempre nei pressi delle chiese?-
Marguerite sobbalzò, girandosi di scatto…e rimanendo impietrita. Erin O’Neal era lì, di fronte a lei. Lo stesso sguardo felino ed il medesimo sorriso vagamente malizioso. Vedendola immobile la donna dagli occhi di giada si piegò leggermente, avvicinando il volto al suo. –Madame- continuò, pacata- perché state piangendo?-
Allora,
capitolo lungo e forse noioso. Madame
lascia casa