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Autore: LucyFire    31/05/2012    2 recensioni
Prendete Rea, una ragazza introversa, che volontariamente si esclude dal mondo circostante.
Aggiungete la sua migliore e unica amica, Laura, sempre sorridente e allegra.
Aggiungete un ragazzo appena arrivato nella loro cittadina, Eric, che vive per la popolarità.
Contate anche il capo della loro scuola, Ken, che fa una scommessa con Eric.
Cosa verrà fuori da questo gioco? Eric riuscirà a conquistare Rea?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 2

 

Fissai quell'ammasso di muscoli e popolarità da dietro le sue spalle. Due minuti ancora, un sorriso da leccapiedi e qualche commento sulle ragazze più rinomate della scuola e in teoria mi sarei guadagnato la sua "amicizia".

Sospirai. In fondo non era niente di difficile: c'ero passato già altre volte, anche se ero stato sempre dall'altra parte, dalla parte di quello che ha il potere fra i due.

Non mi ricordavo nemmeno quante persone del mio vecchio liceo avevano provato a parlarmi per farsi concedere un po' di popolarità, tanto agognata.

Muovi il culo.

Come si dice? Facile a dirlo, difficile a farlo. In fondo con questa "chiaccherata" mi sarei giocato i miei prossimi anni in quella nuova scuola.

Allungai la mano verso la sua spalla e picchiettai per sembrare infastidito. L'apparenza è tutto.

«Scusa, questo banco è libero?» ovvio che lo era. Avevo, diciamo, caldamente proposto a quel ragazzo quattrocchi che c'era prima di spostarsi.

Mi studiò due secondi.

«E tu chi cazzo sei?» mi disse, scocciato perchè lo avevo interrotto da quello che si poteva definire baciare una ragazza. Storsi il naso. Ingoiai tutto il mio orgoglio e gli risposi inacidito.

«Un nuovo studente.»

«Non sarai mica 'na checca eh?»

Frena frena frena. E questo cosa centra?

«Scusa?»

Non mollargli un pugno, Eric. Pensa alle ragazze, alla popolarità...

Ascoltai la mia vocina mentale e gli rivolsi un sorriso da vero leccapiedi. Avrei dovuto fare i conti con il mio orgoglio più tardi.

«T'ho chiesto se sei una checca. Ti siedi vicino a me e pure mi chiedi se puoi?»

Boia. Adorate Sherlock Holmes, perchè egli è fra noi.

Gli rivolsi l'ennesimo sorriso falso. Come si poteva permettere di parlarmi in quel modo? Solo nell'ultimo anno sicuramente mi ero fatto il doppio delle ragazze che si era fatto lui da quando era alle elementari.

Mi trattenni dallo ridergli in faccia.

«No no. Mi piacciono le tette a me.»

Era visibilmente sollevato.

«Comunque io sono Eric. Vengo da un altra città. Sono qui da quest'anno»

«Ok» arpionò di nuovo quella ragazza bionda e ricominciò a palparla dappertutto. Quella mugugnò di piacere. Doveva essere qualcuno d'importante nella scuola se era attaccata stile polipo a Ken. Oro, ci avrei parlato più tardi con lei.

 

 

 

 

Presi il mio vassoio per il pranzo e mi diressi verso un tavolo dove non c'era nessuno. Appoggiai le mie cose su una sedia lì vicino e, seduto, iniziai a divorare il pranzo.

Dopo qualche forchettata, appurai che non avevo ma assaggiato niente di così schifoso.

Alzai davanti al viso con una forchetta quello che doveva essere purè. Neanche il colore era simile. Che schifo.

«Ehi! Eric, giusto?» sentendo quella voce familiare, alzai lo sguardo da quella... ehm... melma che avevo nel piatto.

Guardai Ken stupito. Era insieme a due ragazzi facilmente paragonabili a due armadi. Ma in quanto a muscoli e stupidità – intuii – lui era il re. Non era difficile come si erano scelti il "capo" quelli. Quel ruolo spesso ricade al più grosso e idiota di tutti.

«Si.»

«Abbiamo un posto vuoto nel nostro tavolo. Ti va?»

Era solo il secondo giorno che ero in quella scuola e già mi chiedevano di sedermi lì con loro? Mi sarei aspettato quel privilegio solo dopo come minimo due settimane.

Qualcuno lassù doveva volermi bene!

«Ok. Arrivo.»

Dopo aver raccolto le mie cose, mi alzai e velocemente mi diressi verso il loro tavolo.

C'era un posto libero dall'altra parte del tavolo rispetto a Ken. Tanto meglio. Mi sarei lavorato i suoi amici.

Pesantemente mi sedetti e mi rivolsi al primo che ritrovai a fissarmi. Attaccai subito una conversazione con lui e altri due lì vicino. Compiaciuto per la mia bravura nell'ammaliare gli altri, vidi che Ken ogni tanto lanciava occhiate furtive a me, altre volte alle mie spalle.

Distrattamente continuavo a sentire gli altri che parlavano della ragazza figa di turno, quando una frase di quello affianco a me – Luca?, probabile – mi colse di sorpresa.

«Oh amico. Quelle ti stanno mangiando con gli occhi.» rivolse un'occhiata eloquente al tavolo dietro il nostro.

Mi girai, senza darlo troppo a vedere.

Lì c'erano solo ragazze; tutte indossavano solo un vestitino che copriva molto poco – se non niente – di quello che solitamente c'è sotto ai vestiti normali. Non che mi dispiacesse che ci fosse tutto quel ben di Dio da vedere, sia chiaro.

Il mio motto era: “dove c'è possibile perversione, c'è Eric.” Faceva un po' da depravato – me ne rendevo conto – ma anche secondo la scienza – che cosa più testata e verificata non esiste – tutti i cromosomi Y erano attratti dagli X. Semplice genetica, signori.

Quando compresero che le stavo fissando fecero risolini nervosi e si girarono dall'altra parte. Tipo comportamento da ragazzine idiote.

Mi rigirai verso Luca. Avevo fin troppo compreso la situazione.

«Quelle là se potessero ti sbatterebbero su questo tavolo all'istante.» rise della sua affermazione. Feci un sorriso anche io, ma mi accorsi che anche Ken aveva visto la scena.

Mi scrutava serio, quasi volesse capire le mie vere intenzioni. Che fosse geloso della mia possibile e apparente nuova popolarità?

«Abbiamo un nuovo Don Giovanni.» avevo ragione, trapelava invidia da tutti i pori.

Feci spallucce, apparentemente disinteressato alla cosa.

«Non te ne frega di quelle là?» Risata da parte sua «Allora ho fatto bene a pensare che fossi gay»

Bene – se prima tutti mi rivolgevano occhiate poco discrete – adesso mi stavano proprio fissando apertamente.

«Non lo sono, te l'ho già detto» stessa affermazione, stessa risposta incazzosa.

«Se non te ne frega di quelle là, allora ti piace il cazzo.» ma che ragionamento fine e delicato.

«Ti ho già risposto» ringhiai.

«Ok, e chi dice che possiamo crederti?»

«Ti ho già detto che a me piacciono femmine. Donne. Tette. Difficile da capire?»

«Non sono l'unico a pensarlo. Vero, ragazzi?» ecco, aveva giocato la carta della popolarità.

Vidi i suoi cari "amici" scambiarsi occhiate preoccupate. Se avessero scelto lui, sarebbero rimasti i più cool della scuola. Se avessero scelto me, Ken gli avrebbe scacciati dal gruppo. Forse la parola più corretta era schiacciati, ma era logico che la sua affermazione si basava solo sull'invidia.

«Dai Ken. È solo il suo secondo giorno! Come puoi dire 'ste robe?»

Guardai sorpreso Luca. Senza nemmeno esitare si era messo contro il capo della scuola: o era coraggioso o era la persona più stupida che avessi mai conosciuto.

«L'ho visto oggi come mi fissava durante la lezione oggi. Aveva uno sguardo da checca.»

Ormai la sua monotonia iniziava a stancarmi.

«Sono tutte cazzate Ken» eccolo qui il mio nuovo migliore amico a cui avrei fatto una statua.

«Non mi fido di quello là io. Sta attento che non si innamori di te Luca.»

«Non è che sei sei invidioso eh?» se non fossi stato etero, quel tipo lo avrei sposato.

Ken fece una risata fredda e senza traccia di allegria.

«Io? Di quella checca?» partì qualche risatina fra i ragazzi.

Ok, aveva passato il segno! Mi alzai velocemente dalla sedia, facendola cadere a terra e mi lanciai verso di lui.

Non mi preoccupai del mio sguardo assassino, del suo terrorizzato o dei suoi amici che cercavano di fermarmi. Volevo solo fargli male. E tanto: aveva decisamente passato il segno.

Io sono Dallas Eric. E non permetto a nessuno di mettermi i piedi in testa.

 

 

 

 

«Ma come ti è saltato in mente?!» mi chiese Luca mentre stavamo camminando per i corridoi alla ricerca della mia prossima aula.

«Aveva passato il segno quel coglione.» borbottai.

«Lo so benissimo quanto quel tipo è coglione, non serve che me lo dici.»

«Ma come fai a sopportarlo allora?» gli chiesi.

«Lo sopporto per lo stesso motivo per il quale tu hai cercato di far amicizia con lui.» ah. Ecco spiegato il motivo.

«Però finora non lo avevo mai visto così stronzo.» questo discorso iniziava a interessarmi parecchio.

«Tranne con la sua ex però» risatina «lei si che l'ha trattata da schifo»

«Lascia perdere la sua ex. Come si è permesso di trattarmi in quel modo? È chiaro come il sole che non sono gay.»

«Si, hai ragione» convenne. «Ma tu sei il primo da quando siamo qui che ha attirato l'attenzione di tutte le ragazze in un solo giorno.» mi sorrise.

«Sarà perchè sono bello da paura» convenni io sorridendo soddisfatto a quella confessione.

Non rise della mia battuta, anzi mi fissò serio.

«Attento che se Ken ti sente ti riempie di botte.» ci guardammo un istante e scoppiammo tutti e due a ridere dalla grande cazzata che aveva detto.

«Ma se è scappato come una femminuccia davanti al mio gancio destro!»

«Già. Attento però ai suoi amici: quelli non esiterebbero a farti nero se servisse a parargli il culo.» da come diceva le cose si sentiva che li disprezzava tutti.

Pensare che io ero a quella scuola neanche da due giorni e già li odiavo.

«Ok bro. Ci vediamo in giro.» entrai nell'aula velocemente: la campanella era suonata da un pezzo.

«Ciao» sentii dirgli distrattamente.

La mia attenzione era già rivolta a una persona in particolare seduta in quarta fila.

Ma lo faceva apposta a scoglionarmi le palle ogni volta che mi vedeva o era istinto naturale? Ken era lì seduto, fissandomi ghignando.

«Dallas, siediti in quel banco in terza fila.» esattamente davanti al mio inferno personale.

Scivolai nel posto assegnatomi e mi porsi in avanti. Non volevo aver alcun tipo di contatto con quella bambolina maschile.

«Ehi frocetto.» non riuscii a ignorarlo e mi girai verso di lui. Notai compiaciuto che – prima che i suoi amici mi tirassero via da lui – ero riuscito a fargli un occhio che puntava al violaceo.

«Che vuoi?»

«Fare una cosa divertente?» sollevai un sopracciglio.

«Una scommessa.»

Una scommessa? Cosa voleva mettersi a fare, una partita a carte?

«Una scommessa...» ripetei io, poco convinto. Annuì.

«Se tu riesci a fare quello che ti dico, ritiro tutto quello che ho detto fin'ora.»

«Che io sono gay e tutte le altre cazzate?» gli chiesi, dubbioso.

«Esatto.» mi disse ghignando.

Non mi convinceva. Cosa avrebbe fruttato a lui questo gioco?

«E se io perdo...»

«Sarai il gay della scuola. E non credo che alle ragazze piacerà.» eccola qua la sua carta vincitrice. Avrebbe convinto anche il più associale dei ragazzi con questa frase.

Dovevo vincere quella scommessa. Qualunque essa sia: dovevo farlo per le ragazze che sarebbero morte senza mai provare un orgasmo degno di questo nome.

Lo dovevo fare per il mio amor proprio. La mattina avevo già trovato una ragazza abbastanza carina e abbordabile – che frequentava la mia stessa lezione di storia – ma dovevo mettere da parte una mia possibile fissazione per lei e dedicarmi esclusivamente alla scommessa.

«E cosa dovrei fare di preciso?» gli chiesi.

Leggevo la serietà di quella proposta dai suoi occhi. Impossibile pensare che non stesse facendo sul serio.

«Dovrai solo farti una certa ragazza.»

Mi impedii di ridergli in faccia. Stava veramente dubitando del fatto che io non riuscissi a conquistare una ragazza? Quelle erano come creta fra le mie mani.

Quella scommessa si era rivelata una cavolata. Avrei vinto neanche nel giro di tre giorni!

«Limiti di tempo?»

«Natale» Ok. Praticamente avevo già vinto.

«Accetto.» gli dissi trattenendo un sorriso.

Mi rispose ghignando. Davvero pensava di poter vincere? Non gli bastava vedere come si erano comportate quelle Cheerleaders a pranzo?

«Perfetto» ancora quel suo strano sorriso.

«E chi sarebbe la fortunata?» chiesi io.

 

 

 

 

«Cosa gli hai detto, Ken?» mi chiese l'ennesimo leccapiedi che mi ritrovavo in quella scuola.

«Te l'ho già detto. Deve farsi Rea entro quest'anno.»

«Rea? Quella Rea? La tua ex?» mi chiese di rimando Matteo, sorpreso.

«Esatto.»

«Ma quella era la più popolare della scuola fino all'anno scorso!»

Possibile che non capisse quanto era geniale il mio piano?

«Fidati, un anno senza popolarità cambia la vita.»

Annuì, poco convinto. Avrei vinto io. Rea non si sarebbe lasciata toccare neanche con un dito da lui: non potevo scegliere ragazza migliore.

Se prima era una puttanella bastarda, adesso era peggio di una vergine di ferro. Se fosse diventata lesbica non mi sarei stupito.

Povero Eric. Stava per diventare la checca della scuola. Così avrebbe imparato a farsi vedere dalle ragazze del mio paese.

Loro erano mie.

E nessuno può rubarmi le mie cose.

Figurarsi la mia popolarità.

  
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