Fifteen Days.
Chapter 3: Heaven
and Hell.
“…Qui è
Roxanne Ritchi, dalla
sfavillante Parigi.” Concluse con un sorriso. Max indugiò per un secondo prima
di spegnere la telecamera, spostando l’inquadratura dal volto della reporter al
suggestivo scorcio di Notre-Dame che si affacciava sulla Senna, baciata dagli
ultimi raggi del sole.
Aveva smesso di piovere giusto
pochi minuti prima che iniziassero la ripresa. Un ulteriore colpo di fortuna, e
il sole era spuntato dalle nuvole.
“Perfetto!” Il cameraman le
sorrise soddisfatto. “Abbiamo due ore libere e poi possiamo iniziare a fare la
ripresa notturna.” Estrasse una cartina dalla tasca dello zaino e la porse alla
donna, mentre metteva via la telecamera. “Io direi di mangiare un boccone al
Quartiere Latino, e poi cercare di andare davanti alla Conciergerie per le riprese. Che ne dici?”
“Uhnm.
Pensavo di più Place de la Concorde, Forse richiama più la
città. Che ne dici?”
“Dico che la stragrande
maggioranza degli abitanti di Metro City conosca solo la Tour Eiffel come
monumento di Parigi. Però il capo sei tu e forse hai ragione, meglio Place de la Concorde. E poi la Conciergerie è troppo cupa.
Andiamo a mangiare a quel ristorantino che abbiamo visto prima, poi prenderemo
un taxi.”
“Un taxi? A Parigi? Scherzi,
vero?” Roxanne lo fissò sbalordita: “Per nulla al
mondo mi perderei una passeggiata notturna sulla Senna!”
“Sicura di riuscirci con quelle
scarpe?”
“Non preoccuparti, so reggere
benissimo sui tacchi alti, tu non ne hai neppure idea.”
“Va bene, Carrie Bradshaw, come vuoi. Sei tu il capo.”
Megamind inchiodò la HooverBike per poi scendere con un balzo.
“BRAAAAINBBBOTTS!” chiamò cantilenando. “Tanto caffè per papino!”
ordinò saltellando verso la sua postazione di lavoro. Prese un rotolo di carta
millimetrata blu, quella che usava per i progetti, e lo srotolò sul piano di
lavoro prima di sedersi in ginocchio sulla sedia e mettersi a studiarlo.
“Signore, è già al decimo caffè
della giornata… non crede sia il caso di calmarsi?”
Minion aveva parcheggiato l’auto invisibile di fianco al mezzo utilizzato dal
capo.
“Non prima di aver finito almeno
la progettazione.”
“Ma lei è in piedi da più
ventisei ore… e siamo appena tornati da un estenuante
pattugliamento!” protestò il suo assistente. Megamind fece segno di darci un
taglio, sorseggiando il caffè che il Brainbots rosa
gli aveva porto. “E’ tutto inutile e lo sai perfettamente: quando mi fisso su
qualcosa, non c’è nulla che possa fermarmi o distrarmi. Non sento sonno, fame,
sete, freddo, caldo o bisogni fisiologici. E’ questa l’essenza del Genio!”
Minion roteò gli occhi a palla.
Frugò in uno scompartimento della sua tuta metallica e trovò il flacone di
Valium. Perfettamente inutile.
Sbuffò, gettandolo in un angolo della scrivania dove si aprì rovesciandosi. “Come
preferisce, Signore.”
Avvicinandosi di qualche passo,
si fermò a guardare uno dei progetti: Abituato com’era a schemi e disegni
tecnici di armi o congegni, lo trovava di difficile interpretazione. Fissò con
un sopracciglio alzato Megamind alle prese con due lavori contemporaneamente:
Con la mano sinistra stava delineando un progetto, mentre la destra compilava
una lunga lista.
Ne rimase impressionato: era
davvero da tantissimo tempo che non lo vedeva utilizzare quel suo ambidestrismo
estremo. Peccato che Miss Ritchi non fosse presente in
quel momento: restava sempre affascinata dalle abilità di Megamind, di sicuro
questa l’avrebbe sbalordita al punto da inserirlo in uno dei suoi reportage sul
nuovo Difensore di Metro City.
O
forse è già a conoscenza di questa sua abilità. Pensò, pentendosi subito di
averlo fatto. Faticò a cacciare via dal suo cervello elementare tutti i
possibili utilizzi dell’ambidestrismo del suo capo in presenza della fidanzata.
Cercò di concentrarsi nuovamente sul progetto che teneva in mano: “aehm… Signore… io temo di non essere in grado di comprendere l’ampiezza
del suo genio di progettista d’interni….”
Megamind interruppe per un attimo
il suo lavoro per rivolgergli uno sguardo di compatimento: “Certo, perché quella è la lista della spesa.
E la stai leggendo al contrario.”
Se i pesci potessero far
arrossire le proprie squame, quelle di Minion avrebbero assunto il colore del
fuoco.
“Suvvia, Minion, posa la lista...
interromperò il mio flusso creativo per spiegarti. Devi essermi grato.”
“E lo sono, Signore.”
Megamind si puntellò sulle ginocchia
e si rizzò sulla sedia. Prese un respiro profondo e iniziò a spiegare: “Vedi,
Minion, la mia magnanemos… magnieenimi…
il mio essere magno mi ha portato a prendere in considerazione i gusti che Miss
Ritchi, d’ora in avanti chiamata con il nome in
codice di La Sbalordita, nel corso
della nostra storia mi ha lasciato intuire. Le concedo dunque il favore di
arredare la nostra abitazione –di tutti e tre intendo- a suo piacere.”
“… come fa ad arredarla secondo i
gusti di Miss Ritchi senza interpellarla?”
Megamind roteò seccato gli occhi
verdi. “Ahhh! Te l’ho appena detto! Io ricordo tutto… tutto quello che Roxanne
dice io lo ricordo perfettamente. Ogni sua frase, ogni sua espressione l’ho
scolpita nel profondo del mio oscuro cuore non più malvagio.”
Minion sbatté gli occhi: “Che
epiteto ha usato per lei quella volta che le è passato troppo vicino con la HooverBike durante una sua diretta?”
“Esagitato rompipalle. Perché?”
L’assistente scrollò le spalle
robotiche. “Così, una prova. Complimenti Signore, ha davvero una splendida
memoria.”
“Grazie Minion, lo so. Cooooomunque, tornando al nostro discorso…
A Roxanne piacciono i caminetti. Un giorno siamo
stati a mangiare in un locale vicino al porto turistico. Un localino semplice,
piccolo, dove cucinavano dell’ottimo pesc…”
Minion lo fissò sgomento e allarmato.
“Pasticcio di animali bagnati.” si
corresse velocemente. “In questo locale c’era un camino. Spento, c’era caldo… e Roxanne mi ha spiegato
cosa fosse, aggiungendo quanto le piacessero e quanto li trovasse romantici. Perciò… nel Covo Abitabile ci sarà un caminetto in ogni
stanza.”
“… Non crede che sia un po’
troppo?”
“Tu dici? Beh, ok, nella tua
stanza acquario possiamo evitare di mettercelo… Anche
se fossi in te non escluderei di trovare qualche pinnuta
che…”
“… Signore, la prego
concentriamoci sui caminetti, d’accordo?”
Megamind storse la bocca,
guardando il progetto sulla scrivania. “Massì, forse hai
ragione. Cinque caminetti sono troppi. Possiamo metterne uno nel salotto.”
“Giusto, per farci i Marshmallows allo spiedo!”
“ESATTO! Hai ancora li la lista
della spesa? Bene, segnaci i Marshmallows. Sono
finiti.” Cancellò un paio di linee dal
foglio blu, e ne aggiunse delle altre. Prese una misura, decise che era
inutile. Ne prese altre due e fece un elaborato calcolo mentale. “Credo che cinque
chili di Marshmallows potrebbero bastare per superare
l’inverno.”
Minion non obbiettò.
“E un altro camino esigo di averlo
in camera. Il MegaBed sarà posizionato in modo da
avercelo di fronte.” Rimase un attimo a contemplare il vuoto, poi sospirò e si
lasciò andare ad un sorriso sognante e malizioso allo stesso tempo. “I Marshmallows non ci serviranno.”
“Mi permetta di ricordarle l’insonorizzazione della vostra camera da
letto, Signore…”
“Ohy.
Max, aspetta.”
“Roxanne,
perché io, con dieci chili di attrezzatura sulle spalle, cammino molto meglio
di te con una borsetta di Gucci e le scarpe Prada?”
“La borsetta è di Prada e le
scarpe di Gucci.” Brontolò la ragazza, torcendosi una caviglia. “Non portavo i
tacchi da otto mesi.”
“Da quando ti sei messa con
Megamind.”
“Gli scocciava avere la ragazza
più alta di lui nelle occasioni pubbliche… Ohy ohy… mi sono abituata a
camminare con le ballerine, chi si ricorda più come si fa a sopportare tutto il
giorno questi trampoli?”
“Chiamo un taxi?” Sospirò il cameraman.
Roxanne si rialzò fiera sul suo metro e
sessantacinque di altezza, un moto d’orgoglio negli occhi cerulei. “Neppure per
sbaglio! Per nulla al mondo mi perderei una passeggiata notturna sul lungo Senna!”
Ricominciò a camminare impettita, superandolo e facendogli strada sul selciato
insidioso. “Ahia. Ahia. Ahiia.”
Max sospirò.
“…Roxanne
Ritchi, sempre dall’incantevole Parigi, vi augura una
buona serata.”
Il cameraman staccò, annuendo
soddisfatto. “Buona la terza, Roxanne. Togliendoti le
scarpe avevi una faccia decisamente meno sofferente. Nelle prime due sembravi
Maria Antonietta portata al patibolo.”
Roxanne ridacchiò, voltandosi. “Ora non
ci resta che recuperare le scarpe e…” Si voltò dall’altra
parte. “Max, ho messo le scarpe nel tuo zaino?”
“Certo che no Roxanne,
le hai appoggiate alla balaustra.” Sistemando la videocamera, le indicò un
punto della ringhiera. Vuoto.
Roxanne si precipitò imprecando.
E giù, nell’acqua melmosa della
Senna, un ratto nuotava sereno con una Gucci in bocca.
Putaine.
Bon.
Sto procedendo alla cieca, sappiatelo. Praticamente
mi viene in mente cosa scrivere mentre lo faccio.
Parto
con il dire che, cafona quale sono, non ho ringraziato ancora personalmente le
ragazze che hanno commentato. Non è per cattiveria… è
davvero per mancanza di tempo. Giuro, ci provo.
Anyway, ho cambiato i
titoli dei capitoli sino ad ora postati con canzoni…
in stile Megamind.
il
1° è diventato GOODBYE TO ROMANCE – Ozzy Osbourne.
Il 2° è SINCE I DON’T HAVE YOU – Guns’n’Roses.
(che è anche la canzone nel capitol)
…questo è HEAVEN AND HELL,
Black Sabbath. (sempre il caro Ozzy) Pur impegnandomi, pur scartabellando nella mia
discografia iTunes, pur ricorrendo a Wikipedia, non sono riuscita a trovare di meglio, fate
Vobis. Mettetela cosi: Heaven sta per Megamind, che
sta progettando il suo Covo Abitabile, mentre Hell…
no, dai…ditemi che un ratto che nuota nella Senna con
una scarpa Gucci in bocca non è un abominio sputato direttamente dall’inferno!
XD
Grazie,
grazie, grazie ancora!
Long
Life to Megs!
A’
la prochaine,
EC.