Cacciatori e Vittime
25.
Don,
suono di campana.
La
dea ti chiama. Ricorda la missione.
Ricorda
la luna.
Elisa...finalmente
accetti te stessa e il tuo cuore.
La
missione chiede un sacrificio prossimo al suo compimento. Una guerra verrà
fermata da ciò, il mondo purgato da questo male infernale. La Dea mi parla,
sai...dice che ha grandi piani per te. Ma ovviamente non li rivelerà a me di
certo. La sola cosa che mi può dire è che verrà il giorno in cui tutti,
Cacciatori e Vittime, vivranno insieme in armonia.
La
sua profezia cadrà sulla terra con un risuono di campane.
E
la sua messaggera è quella ragazza. Ha letto tutto il volere della Dea, e lei
lo compirà.
È
lei il sacrificio, Elisa.
Ma
tu...tu accetterai i piani che la Dea della Notte ha predisposto per lei...e
per te?
O
farai come Lucifero, Elisa...? Pretenderai di esser al di sopra di Lei?
Elisa
aprì gli occhi, scorgendo la gabbia in cui era stata rinchiusa insieme a
Cassandra, ancora svenuta. Riposava con il volto appoggiato al suo grembo, le
sue mani iniziarono a giocare con i suoi ricci, diventati lunghi quasi fino
alla vita. Le labbra rosee erano socchiuse, il respiro calmo si intuiva dalla
tuta. Elisa si analizzò il braccio, incrostato dal sangue. La ferita non era
infetta, ma non era ancora rimarginata del tutto. Era spessa, e senza un’adeguata
cucitura ci avrebbe messo più tempo del previsto per guarire.
La gabbia
non permetteva di rimanere in piedi, e le due donne erano riposte in fondo,
appoggiate alle sbarre fredde, sorvegliate a vista.
Elisa
sapeva benissimo che poteva piegare quelle sbarre con la sua forza, ma la
spalla glielo impediva, oltre alla sua mente. Era meglio sottostare a quelle
persone, migliori sicuramente e meno pericolosi di quei Cacciatori fuori, alla
neve.
La cosa
che le scocciava non poco era che gli avessero tratto via la cintura di
Giacomo.
Poi un
movimento concitato degli armati mise in guardia la donna-pantera, osservando
con gli occhi scuri un ragazzino avvicinarsi, lo stesso che era al di fuori del
campo da calcio.
«Perché
proteggi un umano?» domandò, guardandola con occhi seri. Elisa continuava ad
accarezzare i capelli di Cassandra, un lenitivo contro la frustrazione di una
donna e di una pantera imprigionata.
«Proteggo
chiunque abbia bisogno di esser protetto.» affermò, sostenendo quello sguardo.
«Da
dove provenite?» domandò ancora, una domanda a cui aveva ricevuto varie volte
risposta, ma non l’aveva soddisfatto.
«Da
oltre le montagne, da una vallata contenente una città alla deriva e una
foresta.» affermò «Lì c’è la mia città, una base che protegge dagli animali
Infettati gente come voi e gente come me, che coabitano senza risentimenti,
accumunati dal dolore della perdita di una famiglia e della casa. Non capisco
invece come mai questa città abbia una guerra al suo interno tra razze.» ammise
Elisa, evidenziando i suoi dubbi, sapendo che se porgeva domande non avrebbe
ottenuto risposte.
«I
Cacciatori ci uccidono per puro divertimento o per mangiarci, gli animali
selvatici non sono sopravvissuti, perché nessuno ha regolato le uccisioni. Viviamo
dei frutti della campagna intorno a noi e delle scorte che sono sopravvissute nei
magazzini della città. È da quando c’è stata la pioggia di fuoco che nessuno è
venuto in nostro aiuto.» il ragazzo parlava con un leggero nodo alla gola,
segno che questo ancora bruciava la sua giovane anima ferita «Gli adulti sono
morti o trasformati in mostri. La malattia che tu chiami Infezione deriva dalle
pietre cadute dal cielo, dagli asteroidi precipitati e che hanno raso al suolo
la maggior parte della terra e sconvolto il suo fragile equilibrio.».
Elisa
ascoltò, silenziosa, sapendo che quel ragazzo aspettava soltanto di esser
ascoltato.
«Lo so,
sono stata vittima anch’io di questa malattia, e l’ho studiata, molto
approfonditamente. E so anche come salvare gli uomini che vengono colpiti da
essi.» aggiunse, colpendo il giovane.
«Esser
colpiti da un animale ferito è una maniera più facile per sopravvivere. Molti sono
quelli che sono morti toccando la materia stessa che sgorga da un asteroide. Io
sono uno di quei pochi che è sopravvissuto a una esperienza simile, e per questo
non ho ancora una giustificazione. Colpita successivamente da un animale ho
assunto la sua consistenza fisica e la sua anima. Coloro che invece vengono
colpiti da un animale infetto assumono soltanto l’aspetto fisico dell’animale
che lo ha colpito.» spiegò la giovane, vedendo nel giovane un accurato
interesse e bevendo ogni sua parola «Per sopravvivere e non trasformarsi in un
animale infetto bisogna essere forti nello spirito e sconfiggere l’animale
dentro di noi, prendere la sua supremazia. Allora avrai il potere su di esso, e
quindi ottenere la sua potenza e la sua forza, proprio come ho fatto io e come
ha fatto tanta altra gente dopo di me.» Nella mente il ricordo dello scontro
con tanti giovani che combattevano dentro di essi per vincere, tanti che hanno perso,
ma altri che invece hanno vinto.
Una ragazzina bionda,
rannicchiata su se stessa osservata l’ambiente intorno a sé, annusando e
scrutando con gli occhi completamente gialli la gabbia distrutta. Un soffio
minaccioso uscì dalla sua gola, contornata di zanne lievi. Sulla maggior parte
del suo corpo si poteva intravedere una pelliccia a macchie nere su sfondo
giallo. Una coda lunga, dello stesso colore del manto con una punta bianca. Nel
folto dei capelli biondi si potevano intravedere le orecchie, piccole e nere. Il
volto completamente tramutato dall’animale che l’aveva contaminata: un
ghepardo.
Elisa s’acquattò, portandosi
alla stessa altezza della ragazzina scrutandola. Quando finalmente la giovane gheparda s’accorse di lei, la guardò minacciosa e le ringhiò
con rabbia. Elisa rispose con un altrettanto ruggito più forte, più potente,
tipico della pantera nera.
Le bloccò le zampe con le sue,
impedendole i movimenti. Ma la piccola gheparda non
smetteva di tentare di azzannarla, muovendosi frenetica.
E fu un
ruggito potente.
La gheparda
fermò il suo tentativo di salvarsi. Completamente annegata negli occhi castani
misti al giallo selvatico. E la coscienza della ragazzina si fece forza. Divenne
talmente potente da soverchiare e sottomettere il ghepardo in lei. Rumori di
soffi soffocati e ossa articolate si proruppe nella sala, e la pantera sotto di
sé non aveva più un piccolo mostro, metà uomo e metà ghepardo. Ma una ragazzina
completamente sudata e provata. La pantera mollò la presa, riprendendo con gli
stessi rumori la sua forma originale. Porse una mano alla ragazzina bionda,
aiutandola ad alzarsi.
«Bentornata fra di noi, Giulia.»
affermò sorridendo lievemente.
«Non ho
mai visto un umana e un Cacciatore generare armi dal nulla però.» ecco dove
voleva arrivare, il ragazzino. Elisa lo sapeva, e avrebbe risposto con le
cattive.
«E io
non ho mai visto una città governata da un ragazzino.» aggiunse, dando man
forte alla sua età, molto più alta della sua.
«Sono
il più anziano di tutti.» Affermò, ma Elisa non vi credette.
«Menti,
e si vede.» aggiunse, fissandolo con forza.
«Fammi
parlare con il vero capo di questa comitiva, e cercherò di spiegarvi questa
magia che ci accade, in qualche modo.» adesso bisognava vedere se il ragazzino
abboccava all’amo.
Il ragazzino
sembrò meditare, lasciando tralasciare una conferma per i sospetti della donna,
ed Elisa silenziosamente esaltò quando si voltò, rivelando una presenza
precedentemente avvertita da Elisa, e non si finse sorpresa quando entrò.
«Vedo
che sei intelligente per essere un Cacciatore.» affermò la nuova voce, entrando
sotto il fascio di luce.
Una donna
dalla pronunciata età avanzò, reggendosi a un bastone. Elisa non aveva mai
visto una donna così anziana muoversi verso di lei con il petto gonfio di
orgoglio ma con una curvatura della schiena tipica della saggezza. Aveva capelli
bianchi e uno sguardo velato di bianco, impronta di una vista più lunga della
sua nel leggere le persone. Vestiva di abiti bianchi e azzurri con ideogrammi
dalle forme circolari, tipici della religione della Dea della Notte.
Elisa
la scrutò, quasi intimorita dal notare come quella donna, ricca di rughe,
emanasse un aura tutta sua di forza.
«Diciamo
che capisco quando un giovane mente...» ammise, abbassando lo sguardo.
«Come
ti chiami?» domandò la donna, avanzando con il tipico rumore trascinato di un
corpo dal bastone.
Il giovane
rimase al suo fianco, come guardia.
«Elisa,
signora, e lei è Cassandra.» riferì, non sentendo il bisogno di mentire.
«Piacere
di conoscervi, e vi chiedo scusa per il brutto benvenuto, ma non sapevamo se
dicevate la verità sulla vostra provenienza e sulla vostra bontà d’animo.»
ammise la donna con un ombra di rammarico per l’episodio di quel giorno. Elisa
ricordò con uno strappo al cuore Cassandra che cala nel branco di belve
affamate. «Il mio nome non me lo ricordo più, e qui mi chiamano Oracolo. Qui noi
siamo seguaci della religione della Dea della Notte...e a quanto pare anche la
tua amica lo è.» aggiunse, guardando la collana pendente della ragazza riccia,
ancora svenuta.
«Io non
lo so signora...» confessò Elisa, abbassando lo sguardo su Cassandra,
osservandola bene. Dopotutto non aveva mai visto la compagna come
rappresentante di una religione del cui credo aveva solo letto in qualche
libro.
«Vorrei
poterle parlare, quando si riprenderà.» chiese, guardandola con quello sguardo
che a Elisa faceva inquietudine e con quella dolcezza nella voce vecchia e roca.
Accettò con un cenno del capo.
«Ma ti
chiedo di giurarmi che non vorrai male né a me né a questi giovani che sono
rifugiati qui, proprio come i tuoi amici nella fortezza nella tua valle.»
domandò ulteriormente l’anziana, con occhi seri e velati di bianco.
«Lo
giuro, purché non mettiate più in pericolo né me né Cassandra.» precisò Elisa,
e ricevette un consenso dal capo dell’Oracolo. Poi si voltò verso il giovane e
gli indicò di liberarli, facendogli aprire la gabbia.
Elisa
scivolò fuori trascinando la giovane amica ancora svenuta con premura,
prendendola in braccio.
Gli
venne silenziosamente indicato dal giovane una branda dove poter riposare,
nella stanza vicino. Dallo scuro che regnava Elisa intuì fosse notte inoltrata.
Vide una branda abbastanza ampia per ospitare due corpi, e il resto della
struttura rimase all’oscuro per lei, colpita da un’improvvisa stanchezza. Venne
congedata dall’anziana e dal giovane, lasciandole sole in questa stanza dove
ripose con cura la riccia vicino a sé nello scranno e chiuse gli occhi Elisa,
lasciandosi cullare dall’odore inebriante dei capelli di lei, che le
solleticavano dolcemente il collo.
Cosa ci capiterà domani? Cassandra si risveglierà?
Dannazione, un giorno so cosa accadrà domani, e il giorno
dopo no.
Odio non avere tutto sotto il mio controllo.
E questa donna che afferma che Cassandra segue questo
credo...
...Cassandra, perché non me lo hai mai detto?
...Perché non parli più con me?