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Autore: SiriusTheBest    09/12/2006    2 recensioni
Ehilà!! Salve a tutti! Come prima cosa premetto che è la prima volta che scrivo una FF!! perciò è una cosa un pò nuova x me! Kmq, questi sono i primi capitoli di quello ke è il mio personale settimo libro di H.P. in cui Harry fa giustizia..leggete please e commentate! Grazieee! P.S. non siate troppo cattivi..
Genere: Azione, Avventura, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro, personaggio, Harry, Potter, Regulus, Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Draco detestava quel posto, quel Santuario, come lo chiamavano molti. Il luogo scelto dal Signore Oscuro come suo rifugio ed abitazione si trovava di molto sotto al livello del terreno, e ciò creava a Draco non pochi problemi. Gli sembrava di essere sepolto vivo in quella specie di labirinto lastricato di rocce di arenaria, fatto di lunghi corridoi, enormi e buie sale tappezzate di arazzi. Quello che Draco non riusciva a sopportare era il senso di oppressione che aleggiava su quel luogo millenario; la scarsità di aria respirabile, a lungo andare infondeva una sensazione di spossatezza in chi vi passava troppo tempo rinchiuso. L’unico che non sembrava essere intaccato da tale fenomeno era lo stesso Signore Oscuro; Voldemort, da quando era tornato in pieno possesso di tutti i suoi immensi poteri, aveva abbandonato rare volte il Santuario, per delle brevi quanto misteriose uscite.

In quel momento Lord Voldemort era impegnato ad ascoltare il rapporto di Scrimgeour in persona, riguardo ai fatti degli ultimi giorni, i quali avevano reso il Signore Oscuro particolarmente inquieto.

A partire dal suo arresto, fino ai due assassinii avvenuti al ministero la notte scorsa.

Draco e gli altri Mangiamorte, almeno quelli non impegnati in missioni assegnate loro dal Signore Oscuro, erano in attesa che l’interrogatorio terminasse, per poter essere messi al corrente delle decisioni del loro Signore.

Insieme al giovane Malfoy nella sala in cui si svolgevano i banchetti, c’erano Bellatrix Lestrange, con i suoi crespi capelli neri che sorseggiava un calice di vino rosso seduta al lungo tavolo posto al centro della stanza, i fratelli Crane, Amycus e Alecto, quest’ultima con il cappuccio della sua veste nera calato sul volto, poi Mike Tiger ed Art Goyle, Peter Avery, Julius McNair, Franklin Dolohov e, non ultimo Fenrir GrayBack. Il suo puzzo era inconfondibile, puzzo da animale, perché fondamentalmente, GrayBack era un animale. Un lupo sadico e sanguinario ecco quello che era. Un lupo che si trasformava in uomo.

Se ne stava appoggiato al freddo muro di pietra, in silenzio; di tanto in tanto digrignava i denti, producendo un rumore simile a un ringhio, e fissava i suoi occhi neri come il baratro che nascondevano, su tutti i presenti.

Draco li odiava, li odiava tutti. Soprattutto suo padre, quel padre che l’aveva trascinato in un orrore senza fine, e che si era fatto rinchiudere ad Azkaban, lasciando soli lui e sua madre. Odiava Lord Voldemort, che non aveva creduto nelle sue capacità e che lo costringeva a stare rinchiuso in quella tomba, per allenarsi mentre gli altri Mangiamorte erano liberi di uccidere per il Signore Oscuro. Se avesse potuto li avrebbe uccisi tutti. Ma a Draco mancavano le caratteristiche principali di un vero servo del Male, il coraggio e la determinazione.

Era sulla scia di quei pensieri che si era infilato la sua prima dose in vena, due mesi prima, attirato da chissà quale sogno di evasione che si era disciolto in meno di dodici ore, lasciandogli solamente la magra soddisfazione di essere diventato un tossico.

La voce si era sparsa e di conseguenza sua madre si era definitivamente allontanata da lui, i suoi compagni Mangiamorte lo deridevano ed evitavano, persino suo padre dalla galera aveva fatto arrivare a lui tutta la sua disapprovazione.

In conclusione la vita di Draco Malfoy, come quella di Harry Potter era cambiata quella sera di inizio estate, su quella fatidica torre.

La sala dei banchetti era la più ampia tra tutte le sale del Santuario, con il suo lungo tavolo in legno massiccio ad occupare il centro, gli antichi arazzi tutti sgualciti e ammuffiti che pendevano dalle pareti, il suo soffitto alto; sulla parete di sinistra, nascosta da un arazzo raffigurante scene della vita di Salazar Serpeverde, stava una porticina che conduceva alla cosiddetta sala del trono, era lì che stava avvenendo l’interrogatorio di Scrimgeour. L’unico Mangiamorte che poteva entrare in quella sala mentre vi era dentro anche Lord Voldemort, era il suo servo prediletto, Severus Piton; tutti gli altri potevano entrarvi solo su autorizzazione del Signore Oscuro o di Piton.

Questi privilegi nei confronti di Piton, naturalmente avevano gettato incredulità e rabbia tra gli altri Mangiamorte, e avevano contribuito ad accrescere il risentimento di tutti nei confronti dell’ex-insegnante di Hogwarts. Ma nessuno aveva il coraggio di obiettare nulla, o di farne parola con Lord Voldemort.

Erano in febbrile attesa da ormai un’ora e gli animi all’interno della sala cominciavano a scaldarsi.

Avery scattò in piedi dalla panca su cui era seduto bestemmiando e imprecando "Non può tenerci tutto questo tempo qui ad aspettare, quando a quest’ ora potremmo essere fuori a prenderci la gloria che ci spetta!!"

GrayBack rise rumorosamente gettando indietro la testa "Quale gloria dovrebbe spettare a te, Avery? Quand’è l’ultima volta che hai ucciso qualcuno, eh grand’uomo?! E comunque io, fossi in te, starei molto attento a quello che dico, quaggiù anche le pareti hanno orecchie." Disse rabbioso, con quella sua voce simile ad un ruggito animalesco.

Avery stava per ribattere, quando alle loro spalle si udì un cigolio di cardini che giravano, e da dietro l’arazzo spuntò la figura di Piton. L’uomo gettò un’occhiata nella sala dove erano caduti il silenzio e l’immobilità più totali.

"Il Signore Oscuro può ricevervi, ora." Disse con voce severa, scostando la porta per lasciar passare i suoi compagni.

Draco entrò per ultimo e mentre Piton teneva aperta la porta per farlo passare, i due si scambiarono un fugace sguardo. Durò una frazione di secondo, dopodiché Piton chiuse lentamente la porta alle sue spalle mentre Draco andò ad accomodarsi sul sedile di pietra riservato a lui.

La sala del trono era di forma rettangolare, una parete era interamente coperta da un telo nero sul quale spiccava un enorme Marchio Nero, il quale anche se non era illuminato, emanava una sinistra luce rossa, sotto di esso era posto lo scranno in pietra di Lord Voldemort, il quale dominava dall’alto gli altri sedili dei suoi servi, posti a semicerchio di fronte a lui.

I sedili erano venti, perché in passato, venti erano stati i suoi servi; ora il Signore Oscuro poteva contare quattordici servi, più o meno fedeli.

Le uniche fonti di luce nella piccola sala erano dei bracieri posti ai suoi angoli, i quali brillavano di luce verde.

Quando tutti i presenti si furono accomodati Lord Voldemort, che fino ad allora era rimasto a confabulare con Piton che si trovava al suo fianco, si alzò lentamente in piedi.

Il suo aspetto era molto cambiato dalla sua ultima apparizione ufficiale, due anni prima al ministero; i capelli erano ricresciuti e ora ricoprivano tutto il cranio, neri e lucenti, come la folta barba che il Signore Oscuro si era lasciato crescere, la pelle era di un colore pallido ed emaciato, ma a parte ciò il suo volto aveva ripreso una fisionomia umana. A detta di tutti i Mangiamorte, egli era ritornato quasi uguale a diciassette anni prima; il tempo sembrava non essere passato per lui.

Fissò il suo sguardo su tutti i presenti, annuendo soddisfatto, e quando giunse a Draco, si soffermò un po’ di più, guardandolo dritto negli occhi. Per qualche istante Draco sostenne lo sguardo, ma non resistette a lungo; era come se quello sguardo gli trapanasse il cervello.

Sulle labbra di Voldemort si dipinse un lieve sorriso.

Dopodiché il Signore Oscuro iniziò a parlare, molto lentamente come suo solito, in tono falsamente accomodante "Compagni, amici, noto con piacere che avete tutti risposto alla mia chiamata ancora una volta. Ciò mi rende immensamente felice." Una breve pausa; mentre parlava Voldemort camminava lentamente su e giù per la sala. "Sono sicuro che voi tutti siete al corrente di ciò che è accaduto recentemente; ma trovo lo stesso, che sia utile fare, diciamo un riassunto." Un’altra pausa, l’unico rumore nella sala era il frusciare del mantello di Voldemort "Due giorni fa Draco Malfoy e Michael Tiger, qui presenti, sono stati, diciamo, scoperti e arrestati, nell’adempimento di un compito che avevo loro assegnato. Naturalmente si trattò di una tragica fatalità." Il suo sguardo si era nuovamente posato sul giovane Malfoy. Draco non era stupido; sapeva che Lord Voldemort, l’avrebbe punito per quella sua leggerezza, a tempo debito.

Il Signore Oscuro riprese a parlare "Come stavo dicendo, sono stati arrestati da tre auror del Ministero. Io, naturalmente mi sono subito adoperato, grazie ai miei contatti affinché venissero subito rilasciati. Ma, purtroppo si dà il caso che gli stessi tre auror che avevano compiuto quell’arresto, ieri notte si siano introdotti al Ministero senza permesso e abbiano ucciso due dipendenti del nostro caro amico Rufus."

Lord Voldemort tacque per circa un minuto, durante il quale i Mangiamorte bisbigliarono tra di loro. Il silenzio cadde nuovamente quando il Signore Oscuro riprese a parlare "Voi vi starete chiedendo per quale motivo, io mi preoccupi per una questione di questo genere. E’ presto detto. Quei tre non sono auror comuni. I loro nomi sono Murphy e Connor McCormack e Matthew McSteels. Pare che due giorni fa, forse prima, siano venuti in contatto, niente meno che con Harry Potter." Un mormorio incredulo si sparse per la sala. La voce di Voldemort riportò immediatamente il silenzio "So cosa state pensando..lo so. State pensando che ora quei tre auror possono interessarci, non è così? Sebbene la distruzione di Harry Potter non sia più tra le mie priorità..beh devo ammettere che sono sorpreso dalla sua intraprendenza. Per mesi è rimasto irreperibile, e finalmente abbiamo una traccia da cui cominciare." Detto ciò tornò a sedersi sul suo scranno.

"Fenrir!" chiamò poi Lord Voldemort. "Sì, mio signore?" Rispose il lupo mannaro.

"Voglio che sia tu ad occuparti di questa faccenda. Trova questi auror, ed estirpa loro tutte le informazioni possibili. Dopodiché fanne quello che vuoi; basta che tu li renda innocui. Severus ti dirà tutto quello che devi sapere su di loro. Prendi tre uomini di tua fiducia e mettiti al lavoro."

GrayBack che si era alzato in piedi per ricevere gli ordini, chinò il capo e rispose "Certamente, mio signore."

"Molto bene. Potete andare, amici miei" Concluse Voldemort.

Dopodiché si voltò e scostando il telo nero alle sue spalle scomparve nella parete, inghiottito dai meandri del Santuario.

Fenrir GrayBack non aveva avuto un’infanzia felice; all’età di dieci anni, assistette al massacro dei genitori da parte di un branco di lupi mannari. Il piccolo Fenrir sopravvisse, ma venne morso. Il suo destino era segnato. All’epoca non erano ancora state scoperte pozioni o antidoti in grado di rallentare o impedire il processo di mutazione, per cui il ragazzino venne semplicemente abbandonato dalla sua famiglia adottiva nella Foresta Nera, in Germania. In quei luoghi, era infatti presente una nutrita comunità di lupi mannari, i quali forse lo avrebbero accettato. Non fu così. Il giovane non venne accolto dal capo branco, un vecchio e possente lupo chiamato Olaf Thorsen, il quale dopo averlo ferito gravemente, lo allontanò dal branco.

Il piccolo Fenrir non aveva speranze di sopravvivere solo, inesperto ed indifeso com’era. Fu in quel frangente che emerse la fortissima forza di volontà di GrayBack, e il suo spirito di sopravvivenza.

Passarono dieci lunghi anni, in cui Fenrir affinò le sue tecniche predatorie, diventando un cacciatore silenzioso e micidiale, imparando a sopravvivere settimane senza nutrirsi.

Quando si sentì pronto tornò dal branco che lo aveva rifiutato quand’era ancora un bambino, e sfidò il vecchio Thorsen a duello. Contro ogni previsione GrayBack sconfisse e divorò il suo avversario, più lento e meno in forze di lui, diventando così il leader indiscusso del Branco dell’Artiglio, come venne ribattezzato dallo stesso GrayBack.

Fu così che Fenrir cominciò a nutrire l’idea di fondare una vera e propria armata di lupi mannari, per poter scatenare il suo odio viscerale verso il genere umano. E per attuare il suo piano, fece rapire centinaia di bambini sotto i cinque anni, per poterli liberamente mordere e addestrare, come suoi soldati.

Quando, un bel giorno un uomo alto, vestito di nero, dai modi di fare accomodanti e convincenti si presentò a lui, dicendogli di essere venuto a conoscenza delle sue gesta, e di voler appoggiare la sua nobile missione, a patto che GrayBack acconsentisse ad unirsi ad un gruppo di persone, seguaci di un certo Lord Voldemort, i quali si erano dati il nome di Mangiamorte. Fenrir accettò la proposta dell’uomo.

Seguirono sei anni di massacri e carneficine rimasti impuniti. Poi, alla caduta di Lord Voldemort, GrayBack tornò in quella che egli considerava la sua casa, la Foresta Nera, e lì rimase per diciassette lunghi anni, in attesa di poter tornare ad uccidere in nome del Signore Oscuro.

Attesa che era terminata due anni prima, quando Voldemort lo aveva richiamato a sé. I vecchi tempi erano finalmente tornati.

Aveva scelto tre dei suoi compagni migliori e più affidabili; Julius McNair, Franklin Dolohov e Bellatrix Lestrange. Il compito non sembrava complicato, far parlare la gente era la loro specialità.

Avevano ricevuto da Piton tutte le informazioni necessarie, indirizzo, una descrizione accurata dei soggetti e via dicendo.

Ora i quattro si trovavano davanti alla porta principale del numero 36/A di Old Seaman Road; erano le undici e mezzo del mattino, ma non avevano nessuna preoccupazione nell’agire di giorno. In quel quartiere nessuno avrebbe visto o sentito nulla; era sempre così.

GrayBack si avvicinò con calma alla porta, salendo piano i gradini. Un colpo di bacchetta e la porta si aprì, girando lentamente sui cardini. Silenziosamente fece cenno agli altri tre di entrare. Quando tutti furono dentro, GrayBack chiuse la porta, sibilando poi un incantesimo per bloccarla.

"Voi due - indicando McNair e Dolohov - controllate il piano superiore. Noi diamo un’occhiata qui sotto." Disse sotto voce ai compagni. GrayBack si diresse in salotto mentre la sua compagna esplorava la cucina; le persiane del salotto erano abbassate, e solo qualche raggio di luce filtrava nella stanza, bucando la penombra da cui era invasa. Ma GrayBack non aveva alcun bisogno della luce per vedere nell’oscurità; la vista notturna infatti, era una delle sue armi di maggior efficacia nella caccia, affinata da anni di addestramento. Notò, quindi subito l’uomo che dormiva pesantemente sull’unico divano presente. GrayBack percepì in maniera chiarissima anche il suo fetore insopportabile di sudore, alcol e vestiti sporchi. L’olfatto era un altro senso particolarmente sviluppato nei lupi.

Alle sue spalle sentì i passi di Bellatrix che entrava a sua volta nel salotto dicendo "Il pian terreno è libero…accidenti questo posto è un letamaio!" Con un cenno della mano GrayBack la fece tacere. Per fortuna l’uomo disteso sul divano non aveva interrotto il suo pisolino.

Anche Bellatrix l’aveva visto, ora "E’ uno di loro tre?" Domandò senza staccare gli occhi di dosso a Reese.

GrayBack rimase in silenzio ancora per un po’ poi disse "Non credo…vai a vedere se sopra è tutto a posto. Dopo tornate tutti qui."

Reese aveva un mal di testa colossale, formato famiglia, ma la sera prima non aveva bevuto; almeno non così tanto da provocargli un emicrania del genere. Sentiva che c’era qualcosa che non andava. L’ultima cosa che ricordava era di essersi addormento sul divano, qualche ora dopo che i ragazzi erano partiti.

Aprì lentamente gli occhi. Dapprima non riuscì a mettere a fuoco gli oggetti e quello che gli stava intorno. Vide delle persone che gli stavano davanti. Richiuse gli occhi e li riaprì, ma lo scenario non era cambiato; vedeva la stanza rivoltata dall’alto in basso. Non riusciva a ragionare, si sentiva intontito. Erano quattro, tre uomini e una donna. Uno stava cercando di dirgli qualcosa, ma lui non riusciva a sentirlo.

Cercò di muovere la testa, di guardarsi intorno. Poi guardò verso i propri piedi e capì.

McNair e Dolohov avevano appeso quel sacco d’immondizia al chiodo del soffitto a cui prima era appeso il lampadario. C’era voluto un bello sforzo ma alla fine ce l’avevano fatta. Ora quel coglione se ne stava appeso a testa in giù a dondolare, nudo come un verme.

C’era voluto un po’ di tempo anche per farlo rinvenire; evidentemente era ubriaco come una scimmia.

Da circa cinque minuti GrayBack cercava di parlargli, ma quello non lo sentiva; e dietro di lui i suoi tre compagni se la ridevano sotto i baffi.

In tutta la casa c’era solo lui. I suoi tre coinquilini forse avevano già tagliato la corda: tanto valeva sentire cosa aveva da dire.

GrayBack riprovò a mettersi in comunicazione con Reese "Ehi, bell’addormentata! Riesci a sentirmi?" Altre risate dietro alle sue spalle. Le mise a tacere con un’occhiata.

Finalmente Reese si decise a parlare "E tu chi cazzo sei?" Biascicò.

"Sei tornato tra noi amico!" Disse GrayBack, finalmente poteva ridere anche lui. Il divertimento stava per iniziare. "Sai, stavamo cercando delle persone che abitavano qui…ma sembra che non siano in casa…magari tu le conosci?" Chiese in tono canzonatorio GrayBack.

Reese sapeva di essere morto. Dopo qualche minuto di confusione aveva riconosciuto tutti e tre quei figli di puttana. Era stato un auror per parecchio tempo, conosceva bene i metodi usati da quel genere di criminali, anche se non li aveva mai sperimentati di persona prima di allora; e sapeva anche che le sue probabilità di sopravvivere erano diventate pressoché nulle quando quei quattro avevano varcato la porta di casa.

Era evidente quello che volevano da lui. Informazioni. E avrebbero usato tutti i metodi possibili per strappargliele. Dopodiché lo avrebbero ucciso.

"Fottetevi." Gli uscì dalla bocca da solo. La bocca di GrayBack si allargò in un sorriso radioso, mettendo bene in mostra le sue fauci da belva.

"Risposta sbagliata, amico. Mi sembra doveroso informarti che, accidentalmente, ho dimenticato a casa la mia pozione di veritaserum...che sbadato che sono!" Tutti e quattro i mangiamorte risero sguaiatamente a quella battuta; poi GrayBack proseguì "Perciò se non vuoi parlare di tua spontanea volontà… sarò costretto, con mio sommo dispiacere, a dover ricorrere a metodi di interrogatorio un po’, come dire…dolorosi!" Altre risate. Reese sudava copiosamente, e soffriva già abbastanza per la scomoda posizione in cui si trovava.

"Te lo chiedo nuovamente e per l’ultima volta, Gaylord Reese, dove sono i tuoi tre amici, e che rapporti hanno con Harry Potter?" Chiese ancora GrayBack con voce sempre più rabbiosa.

Reese disse sottovoce "Avvicinati…" GrayBack accostò l’orecchio alle labbra di Reese "Vattela a prendere nel culo…"

GrayBack sorridendo scosse la testa "No no no…Gaylord…così non andiamo d’accordo, io e te."

Mise una mano all’interno del mantello ed estrasse un coltello. La lama lucente lunga circa trenta, trentacinque centimetri, brillò di una luce rossastra e demoniaca.

"Questo è un pugnale maledetto, Gaylord. Si nutre di sangue. Sangue umano." Disse maligno, agitando il coltello davanti agli occhi di Reese, il quale, in quel momento era invaso dal terrore più indicibile.

In quel momento Bellatrix Lestrange alzò la bacchetta, e un lampo di luce di colore bluastro, imprigionò il braccio sinistro di Reese, tendendolo all’infuori, lontano dal corpo; Reese non era più in grado di controllarlo.

GrayBack alzò il coltello nell’aria, pronto a colpire "DIMMI DOVE SONO I TUOI AMICI!!" Urlò. La parte animalesca di lui stava prendendo il sopravvento; gli occhi erano iniettati di sangue e il suo volto non aveva più nulla di umano.

Reese sconvolto dal terrore non resistette e disse "Stanno cercando una persona…"

"CHI? CHI STANNO CERCANO?" Urlò ancora GrayBack con la bava alla bocca.

"Lui è…lui è…è…è uno…CHE SI FOTTE TUA MADRE!!" Urlò Reese con quanto fiato aveva in corpo.

Fu l’ultima azione coraggiosa di Reese.

Il pugnale di GrayBack calò con forza sul suo braccio teso, tagliando carne, muscolo e osso.

Reese lanciò un urlo sovrumano. Il dolore era immenso, gli invadeva tutto il corpo ottenebrandogli il cervello. Vide il proprio sangue sgorgare dal punto in cui prima stava il suo braccio. Lo vide spandersi sul pavimento fino a formare una pozza.

Poi sentì un’altra coltellata, ed una fitta fortissima provenire dal suo ventre. Avrebbe urlato tutto il suo dolore se non avesse avuto la bocca piena di sangue.

Vide GrayBack leccare il liquido rosso che colava copioso dalla lama del coltello. Poi più nulla. Un velo rosso coprì i suoi occhi. I sensi cominciarono ad annebbiarsi.

L’ultimo suo pensiero cosciente fu per i suoi due figli, che non vedeva da sedici anni e che non avrebbe mai più rivisto.

Con un movimento della bacchetta di McNair, le corde che legavano i piedi di Reese al soffitto, scomparvero e il corpo dell’uomo cadde a terra con un tonfo sordo, schiacciando quello che rimaneva dei suoi intestini, i quali erano sparsi sul pavimento, lordo di sangue e succhi gastrici.

Dolohov fece cenno a McNair di uscire dalla stanza; i due erano terrorizzati. Ne avevano viste di tutti i colori durante gli anni passati al servizio del Signore Oscuro, ma non avevano mai lavorato a stretto contatto con Fenrir GrayBack.

I due seguirono l’esempio di Bellatrix Lestrange e si precipitarono fuori dalla casa, lasciano il lupo mannaro, ormai trasformato, da solo nel soggiorno.

Fenrir aveva acquisito la capacità di trasformarsi a piacimento, non solo nelle notti di luna piena. L’aveva imparato in uno dei suoi viaggi nei paesi del nord.

GrayBack finì di spolpare il braccio tagliato di Reese, poi d’un tratto si alzò sulle due zampe e getto un potente ululato.

Da uomo toccava il metro e novantacinque, ma da lupo superava i due metri e mezzo. Era davvero possente e terrificante, con quel suo pelo grigio ora macchiato ovunque di sangue.

Si avvicinò al cadavere martoriato di Reese. Doveva prendere il suo trofeo. Nella sua mente, annebbiata dall’istinto animalesco, quello era l’unico pensiero.

Con una sola mano afferrò la testa di Reese e diede uno strattone deciso. La testa si staccò dal resto del corpo, con un suono sinistro e rivoltante di carne lacerata, portando con sé l’intera spina dorsale dell’uomo.

Grayback scattò nuovamente in piedi, lanciando un altro terrificante ululato, e alzando in segno di vittoria il suo macabro trofeo.

E per concludere questo capitolo un saluto speciale alle mie due (x adesso uniche!!) lettrici!! Cosa volete farci, la fama arriverà da sola...si spera...ma x adesso i vostri commenti bastano e avanzano, quindi CONTINUATE a leggere questo raccontino, sempre se ne avete voglia eh?! E se avete dubbi, angosce, perplessità, basta che lo dite! Ogni osservazione è ben accetta! Detto questo, alla prossima!!

P.S. il vostro prossimo chap, come procede?

  
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