EPILOGO
Siberia Orientale, Territorio
di Krasnojarsk, 30 giugno 1908
Il cielo si era aperto all’improvviso, accendendosi di un rosso
scarlatto, al punto che sembrava avesse preso fuoco, quindi si era richiuso
mentre il boato di un’esplosione aveva rimbombato nel cuore della taiga per
numerosi chilometri. Per centinaia di chilometri, al punto che i passeggeri sul
convoglio della Ferrovia Transiberiana vennero sballottati ferocemente e il
treno stesso rischiò di deragliare, senza che nessun macchinista fosse in grado
di spiegarsi perché.
Qualcosa di pesante aveva colpito il suolo terrestre.
Di molto pesante. Si dissero i primi osservatori giunti sul
posto e osservando lo sfacelo in cui versava la foresta di conifere.
Un’area enorme, di duemila chilometri quadrati, era stata rasa al suolo
e le ultime fiamme crepitavano fredde verso il cielo lontano, lo stesso cielo
da cui aveva avuto origine tale distruzione.
Che sia un segno? Mormorò il Viceré, chinandosi sul terreno e
prendendo in mano grumi di terriccio, per odorarlo. Che sia l’alba della fine del mondo? Che il lupo riesca infine ad
inghiottire il sole? Le stelle allora cadranno dall’alto cielo, la terra
tremerà così tanto che boschi interi saranno sradicati, le montagne crolleranno
e tutti i vincoli si romperanno e spezzeranno.
Fimbulvetr,
sta per arrivare?
I modi bruschi dell’altro membro della spedizione lo strapparono alle
sue meditazioni, portandolo a incamminarsi nel cuore della foresta, fino al
luogo dell’impatto, laddove poterono rimirare quel che restava del corpo
celeste precipitato sulla Terra.
“Me lo aspettavo ben più grosso!” –Commentò la rozza voce del suo
compagno. –“Questo sassolino ha prodotto tutto questo sfacelo, allarmando
persino il mio Signore?! Un mio pugno saprebbe fare altrettanto!”
“L’onda d’urto che ha generato è stata devastante, ciò è indubbio!”
–Intervenne allora il Viceré, camminando attorno ai resti incandescenti
dell’asteroide. –“Ma non è stata l’unica conseguenza della sua caduta sul
pianeta.” –Aggiunse, sibillino, osservando la sostanza dalle sfumature argentee
che permeava il suolo attorno, quasi stesse colando dal corpo celeste.
“Si tratta quindi…?” –Chiese il primo uomo,
con la voce spezzata dalla sorpresa.
“Sì, è mithril! Il materiale di cui sono
composte le Vesti Divine, il materiale più resistente presente sulla Terra!”
“Mi sorprende che vi siano altri conoscitori del prezioso quinto
elemento!” –Esclamò una voce all’improvviso, facendo voltare di scatto i due
uomini e mettere in allerta la loro scorta. –“L’arte della forgiatura delle
corazze non è certo ben diffusa, soprattutto in un’epoca come questa, dove il
materialismo fa da padrone e le antiche conoscenze vanno perdendo estimatori!”
“Chi sei?!” –Ringhiò uno dei due uomini, sollevando un’ascia da guerra.
“Abbassa quell’arma, capellone! A ben poco ti servirebbe contro di me!”
–Si limitò a commentare l’altro, apparendo infine tra i resti degli alberi
abbattuti e rivelando le sue fattezze, quelle di un uomo basso e robusto, chino
in avanti, forse per l’età o per una qualche deformità fisica, rivestito però
di una lucente armatura rossa e dorata intrisa di un cosmo divino.
“Un’energia simile… non può che appartenere
ad un Dio!” –Commentò il compagno del guerriero armato di ascia.
“E tale in effetti sono! Il mio nome è Efesto,
Fabbro Olimpico, Nume del Fuoco e della Metallurgia e servitore del Sommo
Zeus!”
“Lieto di incontrarvi, Dio della Lavorazione dei Metalli! La vostra
fama ha travalicato i confini del Mediterraneo spingendosi ben più a nord delle
vostre fucine, fino alle terre ghiacciate ove spazia silenzioso l’occhio del
nostro Signore!”
“L’occhio…?! Ma voi siete, dunque?!”
“È Freyr dei Vani il mio nome
celeste!” –Si presentò infine l’uomo, accennando un inchino. –“Viceré di Asgard
per nomina del Sommo Odino! E questi è il figlio del mio Signore, il possente Tyr, Nume tutelare della guerra presso gli Asi!”
“Possente e robusto!” –Bofonchiò l’altro, non apprezzando tutti quegli
orpelli con cui il Vane rifiniva le presentazioni. –“Piuttosto cosa ci fa un
Dio greco così fuori dalla sua sfera di influenza?”
“È la Terra intera la sfera di influenza di Zeus!” –Precisò il Fabbro
Divino, prima di aggiungere, con tono distensivo. –“Ed è stato proprio mio
Padre a inviarmi in missione, per sincerarmi di cosa fosse accaduto, sconvolto
dall’esplosione udita questa mattina, e timoroso che fosse dovuta ad una
qualche guerra tra Divinità che potesse minacciare l’equilibrio cosmico!”
“Come vedi è stato solo un sasso caduto dal cielo a radere al suolo
questa foresta, quindi adesso puoi tornare alle fucine da cui provieni!”
“Non così in fretta, Divino Tyr! O,
perlomeno, non a mani vuote!”
“Come osi?!” –Avvampò il Nume asgardiano.
–“Vuoi mettere le mani sul mithril? Non te lo
permetterò, ladro di un greco!!!” –E si fece avanti, roteando l’ascia sopra la
testa, mentre le guardie al suo servizio lo affiancavano, circondando Efesto.
“Spero che tu stia scherzando!” –Si limitò a commentare quest’ultimo,
socchiudendo gli occhi e radunando la propria energia cosmica.
“Io non scherzo mai!” –Gridò Tyr, lanciandosi
avanti, ma bastò che Efesto riaprisse gli occhi per
scaraventare i nemici molti metri addietro, travolti da un lampo di luce.
Anche il Nume della Guerra venne investito, riuscendo a difendersi
roteando l’ascia di fronte a sé, ma quando fece per contrattaccare la voce di Freyr lo fermò.
“Adesso basta, Tyr! Non siamo qua per
combattere!
“Non prendo ordini da uno dei Vani!”
“E invece li prenderai, o farò rapporto a Odino, di cui rappresento la
bocca! Perciò quietati ed evitaci ulteriori fastidi!”
Tyr, grugnendo insoddisfatto, abbassò l’arma, dando poi le spalle a Efesto e avvicinandosi al corpo celeste, lasciando le due
Divinità a parlare.
“Immagino che potremo raggiungere un accordo!” –Esclamò Freyr. –“Non è nell’interesse di Odino, né dell’intera
Asgard, un conflitto con l’Olimpo, neppure per questioni così importanti, come
le forniture per i propri armamenti!”
“Ne sono certo, Viceré! Né Zeus adesso vorrebbe assumersi l’onere di
una guerra! Pertanto, se ho ben recepito il vostro suggerimento, possiamo
procedere ad un’equa spartizione del prezioso metallo, in due perfette metà!”
“Così sia!” –Si limitò ad esclamare Freyr,
nonostante i rimbrotti di Tyr. –“La caduta di un
pezzo di cielo non può essere causale, proprio adesso, all’inizio di questo
secolo, l’ultimo secolo di un lungo tempo cosmico! Che l’universo ci stia
mandando un segnale? Che ci stia avvisando di un pericolo ben più grande
rispetto alle semplici scaramucce cui i vari regni divini incorrono di tanto in
tanto?”
“Sono un fabbro, non un filosofo, mio Signore! Discorsi più profondi li
lascio a mio Padre e al suo fido consigliere, Ermes! Io mi sforzo di fare al
meglio il mio lavoro per ottenere quelle attenzioni che la mia deformità non mi
fa avere in altri campi!”
Freyr sorrise di fronte alla genuinità del Dio dei Metalli, quindi diede
ordine alla sua scorta di procedere alla separazione del corpo celeste e al suo
successivo trasporto.
“Il mithril. Il quinto elemento, nato dal
fuoco cosmico, dalla terra, dall’aria e dall’acqua. Il metallo di cui sono
composte le Vesti Divine, o quantomeno larga parte di esse!”
“Possano Asgard e la Grecia non doversi mai confrontare!” –Esclamò il Vicerè, prima di congedarsi e lasciare la Siberia con la
squadra. –“Che la benedizione dei Vani scenda su di te, Fabbro di Zeus!”
“E così quella degli Olimpi! Addio, nobile Freyr!”
–E anche Efesto svanì, rientrando in Sicilia.
Tunguska rimase deserta, soltanto il fuoco crepitava lento sugli ultimi
alberi che ancora si ergevano, sfidando il potere dell’universo. Fu in quel
silenzio che due voci si ritrovarono a parlare, camminando a passo lento
nell’alba siberiana.
“Sei stato abile, mi congratulo con te! Non è da tutti riuscire ad
ottenebrare i sensi di un Dio!”
“Temevo di fallire, in effetti. Nasconderlo ad Efesto
e a Tyr è stato facile, ma l’occhio di Freyr è di certo ben più attento. Pur tuttavia il Viceré
pareva essere preso da pensieri pressanti, che gli hanno impedito di scoprire
il piccolo inganno.”
“Non usare questi termini, sai che non mi piacciono!” –Commentò la voce
più anziana. –“Non vi è malvagità nelle nostre azioni, solo la premura di un
genitore nei confronti di un figlio. Questo è il compito dei garanti
dell’equilibrio, guardare lontano, non al contingente bensì all’eterno, e
preparare il mondo all’ultima guerra. Inoltre è molto meglio che sia in nostro
possesso, piuttosto che a disposizione di due imperi bellicosi e frustrati
spesso da lotte intestine.”
“L’avvento dell’ombra non ci coglierà impreparati, Primo Saggio! Grazie
ad Alexer, che ci ha avvisato in tempo, e grazie al mithril
recuperato quest’oggi potenzieremo le nostre difese, restaurando l’ordine dei
Cavalieri delle Stelle, il cui risveglio è prossimo!” –Esclamò il suo
interlocutore, abbassando infine il cappuccio e rivelando un volto senza età
sui cui campeggiavano due occhi argentati. Gli stessi occhi che ogni giorno
osservavano il dipanarsi degli eventi del mondo nel pozzo dell’Isola Sacra.
Senza dire altro, Avalon sollevò una mano al cielo, placando le fiamme
e spegnendo persino il soffiare del vento per qualche minuto. Là, nel punto ove
Freyr si era chinato, per assaggiare il terreno,
riluceva un grosso corpo celeste, dalle dimensioni simili ad una roccia, ben
più grande del frammento che le due spedizioni avevano recuperato.
Il Signore dell’Isola Sacra sorrise, mentre i druidi, appena comparsi
attorno a lui, si davano da fare per portare ad Avalon il prezioso minerale,
sebbene egli disprezzasse l’utilizzo di quel termine. Il mithril
non era soltanto un minerale, bensì un dono, messo a loro disposizione dalle
potenze del mondo, quelle stesse potenze che presto sarebbero tornare per
esigere il loro tributo.
Soltanto un secolo ci separa
dal prossimo avvento. Una manciata di anni e il varco tra i mondi si riaprirà.
Ed egli ritornerà.
L’AVVENTO DELL’INVERNO – FINE
© Aledileo per
tutti i personaggi inediti.
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ALEDILEO presenta:
I CAVALIERI DELLO ZODIACO
6
Il
varco tra i mondi
TRILOGIA DI AVALON – Parte 2
di 3