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Autore: LaCla    03/05/2012    16 recensioni
Cosa accadrebbe se una manciata di schizzi e disegni di Oda, venisse investita da una serie di particolari radiazioni? Come reagirebbe il mondo reale, venendo a conoscienza del fatto, che i personaggi di uno dei manga più famosi del mondo, sono diventati reali, ed ora camminano tranquillamente tra di noi? Ma so prattutto, se Ace fosse stato catapultato nel nostro mondo, prima di Marineford? Se una ragazza potesse cambiarne il destino? e se invece non potesse realmente farlo?
Questa è la storia di una ragazza qualsiasi, che vivrà il suo sogno più bello, ma anche più doloroso!
FF che contine possibili spoiler, tanta fantasia (la richiede anche al lettore xD) e Ace! :) Buona lettura!!
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Of Love'
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Ace si posizionò al centro della lastra ghiacciata, iniziando a creare cerchi di fuoco ai suoi piedi, lambendo tutta la superficie congelata.
«Enkai!» gridò il moro, ed il ghiaccio iniziò a sciogliersi, cedendo al calore delle fiamme.
Mentre i miei occhi si lasciavano trasportare dalla danza frenetica di quelle lingue di fuoco, assottigliando il ghiaccio a poco a poco, la mia mente mi trascinò nei ricordi di quando ero bambina, quando per tradizione si costruiva un enorme pupazzo, con fascine, paglia e rami secchi, vestendolo di stracci e dandogli le sembianze di una vecchia strega, per poi dargli fuoco appena calava la notte. Ricordo chiaramente le fiamme che divoravano la legna, rischiarando la notte; ed il loro fascino già allora era innegabile. Non potevo fare a meno di avvicinarmi il più possibile a quella pira, attratta dal calore delle fiamme. Il fuoco è un elemento che mi ha sempre affascinata, così bello e caldo, eppure altrettanto devastante ed incontrollabile. Forse è stata questa mia folle predisposizione alla piromania a farmi eleggere Ace come mio personaggio preferito, chi può dirlo…
Quando la mia mente tornò al presente, vidi le fiamme ritirarsi nel corpo di Ace, che intanto era saltato su una minuscola imbarcazione monoposto, e le altre imbarcazioni che si allontanavano, rimpicciolendosi man mano. Solo Marco, a bordo di una barchetta, simile a quella di Ace, era ancora relativamente vicino. Forse, anzi sicuramente, stava aspettando il moro, per evitare che creasse casini.
Le imbarcazioni erano praticamente identiche a quella che Ace, nel mondo di ONE PIECE, azionava con il suo fuoco. Chissà quale diavoleria avevano inventato per realizzarle in modo che funzionassero anche in questo universo.
Dopo aver fatto un cenno del capo a pugno di fuoco, il comandante della prima flotta azionò il motore ed iniziò a dirigersi verso di noi. Probabilmente avevano deciso di fare un giro panoramico del lago, con una giornata come quella sarebbe stato un delitto non godere delle meraviglie del posto. Sullo specchio d’acqua blu si rifletteva il profilo delle montagne smeraldine e l’azzurro pallido del cielo. Era veramente la giornata perfetta per un giro sul lago, magari avremmo potuto approfittarne più tardi.
Anche Ace partì, raggiungendo il biondo a tutta velocità, proprio mentre stava passando vicino al pontile dove ci trovavamo. Erano a pochissimi metri da noi, vederli così da vicino era un lusso che non mi sarei aspettata di avere, andava oltre le mie più rosee aspettative. Poter osservare il fiero marco, e lo sconsiderato pugno di fuoco, mentre fendevano l’acqua con quelle piccole monoposto, era veramente più di quanto potessi sperare. Ma il destino a quanto pare non aveva ancora esaurito le sue sorprese per me.
Ace infatti si girò verso di noi, salutandoci con un rapido cenno della testa, prima di cadere rovinosamente in acqua, ribaltando la barchetta.
Accade tutto in pochi secondi, ma sembrarono ore; mi parve di avere tutto il tempo del mondo per lanciare il cellulare ad Elena, sfilarmi i sandali e buttarmi in acqua, accompagnata dalle urla di Marco, Elena e della folla. Quando il mio corpo entrò in contatto con la fresca acqua lacustre, mi occorse qualche secondo per trovare l’orientamento e riuscire ad aprire gli occhi. L’acqua era di un azzurro opaco spettrale, e la profondità era notevole. Nuotavo più in fretta che potevo, verso l’ombra della barca di Ace, per poi immergermi sempre di più, alla ricerca del corpo del moro. Gli occhi bruciavano ed anche i polmoni iniziavano a protestare per la mancanza di ossigeno. L’aria che avevo immagazzinato non mi sarebbe bastata ancora per molto, ma se fossi ritornata in superficie per respirare, sarebbe stato impossibile salvarlo. Le acque di lago erano tra le più pericolose, ricche di correnti e mulinelli che mettevano a rischio i nuotatori più esperti, figuriamoci i sacchi di patate che cadevano in acqua incapaci perfino di stare a galla. Quando ormai il dolore ai polmoni era divenuto insostenibile, e la necessità di respirare impellente, finalmente la mia mano toccò qualcosa. Ormai incapace di tenere gli occhi aperti, afferrai quel corpo solido, portandolo vicino al mio. Avevo afferrato un braccio di Ace, finalmente l’avevo trovato! Iniziai a risalire verso la superficie, ormai cieca nell’acqua, nuotavo con tutte le mie forze per raggiungere l’aria. I polmoni si contrassero, facendomi espellere tutta l’aria che avevo trattenuto fino ad allora, ma riuscii a non respirare, mancava poco, me lo sentivo, e lo speravo.
Mi ero immersa più a fondo di quanto pensassi, ed appena raggiunsi il pelo dell’acqua i polmoni si dilatarono, riempiendosi finalmente della tanto agognata aria. Strattonai immediatamente il peso morto di Ace, facendo uscire dall’acqua almeno la testa. Lentamente la vista ritornò normale, per miracolo non avevo perso le lenti a contatto, e riuscii a vedere il pontile, dove Elena si sbracciava per farsi notare. Ripresi a nuotare, sforzandomi di tenere il capo del moro fuori dall’acqua. Braccia e gambe mi bruciavano per lo sforzo, ed anche il fiato mi stava abbandonando, ma riuscii comunque a raggiungere quelle maledette scalette. Elena mi tendeva la mano, per aiutarmi ad uscire, ma il metallo scivoloso era un ostacolo troppo grande da superare con le nostre forze e ottanta chili in spalle. Marco con un rapido balzo alato, piombò sul molo in aiuto della mia amica, ma issare Ace, che non collaborava minimamente, era impossibile. Se tentavo di spingerlo verso di loro, sprofondavo in acqua, se la fenice si fosse sporta troppo, rischiava di cadere, peggiorando ulteriormente la situazione.
Sentivo il panico iniziare a farsi strada nel mio petto, come avremmo fatto a tirarci fuori da quel pasticcio? Ace andava rianimato immediatamente! Non avevamo tempo da perdere!
Ad un tratto delle mani spuntarono dalle scalette, afferrarono me ed il mio carico, e ci sollevarono, finché Marco non riuscì a prenderci.
Finalmente ero fuori dall’acqua, e stremata mi sdraiai a pancia in su, sul legno scaldato dal sole, ansimante. Dopo aver ripreso fiato, mi sedetti a gambe incrociate, aiutata da Elena, che era l’incarnazione della preoccupazione.
«Grazie al cielo stai bene! Sei rimasta sott’acqua per un’infinità di tempo! Non azzardarti mai più a farmi prendere uno spavento del genere! Mi hai sentita Sely?» mi intimò la mia amica. Annuii, guardando le barche avvicinarsi al pontile, dove Ace, sdraiato scompostamente, russava, dopo essere stato strapazzato dalla fenice, che sicuramente appena quell’incosciente si fosse svegliato, l’avrebbe strangolato con le sue mani. La folla intanto era tenuta a distanza dalle forze dell’ordine, che a fatica difendevano il ponticciolo dall’assalto dei fan.
Quell’idiota aveva avuto uno di quei suoi stramaledetti attacchi di narcolessia! E non si era nemmeno accorto di aver rischiato la vita!
Sbuffai esasperata, liberandomi di tutta le tensione. Almeno stava bene, ero riuscita a tirarlo fuori dall’acqua in tempo. Ero fradicia, e la maglietta ormai aderiva come una seconda pelle al mio corpo, per non parlare della trasparenza, quindi incrociai le braccia attorno al busto, per nascondermi almeno un po’.
«Selene, ora mi dici di grazia, perché ti sei buttata così all’improvviso? Almeno potevi urlare, chiedere aiuto, cosa ti è saltato in mente? Non sai che è pericoloso il lago?» mi sgridò Elena, guardandomi dall’alto con le braccia conserte. Era visibilmente scossa, quanto ero rimasta in quel lago per farla spaventare così?
«Scusami, è che ho agito d’istinto… Ho pensato che avendo ingerito i frutti del mare, avendone poi mantenuto i poteri in questo mondo, non fossero comunque in grado di nuotare. Le barche erano lontane, l’unico vicino era Marco, che anche volendo non avrebbe potuto tuffarsi per salvarlo. Gli unici nuotatori nelle vicinanze eravamo io e te, e sinceramente tu stai a galla per miracolo in piscina, rimanevo solo io. Non potevo lasciarlo annegare, mi dispiace di averti spaventata, ma non c’era altra soluzione.» le risposi, sincera e pacata.
Era la pura verità, avevo reagito d’istinto, il mio cervello aveva elaborato tutti quei dati in meno di mezzo secondo, facendomi scattare verso il lago; non avevo nemmeno avuto il tempo di riflettere sulla pericolosità di quello che stavo facendo, l’avevo dovuto fare, punto.
La mia amica mi guardò, ancora scossa, ma più rilassata di prima, probabilmente lo spavento iniziale stava lasciando spazio alla consapevolezza che avevo pienamente ragione.
«Ok.. Beh, almeno hai salvato il cellulare! Guardati come sei ridotta, sembri un pulcino bagnato!» affermò ridacchiando. Mi stava per caso prendendo in giro? Pessima mossa.
«Hai ragione» dissi rialzandomi e mettendomi di fronte a lei, «Sono veramente fradicia, e tu… tu sei troppo asciutta, davvero troppo asciutta…».
Sorrisi malignamente, facendole capire le mie intenzioni, ma non le diedi tempo di scappare, mi lancia verso di lei, imprigionandola in un abbraccio umido e scuotendo la testa a più non posso. Era un movimento molto simile a quello del cane Beethoven, ma ottenni quello a cui miravo, ovvero inzuppare a dovere Elena, la quale nel frattempo si dibatteva, cercando di liberarsi dalla mia stretta. Quando la lasciai andare ormai era tutta bagnata e spettinata, quasi quanto me.
«Maledetta strega! Questa me la paghi!» mi sibilò, lasciandosi poi andare in uno scoppio di ilarità. Non me l’avrebbe mai fatta pagare, sapeva ancora prima di prendermi in giro che se io ero bagnata, da li a poco lo sarebbe stata anche lei.
Continuammo a ridere, rimettendoci a sedere sul molo. Il sole era talmente caldo che i capelli iniziavano già ad asciugarsi. Per i pantaloncini di jeans e la maglietta però sarebbe servito molto più tempo.
Quando ormai dello scoppio di risa rimanevano solo le lacrime agli occhi e gli ultimi singhiozzi, un enorme mano entrò nella mia visuale. Era la mano più grande che avessi mai visto, attaccata ad un braccio immenso, che apparteneva ad un uomo colossale con i baffi più strani del mondo, Barbabianca. Appena vidi quella mano protesa verso di me, con il palmo all’insù, ebbi un dèjà vu. Mi parve di aver già visto quella scena, dove gli occhi di quell’uomo erano un invito ad afferrare quell’arto, per rimettermi in piedi. Decisi di accettare l’invito, anche se titubante. Appena afferrai quella mano, capii dove avevo già visto quella scena, era stato durante le puntate dell’anime, quando mostravano il passato di Ace, anche in quel frangente Barbabianca aveva teso la sua mano, per aiutarlo a rialzarsi.
La mano era calda ed avvolgeva completamente la mia. Quando fui in piedi feci per staccarla, ma il pirata non mi lasciò andare, anzi, andò a posare anche l’altra mano sulla sua, racchiudendo la mia in una stretta leggera. Sera quasi surreale che quelle mani gigantesche potessero essere così delicate.
«Ti ringrazio per aver salvato quello sciocco di mio figlio! Non è contento finché non ci fa spaventare almeno una volta al giorno, quel moccioso!» mi disse sorridendo. Era un personaggio che metteva soggezione, ma che sapeva svelare un lato molto dolce quando voleva. I suoi occhi, pur essendo relativamente piccoli, erano profondi e carichi di sincerità, era veramente grato che avessi salvato Ace, ma come avrei potuto non farlo?
«Non serve ringraziarmi, l’ho fatto volentieri!» dissi sorridendo a mia volta, leggermente imbarazzata da tanta gratitudine. Quando mi lasciò andare incrociai nuovamente le braccia al petto, per nascondere l’eccessiva trasparenza.
Barbabianca mi sorrise di nuovo, avviandosi poi verso il corpo addormentato di Ace.
«Hey voi due, ragazze! Venite qui, abbiamo una doccia ed un cambio abiti da offrirvi, non fatevi problemi!» gridò una voce femminile alle nostre spalle.
Quando ci girammo, l’espressione “occhi fuori dalle orbite” divenne realtà sui nostri volti. Tutte le imbarcazioni dei personaggi erano arrivate nei pressi della banchina, il che voleva dire che non solo avevamo fatto le cretine davanti a tutti, ma anche che io ero praticamente in reggiseno di fronte a tutti loro, pubblico compreso. Sentii le guance arrossarsi immediatamente a quel pensiero, tutto il sangue che avevo in corpo si concentrò sulle mie gote.
Quando i neuroni nella mia testa ripresero a funzionare, collegai la voce di prima a quella di Nami, che infatti ci guardava sorridente a bordo della Mini-Going Marry. Appena vidi Robin accanto alla rossa, mi ricordai immediatamente delle mani che ci avevano salvato dall’acqua, era stata sicuramente lei ad aiutarci. Le sorrisi nel momento in cui i nostri sguardi si incrociarono, e lei ricambiò. Era un grazie silenzioso, che però avrei sicuramente espresso a voce appena ne avessi avuta l’occasione. Nami vedendo che non accennavamo a muoverci, ci incalzò ulteriormente.
«Allora? Cosa state aspettando? Dai non fate complimenti! Sanji! Zoro! Sbrigatevi a mettere la passerella, altrimenti come pensate di farle salire? Non volano sapete!?»
La passerella fu issata immediatamente dal cuoco, che avrebbe fatto qualsiasi cosa ordinata dalla sua navigatrice. Lo spadaccino invece si era limitato a brontolare qualcosa sulle buone maniere.
«Selene, cosa facciamo?» mi domandò Elena titubante. Non ne avevo idea, ma rifiutare mi pareva scortese, e poi che diamine, volevo salirci a bordo della Going Marry! Inoltre l’idea di una doccia, per lavar via l’acqua lacustre e sistemarmi, non mi dispiaceva affatto.
«Beh, una doccia la farei volentieri, tu no?» le domandai di rimando, e raccogliendo i miei sandali mi avviai verso l’imbarcazione. Elena si riscosse dallo stupore, afferrò lo zaino e mi seguì. A quanto pare avremmo potuto sognare ancora un po’.


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Eccomi puntuale puntuale xD strano ma vero xD allora, la mia puntata preferita è la 461, dove mostrano l'incontro tra Ace e Barbabianca, l'ho adorata! ^_^ poi amo moltissimo anche quella dell'incontro alla locanda ad Alabasta =) 
stavolta non mi dilugo molto, vi lascio solo questo video, che io ho trovato esilarante xD   eccolo QUI  !!! sono troppo carini! xD 
ed ora la domanda, ormai è diventata un rito! xD occhio che potrebbe essere spoiler, se qualcuno si è fermato alle puntate in italiano... 
Secondo voi, Sabo è vivo?
Baci baci, alla prossima!!!

Immagini e personaggi non sono di mia proprietà e non sono a scopo di lucro


   
 
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