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Autore: gattapelosa    03/05/2012    4 recensioni
Draco Malfoy è molto malato. Ha un problema al cuore e necessita di alcune trasfusioni, ma si è venuto a sapere che il suo è un gruppo sanguigno molto raro denominato HD Negativo.
Ecco che capita un colpo di fortuna: Hermione Granger è ricoverata in quello stesso ospedale, e, incredibile a dirsi, porta in corpo sangue HD Negativo.
Quindi Draco dovrà affrontare un dilemma amletico: morire o convivere per sempre con in corpo il sangue di una mezzosangue?
In più dovrà affrontare un nuovo problema: lei accetterebbe, ma in cambio ha bisogno di qualcosa, qualcosa che solo Draco può darle...
Allora, questa è la mia nuova fiction... ambientata non a Hogwarts, non al Manor, non da Voldemort, non nel settecento, non in un campo di battaglia, ma al San Mungo.
Che ne dite, è un po' originale come ambientazione? Mi ci sono scervellata!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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                                                                         COME LEI MI RICATTO'



Quando mia madre ha pronunciato il suo nome, credetti in uno scherzo. 

Insomma, con tutte le persone al mondo, come poteva capitare che proprio lei possedesse un gruppo sanguigno simile al mio?

C’erano alcuni punti che proprio stonavano.

In primo luogo, non potevo essere seguito da una così dannatamente fetida nuvola nera. Non solo malato incurabile, ma con per unica possibilità di salvezza....lei! Mi sentivo un po’ come l’incarnazione di tutte le sfortune umane: per migliaia di anni nessuno avrebbe più avuto modo di affrontare la sfiga, si era sprecata tutta per rendere impossibile la mia esistenza. 

In più c’era anche il problema “purezza”. Sì, perché nella mia ceca convinzione che possedessi un sangue più puro del resto dell’umanità, venire a sapere che condividevo lo stesso gruppo sanguigno di una mezzosangue...ma su questo punto non mi soffermarmi. Non ci pensai, semplicemente, perché avevo uno - anzi, due- problemi più urgenti. 

Il primo era mio padre. Lucius Malfoy non avrebbe mai concesso che il sangue sporco di una mezzosangue infettasse il mio corpo. Avrebbe preferito vedermi morto. Quindi in realtà, seppure una soluzione esistesse, io non avevo modo di usufruirne!

Il secondo problema era la mia personale consapevolezza. Io avrei mai accettato di vivere per sempre con in corpo sangue impuro? Avrei davvero potuto sopportare l’umiliazione? Ci sarei riuscito?

Mi faceva schifo anche solo pensarci. Avere il suo sangue nelle mie vene! Merlino, imploro salvezza!

Mia madre mi aveva guardato con due occhi che, non la conoscessi, sembrava stessero per piangere. Narcissa Malfoy non ha mai pianto e, sinceramente, sapevo che se mai fosse accaduto non sarebbe stato per me. 

Io volevo bene a mia madre, davvero, e non sopportavo di vederla ridotta in stato tanto pietoso...a causa mia. Io stavo sfasciando la mia famiglia. Stavo facendo del male alla casata dei Malfoy. Rendevo triste mia madre.

Comunque sarebbe andata a finire, per me sarebbe stata una sconfitta. Se avessi accettato il sangue di Hermione Granger, avrei screditato l’onore dei Malfoy e soprattutto avrei infettato i miei eredi, così da rendere nullo l’abissale lavoro di svariate generazioni per mantenere il sangue puro. 

Se invece avessi rifiutato sarei morto. Morto. Sepolto in una tomba. Con una madre a piangere sul sepolcro. 

Volevo vivere. Era un desiderio bruciante in petto. Era quanto di più potessi agognare, il mio diritto a esistere! 

Così mi distesi ancora una volta sul mio lettino ospedaliero e guardai il soffitto. Per tante, tante ore. 

 

Fui svegliato da qualcuno. Qualcuno di biondo. Di biondo e bello. Di biondo, bello, e fastidioso.

Alison. 

Mi scuoteva selvaggiamente, con la grazia di un bue zoppo, mi dava fastidio. Avrei voluto farla smettere.

Cercai di esprimere il tutto grugnendo e rigirandomi tra le lenzuola, ma quella non demordeva. Era sempre lì a scuotermi e a chiamarmi. Tante volte. Troppe.

Alla fine aprii di poco gli occhi e la pregai di smetterla. Le dissi che mi stava rompendo i coglioni. 

— Devi svegliarti— mi rispose invece lei.— il Dottor Smith arriverà a momenti. Ti deve parlare di una cosa molto urgente. 

Il Dottor Smith non avevo mai avuto modo di vederlo. Faceva il Dio del San Mungo: più in alto rispetto a noi comuni mortali eppure onnipresente. Era il mio medico e non mi aveva ancora visitato.

Per tanto rimasi seriamente colpito dalla prospettiva che a breve Sua Maestà Dottor Smith avrebbe incontrato il suo più importante paziente. Me.

— Che cosa mi vorrebbe dire, il Dottore?— prima che però Alison avesse modo di rispondere, la porta si aprì, lasciando spazio a quello che, in tutta franchezza, potei definire “l’uomo più bello del reparto”, dopo me stesso. 

Non mi sprecherò in descrizioni accurate stile “ragazza alla prima cotta”, ma prendetemi in parola. Più che altro ci feci caso nel momento in cui Alison gli sospirò dietro.

Il Dottor Smith mi si avvicinò, prese la prima sedia che li finì a tiro, e vi ci sedette sopra.

— Buon giorno.— salutò— tu devi essere Draco Malfoy, vero? Io sono Justin Smith, per te Dottor Smith. Finalmente ci incontriamo, eh?— io non risposi. Avevo quello sguardo da “son più importante di te”, tanto per specificare chi detenesse il ruolo di maggior successo. 

— Bene, come ti senti oggi?— chiese ancora. Io scrollai le spalle. Lo guardavo esasperato.

— Sei uno di poche parole. Alison non me l’ha detto. Di fama si dice che tu sia un ragazzo molto più aperto, sia pure in senso non tanto positivo.

— E, di grazia, cosa avrei di negativo, io?— chiesi, seccato. Quello mi stava dando ai nervi.

— Ah, quindi sai anche parlare! Ma tu guarda! Bene, ora che posso confidare nella tua attenzione, sappi che ho da darti una grandiosa notizia.— e lo disse con un sorriso.— Una nostra paziente, quella che potrebbe ritardi la vita, verrà a stare nella tua stanza, da una parte per permettere di rendere più agevoli le possibili trasfusioni, dall’altra perché il lettino a cui era obbligata è stato ceduto a una bambina affetta di....ehi, ma mi stai ascoltando?— avevo gli occhi fissi sul soffitto. Nel senso, due occhi completamente spalancati immobili tra le crepature del soffitto.

— Ehi, nel caso tu non l’abbia capito, Hermione Granger verrà a stare nella tua stanza! 

E allora il soffitto avrebbe anche potuto cascare.

 

 

Ci tengo a specificare che io, da quel momento, mi sono incazzato di brutto. Gliele ho gridate in faccia di tutti i colori, a quel bastardo. 

Perché significava davvero mettere il dito nel fuoco, costringermi a sopportare Hermione Granger anche nella lampadina. Come se non fosse abbastanza condividere l’ospedale!

E poi le possibilità di attuare delle trasfusioni erano minime: Narcissa mi aveva riferito l’opinione contrastante di mio padre. Presto avrei avuto modo di parlarci io stesso, e per allora dovevo avere le idee chiare: volevo o non volevo accettare il suo sangue? Decisione molto difficile da prendere se accanto al mio lettino ci fosse sempre stata lei. Avremmo litigato tutto il tempo. Sarebbe stato un inferno.

Quando arrivò, circa due ore dopo, ero ancora incazzato. 

Due medimaghi si portavano dietro un lettino bianco, lei li seguiva a pochi passi. Indossava un pigiama imbarazzantissimo: tutto rosa con le paperelle. Ero pronto per sfotterla da lì all’eternità.

La Granger mi rivolse uno sguardo sdegnato, sollevando di poco il mento e andando a sedersi sul nuovo ingombrante lettino. 

Si trattenne a parlare con gli infermieri. Erano due, una femmina e un maschio, e sembravano essersela presa proprio in simpatia. Le rivolgevano sorrisi affettuosi e le portavano dietro i bagagli. Due sacche. 

La cosa che mi colpì - e che mi dava nuovi elementi per sfotterla- era proprio il fatto che una delle due sacche contenesse libri. Solo e unicamente libri. Il solito topo da biblioteca.

Non ebbi molto modo di parlare con lei per i primi quaranta minuti. Ginger e Klaus, i due infermieri, le stavano addosso come sanguisughe. Poi arrivò Alison che stette addosso a me. 

Mi compativa, lei. “Quanto mi dispiace che tu debba passare questi giorni con una mezzosangue”. “Che coraggioso che sei ad accettare tutto”. “Ti meriteresti un premio per tanta pazienza”.

L’unico premio che potrei aver desiderato da lei — neanche tanto, comunque— era impraticabile fintanto che Ginger o Klaus fossero rimasti tra i piedi. O la Granger. 

Cazzo!

Si stava rivelando una palla al piede su tutti i fronti. 

Fintanto che loro parlarono di autori babbani, io e Alison chiacchierammo amorevolmente di sciocchezze. Lei chiacchierò amorevolmente. Io stetti zitto. 

Furono i quaranta minuti più lunghi della mia vita. Quando finalmente credetti che lo strazio fosse finito — ovvero quando Ginger e Klaus congedarono la mezzosangue— tornò Sua Maestà Re Smith. Con quella sua aria da elegante spaccone. 

Mi fece un sorriso, poi si avvicinò alla Granger e la salutò per nome. Disse proprio “Buongiorno Hermione, come sta andando?” E lei “tutto bene Dottor Smith, Ginger e Klaus sono stati magnifici.” E lui “Ti prego, chiamami Justin”. Che rabbia. 

Quando qualcuno mi sta sulle palle c’è poco da fare. 

E quei due mi stavano sulle palle, ecco.

Mi schiarii la voce con un lieve ed elegante colpo di tosse. Molto incazzato.— Ci sono anche io qui, sapete? E che sei venuto a fare nella mia stanza?— chiesi.

— Sono venuto ad assicurarmi che Hermione stesse bene, ovviamente. Oh, e ad avvertirvi che entro un paio di settimane sarebbe il caso di iniziare le trasfusioni...sempre che voi due siate d’accordo, s’intende. 

Vidi la Granger distendersi sul suo lettino. 

Non prestava attenzione. 

— Tu sei d’accordo?— chiesi alla ragazza. Lei scrollò le spalle. Poi non disse niente. 

Il Dottor Smith —o, come la mezzosangue preferiva, Justin— si voltò e, con un lieve saluto, affermò che quelli erano affari privati e che ce la saremmo dovuta vedere da soli. 

Niente di più giusto.

Intanto però lei dormiva. O fingeva di dormire. 

Si rifiutava di rispondere ai miei richiami, era stressante.

— Oh, sentimi bene tu. Se non vuoi darmi il tuo sangue io sono d’accordissimo con te, al massimo mi risparmi la difficoltà di scegliere. Quindi, se tutto è deciso, possiamo anche...

— Io non ho deciso un bel niente. 

— Halleluja! La mezzosangue ha parlato. 

Lei sbuffò. Per un po’ ripiombò un caparbio silenzio, ma la Granger si tirò su a sedere contro la testiera. 

— Io non ho niente in contrario a fare queste trasfusioni. Cosa vuoi che cambi a me? Te piuttosto, sei disposto a macchiare il tuo nobilissimo e purissimo sangue?— era una nota di sarcasmo, quella? No, perché per me la situazione era seria. 

Certo che non ero disposto! Ma avrei accettato di morire per questo? Avevo troppa paura. 

— Quel che scelgo io è affar mio. Alla fine quel che conta è che tu abbia dato il consenso. 

— Io non ho dato alcun consenso.

— Ma sei hai appena detto che...

— Lo so che cosa ho detto. Ho detto che per me non importava darti il mio sangue, ed è la verità...solo che non posso farlo, se tu non mi dai qualcosa in cambio. 

Questo mi lasciò sconvolto. Perché m’aspettavo di tutto, ma non un ricatto. 

Mi aspettavo le strilla. 

Mi aspettavo isteria.

Mi aspettavo un freddo cenno di diniego. 

Mi aspettavo un caloroso sì.

Non un ricatto, troppo, troppo da...

— Serpeverde! Saresti dovuta essere un sepreverde! Da quando voi buoni e onesti Grifondoro ricattate qualcuno?— le gridai contro. Lei si tappò le orecchie, come se avesse l’emicrania. 

— Non gridare così.— rispose— fa male. E comunque ho bisogno di una cosa da te, ed è molto importante. Per questo ho accettato...

— E sentiamo, di cosa avresti bisogno?
— Non ti sei chiesto cosa ci faccio io qui? Mi sono sentita male. Ho un grave problema che sembra stia intaccando alcuni dei miei organi interni...attualmente i miei reni sono andati distrutti. Presto toccherà anche a tutti gli altri.— a ben pensarci non avevo affatto riflettuto sul reale motivo per cui lei fosse qui. 

Non ne avevo avuto il tempo, né l’interesse. Non mi sconvolgeva la consapevolezza che lei stesse male, anzi, mi faceva piacere. Non nel modo in cui m’aspettavo, però. Non provavo gusto nel saperla in fin di vita, ma era un sollievo constatare che non ero il solo a soffrire. 

— E sentiamo, cosa vorresti tu da me?

— Esattamente questo. Un rene. 

 

Bacheca dell'autrice

Sono tornata! In ritardo. Scusate. 
E' possibile ci siamo degli errori...spero di no!
Mi dispiace che sia un po' corto, ma mi sembrava una fine appropriata. Il resto al prossimo capitolo. Ora ci terrei a chiedere scusa anche per le mie scarse competenze in medicina: non so un cavolo. Non so come funzionino queste cose, quindi in realtà io ci provo...cioé, Draco può donare un rene, no? Devono essere compatibili, anche se magari il gruppo sanguigno non c'entra... uff. Mi dispiace. 

 
  
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