Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Laura Sparrow    26/11/2006    2 recensioni
Due giovani donne sole in uno sperduto paesino dei Caraibi, ma determinate ad inseguire i loro vecchi sogni di libertà, l'incontro con un pirata prigioniero che cambierà la vita di entrambe. Mentre un bizzarro gioco del destino riporta a Laura Evans una nave nera che sembrava solo un ricordo di infanzia e una minacciosa maledizione torna da un passato che sembrava dimenticato, Will sceglie di infrangere per una e una sola volta la promessa che lo lega a Calipso per rivedere Elizabeth ancora una volta. Laura Evans e Faith Westley si trovano davanti ad una svolta: voltare le spalle a tutto ciò che è stato e seguire l'unica strada di chi rifiuta le regole: la pirateria. (ULTIMO RINNOVAMENTO COI FATTI RIALLACCIATI AD AWE)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5
Schiaffi



Il mattino seguente mi svegliò un insistente bussare alla porta della mia camera. Svogliatamente, ancora immersa nella nebbia del sonno, mi rigirai fra le lenzuola e sbadigliai. - Sì?- borbottai, aprendo a fatica gli occhi.
- Perdonami se disturbo, ma se non sbaglio abbiamo una nave da prendere. - fece la voce di Jack al di là della porta. In un attimo mi tornò tutto in mente: Jack, l'evasione, le guardie. - Arrivo subito!- risposi, saltando giù dal letto. - Sveglia Stephanie e Michael. -
Lo sentii bussare alla porta dell'altra camera mentre mi vestivo: mi infilai il mio vestito rosso, sarebbe andato bene per il viaggio, essendo molto semplice e comodo, come piaceva a me. Feci per aprire la porta della camera quando notai il mio riflesso nel piccolo specchio quadrato che avevo appeso al muro: una giovane donna di ventitré anni ricambiò il mio sguardo con aria imbronciata. Curiosamente mi trovai ad osservarmi con aria più critica, e mi chiesi con una certa sorpresa da quanto tempo avessi quella faccia scura, che non era quella della ragazza che ricordavo. Mi osservai minuziosamente come se inconsciamente stessi cercando di scrutare qualcosa al di là della mia immagine riflessa: un viso regolare appena dorato dal forte sole dei Caraibi, labbra sottili un po' imbronciate, occhi marroni che squadravano il mio riflesso severo, e capelli castani che mi ricadevano sulle spalle in onde ribelli... più ribelli del solito in effetti, per averci dormito sopra.
Sorrisi divertita a me stessa e andai a frugare nella piccola sacca con i miei pochi averi che avevo preparato per il viaggio: tirai fuori una spazzola e pettinai per bene i miei capelli drammaticamente arruffati finché non fui in ordine, quindi ributtai la spazzola nella sacca; allora uscii.
Jack, Faith e Michael erano già seduti a fare colazione. La casa era insolitamente spoglia: tutto quello che ci occorreva era stato stipato nelle borse; l'unica cosa presente in cucina erano le tazze in cui bevevamo il the. - Buongiorno Laura. - mi salutò Faith sgranocchiando la sua fetta di pane.
- Giorno. - fece Jack agitando le dita in un cenno di saluto. C'era qualcosa di estremamente assurdo nel vederlo seduto bello comodo al tavolo della mia cucina a fare colazione, dopo averlo visto per così tanto tempo dietro le sbarre, seduto sul pavimento di una cella. Ricambiai il saluto e mi sedetti: mentre bevevo il mio the notai che Jack, da sopra il bordo della sua tazza, ci osservava, e anche parecchio. Mi sentii un pochino a disagio: che aveva da guardare? Poi capii: quando lavoravamo nelle prigioni indossavamo la nostra tenuta da lavoro, cioè un grembiule scolorito che non era certo un granché; vederci vestite bene sembrava interessarlo parecchio. Forse anche un po' troppo.
Dopo aver fatto colazione ci preparammo per andare: non avevamo molto da portarci dietro, in tutto avevamo tre borse neanche tanto pesanti. - Ci saranno dei soldati in giro. - rimuginò Faith. - Cercheranno Jack: dobbiamo dargli un cappuccio, qualcosa per nascondersi la faccia. -
Frugammo dappertutto e finalmente scovammo un lungo mantello da viaggio che Jack infilò tirandosi il cappuccio sul volto: gli si vedeva chiaramente soltanto il mento, la bocca e la punta del naso, il resto era nascosto sotto la stoffa.
- Ci vedi là sotto?- chiesi, cercando di distinguere gli occhi di Jack sotto il cappuccio; lui ridacchiò. - Ci vedo, ci vedo, non ti preoccupare! Allora, partiamo?-
- Partiamo. Il tuo cappello. - glielo porsi e lui lo nascose sotto il mantello, non potendoselo mettere in testa. Io e Faith prendemmo le borse; stavo per prendere anche quella di Michael quando Jack mi precedette. - Lascia, la porto io. - disse, e distinsi lo scintillio dei suoi denti d'oro sotto il cappuccio. Mentre facevamo per uscire per poco Jack non andò a sbattere contro lo stipite della porta. - Meno male che ci vedevi, eh?- commentai mentre Jack, disorientato, si alzava un po' il cappuccio in modo che non gli impedisse la visuale.
Uscimmo e ci dirigemmo al porto: faceva abbastanza caldo, e pensai che Jack stesse sudando sotto quel mantello; questo però non gli impediva di camminare nel suo modo strano: era davvero curioso e rimasi a fissarlo per un bel pezzo mentre camminava. Dondolava, come se non fosse del tutto sicuro della stabilità della strada o come se fosse ubriaco, anche se potevo giurare che non aveva toccato un goccio di liquore dalla sera prima. E le sue mani, non riusciva a tenerle ferme. Doveva sempre dondolarle lungo i fianchi o gesticolare a vuoto nell'aria. Strambo davvero. Eppure su di lui quella camminata goffa non era stonata, in effetti dopo un po' aveva un che di ipnotico. Raggiungemmo il porto: come Faith aveva previsto c'erano più guardie del solito che pattugliavano la zona. Alcuni fermavano i passanti perché si identificassero: non dovevamo assolutamente permettere che qualcuno di loro ci fermasse. Individuai la nave mercantile che traghettava i passeggeri a Oyster Bay: era ancora ormeggiata e un po' di gente stava salendo.
- Mescoliamoci alla folla. - suggerii mentre ci avvicinavamo. L'attesa in fila fu interminabile: le guardie giravano tutt'intorno, da un momento all'altro uno di loro poteva insospettirsi vedendo quel tipo incappucciato e costringerlo a farsi riconoscere. Cosa avremmo fatto in quel caso?
Dopo un'attesa che sembrò lunghissima finalmente potemmo salire a bordo, e mentre pagavamo la quota d'imbarco dissi intimamente addio ad una cospicua parte di tutto il denaro che possedevamo.
Ci fu assegnata un'unica cabina per tutti e quattro: era molto piccola, con una minuscola finestra che dava appena un po' di luce, e l'unico arredamento erano quattro cuccette disposte a castello. Lasciammo lì i bagagli, poi io andai sul ponte. La mia città si allontanava sempre di più: non ci ero mai stata veramente bene, ma era stata la mia casa.
Faith mi raggiunse: ci scambiammo un'occhiata e sorridemmo. Sì, Redmond era stata la nostra casa per due lunghi anni, ma ora era il momento di scoprire nuovi orizzonti.

*

A bordo la vita si rivelò presto piuttosto noiosa: la ciurma era sempre al lavoro, ma noi dell'equipaggio non facevamo un bel niente, se non starcene lì a girarci i pollici. Jack aveva potuto finalmente liberarsi del mantello e sembrava contento di essere tornato per mare, ma anche frustrato dall'inattività: girava avanti e indietro per il ponte con la sua andatura barcollante, non riusciva a stare fermo.
Io e Faith ingannammo il tempo in cabina, anche per avere un riparo dal sole cocente, sedute sulle nostre brande, chiacchierando del più e del meno come al solito. Il capitano della nave non ci aveva fatto domande quando ci aveva presi a bordo, ma gli spazi per i passeggeri erano ristretti, e ci era stata assegnata una sola cabina per tutti e quattro. Nessuno aveva fatto commenti quando ci era stato detto... eccetto Jack, naturalmente.
- Devono averci preso per una famigliola. Sapete, dovremmo inventarci una storia plausibile, giusto nel caso ci facciano domande. - aveva cominciato una volta a bordo, probabilmente trovando molto divertente l'idea della nostra futura convivenza forzata. - Possiamo sempre raccontare che Faith è mia moglie, e voi due siete i nostri figli. -
Io e Faith ci eravamo guardate, sconcertate, mentre Michael rideva. L'infame. - Chi mai ci prenderebbe per madre e figlia?- avevo replicato, tagliente, a sottolineare che io e la mia amica avevamo la stessa età.
- Be', per un'adulta non ti prenderebbero proprio. - aveva ribattuto lui sogghignando.
- Va al diavolo, eh?- se c'era una cosa che odiavo, erano le battute sulla mia statura. E Jack sembrava trovare un gusto tutto particolare nel farmi irritare.
Dio, dovere dividere la cabina con lui era già quanto di più imbarazzante potessi immaginare, e parlare con Faith mi aiutava a non pensarci troppo. Eravamo entrambe curiose ed impazienti di scoprire che cosa avremmo trovato ad Oyster Bay, quando avremmo rivisto i nostri amici, e quante cose avremmo trovato cambiate. Avremmo finalmente visto il loro bambino, per il quale tempo prima non avevamo potuto dare altro che una lettera con i nostri migliori auguri, e avremmo potuto raccontare ad Elizabeth tutte le cose che ci erano capitate... Le aspettative erano tante, ma c'era anche un certo eccitato nervosismo al pensiero di quegli amici che non rivedevamo da anni. Stavamo immaginando l'aspetto del piccolo David Turner quando Faith si fece meditabonda e ad un certo punto mi chiese: - Senti... come ti sembra Jack Sparrow ora che è... be', che non è più dietro le sbarre?-
Fui sorpresa dalla domanda e la fissai aggrottando la fronte. - Eh? Intendi se penso che possiamo fidarci di lui?-
Si strinse nelle spalle. - Non proprio... cioè, in generale. -
Incrociai le gambe sulla branda. Perché sollevava quell'argomento? Non avevo voglia di ammettere con qualcuno che quel bizzarro pirata svitato aveva qualcosa che mi incuriosiva, qualcosa che non avevo la minima idea di cosa fosse, ma che c'era e non mi dava pace. - Be'... è strano da dire, ma per quanto sia un pirata e a volte si comporti in modo irritante... non mi da l'idea di qualcuno che potrebbe farci del male. A me sembra un brav'uomo. - fu tutto quello che dissi.
Silenzio per alcuni attimi, poi Faith alzò gli occhi mentre sulla faccia le si dipingeva il sorriso birichino di quanto si divertiva a stuzzicarmi: - Hm... a me pare anche un bell'uomo, non trovi?-
Scoppiammo a ridere come ragazzine ed io le affibbiai una spinta scherzosa. - Prega che Michael non ti senta o diventerai il suo zimbello da qui all'eternità!- la avvertii.

*

Il capitano ci informò che saremmo giunti ad Oyster Bay fra due giorni. Era ormai sera: io ero sulla prua della nave che ammiravo il sole tramontare sull'oceano: era uno spettacolo magnifico che non mi godevo da quando avevo viaggiato per mare l'ultima volta; la sfera rosso-arancio era già immersa per metà nell'orizzonte piatto, riempiendo il mare e il cielo di un arcobaleno di riflessi fiammeggianti.
- Mozzafiato, vero?- disse all'improvviso una voce alla mia destra: sussultai; non mi ero neanche accorta che Jack si era appoggiato al parapetto di fianco a me. - Sì, è davvero bellissimo. - risposi. Jack annuì lentamente come perso nei suoi pensieri, poi tornò a guardare il tramonto, ed io feci lo stesso: la presenza di Jack al mio fianco non mi dava fastidio, ma inspiegabilmente mi innervosiva. Anche un po' imbarazzante in effetti; io e lui lì a guardare il tramonto... però non era spiacevole.
- E sì che ormai ne ho visti tanti. - continuò il capitano in tono meditabondo, come discorrendo più con sé stesso che con me. - Tramonti, albe, eclissi di sole, bagliori verdi... Però devo dire che... sì, è ancora un bello spettacolo. - lasciò vagare gli occhi scuri verso l'orizzonte, perso nei suoi pensieri.
Mi portai una mano al collo appendendo due dita alla catenella sottile: come distratto dal mio movimento Jack distolse gli occhi dal tramonto per posarli sul mio collo, e lo vidi aggrottare le sopracciglia incuriosito. - Che cos'è quella?- domandò, accennando al mio pendaglio con un cenno del capo.
- Questa?- allungai la catenella davanti a me rivelando la perla prima nascosta nel colletto del vestito. - E' un vecchio regalo. La porto con me da anni, ormai è quasi una specie di portafortuna. -
Lui annuì lentamente senza distogliere lo sguardo dal gioiello, poi allungò una mano. - Posso...?-
Gli porsi il pendente e lui lo prese fra il pollice e l'indice, accostandosi per esaminare meglio la perla: era anche un po' troppo vicino di quanto normalmente gli avrei concesso, ma lo lasciai terminare il suo esame, infine lasciò il ciondolo. - Una perla nera. - commentò con un misterioso sorriso. - Solo per curiosità, posso sapere come ne sei venuta in possesso?-
- Quando ero bambina e ancora non vivevo a Redmond, mio padre era l'aiutante di un costruttore di navi... Joby Price, si chiamava. - iniziai a raccontare, sistemandomi più comodamente contro il parapetto. - Era già anziano allora, ma era una gran brava persona. Mi regalò questo ciondolo quando terminò di costruire la sua ultima nave... la Wicked Wench mi pare si chiamasse. -
Gli occhi di Jack si allargarono appena quando pronunciai il nome, e mi guardò aggrottando le sopracciglia. - Wicked Wench?-
Annuii. - Sì... mi pare. Mio padre collaborò alla costruzione, e non puoi immaginare quanto Joby fosse felice, addirittura commosso quando la terminò. Era uno che amava il suo lavoro e le sue navi. Ricordo che ero molto piccola, e Joby mi portò a vedere la sua ultima nave. - i ricordi mi fecero sorridere. - Mi ricordo ancora cosa mi disse... “Ti piace, eh, piccola? Vedrai che questa giovincella diventerà una vera signora dei mari, ha tutte le carte in regola! Ma tu tieni questa, così ti ricorderai del vecchio matto Joby.” e mi regalò questa perla. -
Jack fece un cenno d'assenso con la testa, socchiudendo gli occhi come se avessi detto qualcosa di molto profondo, quindi prese a tamburellare le dita sul legno del parapetto tornando a fissare l'orizzonte dove il sole si era quasi del tutto immerso nell'acqua.
- Era un brav'uomo, Joby. Sentii molto la sua mancanza quando se ne andò. - mormorai fra me. Rimasi in silenzio per un po', poi tornai a rivolgermi a Jack. - Tu conosci la Wicked Wench?- la sorpresa e l'interesse nella sua espressione mi avevano fatto intuire che il nome della nave non doveva essergli sconosciuto. Lui inclinò il capo con aria meditabonda, quindi fece nuovamente un curioso sorriso prima di rispondere con una scrollata di spalle. - La conosco, sì. -

*

Stavolta ci sarebbe toccato condividere con Jack la stessa cabina, ma a quanto pareva ci saremmo dovute accontentare: quando entrammo tutti e quattro nella nostra piccola stanza dove ci saremmo ritirati per la notte, Jack si sedette pesantemente su una delle cuccette di sotto: - Avete preferenze per i posti?- ci chiese, facendo saltellare un po' il materasso per testarne la comodità.
- Facciamo che voi due state nei posti di sopra?- propose Faith, e dal suo tono mi resi conto che era a disagio: in effetti la capivo, in fondo era la prima volta che ci toccava dover dormire nella stessa stanza con un uomo sconosciuto.
- Bene. - Jack annuì senza muoversi dal letto. Attendemmo alcuni secondi sperando che capisse il messaggio, ma lui rimase tranquillamente seduto al suo posto facendo vagare distrattamente gli occhi per la stanza. - Jack?- lo esortò infine Faith in tono leggermente indispettito, lui alzò lo sguardo con aria candidamente innocente. - Sì?-
- Io e Laura dobbiamo cambiarci, e tu te ne stai seduto lì. -
- Non vedo il problema. - commentò Jack, senza riuscire a trattenere un ghigno. Senza un vero motivo mi sentii avvampare, ma immediatamente passai dall'imbarazzo alla collera. Era troppo: mi voltai verso di lui e gli mollai uno schiaffo. Sì, esatto: in piena faccia.
- Schifoso!- gli dissi rabbiosa, scandendo le sillabe.
- Eddai, questo non me lo meritavo!- protestò Jack, allibito, massaggiandosi la guancia colpita e arretrando di colpo temendo altre sberle.
- Te lo meritavi eccome, razza di porco! Chi ti credi di essere?- replicai bruscamente. - Statemi un po' a sentire, capitano: il fatto che ci troviamo a dover condividere questa cabina non vi autorizza, e ripeto, non vi autorizza a mancarci di rispetto in alcun modo. Mi sono spiegata? Ora tu e Michael ve ne state fuori finché io e Faith non ci siamo cambiate. -
Chiudemmo la porta dietro di loro, ed io, per maggiore sicurezza, infilai la chiave nella toppa perché non si potesse vedere dallo spioncino. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
- Si sta montando un po' troppo la testa, non trovi?- commentò Faith mentre si metteva la camicia da notte. - Già. - annuii con decisione affrettandomi a fare altrettanto.
Quando fummo pronte lasciammo entrare Michal e Jack, che salirono sui letti di sopra, dove il primo si cambiò con la camicia da notte fuori dalla nostra vista, Jack invece doveva essere abituato a dormire vestito perché si liberò soltanto di stivali, cappello, giacca e cinture, ammucchiando tutto in fondo al letto e coricandosi così com'era. Faith spense la lampada ad olio: io mi ero già infilata sotto le coperte; Jack si era messo nella cuccetta sopra alla mia, e i sostegni cigolavano ogni volta che lui si muoveva. - Be', buonanotte. - augurai a tutti e tre, girandomi di fianco. - Notte. - mi risposero in coro gli altri.
Scese il silenzio, io chiusi gli occhi e, con la testa sprofondata nel cuscino, aspettai di addormentarmi: potevo sentire la nave rollare lentamente, una volta che ti adattavi al dondolio poteva risultare anche piacevole. Il letto di sopra cigolò piuttosto forte: aprii gli occhi e vidi che Jack sporgeva la testa da sopra la cuccetta coi lunghi rasta a penzoloni. - Ehi. - ci chiamò a voce bassa. - Non ce l'avete ancora con me per prima, vero?-
Lanciai uno sguardo a Faith accoccolata nell'altra cuccetta e fingendomi dubbiosa le feci: - Che dici, lo perdoniamo?-
- Ma sì, dai. Perdonato... per stavolta!- rispose lei dopo aver simulato un istante di esitazione.
- Basta che non lo rifai troppo presto, e ricorda che per te avrò sempre pronta qualche sberla. - aggiunsi come ammonimento, e Jack ridacchiò: - Mi sento veramente onorato. -
Poi Michael bofonchiò che voleva dormire, così Jack sospirò e scosse il capo. - Notte. - ci salutò, e il suo viso sparì oltre la testata della cuccetta.

*

Il capitano masticò distrattamente la coda della sua pipa mentre, seduto su un barile rovesciato, osservava la nave nera allontanarsi sempre di più dal porto di Tortuga.
E così, stavolta quel vecchio tricheco ubriaco di Gibbs non si era fatto gabbare, meditò con una scrollata di spalle senza poter fare a meno di scrutare con ammirazione e con una qualche strana sorta di affetto le vele color cenere spiegate al vento: ordini precisi stavolta, rifornimento rapido e rotta a Port Royal, dovevano recuperare il capitano e lui non era ammesso a bordo...
Barbossa soffiò una voluta di fumo acre dalla pipa: il capitano... per quanto negli ultimi anni si fosse suo malgrado trovato quasi a rivalutare Jack Sparrow, giammai lo avrebbe considerato il capitano degno di un gioiello come la Perla Nera. Troppo maldestro ed irresponsabile per una signora dei mari come quella.
Eppure la Perla se ne stava andando, e stavolta era lui a rimanersene lì a guardarla sparire: se non altro era nel suo porto preferito e non su un'isoletta sperduta. Erano già tre anni che lui e Jack Sparrow erano tornati a contendersi la Perla? si domandò il capitano tirando un altra profonda boccata dalla sua pipa.
In quel momento udì il suono di passi pesanti fermarsi alle sue spalle: non si voltò, ma alzò gli occhi al cielo intuendo di chi doveva trattarsi.
- Non posso credere che tu li abbia lasciati andare!- disse in tono indispettito la persona dietro di lui.
- E tu quando sei tornata?- replicò il capitano, voltandosi verso di lei senza mutare espressione e senza smettere di fumare la sua pipa. La donna alle sue spalle strinse le labbra e incrociò risolutamente le braccia sostenendo il suo sguardo: - Poche ore fa, in effetti. In tempo per vederti con la Perla Nera alla tua portata... e lasciartela scappare via!-
Barbossa si tolse la pipa di bocca e si alzò in piedi di scatto, raggiungendo in tre passi la donna e piantandosi dritto di fronte a lei. - Ti importa così tanto quello che faccio o non faccio?- ringhiò, col suo consueto tono a metà fra il minaccioso e il canzonatorio, scrutandola coi denti digrignati in un ghigno sardonico. - Quanto sei ingenua, mia cara, credi forse che se la Perla fosse nelle mie mani per te sarebbe più facile averla?-
La donna non poté sopportare oltre lo sguardo perforante di quegli occhi azzurro sbiadito, ed abbassò i suoi stringendo i pugni con collera crescente.
- Se proprio sei così determinata ad impossessartene... - continuò il capitano scostandosi da lei e tornando a mordicchiare la sua pipa. - Perché non ci provi ora che è senza un capitano?-
- La mia nave non può reggere uno scontro con la Perla Nera, e non c'è nave abbastanza veloce da poterla inseguire. - ammise lei. - Dov'è Sparrow se non si trova a bordo?-
- E' finito nelle prigioni di Redmond. - fece Barbossa distrattamente mentre tornava a sedersi sul barile. - Gibbs sta facendo vela per Port Royal perché è lì che portano i condannati a morte: io però dubito che Jack ci arrivi, senz'altro avrà trovato un modo di scappare ben prima. -
- Quindi per ora anche Jack Sparrow è fuori dalla mia portata, come la Perla... - rifletté ad alta voce la donna cominciando a camminare avanti e indietro. - Se non posso averla combattendo devo per forza trovare il modo di trattare... a modo mio, naturalmente. -
- E come intenderesti farlo, mia cara?- chiese Barbossa con un ghigno. - Tutti i pezzi della scacchiera sono fuori dalla tua portata. -
La donna non rispose, mentre continuava a misurare a passi lenti la banchina con lo sguardo fisso sulle assi di legno corrose dalla salsedine. Ad un tratto si fermò, sgranando gli occhi: - C'è un altro anello della catena. - mormorò, mentre un sogghigno le si allargava sulle labbra. - Turner. Vediamo se il capitano non ha alcun tipo di legame come vuole far credere. In fondo non ho niente da perdere. -
E detto questo girò sui tacchi e si allontanò lungo la banchina, diretta verso un imponente imbarcazione a tre alberi ormeggiata al molo poco lontano; Barbossa la seguì con lo sguardo, facendosi più scuro in viso, quindi si rialzò e, continuando a tirare profonde boccate dalla sua pipa, si allontanò nella direzione opposta.

Note dell'autrice:Volevo ringraziare di cuore la mia appassionata (e unica! ;-P) lettrice Shalna per i suoi commenti e per i suoi consigli, sono davvero felice che la storia ti piaccia e ti assicuro che farò tesoro di tutte le tue osservazioni. Sono rimasta colpita dal fatto che riesci ad individuare nella storia cose alle quali magari io non avevo pensato più di tanto mentre le scrivevo, ma ora che me le fai notare... accidenti, era davvero quello che intendevo trasmettere! Ne sono felice. Grazie di tutto!
  
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