Bouquet de Nerfs.
Lorenzo il barista è sotto le sue mani. Chinato sulla scrivania, le reni nude, umide di sudore e baci. I muscoli contratti e rilassati. Contratti e rilassati, un’alternanza che dà sui nervi. Federico affonda in lui, movimenti fluidi, continui; si alza sui talloni e affonda, affonda, affonda. Con le mani gli tiene i gomiti ancorati al legno della scrivania, le unghie infilate nella pelle. Lorenzo, la tua amorevolezza?
Federico dopo qualche minuto gli libera le braccia, lo tocca, lo stringe e lo masturba. Si sente in colpa; ha punito una persona che è poco più che sconosciuta per sfogarsi, per scaricare la rabbia e i brividi causati da Ermanno. Ermanno, sempre.
Ermanno, da quando lo è andato a prendere all’ospedale e non ha voluto chiamare un taxi o aspettare una corsa notturna. Hanno camminato tutta la notte: Sampierdarena, Il Matitone, San Benigno. Via Gramsci fino alla passeggiata antistante alla Stazione marittima. Camminare tutta la notte, affianco. Un’attività inutile, tempo rubato alle lenzuola. Ermanno lo sta torturando.
Federico penetra in Lorenzo, gli raggiunge l’anima.
Toc-toc. Sì, è permesso, urla più che puoi.
La mattina dopo trova un cappuccino sul tavolo della cucina, dei biscotti sparsi in un vassoio, il numero telefonico di Lorenzo appuntato alla bacheca di sughero. Sente l’acqua scorrere nella doccia e quasi quasi la faranno in due. E’ un’idea, una cattiva idea, perfetto.
« Ci metteranno un po’ ad andare via. » Lorenzo è contento e amorevole, occhi di velluto rivolti ai graffi sugli avambracci e sui fianchi.
« Mi dispiace. » Federico prova a mostrarsi amareggiato e dispiaciuto.
« Invitami a cena. » Gli risponde gli occhi rivolti alle piastrelle, le spalle e il collo esposti ai baci e ai morsi.
« Non lo vuoi veramente. » Per Federico, Lorenzo, è soltanto uno di passaggio. Persistente quel tanto da affezionarsi al locale. Non gli importa se gli ha dato quel tanto di adrenalina in più se corredata da rimorso, è un uomo adulto, è ingiusto fargli provare le stesse sensazioni di un rapporto seducente e rifiutante. Non è un ragazzino di vent’anni che quando socchiude o apre gli occhi si sdoppia. « Devo andare a lavoro. »
Lorenzo recepisce l’invito a sbrigarsi. Finiscono di asciugarsi senza considerarsi, senza guardarsi, dandosi le spalle. Federico aggancia gli ultimi bottoni della camicia azzurra, friziona i capelli scuri con un asciugamano. Prima di chiudere la porta pensa che il cappuccino riscaldato andrà benissimo come cena, il preludio di una notte solitaria e benvenuta insonnia.
Lorenzo prende l’autobus, abita in via Smirne o giù di lì. Federico sente il suo sguardo sulla schiena, mentre scende le scalette per arrivare a Principe ed andare a lavoro a piedi, affonda le mani nelle tasche, le spalle curve; immerso nei brief della giornata e nei contatti con i clienti.
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