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Autore: puntoeacapo    07/05/2012    4 recensioni
Un giorno qualunque, di una settimana qualunque, di un mese qualunque la nostra Streghetta preferita compie - supportata dalle sue due migliori amiche- un vero e proprio pasticcio con la magia.
Un Genio della Lampada dai lunghi capelli rossi fin troppo esplicita, e un padroncino fin troppo vampiro e dagli impenetrabili occhi neri.
Cosa succederà?
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Meredith Sulez | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Genio della Lampada  
– Inedito.-

Parte Seconda; POV Damon Salvatore.


“Perché mi hai fatto pensare male di te all’inizio, e ho avuto paura! Perché mi hai fatto male dannazione!”

Il cielo scuro della mezzanotte non riusciva, in tutta la sua maestosità, a farmi smettere di pensare; per la prima volta, volare con il vento gelido sulla faccia non stava attenuando la mia rabbia e nervosismo. Neanche in minima parte la confusione si stava schiarendo.

Quella streghetta non ne voleva sapere di andarsene dai miei pensieri; il suo volto arrabbiato, la voce risentita e quegli occhioni di cioccolato lucidi mentre mi rinfacciava tutto quello che era successo quel pomeriggio.

“Sentivo quel maledetto ghiaccio velenoso ferirmi ad ogni carezza e prendersi qualcosa di me, pezzo per pezzo, fino a svuotarmi. Completamente, e non lo sopportavo perché tu non ti fermavi e ti stavi facendo ingannare! Perché tu lo volevi!”

Ma cosa pretendeva da me quell’Uccellino? Non avevo proprio nulla da farmi perdonare, non quella volta che mi ero  semplicemente lasciato andare ad un semplice desiderio.
E non era neanche la prima volta: io volevo, io prendevo. Nulla di nuovo o fuori dall’ordinario.

Fermai bruscamente il mio volo planando sul cortile della pensione. Da quando, io, Damon Salvatore, desideravo la strega in quei termini?
Fin dal primo istante in qui l’avevo conosciuta mi ero sempre divertito a farla imbarazzare, a sentire il suo cuore martellarle nel petto ad ogni mio sguardo; ma mai, mai, avevo pensato a lei come ragazza.
Era una bambina, fragile e incompetente che la maggior parte delle volte doveva essere salvata dai pericoli più disparati. Era sempre stato così. Mi ero forse perso qualche passaggio?
Il mio obbiettivo era sempre lo stesso; far diventare Elena Gilbert la mia Principessa delle Tenebre, rendere la vita di mio fratello un inferno per almeno altri cinquecento anni e dominare l’oscurità con la donna che amavo.

“Non è vero! Se lo avessi fatto per il tuo Angelo non mi avresti neanche baciato!”

Senza avere il minimo controllo di quello che stava succedendo ripensai a quel preciso istante in cui mi ero ritrovato con le sue labbra rosse a pochi centimetri dalle mie.
Avevo appena sentito il rumore della porta sbattere, segno che Elena e la sua amichetta inquietante se ne erano andate; ero stato completamente inebriato dal suo odore che mi ricordava tanto le fragole e la primavera, e poi era successo: lei aveva premuto le sue labbra soffici sulle mie.
Mi aveva preso in contropiede. Nonostante sapessi che a guidare i movimenti di quel corpo minuto non era la mente della streghetta, ero rimasto sorpreso dall’intraprendenza che mi aveva colto di sorpresa.
Sentire sul petto le sue mani bianche e piccole, il suo corpo sul mio e la sua lingua giocare maliziosa con le mie labbra mi aveva fatto smettere di pensare. Avevo voluto soltanto un altro po’ di quel calore per me e stringere quel corpo al mio era stato qualcosa di davvero troppo naturale.
Mi resi conto in quell’istante, mentre mi versavo un po’ di Bourbon nel bicchiere e mi sedevo sul divano del soggiorno della Pensione, che per l’intera durata di quei minuti eterni il pensiero di Elena Gilbert mi aveva lasciato finalmente libero.
Il fulcro della questione era la ragione per la quale me ne sentissi talmente sollevato.

“Damon.”

Mi voltai neutro verso la figura di mio fratello e non gli risposi bevendo un altro sorso d’alcol. Quando si sedette alla poltrona accanto a me alzai gli occhi al cielo, cosciente che mi avrebbe parlato di cose che non avevo voglia di ascoltare.

“Quasi un’ora fa Bonnie ha chiamato Elena dicendole che era tutto a posto.” Esordì “Proprio mentre io avevo capito cos’era successo. Insolito, non credi? Un incanto decisamente particolare..”

“Vuoi sapere cosa c’era scritto sulla boccetta.” Dissi io, piatto, senza alcuna espressione. Non avevo proprio voglia di far conversazione.

“Ammetto di essere rimasto curioso. In fondo quest’incantesimo svela il desiderio più profondo di una persona e mi sarebbe piaciuto sapere come rendere felice Bonnie.” Lo sentii sospirare e, quasi di riflesso a quelle parole, contrassi la mascella. Ero arrabbiato per il tono che Stefan aveva usato e non ne avevo ancora compreso la ragione.
Lui continuò la sua arringa, con il chiaro intento di farmi dire qualcosa in più. “Ma credo sia un qualcosa di troppo personale. Sbaglio?”

Tramontai gli occhi al soffitto “Santo Stefano, si può sapere quando smetterai di preoccuparti e comincerai a divertirti un po’?”

“Bonnie è una cara amica. Sapere di aver l’occasione di renderla contenta non ti sembra un buon motivo per essere felice?”

“Piantala, Stefan.” Sbottai infastidito. Era tanto difficile capire che di orsetti gommosi e arcobaleni colorati, a me non importava proprio nulla? E comunque la streghetta desidera qualcosa che, io di sicuro, non potrei darle neanche volendo.

Avevo letto la scritta bianca in rilievo su quella boccetta e ne avevo compreso il significato; non parola per parola, ovvio, ma il succo della questione non era stato difficile da tradurre.
E conoscendo il folletto in questione la mia versione ipotetica non era affatto fuori luogo: parlava di forza, determinazione e coraggio, il desiderio di aver un obbiettivo da portar a termine da sola con le proprie forze.
Banale e prevedibile, proprio come lei, ma stranamente perfetto al suo cuore.

“Staremo a vedere se quest’avventura porterà i suoi frutti.” Fece Stefan prima di alzarsi e tornare in camera sua dove, a detta de respiro calmo che sentivo, riposava beata il mio Angelo. “Credo che i risvolti saranno una sorpresa.”

Non seppi dire quanto tempo rimasi a fissare il fuoco ma so solo che riuscii ad alzarmi da quel divano solo al sorgere del sole.
Quando uscii ero senza meta ma quando arrivai il mio viaggio sembrava appena iniziato. La chiacchierata avuta con Stefan aveva avuto il potere di intorpidirmi, ovviamente, e mi aveva fatto sfornare tante di quelle incognite – alcune davvero irritanti- che me ne bastavano per tutta la mia futura esistenza.
Non ne potevo più. Basta pensare o cercare di ragionare su qualcosa che non è il mio stile. E quel giorno mi ero ritrovato a fare un’unica cosa soltanto: osservare la streghetta dal ramo dell’albero davanti casa sua, senza rimuginare ad altro.

Quando ritornò il buio della notte, finalmente, tornai a sentirmi a mio agio. Potevo liberamente fare ciò che più desideravo senza essere controllato o guardato.
Probabilmente quella giornata usata a seguire la rossa in giro per Fell’s Church mi aveva fatto qualche strano effetto, perché, con la luna alta nel cielo, mi ritrovai accanto al suo letto, immobile, mentre lei dormiva inquieta. Però avevo deciso di non riflettere più su quello che facevo, quindi non sprecai molto tempo in domande inutili.

Probabilmente si sarebbe svegliata presto. Neanche lei riusciva a dormire.
Con uno scatto nel sonno si era girata verso di me; aveva il fiato corto, i capelli scompigliati e il battito del cuore accelerato: probabilmente stava facendo un brutto sogno.
Con una mano gelida scostali lievemente l’arruffata chioma rossa per poterle scoprire il volto accaldato.
Fu come essere sott’acqua: nessun’altro rumore se non il battito del suo cuore che piano, piano si stava calmando e il respiro regolarizzando. Ancora con la mano sulla sua guancia, a sfiorare la sua pelle, sospirai per quel calore.

Bonnie..”

La mia voce ruppe l’incantesimo che mi ero creato da solo e, come fossi ustionato da quel contato, ritrassi la mano sparendo immediatamente da quella camera. Sconvolto dalla facilità con cui il suo nome era uscito dalle mie labbra in maniera talmente dolce e devota.
Sentii chiaramente la piccola streghetta svegliarsi di scatto e non ero ancora troppo lontano da casa sua per evitare di sentirla soffiare il mio nome in quel modo che riusciva sempre a spiazzarmi.

Quella notte non tornai alla pensione: ero troppo infuriato.
Come si era permessa di parlarmi in quel modo e di far scattare quella reazione a catena di eventi incontrollabili?
Chi le aveva dato il diritto di fare quella sfuriata la scorsa notte, senza correre il benché minimo rischio di una minaccia da parte mia, lo spietato e temuto vampiro della Notte?
Non era diversa da nessun altro, no che non lo era; niente mi impediva di trattarla come una qualsiasi ragazza, neanche quei suoi enormi – davvero troppo grandi- occhioni da cerbiatto o il suo sorriso sincero o stupido.

Non aveva il diritto di crepare la pietra che avevo eretto a muro protettivo attorno al mio cuore fermo e gelido.

Sapevo che se lei ci avesse nuovamente provato io sarei scattato e l’avrei probabilmente attaccata senza nessun rimpianto. (Bugia)
Durante quei pochi anni passati a Fell’s Church l’avevo salvata fin troppe volte senza motivo: bene, adesso basta. D’ora in poi quella piccola streghetta da me non riceverà nient’altro che odio puro, esattamente come Mutt o qualsiasi altro essere umano che non fosse il mio Angelo.

Avevo preso la mia decisione ma lo avevo fatto senza sapere che l’effetto dell’incanto del Genio della Lampada si sarebbe riversato su di me e su tutte le mie convinzioni.

***

Ero tornato alla pensione che il sole era sorto già da un pezzo, mi ero subito diretto in soggiorno per versarmi qualcosa d’alcolico da bere.
Ero ancora infuriato con la strega e dovevo cercare di calmarmi se volevo almeno provare a non sprecare un altro giorno in quell’assurda cittadina senza divertimenti.

Imprecai qualcosa sedendomi sul divano, sentendo una voce dolce e fin troppo conosciuta che esclamava qualcosa come ‘Non vedo l’ora!’.
Il mio Angelo aveva invitato qui l’unica persona che proprio non mi andava di vedere. Era contenta, la strega, mentre raggiungeva il salone. Questo mi irritò ancora di più.
La goccia che fece traboccare il vaso fu sentire il suo cuore pompare sangue improvvisamente più veloce e la sua voce più acuta del normale quasi strillare “Cosa ci fai tu qui!?”
Strinsi la presa sul bicchiere dal quale stavo bevendo così tanto che probabilmente si sarebbe rotto se non l’avessi poggiato con stizza sul tavolino “Ci vivo.” Risposi ironico e duramente mentre mi dirigevo velocemente in camera mia.

Il suo odore di Primavera e fragole mi aveva stordito. Maledetta. Come osava provocare un tale calore anche senza contatto? Ero certo che questa mia debolezza fosse unicamente colpa sua. Dovevo andare via da lei, il più presto possibile.

“Avresti potuto continuare la tua bevuta giù. Lo sapevi no?”

Probabilmente qualcuno mi stava facendo pagare per tutto il Male che avevo provocato dal giorno in cui ero nato “Nessuno ti ha invitato qui dentro. Sparisci, rossa.”

“Eh, no. Si può sapere che hai, Damon?”

Da dove arrivava la sua determinazione? Era cambiato qualcosa nel suo tono di voce, qualcosa che non ero riuscito ad afferrare e che non volevo conoscere dato che il mio unico desiderio, al momento, era quello di stare da solo con la mia irritazione.
Mi voltai e cominciai a camminare verso il centro della stanza, per mettere le distanze.

La sentii mentre prendeva fiato, sicuramente per continuare a martellare con la sua voce dolce nelle mie orecchie. La bloccai con parole dure, arrabbiato.“Niente. Non abbiamo nulla da dirci. Se permetti, quella è la porta.”

Sentii i suoi passi e mi resi conto che, invece di allontanarsi, si stava avvicinando.
Avrei voluto dirle di non giocare troppo con il fuoco, lanciarle qualche minaccia ma il suo borbottio sarcastico “Ma per favore!” precedette ogni mia azione.
Sentii una sua mano, calda e fragile, afferrarmi il polso con una forza che credevo non avesse e farmi girare verso di lei.

E poi ancora, lei mi ustionò.
Sentii ancora una volta le sue labbra soffici premute contro le mie e mi pietrificai totalmente nonostante fosse poco da Damon Salvatore.
Non era come quello di due giorni prima, quello che stava accadendo era completamente inaspettato, totalmente diverso da qualunque altra cosa. In quello scontro di labbra sigillate c’era una notevole differenza: a prendere l’iniziativa era stata Bonnie, l’imbranata e perennemente imbarazzata streghetta di sempre, il solito Uccellino goffo da prendere in giro per il puro piacere di sentirlo balbettare.. E non era vittima di un incantesimo, non più almeno.
Era solo lei. Bonnie. La calda, piccola, tenera Bonnie che mi resi conto di desiderare più di quanto avessi mai creduto di poter agoniare qualcosa.
La volevo.
Mi sentivo bruciare. Lei era fuoco e acqua, poteva spegnere l’incendio che sentivo ma ne era anche la causa fondamentale.
Stavo impazzendo, letteralmente.

La rabbia che avevo provato nei suoi confronti scomparve e si sciolse come neve al sole, lasciando spazio alla voglia di aver ancora quel contatto, di averne di più perché era giusto così.

Approfondii quel contatto con un mezzo ringhio sentendo il suo sapore dolce combinarsi al mio e impazzendo un pochino di più la strinsi ancor più forte.
Sentire la sua fragilità, la sua morbidezza, a contatto con il mio corpo di marmo e freddo era qualcosa di unico come un’aurora.

La baciai con forza e irruenza, sentendola poggiare le piccole mani sul mio petto e tornare quella che mi aspettavo di sentire contro di me.
La sua determinazione e il suo coraggio, la sua pazzia, ci aveva portato entrambi in quella situazione. Era una parte di Bonnie che ancora non conoscevo ma che mi si era rivelata contro come fosse un’epifania di sensazioni.
Mi stuzzicava quel lato della mia streghetta ma mi resi conto di preferire quello con cui adesso stava ricambiando il bacio che lei stessa aveva iniziato: quello impacciato e insicuro, quello caldo di un amore troppo lampante da poter esser ignorato, quello da proteggere per sempre.

La mia cognizione del tempo era svanita dall’inizio di quello scontro di bocche, perso in lei e nei miei pensieri improvvisamente chiari e determinati.
Mi resi conto che stava terminando l’ossigeno, la mia umana di fuoco, così rallentai il ritmo e mi staccai di poco, poggiando la mia fronte sulla sua. Non volevo perdere tutto quel calore quindi la strinsi ancora di più a me, avvicinandola anziché allontanarla come mi ero predisposto.
Era affannata, il suore scalpitava furiosamente e mi fece sorridere. Respirava dalla bocca, che teneva dischiusa, e mi resi conto che la sentivo in tutto e per tutto.

“Elena..” Soffiò la streghetta, senza convinzione, ancora sconvolta “..I capelli..”

Strinse le mani che teneva sul mio petto a pugno e la schermata che proteggeva i suoi pensieri era crollata senza preavviso; potei leggere tutta la sua insicurezza, tutto lo sbalordimento e anche la paura.
Non aveva bisogno di provare tutte quelle sensazioni sgradevoli.
Non volevo che lo facesse.

“Elena può aspettare..” Mormorai, avvicinando il mio volto ancora una volta al suo.

Non ne avevo avuto abbastanza. Non ne avrei mai avuto abbastanza, di lei. Ora lo sapevo ed essere consapevole di dover probabilmente ringraziare uno stupido alter-ego incontrollato, mi faceva quasi venir da ridere.

Ora che ti ho preso Uccellino, non ti lascio più.
















Una parte sicuramente non programmata ma ben voluta.
Devo ringraziare coloro che hanno recensito lo scorso capitolo,perchè mi hanno fatto
capire che avevo omesso particolari importanti e determinanti.
Spero, con questo inedito, di aver fatto chiarezza sulle emozioni del bel vampiro,
e di non aver deluso nessuno.
Scrivere un POV -Damon non è tanto facile se l'obbiettivo e non cadere nell' OOC.

Siccome è il mio 'debutto' in questo fandom, sono
contenta di aver ricevuto critiche costruttive e spero di riceverne ancora per poter migliorare.

Incrocio le dita per una lettura piacevole.

Alla prossima.

-Eyes.

PS: Forse, tempo e realife permettendo, riuscirò anche ad aggiungere
un piccolo extra neanche troppo lungo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se volete, eh!

   
 
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