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Autore: Shainareth    02/12/2006    4 recensioni
Sono passati tre anni da quando Roronoa Silk è entrata a pieno titolo nella ciurma del futuro Re dei Pirati, e due da quando l'abbiamo lasciata diretta verso Alabasta insieme ai suoi compagni.
Cos'è accaduto a Monkey D. Rufy e ai suoi uomini su Raftel Island? Perché Silk non sorride più come un tempo?
Una tragedia si è abbattuta non soltanto sul loro equipaggio, e amici e nemici, compagni e rivali, si troveranno a dover collaborare per raggiungere l'obiettivo di una vita votata all'intramontabile sogno di ritrovare il leggendario tesoro.
Il seguito di "Piece Main".
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piece Main'
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RITORNO A RAFTEL ISLAND

 

 

Capitolo XI – Prime noie

 

Riaprì gli occhi e li richiuse un attimo dopo, troppo assonnata per prendere seriamente in considerazione l’idea che fosse già giorno. Si raggomitolò su se stessa, e allungò una mano verso il lato destro del letto: vuoto. La miseria… allora era davvero già sorto il sole…

 

La sera prima, quando Shanks, salito a bordo da poco, aveva realizzato che quel disgraziato di un moccioso dal naso schiacciato avrebbe condiviso il letto con la sua piccola, dolce, adorabile nipotina, ne era sorta una discussione ad alta frequenza di decibel, con un botta e risposta tra i due capitani che aveva contato frasi del tipo “Sei ti pesco nel suo letto, giuro che ti ammazzo!” e “Allora non entrare nella nostra cabina, ed eviterai di farti il sangue marcio”. Insomma, sebbene la cosa avesse divertito non poco il più giovane dei due, l’altro non aveva minimamente mandato giù la sua arroganza: l’avrebbe pagata cara, prima o poi. E così si era deciso a montare di guardia per tutta la notte davanti alla cabina di Silk, chiusa a chiave dall’esterno, oltretutto.

   Peccato solo che Shanks non fosse a conoscenza del segreto di Sota…

   Il ragazzo, alzando le spalle davanti a quella situazione alquanto buffa - o snervante, come l’aveva invece definita Silk, prigioniera in camera propria - aveva fatto buon viso a cattivo gioco, fingendo di andare dormire in camerata insieme agli altri uomini dell’equipaggio; ma verso le dodici e mezzo, nel pieno della notte, dunque, proprio poco dopo che la spadaccina aveva esaurito tutto il fiato che aveva in corpo, evidentemente stanca di tener svegli anche tutti gli altri membri della ciurma – aveva infatti urlato e protestato di esser padrona della propria vita e di non riuscire a credere che suo nonno si comportasse anche peggio di suo padre – Sota si era presentato nella sua cabina, aggirando senza alcun problema l’ostacolo umano dai capelli rossi e da un braccio solo. Silk era corsa nella sua direzione e già lui aveva allargato le braccia per accoglierla e stringerla a sé, quando invece lo raggiunse un portentoso gancio destro che lo fece volare contro la paratia. Svegliatosi di soprassalto e non udendo più il minimo rumore, Shanks aveva comunque deciso di dar voce alla nipote per assicurarsi che fosse tutto in ordine. Aveva subito girato la chiave nella toppa e l’aveva trovata a letto, apparentemente addormentata. Attorno, il silenzio più completo. Per scrupolo, l’uomo aveva deciso di dare uno sguardo sotto al letto e nell’armadio, classici nascondigli per amanti. Niente. Tirato dunque un sospiro di sollievo, si era avvicinato alla ragazza e le aveva posato un bacio sul capo. Infine, aveva fatto retro front ed era tornato a far la guardia fuori dalla porta; ovviamente richiusa a chiave.

   Una volta sparito Shanks, era stato Sota a riapparire sulla poltroncina di velluto damascato adiacente l’armadio, le gambe allungate in avanti, un braccio che penzolava dallo schienale a fascia che gli circondava il dorso, una mano al volto arrossato per il pugno ricevuto pochi istanti prima. Aveva sospirato. «Dovrà ripetersi la stessa scena tutte le notti?»

   «Sì, se mi ami» era stata la secca risposta che Silk, indispettita, gli aveva dato, girandosi sul fianco e dandogli le spalle.

   «Anche il pugno?»

   «Mi dovevo sfogare su qualcuno» era stata la semplice spiegazione.

   «Devo avere qualcosa che non va, decisamente…» aveva scosso il capo Sota, con un sorriso. Si era quindi alzato, e l’aveva raggiunta sul talamo.

 

Si alzò a sedere e si guardò attorno: i suoi abiti erano stati raccolti dal pavimento e ripiegati con cura ai piedi del letto. Sì, Sota era davvero un uomo da sposare, sorrise contenta. Si stiracchiò come una gatta, sbadigliò e, convintasi finalmente che fosse ora di iniziare la giornata, si rimise lentamente in piedi; la pressione bassa, unita alla pigrizia ereditata da Zoro, le impedirono di scendere dal letto con uno scatto vitale.

   Quando infine provò a far leva sulla maniglia della porta, questa si aprì subito, segno che lei era finalmente stata liberata. Gliene avrebbe dette almeno quattro, al caro nonnino. Oh, se lo avrebbe fatto… Ma le sue promesse ammonitrici si trasformarono ben presto in veri e propri intenti omicidi non appena mise piede nel corridoio: un’insopportabile puzza l’assalì. Bene, quel giorno qualcuno aveva deciso di porre fine alla propria esistenza. Naso tappato e capelli svolazzanti sulle spalle, marciò avanti tutta verso la cucina, e quando comparve sulla soglia della stanza, cinque paia d’occhi si levarono su di lei.

   «Sik!» salutò Ryuma, allegro.

   «Buongiorno!» le augurò qualcuno.

   «‘Buongiorno’ un accidenti!» ruggì la rossa, lasciando intuire di non esser propriamente di buon umore, quella mattina. «Perché c’è quest’immondo odore anche di sotto?!»

   «Se parli dell’AROMA di caffè,» cominciò Keep, prendendola volutamente in giro. «mi spiace, ma tuo nonno se l’è portato dietro ieri notte per evitare di addormentarsi mentre montava di guardia…»

   «…e l’ha bevuto proprio davanti alla MIA stanza, infestando l’aria del corridoio, capisco…» finì con un sibilo la ragazza per lui. «Dov’è, ora?»

   «Di sotto, in camerata, che dorme come un sasso» rispose Yasop, leggendo il giornale e prestandole poca attenzione, benché ridacchiasse sotto ai baffi. «E’ crollato verso l’alba, piombando addosso a Lou e costringendolo a dargli il cambio»

   «Ho ancora il culo che chiede vendetta, te l’assicuro…» confermò il pirata dal ventre rotondo, abbuffandosi a più non posso.

   «Ehm… Lou…» cominciò Kate, portando in tavola dell’altro bacon con fare preoccupato. «Se continui così, finiremo le scorte nel giro di un niente, ed io non sono così veloce a cucinare da reggere il tuo ritmo…»

   «Sik!» continuava a chiamare Ryuma, decidendo infine di scendere dalle ginocchia di Keep e di gattonare sotto al tavolo pur di raggiungere la sorella. «Guadda!» esclamò quindi, storcendo il collo verso l’alto e tendendole la manina che stringeva l’ennesimo animaletto di carta. «Me l’ha fatto Kate!»

   Silk sorrise, accovacciandosi davanti a lui, e prese ad esaminare l’origami. «Uao!» esclamò con enfasi. «Un cavallino!» notò compiaciuta. Ma poi provò ad allungare il collo della bestia, convinta si muovesse, e a questa gli si mozzò il capo. «Ops…» farfugliò imbarazzata, sperando di non aver fatto danno, mentre Ryuma, il sorriso morto sulla boccuccia, osservava la carta strappata con occhietti spalancati, cercando di capire cosa diavolo fosse accaduto al suo bel cavallino.

   Keep e Lou scoppiarono a ridere, e persino Kate non riuscì a trattenersi. «Te ne farò uno nuovo, Ryu-kun!» si era quindi precipitata a rassicurarlo.

   Evidentemente, però, al bambino la cosa non doveva importare troppo, visto che un attimo dopo cominciò a ridere anche lui, e di cuore per di più, quando Silk improvvisò la storia del cavallino da corsa che si andava a schiantare contro un ostacolo: andava così veloce, l’animale, che quando aveva cozzato contro le barriere, avendo ormai preso lo slancio, la sua testa si era staccata dal resto del corpo ed aveva fatto un luuungo volo, finendo tra la folla degli spettatori e terrorizzando una signora che, trovandosela in grembo, aveva urlato “Aiuto! Aiuto! Mi vuole mangiare!”. Storia folle e senza senso, ovviamente, ma a Ryuma era piaciuta da morire, specialmente per via delle buffe facce con cui sua sorella si era presa la briga di colorire il racconto a dir poco raccapricciante.

   «Questo bambino è un mito» commentò Sota allegro, entrando in cucina alle spalle della ragazza, ancora intenta a mimare la scena dello ‘Aiuto, mi vuole mangiare!’ con le mani fra i capelli, e fermandosi dietro di lei. «Ha solo due anni, ma ha già lo stomaco di ferro come suo padre…» mormorò poi, alzando un sopracciglio e aggiungendo: «Silk, sarai una pessima madre, lo sai?»

   Colta alla sprovvista da quella constatazione, la spadaccina, accovacciata sui talloni, ricadde all’indietro con un tonfo, battendo il coccige in terra. Gli scoccò quindi un’occhiata torva e, il viso arrossato per l’imbarazzo, bofonchiò qualcosa di indecifrabile, che divertì comunque i presenti.

   E mentre Sota l’aiutava a rimettersi in piedi, passandole le braccia sotto le ascelle, e lei gli urlava contro di non presentarsi a far colazione in mutande, Ryuma puntò qualcosa davanti a sé, un’ombra che aveva oscurato la luce che penetrava dalla porta. «Fighetto!» esclamò a gran voce, puntando la manina nella quale reggeva il corpo del cavallo di carta verso l’uomo che, entrando e sentendo quella parola, si fermò ad osservarlo negli occhietti scuri, il viso accigliato.

   Nessuno fiatò.

   «Ciao!» salutò quindi il bambino, sentendosi in dovere di dare il buongiorno a quel signore biondo che ultimamente gli compariva sempre sotto al naso. Sicuramente doveva essere amico di Silk. «Lo vuoi?» domandò avvicinandosi a lui e porgendogli il pezzo dell’origami con cui stava giocando insieme alla sorella maggiore. «E’ un cavallino motto!» spiegò col sorriso sulle labbra.

    Scena macabra, quella di vedere un bimbo di due anni che porge un pupazzo decapitato ad un pirata; ma Kidd ne fu parecchio divertito: che pazzi, che erano in quella famiglia…, pensò sospirando in direzione di Silk che era passata a prendere a cucchiaiate Keep perché non voleva saperne di mollare la sua colazione. Il giovane ex capitano dei Black Demons accettò quindi di buon grado il regalo del piccolo Ryuma, e con una placida carezza sul capo lo scostò da sé per potersi così unire ai commensali.

   Yasop, da sopra al giornale, gli lanciò un’occhiata. «Di’ un po’, fighetto…» sillabò per fargli dispetto. «Che cosa ti frulla per la testa?»

   Kidd ruotò le iridi azzurre in direzione di Silk con fare scocciato. «Come ti è saltato in mente di insegnare a tuo fratello quel nome?»

   La ragazza, ridacchiando, continuò a dargli le spalle, occupata com’era a dare il cambio a Kate per permettere a quest’ultima di mangiare in santa pace. «Mah, a dire il vero non gliel’ho insegnato io… Credo che l’abbia imparato da solo…»

   «E lui l’ha insegnato agli altri, certo…» borbottò il pirata trafiggendole la schiena con lo sguardo. «Ad ogni modo,» riprese quindi, dopo un secondo sospiro. «per tornare alla tua domanda, vecchia spugna,» e nel dirlo alzò gli occhi al viso di Yasop che, era risaputo, era il miglior compagno di bevute di Shanks, sebbene reggesse l’alcol molto meglio di lui. «l’unica cosa che mi preme, al momento, è tornare a Raftel Island. Come tutti voi»

   «E i tuoi uomini?»

   «Pazienza» liquidò così la questione, con un’alzata di spalle ed un gesto veloce della mano, come a voler dire che il suo seguito non aveva la minima importanza per lui. Cosa che confermò lui stesso un attimo dopo, quando aggiunse: «Quegli animali erano il solo mezzo che avevo per navigare per conto mio senza correre troppi rischi»

   Kate corrucciò lo sguardo, disgustata, ma preferì lasciar perdere e continuare a concentrarsi sulla propria colazione. Keep, invece, storse il naso e aprì bocca solo per richiuderla un attimo dopo, quando si accorse che Sota, seduto di fronte al biondino, era sul punto di intervenire. E lo fece con una risata di sdegno: «Ora capisco perché Shanks ti ha cacciato dal suo equipaggio» commentò soltanto, a mezza voce, senza guardare il suo interlocutore. E quelle parole attirarono l’attenzione di Keep e Kate, visto che, a quanto pareva, nessuno dei due sapeva nulla di quella storia.

   Kidd lo fissò con fare pungente, le belle labbra distorte in un sorriso poco divertito. «Per tua informazione, moccioso, sono io che…» e si interruppe quando Silk gli servì il caffè, così di malavoglia e così di malagrazia che ne rovesciò una parte sul tavolo e su una delle mani dell’uomo. Questi imprecò per la scottatura, e le scoccò un’occhiataccia che lei ricambiò con un borbottio molto simile ad un ‘se non ti va a genio come ti servo, prenditelo da solo, la prossima volta’. Asciugandosi quindi la mano sul tovagliolo, Kidd sbuffò: «Sono io che ho lasciato la sua ciurma»

   «Sì, come no…» lo schernì Sota, sorseggiando il tè caldo. «Ci crederò solo quando sarà lui stesso a confermarlo»

   «Il che, ovviamente, non accadrà mai» assicurò Lou, abbuffandosi ancora, e spazzolando via tutto il pane che Kate aveva portato a tavola in precedenza.

   «Solo perché è troppo orgoglioso per ammettere che sono stato IO a mandarlo al diavolo!» rimbeccò il biondo, contrariato, agitando il tovagliolo per aria.

   «A proposito, fighetto…» prese quindi parola Silk, forse la più interessata all’argomento, vista la grande curiosità che la divorava da quasi più di due anni: era stato solo a Raftel Island che aveva scoperto che un tempo Kidd era stato membro della ciurma di Shanks; tuttavia, non conosceva i particolari di quella storia. «Perché tu e il nonno avete litigato?» domandò sedendosi tra Yasop e Sota, e dando uno scappellotto a quest’ultimo, colpevole d’essere ancora in mutande.

   «Divergenze d’opinioni, niente di più» tagliò corto Kidd, tornando a prestare attenzione a Ryuma che intanto si era arrampicato sulla panca accanto a lui e lo fissava con insistenza da sopra al tavolo al quale sì e no arrivava ad affacciarsi; doveva averlo preso in simpatia, probabilmente. Il giovane alzò un sopracciglio, e senza dir nulla gli restituì il corpo del cavallo, spruzzato di qualche minuscolo schizzo del caffè che Silk aveva rovesciato poco prima. Il bambino sorrise e tornò a giocare spensierato.

   La rossa scoccò un’occhiata torva al pirata, si portò il tè caldo alle labbra e mormorò: «‘Divergenze d’opinioni’… per cos’altro si può litigare, secondo lui?»

   Yasop ridacchiò nuovamente fra sé, ma preferì non intervenire nella discussione, e Lou fece altrettanto, battendosi una mano sulla pancia rotonda e sbraitando che si sarebbe subito messo al lavoro, levando l’ancora e, dopo, andando a vendicarsi per il modo poco delicato con cui Shanks lo aveva svegliato quella mattina.

 

Non aveva fatto in tempo ad infilarsi i pantaloni, Sota, che un rombo ed un violento scossone lo sbalzarono quasi in terra. In tanti anni di navigazione a bordo del suo maestoso galeone, il Sea-Eagle, il giovane aveva imparato a riconoscere quel tipo di sobbalzo: un attacco. Sì, qualcuno li stava attaccando. Ottimo, pensò con un’imprecazione, mentre si precipitava fuori dalla camerata, lungo il corridoio. Siamo appena salpati, e già ci attaccano, constatò quando salendo a tre a tre le scale che portavano in coperta, sentì Lou bestemmiare e Silk schiamazzare contro Keep che per poco non aveva buttato giù una vela per essersi lasciato sfuggire di mano uno straglio.

   «Chi è quell’imbecille che è stanco di vivere?» domandò quindi pigramente il giovane Wasi, ormai sul ponte, guardandosi attorno per scorgere l’imbarcazione nemica. La vide prima ancora che Kidd potesse rispondergli: era una grossa corvetta dallo scafo variopinto, le vele nere, e il lungo bompresso terminava con una grande protuberanza a forma di… di… che diavolaccio era quella cosa?!, si domandò il ragazzo, arricciando il naso e corrucciando lo sguardo. A prima vista gli ricordò vagamente il jolly roger disegnato da Keep. Preferì non indagare oltre, al momento, viste le urla con cui Silk, affettuosa come sempre, gli ricordò di tornare con i piedi per terra accompagnando il suo dolce richiamo con una sassaiola di scarpe, comprese quelle di Keep che, poveraccio, rimasto a gambe all’aria e a piedi nudi, inveiva contro la presunta cugina. Uno stivaletto prese Sota fra gli occhi, ed un’altra raffica di imprecazioni si aggiunse a quelle dei suoi compagni.

   «Stanno di nuovo caricando i cannoni!» urlò Kate, precipitandosi a portare Ryuma di sotto, per metterlo in salvo. «Vado a svegliare Shanks!» aggiunse poi, prima di sparire.

   «Lou, aiutami con i cannoni!» urlò Yasop, già pronto a prender la mira con il primo. «La miseria, la nave è ottima, ma siamo troppo pochi per gestirla come dovremmo!» ringhiò con rabbia. E il primo colpo partì, come a voler lasciar scaricare i suoi nervi, e per poco non andò a segno.

   «La tua mira fa cilecca?» lo canzonò il suo vecchio amico, precipitandosi a caricare un’altra palla di ferro nella bocca sputa fuoco.

   «No, è che questi cannoni sono troppo potenti; dobbiamo abbassarli, o rischiamo di non beccarli mai…» rifletté l’altro, tra i denti. «Aspetta, meglio questi» disse un attimo dopo, facendo segno col piede ad una cassa piena di palle più piccole, legate fra loro a due a due per mezzo di catene. «Miriamo alle vele: se gliele strappiamo, possiamo distaccarli senza problemi e lasciarli qui»

   E mentre anche Sota e Keep si apprestavano ad imitarli, e Kidd si dedicava al comando del timone tra uno strillo e l’altro di Silk che gli diceva di virare maggiormente, Shanks li raggiunse, barcollando per il sonno non ancora smaltito. «Chi diavolo è? La Marina?»

   «No, forse cacciatori di taglie» spiegò Kate, che lo aveva seguito, alle sue spalle. «Non c’è alcun vessillo su quella nave»

   «Le vele?»

   «Nere» rispose. «Non recano alcun simbolo, sono semplici vele nere»

   «E’ colpa tua, ti dico!» si sentiva frattanto vociare dalla zona del timone.

   «Spiegami per quale motivo dovrebbero stare cercando me e non te!»

   «Perché sei l’unico che non si è minimamente curato di passare inosservato in città!»

   «Guarda che quella che fingeva in maniera pessima di essere una qualsiasi cameriera, eri tu!»

   Innervosito, Sota sperò di mettere a tacere i due litiganti con una semplice osservazione: «Potrebbero anche semplicemente aver seguito Shanks!»

   «Allora è colpa sua!» accusò immediatamente Silk, sempre a caccia di qualcuno su cui scaricare i nervi, l’indice ad additare e condannare il povero imputato che, ancora intontito dal sonno, si portò la mano alla fronte, massaggiandosela per scacciare un odioso mal di testa che sua nipote, sempre premurosa, gli stava vertiginosamente facendo aumentare. «Nonno, che t’è saltato in testa di farti seguire in modo così stupidamente stupido?!» domandò, per poi tornare alla carica senza attendere una risposta. «Oooh! Ho capito le tue intenzioni, fighetto!» sbraitò tornando a rivolgersi verso Kidd, il dito puntato contro di lui, adesso. «Vuoi metterci gli uni contro gli altri!»

   «Se non chiudi quella ciabatta, giuro che…!» aveva cominciato quello, ormai esausto dalle sue urla isteriche.

Tuttavia la sua frase fu troncata a metà, perché una voce si levò intorno: «Ridammi la nave, maledetta puttana!»

   Dopo un iniziale, interminabile attimo di silenzio, durante il quale alcuni di loro corrucciarono lo sguardo, il solo Kidd distese le labbra in un largo sorriso canzonatorio, puntando gli occhi blu sul viso pallido di Silk. Poggiò le braccia al timone, incrociò una gamba sull’altra che reggeva tutto il peso del corpo, e passandosi una mano fra la barba chiara riprese parola. «Ora, tesoro mio…» cominciò con fare calmo e suadente. «Vorresti cortesemente ripetere quanto hai detto poc’anzi?»

   La ragazza, stizzita, si morse il labbro inferiore e non rispose.

   «Maledetta, mi senti?!» si sentiva ancora urlare dall’altra nave, mentre qualcuno a bordo, si era apprestato a metter mano alle pistole e a sparare dei colpi per aria: non aveva senso prendere di mira la nave, dal momento che volevano impossessarsene, no?

   «Credo ce l’abbia con te, sai?»

   «Perché, che ha fatto?» domandò Yasop, non capendo.

   «Sempre a crear casini…» sbuffò Keep, poco distante, stando però attento a non farsi udire dalla spadaccina.

   D’un tratto un boato scosse entrambe le imbarcazioni, e nessuno riuscì a capire cosa diavolo fosse successo se non quando Shanks piantò con violenza la suola di un sandalo sulla cimasa del parapetto a babordo, quello che dava verso la nave avversaria, uno dei cannoni ancora fumanti. «Non me ne frega niente di quello che è successo» ringhiò quindi l’uomo, lo sguardo infuriato coperto a tratti dai capelli rossi, le ciocche striate d’argento per via dell’età. «Quel bastardo morirà» sentenziò. «ORA»

   «Ehm…» provò ad intromettersi Kate, con fare timido. «Ma… ma se ce l’ha con Silk, un motivo dovrà pur esserci…»

   «Ecco!» sbraitò la giovane Roronoa, le mani ai fianchi, ritrovando finalmente la parola e battendo nervosamente un piede in terra. «Ma dico io, chi vi assicura che si stesse rivolgendo proprio a me?!»

   «Ha detto… ehm…»

   «Sì, Keep, grazie per aver pensato subito a me non appena hai sentito quella parola! Anzi, grazie a tutti!»

   «Beh, o sei tu o è Kate…» alzò le spalle lui, beccandosi poi un calcio nel didietro da Yasop ed un ceffone dalla ragazzina dai capelli corvini. «Ahio! Ma che volete da me? Sono le sole femmine dell’equipaggio!»

   «Roronoa, mi senti?!» si udì alfine. E tutti gli occhi ricaddero sulla spadaccina, eccetto quelli di Shanks che, furibondo, già agitava la sciabola a mezz’aria, urlando insulti e minacce a più non posso, trattenuto a stento da Lou che lo teneva fermo per il bordo del mantello, un piede piantato a mo’ di paletto per tende canadesi.

   «Smettila! Ti sale la pressione, se no!»

   «Oh, oh, oh…» rise forzatamente, ma seriamente divertito, l’affascinante Kidd, curvandosi verso la bella figlia di Zoro. «Hai nulla da aggiungere?»

   «Sì: sparati nelle mutande, maledetto imbecille» sibilò lei, guardandolo in cagnesco e facendolo scoppiare in una sonora risata, la fronte alla nave nemica e le sole pupille rivolte verso di lui. Decisa a lasciarlo perdere definitivamente, la ragazza si fece vicina al Rosso, e, riempiendosi i polmoni d’aria, tuonò: «Insomma, si può sapere chi diavolaccio sei?!» Conosceva quella voce, l’aveva già sentita da qualche parte, ma non ricordava dove. La sensazione che le comunicava, però, non era delle migliori, anzi.

   E fu a quel punto che l’altro scoppiò: «Sono il VERO proprietario della Mermaid!»

   «Il finocchio!» comprese quindi Silk, stupita, battendo il pugno della mano destra sul palmo di quella sinistra.

   «NON OSARE CHIAMARMI IN QUEL MODO, DANNATA PUTTANA!» si sgolò Kurkus, arrampicatosi su per la cimasa, col rischio di cadere di sotto, troppa la rabbia.

   «Come diavolo avrà fatto ad uscire di prigione?» chiese a se stessa la ragazza, per nulla toccata dagli insulti del pirata nemico, mentre, accanto a lei, Shanks cercava di fare la medesima cosa del figlio maggiore della signora Toupet, bloccato però dal fido Lucky Lou.

   «Ridammi la nave!»

   E, cortesemente, Silk allungò il dito medio nella sua direzione. «Torna dalla mamma e non scassare, nanerottolo!»

   In preda ad un vera e propria crisi isterica, Kurkus, mille vene a pulsargli sul capo liscio e rotondo come una palla da biliardo, ora sfigurato da una grossa cicatrice procuratasi qualche settimana prima proprio per colpa di quella furia dai capelli fulvi, ruggì una bestemmia, sputò in mare e urlò ancora: «RIDAMMI LA NAVE O SARA’ PEGGIO PER TE, BALDRACCA!»

   Quell’ultimo insulto gli costò caro. Molto caro. Il colpo di una pistola esplose a pochi centimetri da lui, e la fredda canna d’acciaio dell’arma, ricaricata un attimo dopo, andò a sfiorargli la tempia nuda senza che nessuno dei suoi uomini potesse far nulla per evitarlo. Kurkus ruotò le pupille verso quel cane che osava minacciarlo di morte, e, per nulla spaventato, mostrò un ghigno disgustoso.

   «Oh, sei tu…» disse, con voce vellutata, senza scomporsi.

   Sota, lo sguardo fisso in quello di lui, non batté ciglio né tanto meno si prese la briga di rispondere. Rimase in silenzio, semplicemente.

   «Come accidenti ha fatto ad arrivare fin lì…?!» stentò a crederci Keep, guardando la scena da lontano. Accanto a lui, Yasop e Kate avevano in volto espressioni altrettanto perplesse: le due imbarcazioni distavano almeno duecentocinquanta piedi, eppure il giovane Wasi ora si trovava su quella avversaria senza l’ausilio di un pontile – per quanto potesse esisterne uno tanto lungo – o di un qualsiasi altro mezzo per raggiungere la nave dallo scafo arlecchino. A nuoto? Impossibile, dato che Sota non poteva nuotare. Persino Shanks si era zittito per lo stupore: chi diavolo era, quel ragazzo?!

   Kurkus continuò a ghignare e domandò: «Qualcosa ti turba, amico?»

   «Chiedile scusa» sillabò il giovane con sguardo greve. «Subito»

   E dal momento che l’altro non trovò niente di meglio da fare che scoppiare a ridere e sputare nuovamente in mare, Sota fece leva sul cane della pistola, sempre più minaccioso.

   «Non vorrà sparargli sul serio…?» stentò a crederci Silk, sporgendosi dal parapetto per guardare meglio; non lo credeva capace di arrivare a tanto, non per uno stupido insulto, per lo meno.

   «Oh, andiamo!» rise ancora il pirata dalla bassa statura, scuotendo il capo. «Cosa credi di poter fare con quello stupido giocattolo?» domandò. «Ti sei pur reso conto, l’altra volta, che con me certe cose non funzionano…»

   «Chiedile scusa» tornò a ripetere l’altro.

   «Fottiti» rispose Kurkus col sorriso sgangherato sul viso abbronzato.

   Anche Sota, allora, distese le labbra, senza gioia. «Peccato… avrei potuto risparmiarti la vita, se tu non fossi così cocciuto…»

   «Te lo chiedo di nuovo, visto che sei duro d’orecchi: cosa credi di poter fare, con una semplice pistola?»

   «Ma questa non è una ‘semplice pistola’, come ti ostini a chiamarla tu» gli spiegò con apparente diletto il ragazzo. E quando vide un barlume di perplessità balenare negli occhi dell’avversario, spiegò: «I proiettili con cui l’ho caricata… sono di agalmatolite marina»

   Silenzio. Poi…

   «Fico!» sbottò Keep, sulla Mermaid, seriamente colpito. «Dove l’ha pres…?!» ed una mano arrivò a tapparle la bocca.

   «Zitto, idiota!» soffiò Silk, intimandogli di non finire la domanda. «E’ ovvio che sta bluffando!» gli fece notare, il sorriso sulle labbra, gli occhi incollati alla figura bruna del giovane ex capitano del Sea-Eagle. Ingegnoso, sì, davvero ingegnoso.

   Un’espressione incerta sul volto, un solo angolo della bocca in su, Kurkus parve pensieroso quando tornò a parlare. «Proiettili di agalmatolite marina?» ripeté a mezza voce. «Tsk! Balle…»

   Sota alzò le spalle, tornando a caricare il cane e facendo una minima pressione sul grilletto. «Vuoi provare?»

   La miseria!, imprecò l’altro mentalmente: quel maledetto moccioso pareva tremendamente sicuro di sé. C’era qualcosa sotto, se lo sentiva, ma…

   «Uomini! Prendetelo!» vociò infine alla sua cricca, cercando di prendere alla sprovvista il nemico che, ahilui, scosse il capo e tornò a ridere con fare divertito. Fu a quel punto che a Kurkus sfiorò un’idea non proprio rosea; si voltò all’istante verso il suo equipaggio ed i suoi timori trovarono istantanea conferma: erano già stati messi al tappeto. Tutti, nessuno escluso. Compresi i suoi due inseparabili fratelli.

   «Come diavolo ha fatto?! Quando?!» domandarono all’unisono Keep e Shanks, sempre più increduli, mentre Silk sfoggiava uno dei suoi sorrisi migliori e Kidd, il solo ad esser rimasto impassibile fino a quel momento, decise che era giunto il momento di corrucciare anche lui lo sguardo: se quello scalmanato, chissà per merito di quali poteri, era in grado di metter fuori gioco un’intera ciurma pirata, perché non l’aveva detto subito? Si sarebbero potuti risparmiare un bel po’ di problemi, quella volta…

 

 




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Mi rendo conto di essere tremendamente in ritardo, con questo capitolo, ma - ahimè! - nell'ultimo periodo l'ispirazione è andata un po' a farsi benedire... Fortuna che sta tornando grazie anche alla mia tesssorissima Miriam/Mukka! **
Per chi ancora non lo sapesse, vi ricordo che abbiamo un sito tutto nostro: http://xoomer.alice.it/one_piece_alternative_universe/ (redirect: www.onepiece_au.sito.tv)!
Qui troverete tutte le nostre storie, comprese, soprattutto, quelle scritte a quattro mani come La Mummia, Le Pietre del Potere, La Miniera, Into Your Eyes e la nuovissima Il Signore degli Inganni che potete trovare anche qui sull'EFP (in quest'ultima, tra l'altro, sono stati rispolverarti, anche se in chiave del tutto nuova, i personaggi di Silk e Keep... c'è da schiattare, ve l'assicuro! XD).
Spero che possiate gradire sia le vecchie storie scritte a quattro mani con Miriam85, sia quest'ultima, appunto. ^^
Intanto vi saluto, dandovi appuntamento ad un prossimo futuro: non chiedetemi quando, ma - GIURO - spero sia il prima possibile.
Un bacio a tutti quelli che ancora seguono assiduamente le avventure di questi idioti di Silk e compagni, e GRAZIE a coloro che continuano ad incoraggiarmi. ^^
Shainareth


  
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