Film > Basil l'Investigatopo
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Autore: Bebbe5    02/05/2012    5 recensioni
Rattigan è tornato in azione e tocca di nuovo a Basil sconfiggerlo. Ci riuscirà anche stavolta? Per tutti i fan dell'argomento. [capitoli e titolo modificati e corretti]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 24

L’alba trovò Basil seduto sulla sua poltrona nel salotto.

La sera prima Cornelia, o per uno slancio di magnanimità, o a causa della stanchezza dovuta al viaggio di ritorno, si era ritirata subito in camera sua, Elizabeth era rientrata a casa dopo una breve chiacchierata con l’amica e Topson, dopo averlo medicato, era subito andato nella sua stanza senza dire una parola.

Era chiaro che si sentiva in colpa per non essere stato in grado di trattenere più a lungo Cornelia, ma il detective non aveva tempo per pensare a come rassicurare il suo amico.

Era quindi rimasto a riflettere nella stanza, più per fare mente locale su cosa avrebbe dovuto fare come mossa successiva, che per chiarire alcune incognite su cui, comunque, aveva già un’idea precisa.

In quel momento, mentre i primi raggi del sole illuminavano l’ambiente da dietro le tende, due cose gli erano chiare: doveva tornare ad indagare con più accuratezza nel locale sul fiume, nel quale si trovava l’accesso al vecchio covo di Rattigan e, per quanto gli dolesse ammetterlo, stavolta avrebbe dovuto coinvolgere Scotland Yard. Ovviamente, avrebbe agito quando avrebbe voluto lui, ma doveva avere la certezza che ci fosse qualcuno in più che gli avrebbe parato le spalle, dato che sarebbe stato sicuramente atteso. Avrebbe coinvolto anche Topson, poco ma sicuro. Rimandando ad un momento successivo la ricerca di una soluzione per Cornelia, spense la pipa, andò a prendere il suo cappotto ed il suo berretto ed uscì di casa.

Giunse nuovamente la sera e, con essa, un nuovo litigio al 221/B di Baker Street. Incredibilmente, però, i protagonisti sembravano esserne Cornelia e Topson.

“Stasera verrò con voi, è deciso.”

“Cornelia, te l’ho già detto, è meglio di no, potrebbe essere pericoloso.”

I due si trovavano nella camera del dottore, insieme a Basil, che stava curando gli ultimi dettagli del suo travestimento e di quello del dottore, prima di partire alla volta del locale al molo.

Come al solito, Cornelia avrebbe voluto accompagnarli e, come al solito, i due si opponevano a viva forza.

“Posso aiutarvi, voglio aiutarvi!” stava appunto dicendo la ragazza “L’ultima volta vi ho persino salvato la vita, dopo che voi avevate messo a repentaglio la mia.”

“E’ questo il punto, Cornelia” replicò Topson, cercando di non muoversi troppo per dare modo a Basil di lavorare sul suo volto. “Noi mettiamo a rischio la tua vita! Per questo devi restare qui. Basil, di’ qualcosa anche tu, te ne prego.”

“A che scopo dottore? Non mi ascolterebbe.” Replicò l’investigatopo, applicando un lieve strato di cerone sul viso dell’amico.

“Esatto, soprattutto perché non c’è niente da dire. Io vengo e basta.”

In quel mentre, Basil si alzò, annunciando che aveva completato la sua opera.

“E comunque mi vedo costretto a dare ragione a Cornelia, mio caro Topson.” Aggiunse poi, cominciando a riporre i suoi strumenti. “Non c’è niente da dire. Lei non verrà e questo glielo posso assicurare.” Detto questo, raccolse le sue cose ed uscì dalla camera. Rossa in viso per la rabbia, Cornelia lo tallonò.

“Non puoi permetterti di dirmi cosa devo o non devo fare! Sappi che, anche se ancora non ho detto niente, ciò non vuol dire che io abbia dimenticato lo scherzetto del Surrey. Mi sono sentita delusa, quasi non volevo crederci e…”

Lo sfogo della giovane accompagnò i due per tutto il tragitto verso la camera di Basil e continuò anche dopo che vi furono entrati.

“… vorrei che tu capissi che ci tengo a stare al tuo fianco e… ma mi stai almeno ascoltando?!” si interruppe Cornelia, vedendo che l’altro non l’ascoltava, apparentemente tutto preso dal riporre sopra il tavolo di camera sua gli arnesi che aveva utilizzato fino a poco prima

La ragazza gli si avvicinò, furibonda, e gli si mise accanto, posandogli poi una mano sulla spalla bruscamente per attirare la sua attenzione.

“Perché non mi ascolti mai? Perché lasci correre e non ne discuti? Basil ti sento distante. So che sei in mezzo ad un caso, ed uno anche molto importante, ma…”

“Mi dispiace.”

Quelle parole, appena mormorate, fecero tacere Cornelia.

“Come?” chiese, incredula.

“Ho detto che mi dispiace.” Ripeté lui, prendendole una mano.

La giovane rimase in silenzio per un po’ poi, vedendo che lui non diceva altro, si schiarì la voce.

“Beh, mi sembra normale ed anche giusto che tu sia dispiaciuto per ciò che hai fatto…”

“Non ho detto di essere dispiaciuto per ciò che ho fatto.”

Ancora una volta, Cornelia rimase senza parole.

“Ah no?” disse un po’ incerta.

Basil scosse la testa.

“No, sono dispiaciuto per ciò che mi vedo costretto a fare.” Detto questo, con una mossa velocissima, la ammanettò per il polso che le aveva preso ad uno dei gambi del tavolo. “A mia discolpa, però, posso dire che non mi hai lasciato altra scelta.”

Cornelia guardò prima il polso, annichilita, poi, riprendendosi dallo shock, si mise a gridare:

“Come osi?! Vieni subito a liberarmi, o sarà peggio per te!”

“Come minaccia non è molto efficace, se detta da una che è attualmente legata ad un tavolo. Ora scusami, ma ti devo lasciare o farò tardi. Ah, dimenticavo, non disturbarti a cercare l’aiuto della signora Placidia. Le ho dato precise disposizioni e lei, per una volta almeno, si è mostrata più che felice di seguirle alla lettera. Buona serata, mia cara.” Concluse poi l’investigatopo con un breve cenno del capo, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di sé, soffocando le grida irose della ragazza rimasta all’interno.

Ripercorse la strada compiuta prima e tornò alla camera di Topson, dove trovò l’amico ad attenderlo, già pronto per la partenza.

“Incredibile” commentò quest’ultimo “Come hai fatto a convincerla?”

“Oh, non ci è voluto poi molto.” Rispose Basil, sorridendo “Coraggio, andiamo, ci aspetta una lunga nottata.”

I due scesero le scale ed uscirono dal 221/B. Basil fischiò e Ugo comparve subito davanti a loro. L’investigatopo e Topson, anche se quest’ultimo con una certa riluttanza, montarono su di lui e partirono per la loro destinazione.

Frattanto, nella camera di Basil…

Cornelia ridacchiò.

“Bene, va tutto secondo i piani.” Detto questo, estrasse un piccolo oggettino ricurvo da uno dei suoi stivali e, con esso e con un po’ di pazienza, riuscì a liberarsi dalle manette.

“Non mi vogliono con loro?” si disse “Vorrà dire che farò da sola.”

Uscì dalla stanza di Basil e si diresse in camera sua, dove prese alcuni abiti maschili dal suo baule. Si truccò un po’ il volto, scurendo il pelo e creando delle cicatrici finte poi, cercando di fare il meno rumore possibile, aprì la finestra e si calò giù. Dopodiché si fermò ad osservare la strada, cercando di decidere sul da farsi. Sapeva di dover andare al porto e sapeva anche più o meno il posto preciso dove si erano diretti Basil e Topson. Il problema stava nel raggiungere il luogo in tempo utile.

Sospirando, cominciò a camminare verso la zona del porto, sperando di trovare un qualcosa che potesse aiutarla a percorrere quella distanza più rapidamente. Avrebbe potuto chiedere ad Elizabeth, che aveva una carrozza personale, ma questo avrebbe significato coinvolgerla e lei avrebbe preferito evitare.

Si fermò di nuovo, mentre uno strano senso di indecisione la afferrava. Lei non voleva coinvolgere la sua amica perché voleva proteggerla. Basil, lasciandola a casa, voleva evidentemente fare lo stesso. Non riusciva a biasimarlo, ma voleva anche stargli vicino. Del resto, la questione di Rattigan aveva interessato da vicino anche lei.

Già, erano giovani, molto giovani allora, e lei si era improvvisamente ritrovata ad affrontare qualcosa di troppo grande. Era scappata, l’aveva abbandonato.

Si sentì un’ingrata ed un’immatura: chi era lei per tornare all’improvviso e sconvolgere tutto? Aveva lasciato Basil da solo nel momento in cui aveva più bisogno di aiuto, si era ripresentata alla sua porta come se niente fosse e lui l’aveva accolta, comportandosi come quando erano ragazzi, aggiungendo anche qualcosa in più.

Aveva fallito là dove Brynna era invece riuscita.

Questo pensiero la bloccò, mentre si stava già voltando per tornare a Baker Street.

Brynna.

Quel nome riaccese la sua competitività. Se Brynna poteva aiutare Basil, cosa le impediva di farlo a sua volta? Avrebbe aiutato il suo amato senza infastidirlo, avrebbe trovato degli indizi utili che gli avrebbe mostrato al suo ritorno a Baker Street.

Con una nuova determinazione, si incamminò verso la sua meta. Ancora non sapeva come vi sarebbe arrivata, né cosa avrebbe dovuto cercare. Quello che sapeva era che voleva fare qualcosa.

Ancora non sapeva che ci sarebbe riuscita, ma nel più tragico dei modi.

Basil e Topson, giunti al locale, vi erano entrati e si erano seduti con nonchalance ad uno dei tavoli. Decisi più che mai a non farsi notare, oltre ad aver modificato il loro travestimento, avevano ordinato due birre e se ne erano rimasti fermi al loro tavolo, senza fare troppe domande.

Basil si guardava intorno, cercando tra gli avventori i vecchi membri della banda di Rattigan ed i criminali che gli erano sfuggiti la sera prima.

Topson, non sapendo cosa fare, sorseggiava la sua birra e lanciava occhiate nervose a Basil. L’amico gli aveva semplicemente detto ‘Ce ne staremo seduti tranquilli fino al momento giusto’, ma non aveva specificato quando si sarebbe verificato questo momento, cosa che lo agitava parecchio. L’ultima volta che era stato in quel posto, del resto, aveva rischiato di finire molto male. Quella sera, il clima non sembrava diverso: i topi che si trovavano nel locale impiegavano il loro tempo bevendo, giocando a carte o prendendosela con l’artista di turno che si esibiva sul palco malandato situato da un lato del locale. Arrossì un po’, ricordandosi della figura che aveva fatto quando, sotto l’effetto della droga che gli era stata messa nella birra, era salito sul palco a ballare maldestramente con le show girls. Voltandosi, vide che Basil lo guardava con un sorrisetto stampato sul viso. Era ovvio che aveva capito tutto ciò che gli stava passando per la testa. Topson, però, preferì non approfondire l’argomento, limitandosi a sorseggiare la sua birra. Prese poi a guardarsi intorno anche lui e rabbrividì quando riconobbe alcuni degli scagnozzi di Rattigan.

Si voltò di nuovo verso il suo amico per farglielo notare, ma vide che l’investigatopo aveva fissato lo sguardo su un punto vicino all’ingresso del locale. Decise di non mettersi a guardare anche lui: ormai aveva imparato alcuni dei metodi di Basil e sapeva che, voltandosi a sua volta, avrebbe potuto insospettire chiunque fosse entrato nelle mire del suo amico.

Quest’ultimo mosse lo sguardo seguendo il movimento dell’individuo su cui si era concentrato e, dopo qualche istante, si allungò verso il dottore per sussurrargli.

“E’ appena entrato il tipo che ieri mi ha messo k.o. e che io ho ferito ad un braccio. Si è seduto al bancone ed ha ordinato una pinta. Ormai dovremmo esserci Topson, tieniti pronto.”

L’investigatopo fremeva di aspettativa ed anche il dottore cominciava a sentire l’adrenalina invadergli il corpo. Entro poco sarebbero entrati in azione ed avrebbero risolto anche quel caso.

“Dobbiamo aspettare di scorgere anche il minimo indizio della presenza di Rattigan e poi potremo chiamare i nostri amici di Scotland Yard che hanno già provveduto a sistemare la sorveglianza intorno al locale.” Disse l’investigatopo a Topson, ricordandogli il piano che avevano precedentemente ideato. Era talmente preso dal nuovo arrivato, però, che non scorse un altro topo entrare nel locale, guardarsi attorno, posare lo sguardo su di lui e su Topson e poi nascondersi in un punto un po’ più buio.

 

Cornelia osservava da lontano i suoi due amici seduti al tavolo, sperando di non essere stata scorta. Era stata fortunata, lungo la strada era riuscita a saltare su due carrozze di umani che l’avevano portata non molto lontana da lì. Aveva visto Ugo sul ciglio della strada e si era affrettata a scendere fino al locale.

Quando si rese conto che non l’avevano notata, emise un sospiro di sollievo e si guardò intorno. Il locale era davvero squallido, ma non poteva stare a fare simili considerazioni. Doveva trovare qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutare Basil.

Più facile a dirsi che a farsi. La stanza piena di fumo mostrava solo immagini sfocate dei suoi occupanti, figuriamoci di ciò che li circondava.

Si accorse che l’uomo al bancone la stava guardando con sospetto e si decise ad ordinare qualcosa. Andò da lui, prese posto su uno degli sgabelli ed ordinò una birra. Cercando di non apparire troppo nervosa, sorseggiò un po’ la sua ordinazione, reprimendo un’espressione di disgusto. Posò il boccale sul bancone e si guardò un po’ intorno, ignorando i topi che la guardavano. Notò però che ce n’era uno, non molto distante da lei, che la guardava con insistenza, quasi come se stesse cercando di capire se le era familiare o meno.

‘Probabilmente è solo ubriaco.’ Si disse, cercando di tranquillizzarsi. Si voltò quindi dall’altra parte rispetto allo sconosciuto e, nel farlo, scorse un piccolo corridoio da cui si accedeva passando accanto al bancone.

‘Chissà dove porta.’ Si chiese. Per quel che riguardava poteva anche essere l’ingresso per la servitù o per le ‘artiste’, ma era comunque un punto di partenza. Finì in un sol sorso la sua birra, gettò qualche scellino sul bancone ed andò verso l’uscita. All’ultimo, però, cambiò la sua direzione e si diresse verso il corridoio, rapidamente ma non troppo, per cercare di non dare troppo nell’occhio.

Giunta all’imboccatura del corridoio, vide che su un lato c’era tutta una serie di porte, le ultime delle quali erano molto vicine al palco e, perciò, con molta probabilità, dovevano essere quelle dei camerini.

Aprì la prima e si ritrovò in quello che doveva essere uno sgabuzzino per le scope. Dietro la seconda, invece, trovò un magazzino che fungeva anche da cantina (‘questo spiega in parte l’orribile qualità della birra che viene servita’ pensò).

Quando provò ad aprire la terza porta la trovò chiusa. Lì per lì, pensò di lasciar perdere e proseguire, poi però decise di tentare ad aprirla. Ormai era lì. Prese il ferretto con il gancio in fondo che aveva utilizzato per liberarsi dalle manette e cominciò a forzare la serratura. Dopo alcuni minuti, sentì uno scatto e la porta si aprì.

Entrò nella stanza, completamente immersa nell’oscurità. Fece scorrere una mano prima sul muro a destra della porta, poi su quello alla sinistra per trovare la lampada a gas ed illuminare così l’ambiente.

Quando ci riuscì, vide che si trovava in un quello che doveva essere un archivio.

‘Bingo’ pensò.

Senza avere un’idea precisa di cosa cercare, si mise a frugare un po’ dappertutto. Ad un certo punto, mentre stava esaminando il contenuto di un cassetto, un rumore la fece raggelare, un rumore che, purtroppo, conosceva bene: quello di una pistola che viene caricata.

“Alza le mani e voltati immediatamente.”

Quella voce… Cornelia si voltò, con un’espressione stupita stampata sul volto.

“Brynna?!” esclamò. Davanti a lei c’era il tipo che l’aveva fissata con insistenza al bancone ma, alla luce della lampada a gas e nell’aria molto più libera da fumi del piccolo archivio, riusciva a distinguerne meglio i lineamenti: sotto un travestimento semplice, ma molto efficace, vide il volto della sorella di Basil.

“Buonasera Blackwood, hai deciso di farti una giratina da queste parti?” disse Brynna, continuando a puntarle la pistola contro, un ghignetto soddisfatto stampato sul viso.

“Che ci fai tu qui?!” le chiese di rimando Cornelia, ancora confusa per la piega presa dagli eventi.

“Non credo che ti debba interessare. Cosa credevi di fare qui dentro?”

“Non credo che ti debba in-“ cominciò Cornelia, cercando di scimmiottare l’altra, ma Brynna la zittì in un modo che le ricordò tanto quello che utilizzava Basil per lo stesso motivo.

“Non fare l’arrogante, Blackwood. Ti sto puntando una pistola contro. Allora, cosa credevi di fare, esattamente?”

“Io.. io.. cercavo indizi, ecco!” rispose Cornelia, ostentando una sicurezza che non aveva.

“Mhm, interessante. E cosa cercavi esattamente?”

“Io.. ecco..” stavolta Cornelia non sapeva cosa dire. Poi però si riscosse di colpo. “Perché mi stai puntando contro una pistola?” chiese, con voce sconcertata.

Brynna la guardò con un’aria stranita.

“Beh, perché lo trovo divertente e perché sono sicura che così sarai obbligata a fare quanto ti dirò.”

“Ovvero?”

“Ovvero uscire da qui. Andiamo, ti riporto a Baker Street prima che succeda il finimondo.”

“Non ci penso nemmeno. Non me ne vado senza prima aver trovato qualcosa che possa essere utile a Basil.”

“E per trovare un qualcosa di indefinito stai rischiando di mettere ancora di più nei pasticci mio fratello. Sai che succede se ti trovano e ti catturano? Andiamo, non fare storie. Non costringermi a spararti davvero e a trascinarti fuori. Sei già fortunata ad essere arrivata fino qui, non sfidare ulteriormente la sorte. Coraggio, prima che arrivi qualcuno.”

“Cosa ti dice che mi farò catturare? Cosa ti dà il diritto di dirmi cosa devo fare? Guarda che-“

Cornelia non riuscì mai a completare la sua frase, perché Brynna le aveva messo una mano sulla bocca. Lì per lì, la ragazza provò a divincolarsi, poi però comprese il perché di quel gesto: aveva udito dei passi avvicinarsi dal corridoio.

Però era strano, sembrava che il rumore provenisse non solo dal corridoio, ma anche da dietro un quadro appeso ad un muro della stanza.

Sentì la mano di Brynna tremare e la vide impallidire. La vide riporre la pistola in una tasca, farle cenno di rimanere in silenzio e guardarsi freneticamente intorno. Alla fine sembrò decidersi, perché le indicò un armadio, lo aprì e vi entrò, invitandola a seguirla. Cornelia esitò solo un istante, ma quando sentì i passi avvicinarsi entrò con Brynna nell’armadio. Le due fecero appena in tempo a chiudersi dentro che Cornelia sentì aprirsi la porta che dava sul corridoio. Un secondo dopo, però sentì anche il rumore di qualcosa che girava su dei cardini provenire dalla parte opposta rispetto alla porta: probabilmente la stanza aveva due ingressi. Ma come diavolo faceva Brynna a saperlo? Sapeva che era lei a passare le informazioni a Basil ma pensava che le ottenesse mediante alcuni ‘collaboratori’. Quanto in fondo si era spinta per aiutare il fratello? Quelle riflessioni furono interrotte quando udì la voce inconfondibile di uno di quelli che erano entrati nella stanza.

“Buonasera, mia cara, grazie per essere venuta. Quali notizie mi porti?”

Rattigan.

Un brivido le passò lungo la schiena al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se avesse trovato lei e Brynna in quell’armadio. Al terrore, però,si sostituì lo sconcerto quando sentì anche la voce dell’interlocutore, o meglio, dell’interlocutrice.

“Buonasera a lei, signore.”

‘Elizabeth?!’ pensò e percepì Brynna irrigidirsi accanto a lei. Evidentemente quella era stata una brutta sorpresa anche per lei.

“Secondo quanto sono riuscita a capire ieri sera, mentre Basil raccontava la sua ‘avventura’ con i vostri amici, stasera dovrebbe trovarsi qui insieme al dottore. Con ogni probabilità, inoltre, ad un certo punto arriverà anche Cornelia. Durante il nostro viaggio di ritorno dal Surrey, ha detto esplicitamente che avrebbe trovato il modo di seguirlo e di aiutarlo con o senza il suo consenso.” Lo informò la dottoressa. Cornelia era allibita: che diamine stava facendo Elizabeth? Cosa significava tutta quella storia?

“Eccellente” rispose Rattigan. “Allora basterà tenere gli occhi aperti ed aspettare che vengano da noi.”

Cornelia era stravolta: cosa stava succedendo? Cosa aveva appena sentito? Da fuori dell’armadio sentì il rumore di qualcosa che si apriva e poi un tintinnio di bicchieri.

“Propongo un brindisi.” Sentì dire da Rattigan. “Alla nostra imminente vittoria.”

“Direi anche agli ignari informatori.” Aggiunse Elizabeth.

“Già, senza Cornelia non avremmo potuto sapere tante cose sui movimenti di Basil. Ancora mi stupisco di come tu ci sia riuscita.”

“Sono la sua amica del cuore dopotutto.” A quelle parole Cornelia si sentì gelare il sangue: come era potuto accadere? Credeva che lei ed Elizabeth fossero davvero amiche. Quanto cambiavano le persone in dieci anni.

Guardò Brynna, ma non riuscì a distinguerne il volto nel buio di quell’armadio. Probabilmente aveva assunto un’espressione di disprezzo, e non poteva biasimarla: si impegnava tanto per aiutare il fratello e, in quel momento, aveva visto sfumare molto del suo lavoro a causa di una ragazzina zelante. Sì, non poteva auto-definirsi altrimenti. Aveva avuto la presunzione di immischiarsi in qualcosa che non le apparteneva ed aveva rovinato l’opera di molte persone. Ed ora si trovava in un armadio insieme a quella che per anni aveva visto come una nemica, mentre lì fuori, a sbarrarle la strada per la salvezza, c’erano uno dei criminali più pericolosi del mondo e colei che aveva creduto essere la sua migliore amica.

Che situazione complicata!

Quando ormai pensava che non potesse andare peggio di così, accadde una cosa che le fece trattenere il respiro per la paura:

“Elizabeth, mia cara, hai per caso cambiato profumo?” chiese Rattigan ad un certo punto.

“No, assolutamente no, perché?”

Nella stanza cadde il silenzio, interrotto solo dal rumore di un bicchiere posato su una superficie lignea e dall’inspirare di un topo – anzi un ratto – che annusava l’aria.

“C’è stato qualcuno. Hai notato niente mentre venivi qui?”

“Solo che la porta era aperta, ma non ho visto nessuno uscire o venire qui quando sono arrivata.”

“Allora chiunque fosse, o se n’è andato prima, o è ancora qui. Non ci metteremo molto a scoprirlo.”

Cornelia cominciò a tremare. Ora era certa che le avrebbero trovate e allora.. sarebbe stata la fine.

Provò a cercare lo sguardo di Brynna, ma, ancora, non vide niente. Sentì però che l’altra non tremava. Era ferma, immobile, quasi.. risoluta.

Ad un certo punto la sentì muoversi, senza fare troppa attenzione a mantenere il silenzio. Sentì che si avvicinava e la udì sussurrare al suo orecchio:

“Togliti la giacca, fai presto.”

Cornelia eseguì mentre, fuori dall’armadio, sentiva Rattigan bloccarsi e rimanere in ascolto. Aveva ovviamente sentito i fruscii che provenivano dall’armadio.

“Ah, allora sei ancora qui. Ti do tre secondi di tempo poi vengo a prenderti. Uno…”

Ancora, la voce di Brynna giunse alle sue orecchie.

“Passami la tua giacca e mettiti la mia.” Le ingiunse e Cornelia eseguì senza replicare, frastornata dalla rapidità con cui si stavano svolgendo gli eventi.

“Due…” proseguì Rattigan con spietatezza.

“Ora resta qui, qualsiasi cosa accada. Esci solo quando sarai sicura di essere completamente sola. Vai da Basil e cerca di portarlo via di qui o quantomeno di non farlo intervenire. Digli che è un ordine da parte mia.”

Senza attendere una risposta, Brynna prese un bel respiro ed uscì dall’armadio, chiudendo poi l’anta dietro di sé, proprio mentre Rattigan pronunciava il “Tre”.

“Gaspard?” disse il ratto, allibito, al vedere chi usciva dall’armadio. “Cosa ci fai tu qui?”

‘Gaspard?’ Cornelia non ci stava capendo più niente. In quel momento Brynna rispose con una voce falsata.

“Mi dispiace signore, mi ero perso. Cercavo i camerini delle ragazze per divertirmi un po’ dopo il mio solito goccetto ed ho smarrito la strada.”

“La porta però era chiusa a chiave.”

“No signore, era aperta quando sono arrivato.”

Ci fu un momento di silenzio.

“Gaspard, non mentirmi, sai che non mi piace. Per l’ultima volta, cosa stavi facendo qui?”

Questa volta Brynna non rispose. Cornelia sentì lo stomaco che le si aggrovigliava. Non si metteva bene, per nulla.

“Sai, Gaspard, da qualche tempo ho il sospetto che, tra le mie fila, ci sia una miserabile spia. Ora, comprenderai bene che questo ti mette in una brutta posizione, dato che sei l’ultimo arrivato. O mi dici cosa stavi facendo con le buone, oppure sarò costretto ad usare le maniere forti.”

Ancora una volta, Brynna non rispose. Da dentro l’armadio, Cornelia si trovò a pregare che dicesse qualcosa, qualunque cosa, purché riuscisse a salvarsi.

“Non rispondi? Bene, allora non mi lasci altra scelta.”

Dopo questo, Cornelia udì un suono nauseante ed un gemito strozzato: Rattigan doveva aver tirato un pugno in pancia a Brynna.

La sentì accasciarsi a terra, boccheggiando, e si tappò la bocca per non gridare.

“Sai, Elizabeth, non mi sembra giusto precludere lo spettacolo ai nostri avventori.”

“Ma potrebbe essere rischioso. Pensa a Basil.”

“Ah, vedrai che se c’è se ne starà buono. Cosa vuoi che faccia da solo contro me e tutti i miei uomini?” detto questo ci fu una pausa, poi Cornelia lo sentì dire: “Panem et circensem. Con i romani funzionava. Vediamo se è una pratica che serve ancora a qualcosa.”

Con queste parole, Cornelia lo sentì chinarsi per afferrare Brynna di peso e portarla fuori dalla stanza, seguito probabilmente da Elizabeth.

Restò per qualche minuto nell’armadio, mentre le lacrime le scendevano copiose dagli occhi. Cosa era appena successo?

Il senso di colpa la divorava. Sentiva che avrebbe dovuto almeno provare a fare qualcosa, ma il tono di Brynna era stato perentorio e deciso.

Le venne quasi da ridere: prendeva ordini da lei, ma non da Basil.

Già, Basil. Doveva andare da lui.

Ancora tremante, si azzardò a sbirciare fuori dall’armadio per vedere se anche Elizabeth se n’era andata. La stanza era vuota.

Asciugandosi gli occhi, uscì dalla porta ed imboccò il corridoio, tornando verso la sala principale da cui provenivano delle grida concitate.

Basil sapeva che avrebbe dovuto agire nel momento stesso in cui Rattigan era entrato nella sala, trascinandosi dietro quel tale Gaspard che, poco prima, aveva visto sgattaiolare in un corridoio di fianco al bancone.

Sapeva che avrebbe dovuto chiamare i bobbies di Scotland Yard all’istante quando aveva visto il suo acerrimo nemico chiedere a coloro che gli stavano davanti di farsi da parte e gettare il poveretto ai suoi piedi.

Ma era rimasto paralizzato quando Rattigan, nello scagliare il malcapitato sul pavimento, aveva fatto rotolare via il cappello di quest’ultimo. Una cascata di capelli ricci era ricaduta sulle spalle dell’individuo e l’intera sala si era ammutolita.

Poi il topo si era a fatica rialzato sulle braccia e si era voltato, facendo spuntare un ghigno malevolo sul volto di Rattigan.

“Bene, bene, bene, ma guardate un po’ chi ci ha fatto l’onore di essere con noi stasera: Brynna Anne-Marie Basil.”  

I presenti ridacchiarono.

Un fremito scosse in ugual maniera la donna stesa sul pavimento che Basil il quale, in preda all’orrore, osservava la scena.

Sua sorella lì? Era così allora che si procurava le informazioni, agendo di persona come infiltrata?

Nel frattempo, Rattigan si era avvicinato a Brynna a passi lenti, si era chinato davanti a lei e le aveva preso il mento con una zampa.

“Pensavo che ti fosse bastata l’ultima volta. Davvero il tuo fratellino vale così tanto?”

Lei non rispose, ma si limitò a fissarlo negli occhi.

“A quanto pare sì, vero? Bene, allora temo di dover ricorrere a misure drastiche.”

Detto questo, la prese per il collo e, rimettendosi in piedi, la sollevò con sé. Brynna, istintivamente e nel tentativo di migliorare la sua respirazione, gli afferrò il polso con entrambe le mani, tentando di divincolarsi. Rattigan strinse la presa, poi esclamò:

“Ascoltatemi tutti. Vedete questo essere che ora tengo letteralmente in pugno? Costei è la sorella del nostro caro amico, Basil di Baker Street.” La stanza fu sommersa da fischi che si fermarono ad un cenno della mano del capo dell’organizzazione, che poi continuò: “E non è tutto. Voi l’avete conosciuta con il nome di Gaspard, uno pseudonimo di cui si è servita per infiltrarsi nella mia associazione. Oh, è stata brava, questo le va riconosciuto. E’ riuscita a non farmi venire alcun sospetto per tutto il tempo che è stata con noi. E’ venuta in missione, ha portato a termine i suoi compiti.. uno scagnozzo perfetto. Buffo che l’abbia scoperta in un modo così stupido.. sapete come?”

La vista di Brynna si stava offuscando per la mancanza di ossigeno. Graffiò il dorso della mano di Rattigan, facendogli solo aumentare la presa.

Basil osservava la scena, pensando freneticamente a cosa fare, ma era come se la sua mente fosse in totale subbuglio. Mentre Rattigan spiegava come aveva scoperto la sua preda, si sentì toccare il braccio da qualcuno. Voltò lo sguardo ed incrociò degli occhi che conosceva bene.

“Tu?!” sussurrò a Cornelia. La ragazza era pallida, tremava e sembrava aver pianto. Annuì debolmente, poi si avvicinò a lui e gli bisbigliò all’orecchio:

“Brynna ha detto che non ti devi muovere, qualsiasi cosa accada, e che è un ordine.”

Lui la guardò stranito, mentre, dall’aspetto della topolina, dal fatto che indossava la giacca che prima aveva visto indosso alla sorella e da alcuni stralci del racconto del suo acerrimo nemico, cominciava a capire cosa doveva essere successo. Per un attimo, il suo sguardo, sempre posato su Cornelia, si fece iroso, ma poi le parole di Rattigan gli fecero riportare l’attenzione sulla sorella.

“Signori, siamo quindi in presenza di una spia, benché donna. Sapete bene cosa facciamo noi alle spie.”

La sala si riempì di mormorii di fremente attesa. Basil si preparò a scattare prima che accadesse l’irreparabile, ma sentì che Topson gli posava una mano sul braccio ed indicava con la mano dell’altro mimava l’atto di soffiare in un fischietto.

L’investigatopo capì all’istante: l’amico gli stava suggerendo di chiamare i bobbies appostati fuori in attesa del suo segnale.

Proprio in quel momento, però, udì un grido eccitato da parte della folla e vide Brynna volare per la stanza e schiantarsi di schiena contro la struttura del palco. Le ballerine che vi erano rimaste ad osservare cosa accadeva, fecero un salto indietro, cacciando urletti spaventati.

Dal canto suo, Brynna non riusciva ancora a respirare: non aveva più la mano di Rattigan intorno alla gola, ma il colpo era stato fortissimo e le aveva tolto quel poco fiato che aveva. Rimase a terra, in preda alle vertigini, boccheggiando terribilmente.

Le costole le facevano male ed aveva anche sbattuto la testa. Ebbe poco tempo di preoccuparsi però, perché sentì una mano afferrarle la zampa posteriore destra, conficcandoci dentro gli artigli.

Senza nemmeno la forza di gridare, si sentì trascinare di nuovo verso il centro del locale. Tutto le appariva ancora sfocato ma, quando finalmente si fermò, vide un volto che, anche offuscato, avrebbe riconosciuto tra mille.

Rattigan le si avvicinò e le disse in modo che solo lei potesse sentirlo:

“Sai qual è la parte divertente? Tuo fratello è qui a guardare. Non vedo l’ora che intervenga.”

Suo malgrado, Brynna gli rivolse un sorrisetto e, con molta fatica, rispose, tra un colpo di tosse e l’altro:

“Non lo farà. Gli ho dato ordine di non muoversi.”

Rattigan la guardò stupito, poi si mise a ridere.

“Ah ah, Basil, hai sentito? Ha detto di averti ordinato di non muoverti. E tu eseguirai da bravo fratellino, non è vero?” la stanza si riempì un’altra volta di risate. “Bene, voglio proprio vedere quanto resisterai.” Detto questo, schiaffeggiò Brynna con il dorso della mano, violentemente.

Poi, rialzandosi, chiese ad uno dei suoi uomini di dargli la sua cinghia. Una volta ottenutala, con un piede fece voltare Brynna sullo stomaco e cominciò a colpirla.

Dapprima lei emise dei gemiti che si trasformarono ben presto in grida strozzate di dolore.

Rattigan la colpiva ovunque, senza curarsi che si trattasse della schiena, di una gamba, della testa.

Al vedere Brynna ricevere quei colpi, Cornelia chiuse gli occhi e si voltò, sperando vivamente che qualcuno le tappasse le orecchie. Topson e Basil guardavano impietriti la scena, senza riuscire a muoversi.

Ad un certo punto, Rattigan pensò averla colpita abbastanza, perché rese la cinghia al topo che gliel’aveva data e poi tornò dalla donna, ormai ridotta ad un ammasso tremante e sanguinolento. La afferrò per il bavero della giacca e le disse:

“Ti ripeterò la domanda che ti ho fatto prima: tuo fratello vale davvero così tanto? Anche ora, dopo tutto questo?”

Lei tossì debolmente, poi, guardandolo negli occhi, rispose:

“Sì. L’avrei rifatto mille e mille volte.”

Rattigan scosse la testa.

“E non ti fa rabbia che lui sia qui e non venga a salvarti?”

Ancora una volta, sempre più a fatica, Brynna rispose con decisione:

“Si comporta solo come io gli ho detto di fare. Mi sarei arrabbiata se avesse fatto il contrario.”

Rattigan annuì.

“Bene. A questo punto, allora, non mi resta che una cosa da fare.” Il ratto estrasse il suo revolver da sotto il mantello e lo puntò in direzione della sua vittima. “Porterò a termine ciò che quell’idiota che ti ha sposata non è riuscito a fare. Addio Brynna, è stato un piacere.”

Detto questo, caricò il revolver. La donna, ancora stesa sul pavimento, chiuse gli occhi e si preparò all’inevitabile..

.. ovvero all’intervento del fratello, che non si fece attendere.

Poco prima che Rattigan sparasse, Basil gli si gettò contro di peso, mentre Topson correva da Brynna e Cornelia soffiava nel fischietto che le aveva dato l’investigatopo con quanta più forza possibile.

Immediatamente, gli uomini di Scotland Yard fecero irruzione da tutte le parti, dando il via ad un fuggi-fuggi generale.

Brynna, ancora distesa, riusciva a capire solo alcune delle parole che Topson le stava rivolgendo. “Andrà tutto bene” le parve di sentire “E’ finita.”

Improvvisamente, le parve di scorgere la sagoma di Basil e fu certa che fosse lui quando sentì due braccia sollevarle il busto e la sua voce che le chiedeva: “Ce la fai a camminare?” annuì debolmente e percepì il fratello aiutarla ad alzarsi e mettersi un suo braccio sopra le spalle. Subito, Topson le prese l’altro ed i tre cominciarono ad avvicinarsi all’uscita.

“Io e te poi dovremo fare un bel discorsetto, Brynna.” Disse Basil, sovrastando le grida all’interno del locale. La donna non ebbe nemmeno la forza di rispondere ma si espresse con un sorrisetto.

Improvvisamente, vide di riflesso in una teca posta vicino all’ingresso, un topo che puntava un revolver contro di loro, anzi, più precisamente, contro Basil. Voltò leggermente la testa per capire meglio la situazione poi, raccogliendo le sue ultime forze, spinse il fratello fuori dalla traiettoria del proiettile appena sparato.

Basil non capì immediatamente cos’era successo, pensò di essere stato spinto da qualcuno della calca. Quando però udì lo sparò e vide sua sorella accasciarsi accanto a lui con una mano all’altezza dello stomaco, tutto gli divenne terribilmente chiaro.

“No..” mormorò.

Senza stare troppo a pensarci su, prese Brynna tra le braccia e corse fuori dal locale con Topson al seguito. Raggiunse un vicoletto poco distante e vi si fermò, poggiando la sorella a terra. Alla debole luce di un lampione sulla strada, vide una macchia di sangue allargarsi sotto la mano di Brynna. Tolse dalle asole alcuni bottoni della camicia, cavò un fazzoletto dalla tasca e lo premette sulla ferita.

La guardò in volto e vide che aveva gli occhi chiusi.

“Brynna? No, non è il momento di dormire. Apri gli occhi, forza.”

Frattanto, anche Topson li aveva raggiunti.

“Basil che è successo?” chiese con il fiatone.

“Le hanno sparato.” Rispose lui con voce tremante, senza staccare gli occhi dal viso della sorella. Quest’ultima, alla fine, riuscì ad aprire gli occhi ed a fissarli in quello di lui. Sorrise debolmente, ma si rabbuiò quasi subito.

Con una mano, afferrò la manica di Basil e cercò di tirarselo vicino. Quando lui capì le sue intenzioni, si chinò verso di lei. La donna, allora, gli sussurrò con un filo di voce: “Blackwood.”

Gli occhi di Basil si sbarrarono. Si voltò subito verso l’amico.

“Dov’è Cornelia?” Il dottore ebbe la sua medesima reazione e si voltò verso il locale.

“Non lo so. Temo che sia rimasta là.” Rispose poi, in palese stato di agitazione.

Basil rimase frastornato: cosa doveva fare?

Ancora una volta, la sorella gli venne in aiuto. Gli tirò di nuovo la manica della giacca e lo guardò.

Lui comprese al volo e non cercò nemmeno di discutere.

“Dottore, prenditi cura di lei. Io vado a recuperare Cornelia.” Ordinò.

Topson non se lo fece ripetere e prese immediatamente il posto dell’amico accanto alla ferita. Basil corse via verso il locale, cercando disperatamente Cornelia da ogni parte. Non si azzardò a chiamarla, per paura che qualcuno potesse scoprirli. Vide che i bobbies si stavano ormai radunando insieme ai topi che erano riusciti a catturare. Tornò nel locale, ma non c’era più nessuno. Cercò un po’ in giro, ma di Cornelia nemmeno l’ombra. Uscì di nuovo e provò a cercare nei dintorni. Alla fine la trovò nascosta dietro alcune casse. Tremava ma, quando lo vide, gli si gettò tra le braccia, cercando conforto. Lui ricambiò brevemente poi disse: “Vieni, andiamo.” La prese per la mano e la condusse verso il luogo dove aveva lasciato Topson e Brynna. Le lanciò qualche occhiata e vide che sul volto aveva alcuni tagli ed un bel livido sulla guancia destra. Chissà che spavento aveva preso! Le strinse un po’ la mano, per darle più sicurezza. Avrebbe dovuto discutere anche con lei, ma in quel momento lasciò correre.

Giunto in vista del vicolo, allungò un po’ il passo ma, quando vi entrò, trovò una brutta sorpresa: Topson era a terra, privo di conoscenza, e di Brynna non c’era nemmeno l’ombra.

Corse dall’amico e gli tirò alcuni schiaffetti per svegliarlo.

“Topson! Topson su, sveglia! In nome del cielo, cos’è successo?”

Non ci volle molto perché il dottore rinvenisse. Aprì gli occhi e si guardò intorno confuso, portandosi una mano alla testa. Poi, un lampo di realizzazione gli attraversò gli occhi e lui si voltò a guardare Basil, disperato.

“Oh Dio, è terribile.. Basil.. io..”

“Cos’è successo?” chiese l’amico, incalzandolo.

“Io.. eravamo qui.. stavo cercando di fermare l’emorragia per quanto possibile. Ad un certo punto le mi ha guardato, mi ha detto ‘dite a mio fratello che gli voglio bene’, poi ha chiuso gli occhi. L’istante successivo ho sentito un dolore forte alla testa e poi siete arrivati voi.”

Basil era senza parole. Era chiaramente furioso con il suo amico, ma anche preoccupato, molto preoccupato per la sorella. Con una nuova frenesia, cominciò ad esaminare il terreno, in cerca di tracce.

“Erano almeno due... topi direi.. uno alto e robusto, l’altro un po’ più mingherlino..”

“Basil, devo dirti un’altra cosa..”

“Si sono avvicinati da là.. e.. e poi se ne sono andati di qua..” continuò l’investigatopo.

“Basil, dopo quella frase ha smesso di respirare..”

“Forza, andiamo, forse li possiamo ancora raggiungere!” Esclamò Basil balzando in piedi e facendo per mettersi a correre, ma il dottore lo afferrò per un braccio.

“Basil! Era morta.” Disse poi.

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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