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Autore: avalonne    26/05/2012    1 recensioni
Nelle favole c'è sempre un eroe, una damigella e un antagonista e tutto è così dolcemente semplice. La realtà, putroppo, è decisamente più complicata. Lo sa bene Ron: nel momento in cui Vicktor Krum torna a Londra tutto sembra precipitare. Hermione è davvero una damigella di carta, una fata a cui regalare rose, o è qualcuno di più vero e autentico?
Qualcuno per cui non vale la pena chiudere gli occhi neppure un istante per timore di perdersi qualcosa di speciale.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Viktor Krum | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Eccomi qua con il secondo capitolo, spero vi piaccia!

Capitolo 2

Maledetto il giorno in cui aveva aperto la finestra al gufo che le proponeva quel ruolo da insegnante di Babbanologia, maledetto il giorno in cui Vicktor Krum aveva deciso di iscriversi e soprattutto maledetto il giorno in cui l’aveva proposto a Ronald Weasley! Le lezioni erano diventate un incubo: tra Krum che cercava di fare buona impressione su di lei, ripetendo lezioni a pappagallo e regalandole mazzi di fiori, e Ron che dava in escandescenze ogni volta che il bulgaro le rivolgeva la parola, Hermione era sull’orlo di una crisi di nervi.
Quella sera, per calmare un po’ gli animi, aveva deciso far vedere ai suoi studenti un film.
- Un film – aveva spiegato – è come un libro, voi vedete i personaggi muoversi e parlare tra loro ma non potete interagire. La storia è già stata scritta e non c’è nulla in vostro potere che possa cambiarla. Il film che vi propongo oggi è “Hook- Capitan Uncino”. L’ho scelto non solo perché è il mio preferito, ma anche perché mostra un lato del rapporto tra i babbani e la magia. La storia è il seguito del celebre libro di Barrie: “Peter Pan”. – Hermione fece una pausa sperando che qualcuno desse segno di conoscerlo, ma invano. Persino Ron, che doveva aver visto il libro sul suo comodino almeno un centinaio di volte, le rivolse uno sguardo vacuo. - Il protagonista, Peter, da piccolo credeva nella magia, tanto da essere in grado di volare ma crescendo perde questo dono e … Sì, Ron, cosa c’è? –
- In che senso era in grado di volare? Volava su una scopa, un Thestral, un drago? –
- No, era in grado di volare grazie ad una polvere magica! –
- Polvere magica? Ma non esiste una polvere che permetta di volare! –
- Ronald Weasley! È una favola, non è reale! È frutto dell’immaginazione dei babbani! Ora, se non ci sono altre interruzioni, vorrei iniziare la visione del film! – Hermione, scocciata, premette il tasto play, senza degnare di un ulteriore sguardo il suo fidanzato. Ron incrociò le braccia imbronciato: aveva voluto mostrarsi interessato come quell’idiota di Krum e come veniva ripagato? Venendo sgridato! Non sembrava così irritata quando a fare le domande era Vicky! Il tarlo della gelosia aveva ormai scavato il solco all’interno della mente del povero ragazzo.
 
Hermione iniziava a pensare di poter tirare un sospiro di sollievo. La visione del film stava filando liscia e, tranne qualche domanda inopportuna all’inizio, nessuno l’aveva costretta a interrompere la proiezione.
Metà film era passato. Peter aveva iniziato a ricordare la sua vita come Pan e a dimenticare i suoi figli. Trilly aveva appena guadagnato dimensioni umane quando Vicktor esclamò: - Herrmioni tu è bella come quella fata! –
La catastrofe.
- Cosa vuoi dire con questo? Come ti permetti? Hermione non è bella come una fata! – Disse Ron balzando in piedi.
- Ronald! – La voce di Hermione era incrinata. Tentò di auto convincersi che fosse per la rabbia dell’interruzione, ma sapeva che era l’inizio di una crisi. Le veniva da piangere come al quarto anno, quando Ron aveva preso in considerazione di invitare qualunque ragazza a quell’odioso Ballo del Ceppo, tranne lei. Sapeva di non essere bella come Julia Roberts ma sentirselo rinfacciare dal proprio ragazzo era oltre la misura di quanto intendeva sopportare.
- Ron, hai già interrotto troppe volte questo corso. Ti pregherei di lasciare la sala. –
 
La porta sbatté alle spalle del ragazzo dai capelli rossi. Mentre deboli fiocchi di neve iniziavano a posarsi sul suo mantello, nella sua mente rimbombavano le parole di Hermione: “Ti pregherei di lasciare la sala.” Non l’aveva urlato, l’aveva appena accennato, come se la sua gola facesse troppa fatica ad articolare quelle semplici parole. Ron non aveva mai creduto che un condizionale potesse essere così distruttivo. Quel “Ti pregherei” sussurrato faceva più male di un ordine impartito ad alta voce. In quelle due parole c’era una decisione sofferta eppure irrevocabile.
Seduto su una panchina di uno sconosciuto parchetto babbano si sentiva trasportato indietro di anni, a quella famigerata sera in cui aveva abbandonato Harry e Hermione, la sua dolcissima Hermione, durante la ricerca degli Horocrux. Come quella volta aveva sperato che qualcuno lo fermasse, che facesse qualcosa, anche insultarlo, ma non lo lasciasse andare via, come acqua che scivola tra le dita. Non era successo. La porta si era richiusa alle sue spalle lasciando Hermione da un lato e lui dall’altro. Al freddo e al gelo, senza alcun Deluminatore a indicargli la giusta via da seguire. I fiocchi si intensificavano sul mantello e sui capelli e Ron non si muoveva. Non aveva alcun luogo dove andare. Non poteva tornare a casa, nella loro casa, come se niente fosse accaduto. Sapeva che Hermione non l’avrebbe cacciato, si sarebbe limitata a lanciargli un lungo sguardo carico di accuse e recriminazioni, forse avrebbe anche urlato un po’, lo avrebbe fatto dormire nella camera degli ospiti per qualche notte e poi lo avrebbe riaccolto tra le sue braccia con una nuova incrinatura nella loro relazione. Ron aveva l’impressione che prima o poi tutte quelle incrinature si sarebbero incontrate e avrebbero dato luogo a una bella frattura, una di quelle che non si possono riparare neppure con il Magiscotch. No, tornare a casa come se nulla fosse successo non era l’idea migliore. Poteva chiedere ospitalità a Grimmauld Place, Harry non lo avrebbe certamente sbattuto fuori al freddo e al gelo, ma andare là significava affrontare Ginny che lo avrebbe sicuramente affatturato una volta saputo quanto era stato idiota. No, neppure Grimmauld Place era il posto ideale. Tornare alla Tana? Pensò allo sguardo di commiserazione di sua madre e alle sue ramanzine per come aveva trattato “quella povera ragazza”. Avrebbe preferito riaffrontare Colui Che Non Doveva Essere Nominato piuttosto che la disapprovazione di sua madre. Andare a casa dei suoi fratelli? Percy e George erano esclusi a priori. Il primo gli avrebbe fatto una filippica assurda e quasi peggiore di quella della madre sulle sue responsabilità e il secondo lo avrebbe semplicemente deriso fino alla fine dei suoi giorni. Poteva tornare a Villa Conchiglia, come quella lontana sera, era un luogo sicuro quando diventava così stupido da scappare, ma sapeva che Bill e Fleur erano impegnati con la loro piccola Victoire e non se la sentiva di disturbarli. Rimaneva Charlie. L’idea di fuggire da tutto e da tutti in Romania aveva il suo fascino. Si alzò, ormai deciso su che strada prendere, quando un pensiero lo fulminò.
E se Hermione quella sera non fosse tornata sola, ma con Krum? La sola idea gli fece rivoltare le viscere.
Hermione e Krum, Krum e Hermione, felici, nella casa che doveva essere loro. Non c’era nulla di peggio. No, si corresse, c’era una possibilità ancora peggiore: che Hermione partisse con Krum e non tornasse mai più a Londra. La testa gli girò e si dovette risedere sulla gelida panchina.
Ripensò a loro due insieme, a Hermione e all’improvviso si rese conto di come lei fosse sempre stata la presenza fondamentale della sua vita. Certo Harry era stato importante, ma sapeva che prima o poi avrebbero preso strade diverse, pur rimanendo migliori amici. Con Hermione era diverso. Ricordò il viso appuntito e saccente durante il loro primo incontro in treno, gli occhi bassi mentre mentiva alla McGranitt sul troll nei sotterranei, lo sguardo fiero quando aveva preso a pugni Malfoy, la sua bellezza sfolgorante al Ballo del Ceppo, il bacio durante la battaglia di Hogwarts, ma soprattutto rivedeva loro due in tutte le situazioni quotidiane, insieme, da quando avevano undici anni. Si rese conto come ogni istante che stava lontano da lei perdesse ogni significato. Ripensò a quella mattina, quando, per un attimo, la gelosia che lo aveva attanagliato nei giorni precedenti si era placata. Si era svegliato presto, i capelli di lei a solleticargli il naso ma non si era riaddormentato.
Si mise a parlare da solo, alla neve che stava scendendo, una dichiarazione d’amore persa nella bufera: - Potrei stare sveglio per ascoltare il tuo respiro, guardo il tuo sorriso mentre stai dormendo, mentre stai sognando lontana. Posso passare la mia vita in questo dolce abbandono, posso perdermi in questo momento e per sempre. Ogni momento passato con te è un momento che colleziono. Disteso vicino a te sto sentendo il tuo cuore battere e io mi sto meravigliando di cosa stai sognando.
Mi meraviglio se sono io che tu stai vedendo, poi bacio i tuoi occhi e ringrazio Dio che noi siamo insieme. Io voglio stare con te ora per sempre. Per sempre e sempre. –
Si rialzò di scatto e urlò al cielo: - Hermione, io non voglio perdere un sorriso, non voglio perdere un bacio, voglio stare con te! Bene, qui insieme a te, proprio così! Io voglio tenerti vicina! –
Quanto era stato stupido a rischiare di perderla per uno sciocco moto di gelosia. Doveva riconquistarla, subito, prima che fosse troppo tardi. Doveva dirle quanto lei fosse importante, Hermione doveva sapere che senza lei, lui non era altro che un bimbo sperduto. Quell’espressione fece scattare un’idea nella sua testa. Aveva bisogno di Harry, immediatamente! Pazienza se Ginny lo avesse affatturato, riconquistare la sua donna valeva tutte le Fatture Orcovolanti del mondo, comprese quelle di sua sorella.




A presto con il terzo e ultimo!

  
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