Nodi Sciolti
Schegge
di vetro e un baratro ricolmo di stelle, ecco quello che rimaneva
dell'arcobaleno bifrost.
Se
Loki avrebbe voluto fare di quel ponte il suo trofeo di vittoria
sugli Jotunheim, Thor ne aveva fatto il santuario della propria
eroicità, e del proprio spirito di sacrificio. Due
qualità
convenienti a un Re.
«Thor,
Loki come sta?» A fianco del proprio vero figlio Frigga
fissava il
cielo nero, fingendo di essere interessata alle nebulose che vi
vorticavano placide. Ma Thor la vedeva chiaramente preoccupata per il
figlio adottivo, che aveva sì scampato la morte, ma era
stato
condannato a un destino ben peggiore; lei, come madre, poteva bene
intuirlo. Il dio del tuono, in risposta, scosse le spalle, simulando
un'espressione dispiaciuta.
«Non
vuole parlarmi, mi maledice per la morte di suo figlio ma non sembra
intenzionato a lasciarsi morire. Secondo me sta progettando la fuga,
e la vendetta su Asgard». Cercò di formulare una
scusa che
risultasse il più convincente possibile, cercando di
immedesimarsi
nel fratellastro. Se suo padre avesse scoperto che Loki non era
rinchiuso nella sua cella, ma bensì nelle più
sontuose stanza
reali, e che il piccolo Jotun era ancora vivo, stavolta Thor avrebbe
davvero rischiato la condanna a morte. Pregò dentro di
sé che Loki
fosse abbastanza acuto e riconoscente da non uscire dalla sua camera
e da non farsi scoprire fuori dalla cella dove avrebbe dovuto essere.
Frigga in compenso credette ciecamente alla bugia, e si
asciugò gli
occhi diventati improvvisamente umidi.
«Madre...»
«Come
siete arrivati a questo, Thor?» La sua voce stanca era
tremolante di
pianto. Il principe scosse la testa in segno di dissenso.
«Non
devi incolparti. Loki... è fatto così. Voi gli
avete donato tutto
l'affetto che potevate dargli».
«Ti
sbagli Thor», Frigga serrò ulteriormente le labbra
fino a farle
diventare bianche, e così continuò la sua
confessione, incatenando
gli occhi a quelli del figlio. «Abbiamo cercato, ma non siamo
mai
riusciti ad amarlo come amiamo te». A quelle parole, Thor
sentì un
intruglio di emozioni invaderlo. Non sapeva se essere felice e
orgoglioso per quella speciale dose d'affetto, oppure irato per
l'incapacità dei genitori di amare Loki come un figlio. D'un
tratto
si rese conto di molte cose, molti frammenti di passato gli
ritornarono alla mente, pezzi di una collana che gradualmente
ricompose: i suoi genitori non avevano mai avuto particolare
attenzione nei sentimenti di Loki. Lo amavano, lo accettavano, lo
accoglievano come un figlio, ma dietro le loro moine e i loro sguardi
gentili nascondevano inconsciamente l'antico rancore verso gli
Jotunheim, verso un popolo straniero, verso una razza mostruosa.
«Vorrei
vederlo». Le parole ferme della madre distrassero Thor dai
suoi
pensieri, e dalla sua momentanea contemplazione dello spazio aperto.
«Cosa?»
«Vorrei
vedere Loki. Dove si trova?» Ripeté la regina, con
più decisione.
Il
ragazzo sentì la paura invaderlo, e un attimo di panico
improvviso
gli offuscò la mente.
«Ne-nelle
prigioni ovest, ai limiti della distesa boschiva di
Azüle» pensò
in fretta al primo luogo che gli veniva in mente, che fosse il
più
distante possibile dalle Cascate Spioventi e dalla reggia. Doveva
guadagnare tempo.
«Purtroppo
non posso accompagnarti madre, devo raccogliere il rapporto delle
guardie sensitive per una questione importante. Pare che sia stato
individuato un collegamento spazio-temporale simile al bifrost, in
uno dei Nove Mondi. Questo potrebbe eventualmente costituire una
minaccia per Asgard».
Frigga
alzò una mano in un gesto sbrigativo, e si lasciò
andare in un
dolce sorriso fiero e materno.
«Va'
figlio, non mancare ai tuoi doveri».
Detto
questo chiamò le sue serve che la scortassero sino al
promontorio di
Azüle, dov'era situato il vecchio carcere.
Nel
frattempo, immerso nell'eleganza degli ambienti reali, il dio degli
inganni cercava di alleviare un poco i suoi tormenti.
Loki
inspirò i soavi vapori che aleggiavano nella stanza da
bagno,
rievocando involontariamente nel profumo dei balsami e degli oli
alcuni sprazzi di passato, nemmeno troppo distante. Lui e Thor
avevano giocato innumerevoli volte immersi in quella vasca, che
all'epoca pareva gigantesca. Thor, irruente e vivace come al solito,
si divertiva a spruzzare l'acqua fuori dai bordi o addosso a Loki,
mentre quest'ultimo preferiva inventare storie, collage delle
innumerevoli leggende che divorava ogni sera, sempre ambientate sulle
rive di quell'ampio lago col fondo di piastrelle.
Il
ragazzo immerse i capelli mossi nell'acqua calda, passò le
dita in
mezzo alle ciocche per districare i nodi. Con la bocca immersa appena
sotto il livello dell'acqua, soffiò, facendo gorgogliare la
superficie di bolle.
Ma,
nonostante cercasse in tutti i modi di distrarsi e di rilassarsi un
momento, non riusciva a non pensare ai mille dubbi che
l'attanagliavano. Primo fra tutti, doveva scoprire cos'era successo a
Liar. Thor non gli aveva detto tutto quello che avrebbe dovuto
dirgli, ora a mente fredda se ne rendeva conto. Come mai i carcerieri
avevano affermato senza nessuna esitazione che l'esecuzione
era
avvenuta? Il fratellastro gli stava quindi mentendo sulla
sorte
del bimbo, allo scopo di tenerlo sotto ricatto e approfittare della
sua sottomissione?
Al
solo pensiero, Loki serrò rabbioso i pugni sul bordo della
vasca,
digrignando i denti come una belva spaventata. Ma poi
rifletté più
lentamente, e con più lucidità. Thor non avrebbe
avuto motivo di
portarlo con sé negli appartamenti reali, se gli avesse
raccontato
una tale bugia. Anzi, si sarebbe approfittato di lui all'interno
delle sbarre e poi l'avrebbe lasciato al suo destino. No, Thor non
era così falso. Non sarebbe mai stato capace di una menzogna
di una
simile gravità, era troppo ottuso e smaliziato.
Ma
allora, qual era l'esecuzione effettivamente avvenuta?
Senza
che ebbe occasione di pensarci oltre, sentì la serratura
della
camera scattare, e la porta del bagno aprirsi precipitosamente. Un
Thor affannato e ansante si stagliò sulla porta, liberando
all'esterno la densa nuvola di vapore che aleggiava nella stanza.
«Devi
immediatamente tornare nella tua cella».
«Cosa?
E perché?», fece il dio degli inganni con grande
rammarico; aveva
appena iniziato a rilassarsi, e inoltre aveva tantissime domande da
porre al fratellastro.
«Non
c'è tempo fratello. Se ti scoprono qua io sono
morto».
Onde
evitare ulteriori repliche, Thor sollevò il ragazzo di peso,
sottraendolo a quelle acque calde e profumate. Lo avvolse in fretta e
furia in un telo sontuoso, il primo che aveva trovato sottomano, e
gli frizionò al volo i capelli scuri. Odoravano ancora della
pungente fragranza dei balsami.
«Come
osi trattarmi come un infante!» Protestò Loki
cercando di
scostarlo, ma l'altro lo ignorò spudoratamente. Gli
aggiustò meglio
il telo sulle spalle bagnate e lo portò con sé
fuori dalla camera.
«Aspetta
Thor... non cacciarmi via così. Ci sono tante cose che
dobbiamo
chiarire», disse in un soffio Loki al fratellastro, mentre
percorreva a passo spedito i corridoi guardandosi intorno ad ogni
angolo. «Ho come l'impressione che tu stia evitando
l'argomento. Ho
sentito le guardie parlare dell'esecuzione di mio figlio e... insomma
a chi devo credere, dato che non ho ancora visto Liar vivo?»
«Loki,
ma ti pare il momento?» Thor era infatti impegnato a scovare
una via
alternativa che aggirasse i due blocchi di sorveglianza, ma sembrava
piuttosto incline a sviare la domanda.
«Sì,
mi pare il momento. Voglio sapere cos...»
«Tuo
figlio sta bene, ti basti sapere questo».
Infine
riuscirono ad infiltrarsi nella zona di detenzione senza essere
visti, anche se evitarono per un soffio due pattuglie. Thor rinchiuse
nuovamente Loki dentro la sua cella; d'altronde, la carcerazione a
vita era la pena che per legge spettava ai traditori, aggiunta alla
condanna a morte dei loro figli.
Loki
si raccolse contro le proprie ginocchia, tremando visibilmente per il
freddo di quella prigione d'acciaio. Un soffio gelido sferzava sulla
sua pelle bagnata, protetta solo da un sottile strato di seta.
«Credo
che la nostra nobile madre verrà a farti visita.
Più tardi ti
porterò dei vestiti».
Loki
sbuffò e distolse lo sguardo dagli occhi fieri di Thor.
«Come
faccio ad essere sicuro che Liar sia ancora vivo?» chiese in
tono
quasi implorante.
Il
dio del tuono allora, in tutta risposta, gli diede un veloce bacio
sulla fronte, non dandogli nemmeno il tempo di rendersene conto.
«Fidati
di me fratello».
«Non
sono tuo fratello, Thor, smettila!»
Ma
lui gli aveva già voltato le spalle, e lesto s'era chiuso la
porta
blindata dietro i suoi passi.
Loki
perse anche l'ultimo spiraglio di luce proveniente dall'esterno e
rimase chiuso nell'oscurità e nel freddo della sua cella,
tremante,
bagnato e infreddolito.
Con
orrendi fantasmi che gli infestavano la mente.
*
Frigga
era troppo invaghita del suo primogenito per sospettare anche
minimamente di lui. Così, quando arrivò al
distretto di Azüle
e i carcerieri la indirizzarono verso la zona detentiva delle Cascate
Spioventi, cadde ciecamente nell'inganno e tornò sui suoi
passi.
Dopotutto
Thor, a causa dell'indisposizione di Odino, era parecchio impegnato
in quei giorni; era possibile che gli sfuggisse qualche cosa.
Arrivata
nei pressi delle prigioni, congedò le serve che la
scortavano ed
entrò sola nel loculo dov'era rinchiuso il proprio figlio
adottivo,
Loki di Jotunheim.
Lo
trovò raggomitolato su se stesso nel tentativo di
proteggersi dal
freddo, avvolto maldestramente in quel lenzuolo troppo elegante in un
contesto simile, con le spalle, i capelli, le gambe bagnati.
Patetico
per essere un Gigante di ghiaccio.
Non
appena il prigioniero sentì la serratura scattare,
cercò di
assumere una posizione più decorosa drizzando la schiena e
aggiustandosi meglio il telo addosso. Strizzò gli occhi
assonnati e
riconobbe l'esile profilo della madre, che con la sua camminata
gentile veniva verso di lui.
«Loki!»
D'istinto ella aprì le braccia verso di lui, ma poi
ritirò
l'abbraccio, rammentando in che posizione si trovava ora il
figliastro, e in che posizione si trovava lei.
Agli
occhi di Loki Frigga faceva parte di coloro che avevano mandato al
patibolo il suo bambino, era certa che non l'avrebbe accolta
benevolmente.
Eppure,
con grande sorpresa della donna, Loki accettò quel contatto
intimo.
Anzi, in verità era l'unica cosa di cui aveva bisogno in
quel
momento, oltre a sciogliere i nodi dei fatti avvenuti recentemente.
Ma la madre avrebbe potuto venire incontro anche a quest'ultimo suo
bisogno.
«Madre,
ti prego dà una risposta agli orrendi sospetti che mi
corrodono,
voglio sapere dov'è mio figlio, ora! Non posso
più sopportare il
dubbio!»
Frigga
guardò con compassione il ragazzo riconoscendo per un
attimo, in
quegli occhi verdi e lucidi, il bambino che era, con il pallore della
debolezza sulle guance, con gli occhi vivaci affamati di storie e
leggende.
La
donna scosse la testa, cacciando quei nostalgici pensieri.
«Oh
Loki, perché a me affidi una tale responsabilità,
perché il
destino ha voluto gettare sulla mia vecchiaia un peso così
gravoso?
È forse questo il compito di una madre, annunciare al
proprio figlio
la morte del suo?»
Loki
impallidì, se possibile, ancora di più.
Frigga
si sentì morire. Serrò le labbra e le palpebre,
cercando di
cacciare indietro le lacrime. Non ricordava di aver mai provato un
simile dolore, forse nemmeno quando Thor era stato bandito da Asgard,
o quando Loki era svanito nello spazio profondo.
«Dunque...
morto?» Il tono di voce del dio degli inganni era calmo,
arrendevole. Sebbene non ne desse segno, dentro al suo petto montava
una furia inaudita e una disperazione abissale.
«Thor
lo ha affogato nelle acque del puro Fridsam, e ora giace in una tomba
degna all'esterno delle mura. Ti prego, non nutrire ulteriore rancore
per tuo fratello, egli ha a stento sopportato il dolore di dover
essere l'artefice di un tale delitto».
«Eppure
mi pare l'abbia sopportato. Madre, come puoi chiedermi una cosa
simile!» Loki affondò le mani nei capelli, ancora
grondanti
d'acqua.
Dunque
Liar era morto. E Thor, l'infame, gli aveva mentito, l'aveva portato
nel suo letto con l'inganno! Uno sporco, meschino, crudele inganno.
Non poteva che dare più credito alla versione di Frigga che
a quella
del fratellastro, dato che la madre gli aveva fornito dettagli
più
esaustivi.
«Come
puoi chiedermi di non odiare Thor...» bisbigliò
velenoso il
ragazzo.
«Ti
sto chiedendo di non attribuire la colpa alla persona
sbagliata».
Loki
alzò incredulo lo sguardo verso quello della madre,
diventato d'un
tratto freddo.
«E
a chi dovrei dare forse la colpa, a te, madre, che non hai fatto
nulla per impedire questo scempio? Ad Odino, mio nobile padre, che ha
reso esecutivo l'ordine? Alle barbare leggi di Asgard, ai venerabili
legislatori?»
Frigga
allora bloccò le parole impetuose del figliastro, ponendogli
una
mano sulla spalla e guardandolo severamente.
«A
te stesso».
Loki
spalancò gli occhi per la sorpresa, e si sentì
invadere di rabbia
mista a delusione e tristezza.
Scosse
la testa, come se non accettasse le parole che aveva appena sentito
forti e chiare.
«Loki,
io continuo ad amarti come un figlio...»
«Bugiarda»,
sibilò il dio con gli occhi ridotti a una fessura.
Frigga
assunse uno sguardo ferito da quell'ingiuria, che mutò poi
in
apprensione e dispiacere.
«Eppure
conoscevi le rigide regole di Asgard! Perché hai deciso di
voltare
le spalle al nostro mondo, figlio mio... Soffro a vederti
così,
soffro davanti al vostro odio».
«Io
non ho mai voltato le spalle ad Asgard, io amo Asgard più di
quanto
l'amiate voi, ero pronto a prendere lo scettro per essa! Ma
Thor...»
caricò disprezzo su quel nome, «Thor è
sempre stato il più
valoroso, il più adatto, il più forte ai vostri
occhi. Non avete
mai nemmeno pensato a me come erede al trono, e questo solo a causa
della mia natura! Solo perché appartenevo al popolo degli
Jotun...»
Frigga era arrivata al limite del dolore, a sentire quei rimproveri.
Soprattutto perché si rendeva conto che quelle che le
venivano
rivolte non erano calunnie infondate.
«Loki,
ti prego... Sai bene che non avrei potuto impedire il volere di tuo
padre! Il tuo odio abbia almeno pietà di me».
Loki
la guardò con risentimento, tuttavia non riuscendo ad
odiarla
veramente. Frigga era sempre stata per lui una figura protettiva,
dolce, che sapeva valorizzarlo anche al confronto con Thor. Nutriva
ancora un affetto infantile per lei, perché l'aveva aiutato
a
crescere, e tuttavia aveva provato con tutta se stessa a donargli
amore al pari del suo vero figlio.
«Va',
ora rivolgo a te la mia preghiera. Lasciami solo».
Frigga
allora acconsentì mutamente, donando un'ultima carezza sulla
guancia
umida del figlio adottivo, venendo prontamente respinta.
«Come
preferisci». Detto questo, la regina voltò le
esili spalle al
ragazzo, ed uscì dalla prigione. Loki, che aveva trattenuto
le
lacrime fino a quel momento, nascose il viso tra le braccia e pianse,
silenziosamente.
Passarono
ore interminabili, in cui il prigioniero ebbe modo di sfogarsi nel
sonno e nelle lacrime. Ma poi Thor mantenne la sua promessa. Sul fare
del tramonto le doppie porte di sicurezza vennero nuovamente
sbloccate e l'aitante erede al trono di Asgard comparve nell'esiguo
loculo dov'era rinchiuso il fratellastro. Recava con sé un
cambio di
vestiti accuratamente ripiegati.
«Mi
hai mentito». Loki lo accolse con queste parole colme di
disprezzo e
risentimento.
«E
su cosa ti avrei mentito?»
«Raccontami
con quale soddisfazione annegasti Liar nel Fridsam, e dimmi anche
dove lo seppellisti, così che io possa morire ammazzandoti
sulla sua
tomba!» A stento pronunciò queste parole tenendo
salda la voce,
anche se i suoi occhi lucidi lo tradivano.
«Cosa
ti ha detto nostra madre?»
«Ooh,
non hai avuto il tempo di accordarti con lei per raccontarmi la
stessa storiella senza contraddirvi?»
«Basta
Loki, non una parola di più! Possibile che tu sia tanto
cieco da non
capire?»
Thor
portò una mano a nascondersi il viso, e si permise pochi
attimi di
riflessione. Era arrivato il momento di dirgli la verità.
Loki era
tutto fuorché stupido, non avrebbe creduto oltre alla debole
versione presentatagli per mascherare
quel
particolare.
«Ebbene,
ti dirò la verità. O meglio, una parte di
verità che non ti ho
detto, fratello».
A
questa premessa Loki decise di dare ascolto, seppur con poca
convinzione, alle parole di Thor. In verità non aveva ancora
abbandonato quel fievole barlume di speranza, non aveva ancora
gettato via la possibilità che Liar fosse vivo.
Thor
quindi, assicuratosi di essere ascoltato, l'aiutò ad alzarsi
in
piedi per poterlo guardare meglio negli occhi, e prese a vestirlo
lasciando scivolare a terra il lenzuolo che lo copriva.
«È
vero, un bambino è morto nelle acque del puro Fridsam, e
sì, ora
giace sotto una lapide che reca il nome di Liar, figlio di Loki dei
Giganti di ghiaccio. Ma egli non è tuo figlio».
Per
la seconda volta, Thor vide l'espressione del fratellastro colorarsi
di sorpresa.
«Non
avrai...»
«Ti
assicuro, fratello, che sto rischiando la tua medesima sorte per
quello che ho fatto».
Loki
si portò una mano alla bocca, e diede le spalle
all'asgardiano. I
conti tornavano.
D'improvviso
si voltò con impeto rabbioso verso Thor, e lo
aggredì verbalmente.
«Stolto!
Tu eri l'unico a sapere dell'esistenza di Liar, se non l'avessi detto
a nostro padre a quest'ora non sarebbe morto nessun bambino!»
«Ma
avrei perso te».
Thor
allungò una mano verso il viso esausto e umido del fratello,
gli
toccò i capelli e la guancia, e lo guardò con
profondo affetto. Il
suo tono calmo e deciso riuscì a zittire la parlata
affannosa del
dio degli inganni. I suoi occhi azzurri erano colorati di una luce
tenue, seriosa, piena di rammarico ma anche di profondo rispetto.
«E
non mi stava bene».