CAPITOLO
24
L’alba
trovò Basil seduto sulla sua poltrona nel salotto.
La
sera prima Cornelia, o per uno slancio di magnanimità, o a causa della
stanchezza dovuta al viaggio di ritorno, si era ritirata subito in camera sua,
Elizabeth era rientrata a casa dopo una breve chiacchierata con l’amica e
Topson, dopo averlo medicato, era subito andato nella sua stanza senza dire una
parola.
Era
chiaro che si sentiva in colpa per non essere stato in grado di trattenere più a
lungo Cornelia, ma il detective non aveva tempo per pensare a come rassicurare
il suo amico.
Era
quindi rimasto a riflettere nella stanza, più per fare mente locale su cosa
avrebbe dovuto fare come mossa successiva, che per chiarire alcune incognite su
cui, comunque, aveva già un’idea precisa.
In
quel momento, mentre i primi raggi del sole illuminavano l’ambiente da dietro le
tende, due cose gli erano chiare: doveva tornare ad indagare con più accuratezza
nel locale sul fiume, nel quale si trovava l’accesso al vecchio covo di Rattigan
e, per quanto gli dolesse ammetterlo, stavolta avrebbe dovuto coinvolgere
Scotland Yard. Ovviamente, avrebbe agito quando avrebbe voluto lui, ma doveva
avere la certezza che ci fosse qualcuno in più che gli avrebbe parato le spalle,
dato che sarebbe stato sicuramente atteso. Avrebbe coinvolto anche Topson, poco
ma sicuro. Rimandando ad un momento successivo la ricerca di una soluzione per
Cornelia, spense la pipa, andò a prendere il suo cappotto ed il suo berretto ed
uscì di casa.
Giunse
nuovamente la sera e, con essa, un nuovo litigio al 221/B di Baker Street.
Incredibilmente, però, i protagonisti sembravano esserne Cornelia e Topson.
“Stasera
verrò con voi, è deciso.”
“Cornelia,
te l’ho già detto, è meglio di no, potrebbe essere
pericoloso.”
I
due si trovavano nella camera del dottore, insieme a Basil, che stava curando
gli ultimi dettagli del suo travestimento e di quello del dottore, prima di
partire alla volta del locale al molo.
Come
al solito, Cornelia avrebbe voluto accompagnarli e, come al solito, i due si
opponevano a viva forza.
“Posso
aiutarvi, voglio aiutarvi!” stava appunto dicendo la ragazza “L’ultima volta vi
ho persino salvato la vita, dopo che voi avevate messo a repentaglio la
mia.”
“E’
questo il punto, Cornelia” replicò Topson, cercando di non muoversi troppo per
dare modo a Basil di lavorare sul suo volto. “Noi mettiamo a rischio la tua
vita! Per questo devi restare qui. Basil, di’ qualcosa anche tu, te ne
prego.”
“A
che scopo dottore? Non mi ascolterebbe.” Replicò l’investigatopo, applicando un
lieve strato di cerone sul viso dell’amico.
“Esatto,
soprattutto perché non c’è niente da dire. Io vengo e
basta.”
In
quel mentre, Basil si alzò, annunciando che aveva completato la sua
opera.
“E
comunque mi vedo costretto a dare ragione a Cornelia, mio caro Topson.” Aggiunse
poi, cominciando a riporre i suoi strumenti. “Non c’è niente da dire. Lei non
verrà e questo glielo posso assicurare.” Detto questo, raccolse le sue cose ed
uscì dalla camera. Rossa in viso per la rabbia, Cornelia lo
tallonò.
“Non
puoi permetterti di dirmi cosa devo o non devo fare! Sappi che, anche se ancora
non ho detto niente, ciò non vuol dire che io abbia dimenticato lo scherzetto
del Surrey. Mi sono sentita delusa, quasi non volevo crederci
e…”
Lo
sfogo della giovane accompagnò i due per tutto il tragitto verso la camera di
Basil e continuò anche dopo che vi furono entrati.
“…
vorrei che tu capissi che ci tengo a stare al tuo fianco e… ma mi stai almeno
ascoltando?!” si interruppe Cornelia, vedendo che l’altro non l’ascoltava,
apparentemente tutto preso dal riporre sopra il tavolo di camera sua gli arnesi
che aveva utilizzato fino a poco prima
La
ragazza gli si avvicinò, furibonda, e gli si mise accanto, posandogli poi una
mano sulla spalla bruscamente per attirare la sua
attenzione.
“Perché
non mi ascolti mai? Perché lasci correre e non ne discuti? Basil ti sento
distante. So che sei in mezzo ad un caso, ed uno anche molto importante,
ma…”
“Mi
dispiace.”
Quelle
parole, appena mormorate, fecero tacere Cornelia.
“Come?”
chiese, incredula.
“Ho
detto che mi dispiace.” Ripeté lui, prendendole una mano.
La
giovane rimase in silenzio per un po’ poi, vedendo che lui non diceva altro, si
schiarì la voce.
“Beh,
mi sembra normale ed anche giusto che tu sia dispiaciuto per ciò che hai
fatto…”
“Non
ho detto di essere dispiaciuto per ciò che ho fatto.”
Ancora
una volta, Cornelia rimase senza parole.
“Ah
no?” disse un po’ incerta.
Basil
scosse la testa.
“No,
sono dispiaciuto per ciò che mi vedo costretto a fare.” Detto questo, con una
mossa velocissima, la ammanettò per il polso che le aveva preso ad uno dei gambi
del tavolo. “A mia discolpa, però, posso dire che non mi hai lasciato altra
scelta.”
Cornelia
guardò prima il polso, annichilita, poi, riprendendosi dallo shock, si mise a
gridare:
“Come
osi?! Vieni subito a liberarmi, o sarà peggio per te!”
“Come
minaccia non è molto efficace, se detta da una che è attualmente legata ad un
tavolo. Ora scusami, ma ti devo lasciare o farò tardi. Ah, dimenticavo, non
disturbarti a cercare l’aiuto della signora Placidia. Le ho dato precise
disposizioni e lei, per una volta almeno, si è mostrata più che felice di
seguirle alla lettera. Buona serata, mia cara.” Concluse poi l’investigatopo con
un breve cenno del capo, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di sé,
soffocando le grida irose della ragazza rimasta
all’interno.
Ripercorse
la strada compiuta prima e tornò alla camera di Topson, dove trovò l’amico ad
attenderlo, già pronto per la partenza.
“Incredibile”
commentò quest’ultimo “Come hai fatto a convincerla?”
“Oh,
non ci è voluto poi molto.” Rispose Basil, sorridendo “Coraggio, andiamo, ci
aspetta una lunga nottata.”
I
due scesero le scale ed uscirono dal 221/B. Basil fischiò e Ugo comparve subito
davanti a loro. L’investigatopo e Topson, anche se quest’ultimo con una certa
riluttanza, montarono su di lui e partirono per la loro destinazione.
Frattanto,
nella camera di Basil…
Cornelia
ridacchiò.
“Bene,
va tutto secondo i piani.” Detto questo, estrasse un piccolo oggettino ricurvo
da uno dei suoi stivali e, con esso e con un po’ di pazienza, riuscì a liberarsi
dalle manette.
“Non
mi vogliono con loro?” si disse “Vorrà dire che farò da
sola.”
Uscì
dalla stanza di Basil e si diresse in camera sua, dove prese alcuni abiti
maschili dal suo baule. Si truccò un po’ il volto, scurendo il pelo e creando
delle cicatrici finte poi, cercando di fare il meno rumore possibile, aprì la
finestra e si calò giù. Dopodiché si fermò ad osservare la strada, cercando di
decidere sul da farsi. Sapeva di dover andare al porto e sapeva anche più o meno
il posto preciso dove si erano diretti Basil e Topson. Il problema stava nel
raggiungere il luogo in tempo utile.
Sospirando,
cominciò a camminare verso la zona del porto, sperando di trovare un qualcosa
che potesse aiutarla a percorrere quella distanza più rapidamente. Avrebbe
potuto chiedere ad Elizabeth, che aveva una carrozza personale, ma questo
avrebbe significato coinvolgerla e lei avrebbe preferito evitare.
Si
fermò di nuovo, mentre uno strano senso di indecisione la afferrava. Lei non
voleva coinvolgere la sua amica perché voleva proteggerla. Basil, lasciandola a
casa, voleva evidentemente fare lo stesso. Non riusciva a biasimarlo, ma voleva
anche stargli vicino. Del resto, la questione di Rattigan aveva interessato da
vicino anche lei.
Già,
erano giovani, molto giovani allora, e lei si era improvvisamente ritrovata ad
affrontare qualcosa di troppo grande. Era scappata, l’aveva
abbandonato.
Si
sentì un’ingrata ed un’immatura: chi era lei per tornare all’improvviso e
sconvolgere tutto? Aveva lasciato Basil da solo nel momento in cui aveva più
bisogno di aiuto, si era ripresentata alla sua porta come se niente fosse e lui
l’aveva accolta, comportandosi come quando erano ragazzi, aggiungendo anche
qualcosa in più.
Aveva
fallito là dove Brynna era invece riuscita.
Questo
pensiero la bloccò, mentre si stava già voltando per tornare a Baker Street.
Brynna.
Quel
nome riaccese la sua competitività. Se Brynna poteva aiutare Basil, cosa le
impediva di farlo a sua volta? Avrebbe aiutato il suo amato senza infastidirlo,
avrebbe trovato degli indizi utili che gli avrebbe mostrato al suo ritorno a
Baker Street.
Con
una nuova determinazione, si incamminò verso la sua meta. Ancora non sapeva come
vi sarebbe arrivata, né cosa avrebbe dovuto cercare. Quello che sapeva era che
voleva fare qualcosa.
Ancora
non sapeva che ci sarebbe riuscita, ma nel più tragico dei
modi.
Basil
e Topson, giunti al locale, vi erano entrati e si erano seduti con nonchalance
ad uno dei tavoli. Decisi più che mai a non farsi notare, oltre ad aver
modificato il loro travestimento, avevano ordinato due birre e se ne erano
rimasti fermi al loro tavolo, senza fare troppe domande.
Basil
si guardava intorno, cercando tra gli avventori i vecchi membri della banda di
Rattigan ed i criminali che gli erano sfuggiti la sera
prima.
Topson,
non sapendo cosa fare, sorseggiava la sua birra e lanciava occhiate nervose a
Basil. L’amico gli aveva semplicemente detto ‘Ce ne staremo seduti tranquilli
fino al momento giusto’, ma non aveva specificato quando si sarebbe verificato
questo momento, cosa che lo agitava parecchio. L’ultima volta che era stato in
quel posto, del resto, aveva rischiato di finire molto male. Quella sera, il
clima non sembrava diverso: i topi che si trovavano nel locale impiegavano il
loro tempo bevendo, giocando a carte o prendendosela con l’artista di turno che
si esibiva sul palco malandato situato da un lato del locale. Arrossì un po’,
ricordandosi della figura che aveva fatto quando, sotto l’effetto della droga
che gli era stata messa nella birra, era salito sul palco a ballare
maldestramente con le show girls. Voltandosi, vide che Basil lo guardava con un
sorrisetto stampato sul viso. Era ovvio che aveva capito tutto ciò che gli stava
passando per la testa. Topson, però, preferì non approfondire l’argomento,
limitandosi a sorseggiare la sua birra. Prese poi a guardarsi intorno anche lui
e rabbrividì quando riconobbe alcuni degli scagnozzi di Rattigan.
Si
voltò di nuovo verso il suo amico per farglielo notare, ma vide che
l’investigatopo aveva fissato lo sguardo su un punto vicino all’ingresso del
locale. Decise di non mettersi a guardare anche lui: ormai aveva imparato alcuni
dei metodi di Basil e sapeva che, voltandosi a sua volta, avrebbe potuto
insospettire chiunque fosse entrato nelle mire del suo amico.
Quest’ultimo
mosse lo sguardo seguendo il movimento dell’individuo su cui si era concentrato
e, dopo qualche istante, si allungò verso il dottore per
sussurrargli.
“E’
appena entrato il tipo che ieri mi ha messo k.o. e che io ho ferito ad un
braccio. Si è seduto al bancone ed ha ordinato una pinta. Ormai dovremmo esserci
Topson, tieniti pronto.”
L’investigatopo
fremeva di aspettativa ed anche il dottore cominciava a sentire l’adrenalina
invadergli il corpo. Entro poco sarebbero entrati in azione ed avrebbero risolto
anche quel caso.
“Dobbiamo
aspettare di scorgere anche il minimo indizio della presenza di Rattigan e poi
potremo chiamare i nostri amici di Scotland Yard che hanno già provveduto a
sistemare la sorveglianza intorno al locale.” Disse l’investigatopo a Topson,
ricordandogli il piano che avevano precedentemente ideato. Era talmente preso
dal nuovo arrivato, però, che non scorse un altro topo entrare nel locale,
guardarsi attorno, posare lo sguardo su di lui e su Topson e poi nascondersi in
un punto un po’ più buio.
Cornelia
osservava da lontano i suoi due amici seduti al tavolo, sperando di non essere
stata scorta. Era stata fortunata, lungo la strada era riuscita a saltare su due
carrozze di umani che l’avevano portata non molto lontana da lì. Aveva visto Ugo
sul ciglio della strada e si era affrettata a scendere fino al
locale.
Quando
si rese conto che non l’avevano notata, emise un sospiro di sollievo e si guardò
intorno. Il locale era davvero squallido, ma non poteva stare a fare simili
considerazioni. Doveva trovare qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutare Basil.
Più
facile a dirsi che a farsi. La stanza piena di fumo mostrava solo immagini
sfocate dei suoi occupanti, figuriamoci di ciò che li
circondava.
Si
accorse che l’uomo al bancone la stava guardando con sospetto e si decise ad
ordinare qualcosa. Andò da lui, prese posto su uno degli sgabelli ed ordinò una
birra. Cercando di non apparire troppo nervosa, sorseggiò un po’ la sua
ordinazione, reprimendo un’espressione di disgusto. Posò il boccale sul bancone
e si guardò un po’ intorno, ignorando i topi che la guardavano. Notò però che ce
n’era uno, non molto distante da lei, che la guardava con insistenza, quasi come
se stesse cercando di capire se le era familiare o meno.
‘Probabilmente
è solo ubriaco.’ Si disse, cercando di tranquillizzarsi. Si voltò quindi
dall’altra parte rispetto allo sconosciuto e, nel farlo, scorse un piccolo
corridoio da cui si accedeva passando accanto al bancone.
‘Chissà
dove porta.’ Si chiese. Per quel che riguardava poteva anche essere l’ingresso
per la servitù o per le ‘artiste’, ma era comunque un punto di partenza. Finì in
un sol sorso la sua birra, gettò qualche scellino sul bancone ed andò verso
l’uscita. All’ultimo, però, cambiò la sua direzione e si diresse verso il
corridoio, rapidamente ma non troppo, per cercare di non dare troppo
nell’occhio.
Giunta
all’imboccatura del corridoio, vide che su un lato c’era tutta una serie di
porte, le ultime delle quali erano molto vicine al palco e, perciò, con molta
probabilità, dovevano essere quelle dei camerini.
Aprì
la prima e si ritrovò in quello che doveva essere uno sgabuzzino per le scope.
Dietro la seconda, invece, trovò un magazzino che fungeva anche da cantina
(‘questo spiega in parte l’orribile qualità della birra che viene servita’
pensò).
Quando
provò ad aprire la terza porta la trovò chiusa. Lì per lì, pensò di lasciar
perdere e proseguire, poi però decise di tentare ad aprirla. Ormai era lì. Prese
il ferretto con il gancio in fondo che aveva utilizzato per liberarsi dalle
manette e cominciò a forzare la serratura. Dopo alcuni minuti, sentì uno scatto
e la porta si aprì.
Entrò
nella stanza, completamente immersa nell’oscurità. Fece scorrere una mano prima
sul muro a destra della porta, poi su quello alla sinistra per trovare la
lampada a gas ed illuminare così l’ambiente.
Quando
ci riuscì, vide che si trovava in un quello che doveva essere un archivio.
‘Bingo’
pensò.
Senza
avere un’idea precisa di cosa cercare, si mise a frugare un po’ dappertutto. Ad
un certo punto, mentre stava esaminando il contenuto di un cassetto, un rumore
la fece raggelare, un rumore che, purtroppo, conosceva bene: quello di una
pistola che viene caricata.
“Alza
le mani e voltati immediatamente.”
Quella
voce… Cornelia si voltò, con un’espressione stupita stampata sul
volto.
“Brynna?!”
esclamò. Davanti a lei c’era il tipo che l’aveva fissata con insistenza al
bancone ma, alla luce della lampada a gas e nell’aria molto più libera da fumi
del piccolo archivio, riusciva a distinguerne meglio i lineamenti: sotto un
travestimento semplice, ma molto efficace, vide il volto della sorella di
Basil.
“Buonasera
Blackwood, hai deciso di farti una giratina da queste parti?” disse Brynna,
continuando a puntarle la pistola contro, un ghignetto soddisfatto stampato sul
viso.
“Che
ci fai tu qui?!” le chiese di rimando Cornelia, ancora confusa per la piega
presa dagli eventi.
“Non
credo che ti debba interessare. Cosa credevi di fare qui
dentro?”
“Non
credo che ti debba in-“ cominciò Cornelia, cercando di scimmiottare l’altra, ma
Brynna la zittì in un modo che le ricordò tanto quello che utilizzava Basil per
lo stesso motivo.
“Non
fare l’arrogante, Blackwood. Ti sto puntando una pistola contro. Allora, cosa
credevi di fare, esattamente?”
“Io..
io.. cercavo indizi, ecco!” rispose Cornelia, ostentando una sicurezza che non
aveva.
“Mhm,
interessante. E cosa cercavi esattamente?”
“Io..
ecco..” stavolta Cornelia non sapeva cosa dire. Poi però si riscosse di colpo.
“Perché mi stai puntando contro una pistola?” chiese, con voce
sconcertata.
Brynna
la guardò con un’aria stranita.
“Beh,
perché lo trovo divertente e perché sono sicura che così sarai obbligata a fare
quanto ti dirò.”
“Ovvero?”
“Ovvero
uscire da qui. Andiamo, ti riporto a Baker Street prima che succeda il
finimondo.”
“Non
ci penso nemmeno. Non me ne vado senza prima aver trovato qualcosa che possa
essere utile a Basil.”
“E
per trovare un qualcosa di indefinito stai rischiando di mettere ancora di più
nei pasticci mio fratello. Sai che succede se ti trovano e ti catturano?
Andiamo, non fare storie. Non costringermi a spararti davvero e a trascinarti
fuori. Sei già fortunata ad essere arrivata fino qui, non sfidare ulteriormente
la sorte. Coraggio, prima che arrivi qualcuno.”
“Cosa
ti dice che mi farò catturare? Cosa ti dà il diritto di dirmi cosa devo fare?
Guarda che-“
Cornelia
non riuscì mai a completare la sua frase, perché Brynna le aveva messo una mano
sulla bocca. Lì per lì, la ragazza provò a divincolarsi, poi però comprese il
perché di quel gesto: aveva udito dei passi avvicinarsi dal corridoio.
Però
era strano, sembrava che il rumore provenisse non solo dal corridoio, ma anche
da dietro un quadro appeso ad un muro della stanza.
Sentì
la mano di Brynna tremare e la vide impallidire. La vide riporre la pistola in
una tasca, farle cenno di rimanere in silenzio e guardarsi freneticamente
intorno. Alla fine sembrò decidersi, perché le indicò un armadio, lo aprì e vi
entrò, invitandola a seguirla. Cornelia esitò solo un istante, ma quando sentì i
passi avvicinarsi entrò con Brynna nell’armadio. Le due fecero appena in tempo a
chiudersi dentro che Cornelia sentì aprirsi la porta che dava sul corridoio. Un
secondo dopo, però sentì anche il rumore di qualcosa che girava su dei cardini
provenire dalla parte opposta rispetto alla porta: probabilmente la stanza aveva
due ingressi. Ma come diavolo faceva Brynna a saperlo? Sapeva che era lei a
passare le informazioni a Basil ma pensava che le ottenesse mediante alcuni
‘collaboratori’. Quanto in fondo si era spinta per aiutare il fratello? Quelle
riflessioni furono interrotte quando udì la voce inconfondibile di uno di quelli
che erano entrati nella stanza.
“Buonasera,
mia cara, grazie per essere venuta. Quali notizie mi
porti?”
Rattigan.
Un
brivido le passò lungo la schiena al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se
avesse trovato lei e Brynna in quell’armadio. Al terrore, però,si sostituì lo
sconcerto quando sentì anche la voce dell’interlocutore, o meglio,
dell’interlocutrice.
“Buonasera
a lei, signore.”
‘Elizabeth?!’
pensò e percepì Brynna irrigidirsi accanto a lei. Evidentemente quella era stata
una brutta sorpresa anche per lei.
“Secondo
quanto sono riuscita a capire ieri sera, mentre Basil raccontava la sua
‘avventura’ con i vostri amici, stasera dovrebbe trovarsi qui insieme al
dottore. Con ogni probabilità, inoltre, ad un certo punto arriverà anche
Cornelia. Durante il nostro viaggio di ritorno dal Surrey, ha detto
esplicitamente che avrebbe trovato il modo di seguirlo e di aiutarlo con o senza
il suo consenso.” Lo informò la dottoressa. Cornelia era allibita: che diamine
stava facendo Elizabeth? Cosa significava tutta quella
storia?
“Eccellente”
rispose Rattigan. “Allora basterà tenere gli occhi aperti ed aspettare che
vengano da noi.”
Cornelia
era stravolta: cosa stava succedendo? Cosa aveva appena sentito? Da fuori
dell’armadio sentì il rumore di qualcosa che si apriva e poi un tintinnio di
bicchieri.
“Propongo
un brindisi.” Sentì dire da Rattigan. “Alla nostra imminente
vittoria.”
“Direi
anche agli ignari informatori.” Aggiunse Elizabeth.
“Già,
senza Cornelia non avremmo potuto sapere tante cose sui movimenti di Basil.
Ancora mi stupisco di come tu ci sia riuscita.”
“Sono
la sua amica del cuore dopotutto.” A quelle parole Cornelia si sentì gelare il
sangue: come era potuto accadere? Credeva che lei ed Elizabeth fossero davvero
amiche. Quanto cambiavano le persone in dieci anni.
Guardò
Brynna, ma non riuscì a distinguerne il volto nel buio di quell’armadio.
Probabilmente aveva assunto un’espressione di disprezzo, e non poteva
biasimarla: si impegnava tanto per aiutare il fratello e, in quel momento, aveva
visto sfumare molto del suo lavoro a causa di una ragazzina zelante. Sì, non
poteva auto-definirsi altrimenti. Aveva avuto la presunzione di immischiarsi in
qualcosa che non le apparteneva ed aveva rovinato l’opera di molte persone. Ed
ora si trovava in un armadio insieme a quella che per anni aveva visto come una
nemica, mentre lì fuori, a sbarrarle la strada per la salvezza, c’erano uno dei
criminali più pericolosi del mondo e colei che aveva creduto essere la sua
migliore amica.
Che
situazione complicata!
Quando
ormai pensava che non potesse andare peggio di così, accadde una cosa che le
fece trattenere il respiro per la paura:
“Elizabeth,
mia cara, hai per caso cambiato profumo?” chiese Rattigan ad un certo
punto.
“No,
assolutamente no, perché?”
Nella
stanza cadde il silenzio, interrotto solo dal rumore di un bicchiere posato su
una superficie lignea e dall’inspirare di un topo – anzi un ratto – che annusava
l’aria.
“C’è
stato qualcuno. Hai notato niente mentre venivi qui?”
“Solo
che la porta era aperta, ma non ho visto nessuno uscire o venire qui quando sono
arrivata.”
“Allora
chiunque fosse, o se n’è andato prima, o è ancora qui. Non ci metteremo molto a
scoprirlo.”
Cornelia
cominciò a tremare. Ora era certa che le avrebbero trovate e allora.. sarebbe
stata la fine.
Provò
a cercare lo sguardo di Brynna, ma, ancora, non vide niente. Sentì però che
l’altra non tremava. Era ferma, immobile, quasi..
risoluta.
Ad
un certo punto la sentì muoversi, senza fare troppa attenzione a mantenere il
silenzio. Sentì che si avvicinava e la udì sussurrare al suo
orecchio:
“Togliti
la giacca, fai presto.”
Cornelia
eseguì mentre, fuori dall’armadio, sentiva Rattigan bloccarsi e rimanere in
ascolto. Aveva ovviamente sentito i fruscii che provenivano dall’armadio.
“Ah,
allora sei ancora qui. Ti do tre secondi di tempo poi vengo a prenderti.
Uno…”
Ancora,
la voce di Brynna giunse alle sue orecchie.
“Passami
la tua giacca e mettiti la mia.” Le ingiunse e Cornelia eseguì senza replicare,
frastornata dalla rapidità con cui si stavano svolgendo gli
eventi.
“Due…”
proseguì Rattigan con spietatezza.
“Ora
resta qui, qualsiasi cosa accada. Esci solo quando sarai sicura di essere
completamente sola. Vai da Basil e cerca di portarlo via di qui o quantomeno di
non farlo intervenire. Digli che è un ordine da parte
mia.”
Senza
attendere una risposta, Brynna prese un bel respiro ed uscì dall’armadio,
chiudendo poi l’anta dietro di sé, proprio mentre Rattigan pronunciava il “Tre”.
“Gaspard?”
disse il ratto, allibito, al vedere chi usciva dall’armadio. “Cosa ci fai tu
qui?”
‘Gaspard?’
Cornelia non ci stava capendo più niente. In quel momento Brynna rispose con una
voce falsata.
“Mi
dispiace signore, mi ero perso. Cercavo i camerini delle ragazze per divertirmi
un po’ dopo il mio solito goccetto ed ho smarrito la
strada.”
“La
porta però era chiusa a chiave.”
“No
signore, era aperta quando sono arrivato.”
Ci
fu un momento di silenzio.
“Gaspard,
non mentirmi, sai che non mi piace. Per l’ultima volta, cosa stavi facendo
qui?”
Questa
volta Brynna non rispose. Cornelia sentì lo stomaco che le si aggrovigliava. Non
si metteva bene, per nulla.
“Sai,
Gaspard, da qualche tempo ho il sospetto che, tra le mie fila, ci sia una
miserabile spia. Ora, comprenderai bene che questo ti mette in una brutta
posizione, dato che sei l’ultimo arrivato. O mi dici cosa stavi facendo con le
buone, oppure sarò costretto ad usare le maniere forti.”
Ancora
una volta, Brynna non rispose. Da dentro l’armadio, Cornelia si trovò a pregare
che dicesse qualcosa, qualunque cosa, purché riuscisse a salvarsi.
“Non
rispondi? Bene, allora non mi lasci altra scelta.”
Dopo
questo, Cornelia udì un suono nauseante ed un gemito strozzato: Rattigan doveva
aver tirato un pugno in pancia a Brynna.
La
sentì accasciarsi a terra, boccheggiando, e si tappò la bocca per non gridare.
“Sai,
Elizabeth, non mi sembra giusto precludere lo spettacolo ai nostri
avventori.”
“Ma
potrebbe essere rischioso. Pensa a Basil.”
“Ah,
vedrai che se c’è se ne starà buono. Cosa vuoi che faccia da solo contro me e
tutti i miei uomini?” detto questo ci fu una pausa, poi Cornelia lo sentì dire:
“Panem et circensem. Con i romani
funzionava. Vediamo se è una pratica che serve ancora a
qualcosa.”
Con
queste parole, Cornelia lo sentì chinarsi per afferrare Brynna di peso e
portarla fuori dalla stanza, seguito probabilmente da
Elizabeth.
Restò
per qualche minuto nell’armadio, mentre le lacrime le scendevano copiose dagli
occhi. Cosa era appena successo?
Il
senso di colpa la divorava. Sentiva che avrebbe dovuto almeno provare a fare
qualcosa, ma il tono di Brynna era stato perentorio e deciso.
Le
venne quasi da ridere: prendeva ordini da lei, ma non da
Basil.
Già,
Basil. Doveva andare da lui.
Ancora
tremante, si azzardò a sbirciare fuori dall’armadio per vedere se anche
Elizabeth se n’era andata. La stanza era vuota.
Asciugandosi
gli occhi, uscì dalla porta ed imboccò il corridoio, tornando verso la sala
principale da cui provenivano delle grida concitate.
Basil
sapeva che avrebbe dovuto agire nel momento stesso in cui Rattigan era entrato
nella sala, trascinandosi dietro quel tale Gaspard che, poco prima, aveva visto
sgattaiolare in un corridoio di fianco al bancone.
Sapeva
che avrebbe dovuto chiamare i bobbies di Scotland Yard all’istante quando aveva
visto il suo acerrimo nemico chiedere a coloro che gli stavano davanti di farsi
da parte e gettare il poveretto ai suoi piedi.
Ma
era rimasto paralizzato quando Rattigan, nello scagliare il malcapitato sul
pavimento, aveva fatto rotolare via il cappello di quest’ultimo. Una cascata di
capelli ricci era ricaduta sulle spalle dell’individuo e l’intera sala si era
ammutolita.
Poi
il topo si era a fatica rialzato sulle braccia e si era voltato, facendo
spuntare un ghigno malevolo sul volto di Rattigan.
“Bene,
bene, bene, ma guardate un po’ chi ci ha fatto l’onore di essere con noi
stasera: Brynna Anne-Marie Basil.”
I
presenti ridacchiarono.
Un
fremito scosse in ugual maniera la donna stesa sul pavimento che Basil il quale,
in preda all’orrore, osservava la scena.
Sua
sorella lì? Era così allora che si procurava le informazioni, agendo di persona
come infiltrata?
Nel
frattempo, Rattigan si era avvicinato a Brynna a passi lenti, si era chinato
davanti a lei e le aveva preso il mento con una zampa.
“Pensavo
che ti fosse bastata l’ultima volta. Davvero il tuo fratellino vale così
tanto?”
Lei
non rispose, ma si limitò a fissarlo negli occhi.
“A
quanto pare sì, vero? Bene, allora temo di dover ricorrere a misure
drastiche.”
Detto
questo, la prese per il collo e, rimettendosi in piedi, la sollevò con sé.
Brynna, istintivamente e nel tentativo di migliorare la sua respirazione, gli
afferrò il polso con entrambe le mani, tentando di divincolarsi. Rattigan
strinse la presa, poi esclamò:
“Ascoltatemi
tutti. Vedete questo essere che ora tengo letteralmente in pugno? Costei è la
sorella del nostro caro amico, Basil di Baker Street.” La stanza fu sommersa da
fischi che si fermarono ad un cenno della mano del capo dell’organizzazione, che
poi continuò: “E non è tutto. Voi l’avete conosciuta con il nome di Gaspard, uno
pseudonimo di cui si è servita per infiltrarsi nella mia associazione. Oh, è
stata brava, questo le va riconosciuto. E’ riuscita a non farmi venire alcun
sospetto per tutto il tempo che è stata con noi. E’ venuta in missione, ha
portato a termine i suoi compiti.. uno scagnozzo perfetto. Buffo che l’abbia
scoperta in un modo così stupido.. sapete come?”
La
vista di Brynna si stava offuscando per la mancanza di ossigeno. Graffiò il
dorso della mano di Rattigan, facendogli solo aumentare la
presa.
Basil
osservava la scena, pensando freneticamente a cosa fare, ma era come se la sua
mente fosse in totale subbuglio. Mentre Rattigan spiegava come aveva scoperto la
sua preda, si sentì toccare il braccio da qualcuno. Voltò lo sguardo ed incrociò
degli occhi che conosceva bene.
“Tu?!”
sussurrò a Cornelia. La ragazza era pallida, tremava e sembrava aver pianto.
Annuì debolmente, poi si avvicinò a lui e gli bisbigliò
all’orecchio:
“Brynna
ha detto che non ti devi muovere, qualsiasi cosa accada, e che è un
ordine.”
Lui
la guardò stranito, mentre, dall’aspetto della topolina, dal fatto che indossava
la giacca che prima aveva visto indosso alla sorella e da alcuni stralci del
racconto del suo acerrimo nemico, cominciava a capire cosa doveva essere
successo. Per un attimo, il suo sguardo, sempre posato su Cornelia, si fece
iroso, ma poi le parole di Rattigan gli fecero riportare l’attenzione sulla
sorella.
“Signori,
siamo quindi in presenza di una spia, benché donna. Sapete bene cosa facciamo
noi alle spie.”
La
sala si riempì di mormorii di fremente attesa. Basil si preparò a scattare prima
che accadesse l’irreparabile, ma sentì che Topson gli posava una mano sul
braccio ed indicava con la mano dell’altro mimava l’atto di soffiare in un
fischietto.
L’investigatopo
capì all’istante: l’amico gli stava suggerendo di chiamare i bobbies appostati
fuori in attesa del suo segnale.
Proprio
in quel momento, però, udì un grido eccitato da parte della folla e vide Brynna
volare per la stanza e schiantarsi di schiena contro la struttura del palco. Le
ballerine che vi erano rimaste ad osservare cosa accadeva, fecero un salto
indietro, cacciando urletti spaventati.
Dal
canto suo, Brynna non riusciva ancora a respirare: non aveva più la mano di
Rattigan intorno alla gola, ma il colpo era stato fortissimo e le aveva tolto
quel poco fiato che aveva. Rimase a terra, in preda alle vertigini,
boccheggiando terribilmente.
Le
costole le facevano male ed aveva anche sbattuto la testa. Ebbe poco tempo di
preoccuparsi però, perché sentì una mano afferrarle la zampa posteriore destra,
conficcandoci dentro gli artigli.
Senza
nemmeno la forza di gridare, si sentì trascinare di nuovo verso il centro del
locale. Tutto le appariva ancora sfocato ma, quando finalmente si fermò, vide un
volto che, anche offuscato, avrebbe riconosciuto tra
mille.
Rattigan
le si avvicinò e le disse in modo che solo lei potesse
sentirlo:
“Sai
qual è la parte divertente? Tuo fratello è qui a guardare. Non vedo l’ora che
intervenga.”
Suo
malgrado, Brynna gli rivolse un sorrisetto e, con molta fatica, rispose, tra un
colpo di tosse e l’altro:
“Non
lo farà. Gli ho dato ordine di non muoversi.”
Rattigan
la guardò stupito, poi si mise a ridere.
“Ah
ah, Basil, hai sentito? Ha detto di averti ordinato di non muoverti. E tu
eseguirai da bravo fratellino, non è vero?” la stanza si riempì un’altra volta
di risate. “Bene, voglio proprio vedere quanto resisterai.” Detto questo,
schiaffeggiò Brynna con il dorso della mano, violentemente.
Poi,
rialzandosi, chiese ad uno dei suoi uomini di dargli la sua cinghia. Una volta
ottenutala, con un piede fece voltare Brynna sullo stomaco e cominciò a
colpirla.
Dapprima
lei emise dei gemiti che si trasformarono ben presto in grida strozzate di
dolore.
Rattigan
la colpiva ovunque, senza curarsi che si trattasse della schiena, di una gamba,
della testa.
Al
vedere Brynna ricevere quei colpi, Cornelia chiuse gli occhi e si voltò,
sperando vivamente che qualcuno le tappasse le orecchie. Topson e Basil
guardavano impietriti la scena, senza riuscire a muoversi.
Ad
un certo punto, Rattigan pensò averla colpita abbastanza, perché rese la cinghia
al topo che gliel’aveva data e poi tornò dalla donna, ormai ridotta ad un
ammasso tremante e sanguinolento. La afferrò per il bavero della giacca e le
disse:
“Ti
ripeterò la domanda che ti ho fatto prima: tuo fratello vale davvero così tanto?
Anche ora, dopo tutto questo?”
Lei
tossì debolmente, poi, guardandolo negli occhi, rispose:
“Sì.
L’avrei rifatto mille e mille volte.”
Rattigan
scosse la testa.
“E
non ti fa rabbia che lui sia qui e non venga a salvarti?”
Ancora
una volta, sempre più a fatica, Brynna rispose con
decisione:
“Si
comporta solo come io gli ho detto di fare. Mi sarei arrabbiata se avesse fatto
il contrario.”
Rattigan
annuì.
“Bene.
A questo punto, allora, non mi resta che una cosa da fare.” Il ratto estrasse il
suo revolver da sotto il mantello e lo puntò in direzione della sua vittima.
“Porterò a termine ciò che quell’idiota che ti ha sposata non è riuscito a fare.
Addio Brynna, è stato un piacere.”
Detto
questo, caricò il revolver. La donna, ancora stesa sul pavimento, chiuse gli
occhi e si preparò all’inevitabile..
..
ovvero all’intervento del fratello, che non si fece
attendere.
Poco
prima che Rattigan sparasse, Basil gli si gettò contro di peso, mentre Topson
correva da Brynna e Cornelia soffiava nel fischietto che le aveva dato
l’investigatopo con quanta più forza possibile.
Immediatamente,
gli uomini di Scotland Yard fecero irruzione da tutte le parti, dando il via ad
un fuggi-fuggi generale.
Brynna,
ancora distesa, riusciva a capire solo alcune delle parole che Topson le stava
rivolgendo. “Andrà tutto bene” le parve di sentire “E’
finita.”
Improvvisamente,
le parve di scorgere la sagoma di Basil e fu certa che fosse lui quando sentì
due braccia sollevarle il busto e la sua voce che le chiedeva: “Ce la fai a
camminare?” annuì debolmente e percepì il fratello aiutarla ad alzarsi e
mettersi un suo braccio sopra le spalle. Subito, Topson le prese l’altro ed i
tre cominciarono ad avvicinarsi all’uscita.
“Io
e te poi dovremo fare un bel discorsetto, Brynna.” Disse Basil, sovrastando le
grida all’interno del locale. La donna non ebbe nemmeno la forza di rispondere
ma si espresse con un sorrisetto.
Improvvisamente,
vide di riflesso in una teca posta vicino all’ingresso, un topo che puntava un
revolver contro di loro, anzi, più precisamente, contro Basil. Voltò leggermente
la testa per capire meglio la situazione poi, raccogliendo le sue ultime forze,
spinse il fratello fuori dalla traiettoria del proiettile appena
sparato.
Basil
non capì immediatamente cos’era successo, pensò di essere stato spinto da
qualcuno della calca. Quando però udì lo sparò e vide sua sorella accasciarsi
accanto a lui con una mano all’altezza dello stomaco, tutto gli divenne
terribilmente chiaro.
“No..”
mormorò.
Senza
stare troppo a pensarci su, prese Brynna tra le braccia e corse fuori dal locale
con Topson al seguito. Raggiunse un vicoletto poco distante e vi si fermò,
poggiando la sorella a terra. Alla debole luce di un lampione sulla strada, vide
una macchia di sangue allargarsi sotto la mano di Brynna. Tolse dalle asole
alcuni bottoni della camicia, cavò un fazzoletto dalla tasca e lo premette sulla
ferita.
La
guardò in volto e vide che aveva gli occhi chiusi.
“Brynna?
No, non è il momento di dormire. Apri gli occhi, forza.”
Frattanto,
anche Topson li aveva raggiunti.
“Basil
che è successo?” chiese con il fiatone.
“Le
hanno sparato.” Rispose lui con voce tremante, senza staccare gli occhi dal viso
della sorella. Quest’ultima, alla fine, riuscì ad aprire gli occhi ed a fissarli
in quello di lui. Sorrise debolmente, ma si rabbuiò quasi
subito.
Con
una mano, afferrò la manica di Basil e cercò di tirarselo vicino. Quando lui
capì le sue intenzioni, si chinò verso di lei. La donna, allora, gli sussurrò
con un filo di voce: “Blackwood.”
Gli
occhi di Basil si sbarrarono. Si voltò subito verso
l’amico.
“Dov’è
Cornelia?” Il dottore ebbe la sua medesima reazione e si voltò verso il
locale.
“Non
lo so. Temo che sia rimasta là.” Rispose poi, in palese stato di
agitazione.
Basil
rimase frastornato: cosa doveva fare?
Ancora
una volta, la sorella gli venne in aiuto. Gli tirò di nuovo la manica della
giacca e lo guardò.
Lui
comprese al volo e non cercò nemmeno di discutere.
“Dottore,
prenditi cura di lei. Io vado a recuperare Cornelia.”
Ordinò.
Topson
non se lo fece ripetere e prese immediatamente il posto dell’amico accanto alla
ferita. Basil corse via verso il locale, cercando disperatamente Cornelia da
ogni parte. Non si azzardò a chiamarla, per paura che qualcuno potesse
scoprirli. Vide che i bobbies si stavano ormai radunando insieme ai topi che
erano riusciti a catturare. Tornò nel locale, ma non c’era più nessuno. Cercò un
po’ in giro, ma di Cornelia nemmeno l’ombra. Uscì di nuovo e provò a cercare nei
dintorni. Alla fine la trovò nascosta dietro alcune casse. Tremava ma, quando lo
vide, gli si gettò tra le braccia, cercando conforto. Lui ricambiò brevemente
poi disse: “Vieni, andiamo.” La prese per la mano e la condusse verso il luogo
dove aveva lasciato Topson e Brynna. Le lanciò qualche occhiata e vide che sul
volto aveva alcuni tagli ed un bel livido sulla guancia destra. Chissà che
spavento aveva preso! Le strinse un po’ la mano, per darle più sicurezza.
Avrebbe dovuto discutere anche con lei, ma in quel momento lasciò
correre.
Giunto
in vista del vicolo, allungò un po’ il passo ma, quando vi entrò, trovò una
brutta sorpresa: Topson era a terra, privo di conoscenza, e di Brynna non c’era
nemmeno l’ombra.
Corse
dall’amico e gli tirò alcuni schiaffetti per svegliarlo.
“Topson!
Topson su, sveglia! In nome del cielo, cos’è successo?”
Non
ci volle molto perché il dottore rinvenisse. Aprì gli occhi e si guardò intorno
confuso, portandosi una mano alla testa. Poi, un lampo di realizzazione gli
attraversò gli occhi e lui si voltò a guardare Basil,
disperato.
“Oh
Dio, è terribile.. Basil.. io..”
“Cos’è
successo?” chiese l’amico, incalzandolo.
“Io..
eravamo qui.. stavo cercando di fermare l’emorragia per quanto possibile. Ad un
certo punto le mi ha guardato, mi ha detto ‘dite a mio fratello che gli voglio
bene’, poi ha chiuso gli occhi. L’istante successivo ho sentito un dolore forte
alla testa e poi siete arrivati voi.”
Basil
era senza parole. Era chiaramente furioso con il suo amico, ma anche
preoccupato, molto preoccupato per la sorella. Con una nuova frenesia, cominciò
ad esaminare il terreno, in cerca di tracce.
“Erano
almeno due... topi direi.. uno alto e robusto, l’altro un po’ più
mingherlino..”
“Basil,
devo dirti un’altra cosa..”
“Si
sono avvicinati da là.. e.. e poi se ne sono andati di qua..” continuò
l’investigatopo.
“Basil,
dopo quella frase ha smesso di respirare..”
“Forza,
andiamo, forse li possiamo ancora raggiungere!” Esclamò Basil balzando in piedi
e facendo per mettersi a correre, ma il dottore lo afferrò per un
braccio.
“Basil!
Era morta.” Disse poi.
FINE
DEL CAPITOLO