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Autore: Eriok    25/05/2012    1 recensioni
Una nuova era. Il mondo dopo Il Giorno dell'Apocalisse. Gli esseri umani come sopravviveranno? Esseri mutanti, con le facoltà di animali selvatici si dividono tra Cacciatori e Vittime... ma uno di loro si mette dalla parte degli oppressi, e una nuova guerra ebbe inizio.
Tratto dal primo capitolo: "Compresi troppo tardi, nella mia corta vita, che ci sono solo due categorie d’esseri nel mondo: i Cacciatori e le Vittime.
E imparai troppo tardi a quale delle due categorie io appartenevo.
Troppo tardi."
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cacciatori E Vittime'
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Cacciatori e Vittime

25.

 

Don, suono di campana.

La dea ti chiama. Ricorda la missione.

Ricorda la luna.

Elisa...finalmente accetti te stessa e il tuo cuore.

La missione chiede un sacrificio prossimo al suo compimento. Una guerra verrà fermata da ciò, il mondo purgato da questo male infernale. La Dea mi parla, sai...dice che ha grandi piani per te. Ma ovviamente non li rivelerà a me di certo. La sola cosa che mi può dire è che verrà il giorno in cui tutti, Cacciatori e Vittime, vivranno insieme in armonia.

La sua profezia cadrà sulla terra con un risuono di campane.

E la sua messaggera è quella ragazza. Ha letto tutto il volere della Dea, e lei lo compirà.

È lei il sacrificio, Elisa.

Ma tu...tu accetterai i piani che la Dea della Notte ha predisposto per lei...e per te?

O farai come Lucifero, Elisa...? Pretenderai di esser al di sopra di Lei?

 

Elisa aprì gli occhi, scorgendo la gabbia in cui era stata rinchiusa insieme a Cassandra, ancora svenuta. Riposava con il volto appoggiato al suo grembo, le sue mani iniziarono a giocare con i suoi ricci, diventati lunghi quasi fino alla vita. Le labbra rosee erano socchiuse, il respiro calmo si intuiva dalla tuta. Elisa si analizzò il braccio, incrostato dal sangue. La ferita non era infetta, ma non era ancora rimarginata del tutto. Era spessa, e senza un’adeguata cucitura ci avrebbe messo più tempo del previsto per guarire.

La gabbia non permetteva di rimanere in piedi, e le due donne erano riposte in fondo, appoggiate alle sbarre fredde, sorvegliate a vista.

Elisa sapeva benissimo che poteva piegare quelle sbarre con la sua forza, ma la spalla glielo impediva, oltre alla sua mente. Era meglio sottostare a quelle persone, migliori sicuramente e meno pericolosi di quei Cacciatori fuori, alla neve.

La cosa che le scocciava non poco era che gli avessero tratto via la cintura di Giacomo.

Poi un movimento concitato degli armati mise in guardia la donna-pantera, osservando con gli occhi scuri un ragazzino avvicinarsi, lo stesso che era al di fuori del campo da calcio.

«Perché proteggi un umano?» domandò, guardandola con occhi seri. Elisa continuava ad accarezzare i capelli di Cassandra, un lenitivo contro la frustrazione di una donna e di una pantera imprigionata.

«Proteggo chiunque abbia bisogno di esser protetto.» affermò, sostenendo quello sguardo.

«Da dove provenite?» domandò ancora, una domanda a cui aveva ricevuto varie volte risposta, ma non l’aveva soddisfatto.

«Da oltre le montagne, da una vallata contenente una città alla deriva e una foresta.» affermò «Lì c’è la mia città, una base che protegge dagli animali Infettati gente come voi e gente come me, che coabitano senza risentimenti, accumunati dal dolore della perdita di una famiglia e della casa. Non capisco invece come mai questa città abbia una guerra al suo interno tra razze.» ammise Elisa, evidenziando i suoi dubbi, sapendo che se porgeva domande non avrebbe ottenuto risposte.

«I Cacciatori ci uccidono per puro divertimento o per mangiarci, gli animali selvatici non sono sopravvissuti, perché nessuno ha regolato le uccisioni. Viviamo dei frutti della campagna intorno a noi e delle scorte che sono sopravvissute nei magazzini della città. È da quando c’è stata la pioggia di fuoco che nessuno è venuto in nostro aiuto.» il ragazzo parlava con un leggero nodo alla gola, segno che questo ancora bruciava la sua giovane anima ferita «Gli adulti sono morti o trasformati in mostri. La malattia che tu chiami Infezione deriva dalle pietre cadute dal cielo, dagli asteroidi precipitati e che hanno raso al suolo la maggior parte della terra e sconvolto il suo fragile equilibrio.».

Elisa ascoltò, silenziosa, sapendo che quel ragazzo aspettava soltanto di esser ascoltato.

«Lo so, sono stata vittima anch’io di questa malattia, e l’ho studiata, molto approfonditamente. E so anche come salvare gli uomini che vengono colpiti da essi.» aggiunse, colpendo il giovane.

«Esser colpiti da un animale ferito è una maniera più facile per sopravvivere. Molti sono quelli che sono morti toccando la materia stessa che sgorga da un asteroide. Io sono uno di quei pochi che è sopravvissuto a una esperienza simile, e per questo non ho ancora una giustificazione. Colpita successivamente da un animale ho assunto la sua consistenza fisica e la sua anima. Coloro che invece vengono colpiti da un animale infetto assumono soltanto l’aspetto fisico dell’animale che lo ha colpito.» spiegò la giovane, vedendo nel giovane un accurato interesse e bevendo ogni sua parola «Per sopravvivere e non trasformarsi in un animale infetto bisogna essere forti nello spirito e sconfiggere l’animale dentro di noi, prendere la sua supremazia. Allora avrai il potere su di esso, e quindi ottenere la sua potenza e la sua forza, proprio come ho fatto io e come ha fatto tanta altra gente dopo di me.» Nella mente il ricordo dello scontro con tanti giovani che combattevano dentro di essi per vincere, tanti che hanno perso, ma altri che invece hanno vinto.

 

Una ragazzina bionda, rannicchiata su se stessa osservata l’ambiente intorno a sé, annusando e scrutando con gli occhi completamente gialli la gabbia distrutta. Un soffio minaccioso uscì dalla sua gola, contornata di zanne lievi. Sulla maggior parte del suo corpo si poteva intravedere una pelliccia a macchie nere su sfondo giallo. Una coda lunga, dello stesso colore del manto con una punta bianca. Nel folto dei capelli biondi si potevano intravedere le orecchie, piccole e nere. Il volto completamente tramutato dall’animale che l’aveva contaminata: un ghepardo.

Elisa s’acquattò, portandosi alla stessa altezza della ragazzina scrutandola. Quando finalmente la giovane gheparda s’accorse di lei, la guardò minacciosa e le ringhiò con rabbia. Elisa rispose con un altrettanto ruggito più forte, più potente, tipico della pantera nera.

Le bloccò le zampe con le sue, impedendole i movimenti. Ma la piccola gheparda non smetteva di tentare di azzannarla, muovendosi frenetica.

E fu un ruggito potente.

La gheparda fermò il suo tentativo di salvarsi. Completamente annegata negli occhi castani misti al giallo selvatico. E la coscienza della ragazzina si fece forza. Divenne talmente potente da soverchiare e sottomettere il ghepardo in lei. Rumori di soffi soffocati e ossa articolate si proruppe nella sala, e la pantera sotto di sé non aveva più un piccolo mostro, metà uomo e metà ghepardo. Ma una ragazzina completamente sudata e provata. La pantera mollò la presa, riprendendo con gli stessi rumori la sua forma originale. Porse una mano alla ragazzina bionda, aiutandola ad alzarsi.

«Bentornata fra di noi, Giulia.» affermò sorridendo lievemente.

 

«Non ho mai visto un umana e un Cacciatore generare armi dal nulla però.» ecco dove voleva arrivare, il ragazzino. Elisa lo sapeva, e avrebbe risposto con le cattive.

«E io non ho mai visto una città governata da un ragazzino.» aggiunse, dando man forte alla sua età, molto più alta della sua.

«Sono il più anziano di tutti.» Affermò, ma Elisa non vi credette.

«Menti, e si vede.» aggiunse, fissandolo con forza.

«Fammi parlare con il vero capo di questa comitiva, e cercherò di spiegarvi questa magia che ci accade, in qualche modo.» adesso bisognava vedere se il ragazzino abboccava all’amo.

Il ragazzino sembrò meditare, lasciando tralasciare una conferma per i sospetti della donna, ed Elisa silenziosamente esaltò quando si voltò, rivelando una presenza precedentemente avvertita da Elisa, e non si finse sorpresa quando entrò.

«Vedo che sei intelligente per essere un Cacciatore.» affermò la nuova voce, entrando sotto il fascio di luce.

Una donna dalla pronunciata età avanzò, reggendosi a un bastone. Elisa non aveva mai visto una donna così anziana muoversi verso di lei con il petto gonfio di orgoglio ma con una curvatura della schiena tipica della saggezza. Aveva capelli bianchi e uno sguardo velato di bianco, impronta di una vista più lunga della sua nel leggere le persone. Vestiva di abiti bianchi e azzurri con ideogrammi dalle forme circolari, tipici della religione della Dea della Notte.

Elisa la scrutò, quasi intimorita dal notare come quella donna, ricca di rughe, emanasse un aura tutta sua di forza.

«Diciamo che capisco quando un giovane mente...» ammise, abbassando lo sguardo.

«Come ti chiami?» domandò la donna, avanzando con il tipico rumore trascinato di un corpo dal bastone.

Il giovane rimase al suo fianco, come guardia.

«Elisa, signora, e lei è Cassandra.» riferì, non sentendo il bisogno di mentire.

«Piacere di conoscervi, e vi chiedo scusa per il brutto benvenuto, ma non sapevamo se dicevate la verità sulla vostra provenienza e sulla vostra bontà d’animo.» ammise la donna con un ombra di rammarico per l’episodio di quel giorno. Elisa ricordò con uno strappo al cuore Cassandra che cala nel branco di belve affamate. «Il mio nome non me lo ricordo più, e qui mi chiamano Oracolo. Qui noi siamo seguaci della religione della Dea della Notte...e a quanto pare anche la tua amica lo è.» aggiunse, guardando la collana pendente della ragazza riccia, ancora svenuta.

«Io non lo so signora...» confessò Elisa, abbassando lo sguardo su Cassandra, osservandola bene. Dopotutto non aveva mai visto la compagna come rappresentante di una religione del cui credo aveva solo letto in qualche libro.

«Vorrei poterle parlare, quando si riprenderà.» chiese, guardandola con quello sguardo che a Elisa faceva inquietudine e con quella dolcezza nella voce vecchia e roca. Accettò con un cenno del capo.

«Ma ti chiedo di giurarmi che non vorrai male né a me né a questi giovani che sono rifugiati qui, proprio come i tuoi amici nella fortezza nella tua valle.» domandò ulteriormente l’anziana, con occhi seri e velati di bianco.

«Lo giuro, purché non mettiate più in pericolo né me né Cassandra.» precisò Elisa, e ricevette un consenso dal capo dell’Oracolo. Poi si voltò verso il giovane e gli indicò di liberarli, facendogli aprire la gabbia.

Elisa scivolò fuori trascinando la giovane amica ancora svenuta con premura, prendendola in braccio.

Gli venne silenziosamente indicato dal giovane una branda dove poter riposare, nella stanza vicino. Dallo scuro che regnava Elisa intuì fosse notte inoltrata. Vide una branda abbastanza ampia per ospitare due corpi, e il resto della struttura rimase all’oscuro per lei, colpita da un’improvvisa stanchezza. Venne congedata dall’anziana e dal giovane, lasciandole sole in questa stanza dove ripose con cura la riccia vicino a sé nello scranno e chiuse gli occhi Elisa, lasciandosi cullare dall’odore inebriante dei capelli di lei, che le solleticavano dolcemente il collo.

 

Cosa ci capiterà domani? Cassandra si risveglierà?

Dannazione, un giorno so cosa accadrà domani, e il giorno dopo no.

Odio non avere tutto sotto il mio controllo.

E questa donna che afferma che Cassandra segue questo credo...

...Cassandra, perché non me lo hai mai detto?

...Perché non parli più con me?

 

 

   
 
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