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Autore: Gringoire97    06/05/2012    1 recensioni
E se Quasimodo non fosse così buono? E se Frollo mentisse per espiare le sue colpe? Una versione alternativa del famoso romanzo di Hugo che tenta di unire il serio al divertente con uno strano matrimonio...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7° capitolo

Incontri speciali

 

 

Frollo e Gringoire si stavano dirigendo nuovamente a casa. Gringoire camminava lentamente e rifletteva sul significato della vita e di ciò chee Dio ti dona con essa. Frollo, con passo più spedito, era quasi giunto alla rocca. Era a lui che spettava il compito di avvertire le donne. Irruppe nella cucina affollata e si sedette sullo sgabello rimasto libero. Il piccolo Yeshol continuava a percorrere dei cerchi intorno al tavolo, sempre più preoccupato perchè il papà non arrivava.

-Abbiamo ritrovato Quasimodo- esordì Frollo senza alcun giro di parole. Gli occhi delle donne guardarono intorno e percorsero tutta la stanza con sospetto, poi senza vedere alcuna mostruosa figura volesero uno sguardo interrogativo al vecchio prete. - Non ha retto il peso della sua prigionia, stamane è scappato e, giunto in una landa deserenta, ha messo fine alla sua dolorosa esistenza.-

Le donne sgranarono gli occhi e Yeshol, sempre più preoccupato cominciò a piangere seguendo l'esempio della sua zietta.

-Pa-pà? Pa-pà?- Cominciò a dire, avvicinandosi a Frollo.

-Sta arrivando, Yeshol, tranquillo- E proprio allora, sulle parole di Frollo, Gringoire irruppe nella casa e Yeshol, gioioso, gli si fece incontro. Il poeta però aveva qualcosa di strano e dopo aver accarezzato con calore il suo piccolo centauro si volse con aria preoccupata al suo maestro.

-Messer Frollo, qui fuori si aggira una strana figura, sembra che abbia qualche legame con questa dimora abbandonata- Le donne, tremavano nuovamente e si stringevan l'un l'altra cercando quel calore che solo l'abbraccio di una madre o di una figlia può concedere all'altra. Frollo guardò fuori dalla finestra e vide anche lui quella figura. Uscì in fretta e si diresse verso il profondo del bosco. Gringoire accompagnò Yeshol nella sua camera e poi giocò quel tanto con lui da renderlo tranquillo. Frollo mancava da qualche ora e le donne cominciavano a tranquillizzarsi.

 

Frollo, intanto, era giunto in quella radura che aveva osservato la morte di Quasimodo. Era giunto lì infatti seguendo l'uomo che si aggirava precedentemente attorno alla rocca. Lo aveva visto scomparire all'interno di una casupola e lì Frollo si accingeva ad entrare.

-Chi siete?- Chiese una voce rauca, che sembrava totalmente disabituata a parlare, alle sue spalle

-Sono Claude Frollo, piuttosto voi chi siete? Un gitano? Un pagano, forse?- Rispose lui.

-Perchè mai lo vorreste sapere? Non vi concerne!- L'uomo cominciava ad agitarsi.

-Questo è il mio territorio, la mia casa! Non avete diritto di risiedervi- Rispose.

-Io sono nato qui!- Rispose con irritazione l'uomo mentre si accucciava in un atteggiamento animalesco.

-Chi è mai?- Una flebile voce raggiunse le orecchie di Frollo e subito interruppe la disputa con l'uomo-animale che gli era di fronte. Quella voce aveva qualcosa di familiare. Si diresse verso la stanza dalla quale quella voce era giunta come un eco lontano e proprio mentre si accingeva a violare la porta per entrare l'uomo balzò davanti a lui, a pochi centimetri dal suo viso. Fu allora che Frollo si accorse di uno strano segno, anzi una strana cicatrice che spiccava, candida e pulita, sulla fronte dell'uomo. Frollo fece alcuni passi indietro poi con gentilezza si rivolse all'uomo:

-Vi prego, signore, fatemi passare. Non ho alcuna intenzione di farvi del male. Voi potrete proteggere la creatura che è dentro quella oscura camera, ma vi prego, fatemela vedere, osservare.- Con il tono supplichevole di chi potrebbe dare la vita per ottenere ciò che vuole, Frollo avanzò questa sua domanda.

-Perchè?- Ruggì l'uomo di rimando.

-Vi prego, lo saprete quando saremo dentro. Voi dovrete rimanere con me.- Supplicò senza arrendersi Frollo. Intanto pregava Dio di aiutarlo ancora.

Lentamente l'uomo cedette sotto il peso di qualcosa che intuiva fosse più potente della sua forza. Lasciò il passaggio alla porta libera e aspettò che Frollo entrasse violentemente da essa, invece il vecchio arcidiacono entrò con cautela in punta di piedi. Una figura scarna e pallida era stesa al centro di un piccolo letto ma che per le dimensione della donna che vi era situata sembrava enorme. Quando Claude entrò la donna si mise a sedere, poi sgranò gli occhi e fece per alzarsi, quantomeno per vedere pià da vicino chi era entrato in quanto l'età non le aveva lasciato l'ottima vista di quando era giovane. Si sporse ancora un po' in avanti poi accennò qualche parola e subito l'uomo le fu accanto per sostenerla, sembrava infatti che le parole che stava per pronunciare fossere più pesanti di un macigno.

-Cl-cl-aude, Signorino Claude, siete veramente voi?- Disse a stento la donna. Frollo si inginocchio e prese fra le sue la scarna mano della donna portandosela al volto. Qualche lacrima scendeva sul viso di Frollo.

-Come fate voi a sapere il nome di quest'uomo madre?- Chiese incuriosito ma anche preoccupato l'uomo animale.

-E' ora che tu conosca molte cose Jean- Disse di nuovo la flebile voce, poi si appoggiò al muro retrostante e mentre i due uomini seduti accanto a lei la sostenevano e si preparavano ad ascoltare il suo racconto, la donna cominciò a parlare: - E' stato molto tempo fa, Jean, e ovviamente tu non eri nato. Io ero giovane e sprovveduta, anche avvenente- Qui si interruppe per qualche secondo. I grandi occhi azzurri della donna cominciavano ad offuscarsi-e lavoravo proprio in quella grande dimora ai margini del bosco, ero stata assunta come cameriera e vivevo bene per quei tempi. C'era una grande crisi, io ero minorenne e mia madre doveva mantenere un'intera famiglia ed i miei piccoli fratelli. La più grande ero io e quando un giorno un uomo che sembrava molto ricco venne in paese a cercare una domestica mia madre mi candidò. Già da allora avrei dovuto capire che quell'uomo non aveva buone intenzioni, nonostante questo partii, lo feci per la mia famiglia. Quando arrivai qui giù l'uomo si premurò di garantirmi una vita piacevole e senza troppi affanni dedicandomi alla cura di Claude Frollo che allora aveva solo due anni. Per molto tempo la mia vita trascorse tranquilla anche se, ogni tanto, scomparivano alcune mie colleghe, alcune delle quali brave ma anche molto belle. Cominciai ad aver timore del padrone di casa, lo stesso che quel giorno, anni prima mi aveva assunto alle sue dipendenze. Egli si faceva più torvo e quando ero vicino a lui provavo inquietudine ma il pensiero del piccolo Claude Frollo mi legava indissolubilmente a quella casa. Un giorno, però, la madre di Frollo uscì a passeggio con le sue ancelle e mentre io ero occupata a distrarre il piccolo irruppe nella stanza in cui mi trovavo il padrone. Mi prese con se e quando fummo lontani mi chiuse in una stanza mi costrinse a soddisfare la sua voglia di possedermi. Fu qualche tempo dopo che mi accorsi che ormai non ero più sola, c'era qualcuno con me, dentro di me. Ed eri tu, Jean. Anche Claude se n'era accorto e con lo spirito istintivo dei bambini mi era sempre accanto, non si separava mai da me come per paura che qualcuno mi facesse del male. Qualche mese dopo ero ingrassata troppo e tutti cominciavano ad accorgersi di questo, così il padrone mi prese e mi rinchiuse senza alcuna esitazione in una piccola stanza, legata con delle catene. Il piccolo Claude non sapeva nulla, sentivo i suoi pianti e i suoi passi agitati mentre, ormai più grande, aveva quasi cinque anni, mi cercava ovunque, Claude compì cinque anni il giorno che venni alla luce, io ero stanca e probabilmente anche malata. Non sentii più nulla e quando mi risvegliai ero qui, proprio dove ci troviamo noi ora. Poco tempo dopo, da quello che seppi, Claude scoprì la stanza dove il padre teneva rinchiuse quelle che erano state le sue amanti e giunse sin qui. Cominciò ad irrompere in tutte le baracche sperando che non mi avessero affogata nel lago, che avessi rappresentato qualcosa per suo padre. Poi giunse qui e mi vide mentre allattavo te. Si sentì deluso da me, pensava che lui potesse essere il solo bambino che avrebbe mai fatto parte della mia vita. Da allora non lo rividi mai più. Qualche tempo dopo, tu, Jean, avevi ormai sei anni, scappasti da me e dalle mie cure ed io, preoccupata che potessi giungere sino alla dimora del padrone ti ricorsi ma non ti trovai, ero già disperata. Giunse la notte e tornai alla mia baracca, avevo perlustrato tutto. Per molto tempo rimasi sveglia, poi sentii un rumore. Un pianto. Aprii la porta e ti vidi lì davanti, seduto e disperato. Ti strinsi forte a me e mi accorsi che avevi un segno sulla fronte che sanguinava, ti curai meglio che potei ma quel segno è ancora lì.- Proprio mentre la donna riprendeva fiato, Frollo intervenne.

-Voi, Jean, non vi ricorderete il mio volto, la mia espressione, anche se da allora non è cambiata poi così tanto. Il giorno che vi perdeste, Jean, io ero fuggito a mia volta, avevo scoperto cosa faceva mio padre e mia madre si era ammalata. Poi vi trovai e capii, dalla somiglianza che avevate con mio padre che voi dovevate essere uno dei miei tanti fratelli senza nome. Così ebbi compassione di voi, forse perchè sentivo di esservi vicino non solo da parte di mio padre. Sapevo ciò che avrebbe fatto quando foste cresciuto un po' di più, vi avrebbe cacciato dalla baracca. Io, però, non volevo perdere ogni traccia dei miei fratelli, in questo modo vi tagliai sulla fronte con un ramo e cercai di incidere più a fondo possibile. Mentre gemevate in preda al panico vi riportai verso la radura, eravate sfinito e vi addormetaste. Io ero abbastanza forte da portarvi sulle spalle e arrivati al luogo incantato vi deposi davanti alla baracca di quella che sapevo una donna forte, che anche se non foste stato suo figlio vi avrebbe preso con se. Quel taglio ve lo procurai con amore, sperando un giorno di poter vedere almeno uno dei miei tanti fratelli- Verso la fine del suo racconto Frollo aveva cominciato a singhiozzare. Jean guardava prima la madre e poi quello che aveva scoperto essere suo fratello, incredulo. Aveva scoperto chi era suo padre, la storia di sua madre e di avere un fratello.

-Perchè siamo ancora qui, madre? Perchè non ci cacciarono via?- Chiese scosso Jean.

Rispose Frollo al posto della sconvolta madre:- Intervenni io per non farvi cacciare, decisi che avrei fatto di tutto per salvarvi, per salvare vostra madre. Urlai, minacciai di suicidarmi ma a nulla servì tutto ciò che feci. La forza di Dio intervenne facendo morire di uno strano male mio padre nel cuore della notte. Tutte le famiglie erano state cacciate precedentemente ma vostra madre, per mio padre aveva rappresentato qualcosa di speciale, e quindi la tenne per ultima, poi la forza divina prese il sopravvento.-

-Avete sentito quindi, Jean, la vostra storia?- Chiese la madre stendendosi nuovamente, più tranquilla.-Ora mi sono liberata di un peso che mi ha accompagnato per tutta la vita. Ho sempre voluto rivedere Claude, il mio piccolo Claude. Mi sono arrivate tue notizie da qualche vagabondo proveniente da Parigi, so tutto di te, non ti ho mai scordato. Ho sempre sognato che voi due-disse ammiccando a Jean e Frollo-foste amici. Ora ho tutto e posso abbandonare la vita serenamente.- Con un ultimo sorriso si spense e la sua anima prese il volo, finalmente libera da ogni preoccupazione. I suoi due più grandi amori erano insieme e forse, un giorno sarebbero potuti divenire amici. I due si piegarono sulla donna e piansero in silenzio inconsapevolmente tenendosi per mano, perchè in fondo anche per Frollo quella era stata una vera madre e quindi Jean era davvero un fratello. Claude sognava di intraprendere un cammino di fratellanza e pace con lui, e ci avrebbe messo tutta l'anima pur di riuscire nel suo intento. Rimasero così per un tempo non quantificabile mentre nella grande casa l'ansia per l'assenza di Frollo aleggiava sempre più presente e palpabile. 

  
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