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Autore: Dernier Orage    28/05/2012    3 recensioni
Dicembre 1981, Saumur.
Un ultimo dell'anno particolare per quattro diciassettenni.
Affondò nell’acqua della vasca e le dita corsero tra i capelli, così innaturali in un’atmosfera atipica, morbidi, setosi, leggerissimi ed estranei. Si guardò le mani, larghe e scure rispetto alla schiena di Ismael. La lussuria sconcertante di poterlo accarezzare tutta la notte, qualche volta di sottometterlo, ancorarlo alle lenzuola, stringerlo, stringerlo, stringerlo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Everything is broken up and dances.










30 Dicembre 1981.
L’appuntamento era al capolinea delle corriere, tra le banchine deserte e il pallido sole invernale in una fredda giornata dai colori spenti e dalle voci coperte dal frastuono del vento. Ismael era arrivato accompagnato in macchina dal padre, il montgomery blu, il basco di feltro nero con il bordino di cuoio appartenuto ad Jean Jacques quando era nell’esercito, portato non piegato a sinistra ma sul retro e spoglio dei fregi e dell’insegna, avvolto in una sciarpa di lana scura.
Stava sbuffando e strattonando il proprio bagaglio dalle mani del padre, aveva trasformato l’adorazione e la stima che provava per lui da piccolo in una rivalità pronunciata e astiosa. Stephane lo ammirava come non poteva impedirsi di fare, venerava ogni virgola del suo essere, ogni mutamento, ogni profondità ed ogni asperità, lo trovava fantastico, bellissimo, assolutamente magnifico e a volte si ritrovava a chiedersi se quella bellezza fosse reale o solo una proiezione del suo amore; indubbiamente era affascinante e mesmerizzante, perché gli altri non se ne accorgevano?
- Ciao Stephane.- Lo salutò Jean Jacques, le rughe sulla fronte profonde e delineate, le palpebre cadenti e il naso camuso, ciocche bianche tra i capelli rossi. Indossava un trench sopra il completo formale e giocava con le chiavi della Porsche.
- Ciao.- Rispose cordiale Stephane aggiustandosi lo spallaccio del borsone sulla giacca.
- Solite cose, siate coscienziosi, appena arrivati andate ad avvisare la vicina così eviterete una visita della Gendarmerie… Prima di partire ricordate di chiudere il gas e svuotare la cisterna dell’acqua, chiudete tutti gli infissi. Il resto Ismael lo sa già.- Snocciolò Jean Jacques appoggiandosi al cofano e incrociando le gambe distese davanti a sé.- Mi raccomando. Oh, e questa bella ragazza?-
Charlotte, la nipote del giudice André Debon, li raggiunse con le gote arrossate e un sorriso timido. Salutò Jean Jacques baciandolo sulle guance, si accostò a Stephane facendogli il solletico con i capelli simili alla criniera di un leone, biondo miele, ricci e voluminosi, dalla consistenza stepposa e selvaggia. Stephane si voltò verso il viale per vedere se riusciva a scorgere Maurice o la corriera in lontananza quando arrivò il turno di Ismael, e non sarebbe stato un bacio sulla guancia, non davanti al padre.
Era la finzione, il teatro. L’alibi.
Preferiva voltarsi e non vedere, per non correre il rischio di cominciare ad odiare Charlotte, dopotutto lei li stava salvando ripetutamente da un esercito di demoni invisibili, forse inesistenti. Eppure quel suo essere uno scricciolo – e Stephane avrebbe sempre immaginato una ragazza di bassa statura accanto ad Ismael, non sapeva neanche il perché, dopotutto a Ismael nemmeno piacevano esteriormente le donne; quei suoi bellissimi capelli, boccoli di sole e miele, e quell’aria spersa con gli occhi chiari e l’espressione dolce sui lineamenti morbidi; non potevano far altro che acuire la gelosia.
- Aspettatemi!- Urlò Maurice inseguendo la corriera, a duecento metri di distanza.
Jean Jacques rise e li salutò:- Chiamate appena arrivati. Divertitevi.-
Salì sulla Porsche ed con poche manovre nel vialetto di un garage imboccò il viale in senso contrario, pigiando sul clacson per salutare Maurice.
Maurice stretto nel bomber grigio e rosso risaltava come una foto tessera. Il naso camuso sopra le labbra sottili e rosee, gli occhi chiari e i capelli biondo spento. Un viso da boxeur non giustificato dal nuotatore che era. Maurice boccheggiò lasciando cadere il borsone sul marciapiede: - Come state ragazzi?-
- Contemplavamo il tuo ritardo.- Gli rispose con un cenno Stephane, sorridendo.
- Non trovavo una cassetta, non la vedremo mi dispiace.- Provò a giustificarsi Maurice, aspettando che gli ultimi passeggeri scendessero dalla corriera.
- Non abbiamo il videoregistratore, comunque.- Affermò Ismael cercando in tasca i franchi per il biglietto. Lo guardò in viso, gli angoli della bocca increspati e gli occhi socchiusi.- Abbiamo una cantina, una libreria, un giradischi, Stef ha dei cartoncini viola e hashish.-
- Hey!- Stephane gli fece cenno di abbassare il volume per non farsi sentire da una vecchia con un fazzoletto sui capelli.- Intendeva dire che non ti annoierai.-

Occupavano gli ultimi sedili, Ismael addormentato con il capo contro lo stomaco di Stephane, Charlotte con la propria mano copriva il gomito di Ismael e si trovava nel mondo dei sogni da una ventina di minuti. Stephane e Maurice erano concentrati ad ascoltare un programma sportivo radiofonico ed ogni tanto commentavano le formazioni delle squadre di calcio o insultavano qualche allenatore. Qualche raggio di sole filtrava attraverso le nuvole e faceva risplendere le zolle di terriccio e gli sprazzi di neve, il recinto e la stalla di un maneggio, il manto di un cavallo, il caschetto e gli stivali di una ragazza. Quattro ore e mezza di pullman, un cambio a Saumur e un’altra mezzoretta verso la campagna. Nell’ultimo tratto i discorsi si erano focalizzati sulla figura di d'Alembert in termini puramente scandalistici.
La casa, ereditata dalla nonna di Ismael, era in pietra, su un piano più il solaio, una piccola tettoia all’ingresso. Un giardino con degli alberi da frutto, completamente spogli, nessun cancello o recinzione, appena la cassetta della posta. Era caratterizzata da un grosso soggiorno e ingresso, separato da un muretto dalla cucina con i ripiani in marmo e le pentole di rame. Un divanetto e due poltrone di vimini con i cuscini dalle stoffe fantasia, un camino decorato con delle fotografie d’epoca. Le scale cigolanti per il piano superiore, composto da due camere da letto, un bagno ed uno studio, divisi da sottili muri ricoperti di vari strati di carta da parati. Al piano terra c’era la camera da letto patronale e un altro bagno.
- Stef, Maurice, scegliete in quale camera dormire, quella a sinistra è la mia.- Avvisò Ismael, perfettamente conscio che quella notte Stephane avrebbe dormito con lui, ma impossibilitato a darlo per scontato, non con Maurice. Era più sicuro mantenerlo segreto, anche con le persone fidate. Charlotte sarebbe rimasta l’unica a sapere ancora a lungo.
- Perché c’è la carta da parati strappata?- Domandò Maurice sollevando un lembo di carta azzurra e scoprendo gli strati inferiori di colla, carta a fiori e carta a righe.- E’ inquietante.-
- Volevo vedere cosa c’era sotto.- Mormorò Ismael.
- Ci dormirò io, tranquillo.- Stephane rassicurò Maurice e posò il borsone davanti alla porta, non prevedendo di disfarlo ma di trasferirsi di nascosto al piano inferiore. L’avere la casa completamente a disposizione avrebbe spostato il fulcro adolescenziale della camera da letto al salotto, soprattutto per il calore del camino.

- Fate piano, Charlotte sta parlando al telefono con la madre.- Ismael fece cenno di abbassare il tono per non disturbarla, appoggiato allo stipite della porta, con la schiena copriva Charlotte.- Non vedo perché Murielle e Stephanie debbano avere queste voci maschili.-
- Murielle?- Bofonchiò Maurice con la bocca piena di minestra.
- Secondo te l’avrebbero lasciata venire avessero saputo che partiva con tre ragazzi? Ovvio che ha inventato due care amiche: Murielle e Stephanie.- Gli spiegò Ismael passandosi il dorso della mano sulla fronte.
- Ma io…- Maurice accennò una debole protesta brandendo un cucchiaio tra le dita.
- Zitto Maurice, va bene così.- L’occhiata eloquente di Ismael gli fece morire le parole in gola. Stephane sorrise soddisfatto e orgoglioso.

La sera rimasero ad ascoltare le riflessioni di Ismael sul tappeto davanti al camino, il suo modo di vivere, la sua etica, la sua politica, le sue utopie, erano giustificate dalla storia, dalla poesia, dalla musica, dalla letteratura, dalla scienza. Convivevano come rami dello stesso albero, come radici, mille collegamenti, linfa. Voleva mostrare loro perché non vedeva confini, perché amava le lingue e avrebbe voluto conoscere tutte. La bellezza nelle cose più insolite o talmente comuni da non essere notate, la corteccia, la luce, l’aria. Il soverchiante senso di sconfitta, l’inutilità della vita, la mancanza di uno scopo o di un ideale per vivere erano la spaccatura, la scintilla che forse lo rendeva diverso dagli altri non perché lo accettasse, ma perché pur considerandolo il naturale nemico dell’uomo, si dibatteva nella speranza di trovare non una via di fuga ingenua e farsesca ma una soluzione accettabile. Stephane provò a contare quante volte l’amato aspirò dalla pipa d’argilla ma ben presto lasciò perdere la loquacità inusuale di Ismael per lasciarsi andare a sua volta ai sentori di hashish.
A grandi linee aveva accettato il grumo d’amore non espresso tra le lingue quando si baciavano.
Per cosa sei in lotta? Perché neghi il sentimento?
Aveva accettato un rapporto ora seduttivo ora rifiutante nella speranza che un futuro lontano da lì, nei liberi quartieri della capitale o ad Amburgo (a Brest i cantieri ancora aperti dal dopoguerra erano finanzianti dalla Germania Ovest e questo li illudeva, facendogli presagire colori e sinfonie e profumi nella BRD), avrebbe creato le basi per un rapporto maturo ed esclusivo. Gli anelli delle catene dell’oppressione interiorizzata si sarebbero sciolti ad un grande fuoco, liberando l’amore non più carezzevole per l’ego o solleticante sotto la membrana dell’endocardio – sentiva il pollice e l’indice nel petto, sotto la pelle e i muscoli, entrargli dentro il cuore e piano piano rilassarlo senza lacerarlo, un leggerissimo contatto tra i polpastrelli ed un lieve calore. Aprirlo alle delusioni future.
- Se non hai progetti…- Aveva esordito Stephane avvicinando poi le labbra ai capelli di Ismael e coprendo le parole con una mano:- Dedicami i tuoi giorni.-
Charlotte a vedere quel gesto così intimo e indolente distolse lo sguardo, per non sciuparlo, e distrasse Maurice sollevando di pochi centimetri la gonna e scoprendo il bordo delle calze di lana sopra le ginocchia.






We knew our
Ideals were high.
The lower we sink,
The less we care why.
( The Sound – Jeopardy )








   
 
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