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Autore: MaryLouise    04/06/2012    4 recensioni
«Ciao, Hagrid!», salutò Rosmerta avvicinandosi al loro tavolo. «Buongiorno, Minerva e buongiorno, Filius», aggiunse, notando la presenza dei due professori, che la salutarono educatamente. «Cosa vi porto?».
«Un'Acquaviola, grazie», rispose Minerva, dopo che i colleghi ebbero ordinato. «Se riesci a riempire il bicchiere fino all'orlo mi faresti un favore», continuò con nonchalance, come se stesse discorrendo della prossima partita di Quidditch.
Rosmerta si allontanò dal tavolo con gli ordini, cercando di non sembrare troppo sorpresa da ciò che Minerva le aveva chiesto. Anche Hagrid e Filius cercarono di nascondere al meglio la propria incredulità.
La professoressa, tuttavia, non ci fece caso, presa com'era dai propri pensieri.
*
Vedendo la figura di Minerva sparire in lontananza, il Preside decise che avrebbe scoperto a tutti i costi cosa la turbava.
«Io esco, Fawkes», salutò.
Si allacciò il mantello e chiuse la porta alle proprie spalle, mormorando: «Fuoco alle polveri».
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Si ringraziano i Coldplay: Violet Hill




Violet Hill
 
 
Was a long and dark December
From the rooftops I remember
There was snow
White snow


La massa disordinata di studenti diretti a Hogsmeade sembrava interminabile: alcuni chiacchieravano tra loro, altri cantavano ad alta voce - nonostante fossero piuttosto stonati -, altri ancora si spingevano a vicenda, cercando di far scivolare i compagni sulla neve, come i due ragazzi davanti a lei, fin troppo familiari.
«Signor Black, per cortesia!», lo ammonì.
Sirius Black smise di dare spintoni a James Potter e si girò per guardarla. «'Giorno, Professoressa», rispose, con un sorriso stupido sulle labbra.
«Vedete di comportarvi decentemente oggi», replicò Minerva.
«Certamente». Black accennò una riverenza.
Gli scoccò l'occhiata più severa e minacciosa possibile e proseguì avanti; si prospettava una giornata lunga, lunga e stancante.
 
Clearly I remember
From the windows they were watching
While we froze 
Down below


Albus accarezzò distrattamente la testa di Fawkes, mentre guardava fuori dalla finestra. Una lunga coda di studenti stava uscendo dal castello e si riversava lungo la via che portava a Hogsmeade, chiacchierando allegramente.
Cercò con lo sguardo una figura ben conosciuta, che tuttavia si confondeva in mezzo a quel marasma. Dopo un'attenta ricerca, finalmente la trovò; vagava tra gli studenti come un cane da pastore con le sue pecore, il cappello a punta ben dritto e il mantello scuro svolazzante.
Sospirò, mentre i ricordi del pomeriggio precedente gli invadevano la mente.
 
Minerva scriveva freneticamente sulla pergamena; la stanza era silenziosa, si sentiva chiaramente il rumore della penna d'aquila sul foglio.
Albus, seduto di fronte a lei, alzava casualmente lo sguardo per guardarla lavorare. Gli occhi della donna erano concentrati sugli appunti, scorrevano senza sosta da una parte all'altra del foglio, per poi posarsi sul pacco di verifiche di fianco.
«Stai registrando i voti?».
«All'incirca», rispose. «Sto controllando i vari progressi ed eventuali peggioramenti, essendo ormai a termine del primo semestre». Non lo degnò neanche di uno sguardo mentre rispondeva, i suoi occhi verdi parevano incollati alla pergamena.
Non volendo disturbarla ulteriormente, Albus tornò al suo lavoro, in silenzio.
«Che ne dici di una pausa?», le domandò poco più tardi, ormai stanco di rispondere alle lettere del Wizengamot.
Minerva lo fissò incerta, vagamente insoddisfatta dell'ammontare di lavoro che doveva ancora svolgere, poi s'alzò di colpo dalla sedia, come se, all'improvviso, si fosse convinta di smettere.
Lui non sembrò sorpreso. «Vuoi del tè?».
Minerva si scaldò le mani, sfregandole tra loro. «Volentieri».
Pochi minuti dopo, la sua collega stava davanti alla finestra con una tazza di tè fumante tra le mani.
La neve aveva iniziato a scendere da qualche ora, fiocchi candidi cadevano dal cielo intrecciandosi tra loro, quasi danzando, come sottili ciuffi di cotone. Minerva li fissava con aria distratta, assente.
«Va tutto bene?», domandò Albus alle sue spalle.
La donna si girò e, nonostante fosse davvero vicino a lei, non si scompose minimamente.
«Suppongo di sì», mormorò in un sussurro quasi impercettibile.
Albus posò le mani sulle sue, intorno alla tazza. «A me puoi dire qualsiasi cosa, lo sai».
Gli occhi azzurri erano immobili, seri, non avevano quello strano scintillio che li accendeva quando il loro proprietario scherzava.
Era talmente vicino che poteva percepirne il profumo di limone e zucchero, il respiro caldo. Minerva non osava guardarlo. Si scostò da lui, mantenendo lo sguardo a terra.
Solo una volta giunta sulla soglia lo fissò intensamente, un'espressione triste sul viso. «Lo so».
 
If you love me
Won't you let me know?


Guardandola allontanarsi con gli studenti, Albus non poté fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se le avesse impedito di uscire o se, addirittura, l'avesse baciata.
Non avrebbe mai osato essere tanto ardito, non si sapeva mai cosa aspettarsi da Minerva McGranitt.
Forse gli avrebbe dato uno schiaffo, scioccata dal suo comportamento, per poi andarsene turbata.
Il giorno seguente sarebbe ritornata da lui scusandosi, Albus si sarebbe scusato per il bacio e sarebbero ritornati amici come prima.
Amici, niente di più.
«Lo so»; le sue parole continuavano a risuonargli in testa, il suo tono triste e malinconico non faceva che enfatizzare il loro potenziale significato, portando la nascita di numerose domande nella mente di Albus.
«Lo so»; che significava? Cosa intendeva dire? Perché quello sguardo triste, privo di speranza?
Vedendo la figura di Minerva sparire in lontananza, il Preside decise che avrebbe scoperto a tutti i costi cosa la turbava.
«Io esco, Fawkes», salutò.
Si allacciò il mantello e chiuse la porta alle proprie spalle, mormorando: «Fuoco alle polveri».

Was a long and dark December 
When the banks became cathedrals 
And the fog, became God 

«Ciao, Hagrid!», salutò Rosmerta avvicinandosi al loro tavolo. «Buongiorno, Minerva e buongiorno, Filius», aggiunse, notando la presenza dei due professori, che la salutarono educatamente. «Cosa vi porto?».
«Un'Acquaviola, grazie», rispose Minerva, dopo che i colleghi ebbero ordinato. «Se riesci a riempire il bicchiere fino all'orlo mi faresti un favore», continuò con nonchalance, come se stesse discorrendo della prossima partita di Quidditch.
Rosmerta si allontanò dal tavolo con gli ordini, cercando di non sembrare troppo sorpresa da ciò che Minerva le aveva chiesto. Anche Hagrid e Filius cercarono di nascondere al meglio la propria incredulità.
La professoressa, tuttavia, non ci fece caso, presa com'era dai propri pensieri.
La proprietaria dei Tre Manici tornò poco dopo con uno sciroppo di ciliegia, quattro pinte di idromele e un bicchiere stracolmo di Acquaviola.
Minerva quasi si gettò sul proprio calice e iniziò a bere il liquore tutto d'un sorso; fu un miracolo se non le andò di traverso quando Rosmerta disse: «Oh, buongiorno, professor Silente».
Con il cuore in gola, Minerva abbassò lentamente il bicchiere.
Albus era appena entrato nel locale, il cappello coperto di neve e il mantello fradicio. «Buongiorno, Rosmerta», salutò. Si sedette al tavolo con i colleghi. «Desidererei del Whiskey Incendiario, grazie», aggiunse rivolgendosi alla barista.
Minerva evitò il suo sguardo, fissando con grande curiosità il fondo del bicchiere ormai vuoto.
«Natale è alle porte», commentò allegro.
Filius e Hagrid borbottarono il loro assenso, visibilmente sollevati.
"Perché è qui?", pensò Minerva. Albus non aveva mai accompagnato gli studenti a visitare il villaggio, specialmente a dicembre; preferiva rimanere al caldo nel suo ufficio, magari sorseggiare una cioccolata calda... di sicuro il peggio del lavoro d'insegnante - le uscite a Hogsmeade - le affidava ai colleghi, era uno dei vantaggi dell'essere Preside.
«Tutto bene, Minerva?». Alla professoressa occorsero diversi secondi per capire che Silente stava parlando con lei. Sei paia di occhi erano puntati in sua direzione: quelli scuri di Hagrid, quelli grigi di Filius e quelli incredibilmente azzurri di Albus, che la fissavano con intensità.
"Perché continua a chiedermi se sto bene?", pensò innervosita. "Ha capito da prima di ieri che qualcosa non va, non può essere diretto - una volta in vita sua! - e chiedermi perché sto male?".
Minerva s'alzò, quasi rovesciando l'Acquaviola.
«A che gioco stai giocando?», gli chiese bruscamente, prima di uscire sbattendo la porta.
 
Bury me in honor
When I’m dead and hit the ground
A love back home unfolds


L'aria di dicembre era fredda e le penetrava attraverso gli abiti, facendole venire la pelle d'oca. Tutti gli studenti erano dentro i negozi per fare compere o semplicemente per scaldarsi un po'; rimpianse d'essere uscita dai Tre Manici senza prendere il proprio mantello, ma era troppo tardi per tornare indietro.
Non si accorse nemmeno di lui, uscito dal locale poco dopo per seguirla. Il rumore dei suoi passi era soffocato dalla neve, ma anche se fosse stato molto meno silenzioso Minerva non l'avrebbe sentito, persa com'era nei suoi pensieri.
Sussultò quando la prese sottobraccio.
«Mi dispiace averti disturbata, eri sovrappensiero?».
Lei annuì lievemente, senza guardarlo.
Rimasero in silenzio per un tempo che parve interminabile: secondi, minuti, forse ore.
Sentiva il bisogno crescente di parlare con lui, di dirgli cosa le stava succedendo, di chiedergli perché...
Minerva stimava Silente da sempre, da quando era arrivata a Hogwarts il primo anno: era il suo insegnante preferito, il suo mentore.
Quando erano diventati colleghi la stima si era trasformata in una forte amicizia e, poco a poco, Minerva si era inesorabilmente innamorata.
Certo, non era così stupida da sbandierarlo in giro; era sempre stata una persona discreta e non avrebbe mai voluto rovinare il suo rapporto con lui.
Negli ultimi mesi, tuttavia, qualcosa era cambiato. Lo aveva notato da come Albus le si rivolgeva: la sua voce era più profonda del solito, i suoi occhi brillavano di una strana luce, le mani cercavano un contatto fisico, anche minimo, con il suo corpo. Tutto sembrava indicare che Silente avesse maturato un sincero sentimento verso di lei... sentimento che non si azzardava a dichiarare.
Passavano molto tempo insieme; discutevano della scuola, di Trasfigurazione, giocavano a scacchi, o semplicemente stavano seduti alla scrivania, lui a rispondere a lettere del Ministero, lei a correggere verifiche. Più di una volta Minerva lo aveva sorpreso a guardarla correggere i compiti, pensando che non lo vedesse,  più di una volta Albus aveva preso le mani tra le sue, quasi per caso, più di una volta si erano trovati a così poca distanza l'uno dall'altra, più di una volta erano arrivati al punto di baciarsi... ma poi lui distoglieva lo sguardo, sempre.
Il pomeriggio precedente non era stato altro che l'ennesima dimostrazione delle sue teorie: l'aveva fissata tutto il tempo, mentre fingeva di rispondere alle lettere del Wizengamot, pensando che fosse troppo assorbita dal lavoro per notarlo. L'aveva distratta volutamente, chiedendole di fare una pausa. Quella domanda - "va tutto bene?" - era retorica; Albus sapeva benissimo la risposta.
Minerva non stava bene, affatto. Questa sua indecisione la stava uccidendo, la logorava piano piano.
«Stai tremando». Silente si fermò e la professoressa alzò lo sguardo dalla strada. Lui si slacciò il mantello invernale e glielo posò sulle spalle, allacciandole gli alamari, mentre le sue mani indugiavano più del dovuto intorno alla chiusura.
 
So if you love me,
Why'd you let me go?
 
Erano arrivati in un luogo che non aveva mai visto prima, forse perché non si era mai presa la briga di esplorare l'area intorno al villaggio con più attenzione. Si trovavano su una collina innevata da cui si estendeva una piccola valle, alle loro spalle si distinguevano, in lontananza, i pochi edifici che facevano parte di Hogsmeade. Si girò verso di lui, notando che la stava fissando con una strana espressione.
Quello sguardo era quasi insopportabile... i suoi occhi azzurri, così luminosi e allo stesso tempo penetranti, la facevano sentire debole, esposta, nuda.
«Cosa ti succede, Minerva?».
Glielo aveva chiesto con franchezza, finalmente. Ora che aveva ottenuto ciò che voleva, però, non sapeva cosa rispondere; non avrebbe potuto rivelargli quello che provava, sarebbe stato un disastro, una catastrofe.
«Non mi succede proprio niente».
«Non sei mai stata brava a mentire», fece notare lui.
«No, infatti». Abbassò lo sguardo.
«Allora, mi diresti cosa ti turba, per favore?».
Minerva alzò la testa, fissandolo dritto negli occhi. Non sapeva dove avrebbe trovato il coraggio di parlare, ma sentì se stessa dire: «Tu», sussurrò.
Albus aggrottò le sopracciglia. «Io?».
«Tu mi turbi, Albus. Tu sei il mio problema».
Silente attese un attimo prima di continuare; chissà a cosa stava pensando.
«Non capisco».
Minerva si lasciò sfuggire una risata amara. «Non capisci? Il grande Albus Dumbledore non capisce? Eppure mi pareva che fossi dotato di un grande intelletto, o sbaglio?».
«Così dicono», replicò lui.
«Credi che non abbia notato come ti comporti in questi mesi? Mi sei sempre stato vicino, come un buon amico, ma negli ultimi tempi...», si fermò, incerta se continuare o meno.
Albus sembrava perso nella contemplazione il paesaggio, incapace di guardarla.
Minerva sospirò, per poi continuare: «Negli ultimi tempi ho notato il tuo cambiamento: quando mi parli, quando mi guardi, quando mi sfiori».
Silente era immobile, pareva un blocco di marmo.
«Non reggo più questa tensione tra noi, Albus, ecco cosa mi turba».
«Continuo a non capire».
Ma davvero? No, lui capiva benissimo.
«Vorrei sapere perché ti comporti così; perché ti avvicini a me e poi ti allontani all'improvviso? Perché questa continua toccata e fuga, questo tira e molla?». La sua richiesta era chiara e diretta, non poteva far finta di non comprendere.
Albus parve trattenere il respiro. Era arrivato il momento cruciale: aveva scoperto cosa la turbava, ma, ora che Minerva gli aveva rivolto la domanda che attendeva da diversi mesi - sperando che lei si accorgesse del suo strano comportamento -,  la domanda per cui si era preparato centinaia di risposte diverse prima di scegliere quella appropriata, nessuna parola sembrava quella giusta. «Suppongo che sia soltanto colpa della mia codardia», replicò a bassa voce.
«Ora sono io a non capire».
Albus sorrise e la guardò, finalmente. «La colpa è mia; perché non ho saputo esprimere meglio i miei sentimenti verso di te, o meglio, non ho trovato il coraggio - sì, Minerva, il coraggio - per confessarli. Suppongo che la temerarietà manchi anche ai Grifondoro migliori, qualche volta».
Lei lo guardò, incapace di parlare.
«Che tipo di sentimenti nutri nei miei confronti?», riuscì a balbettare, con un fil di voce.
Uno strano sorriso illuminò il volto di Silente, i suoi occhi azzurri brillavano più che mai ed erano vicini, sempre più vicini...
Albus le accarezzò dolcemente la guancia, guidando il suo mento verso di lui con le dita. Riusciva a percepire il suo respiro caldo, il suo profumo di limone e zucchero, proprio come il pomeriggio precedente. Minerva chiuse gli occhi e le labbra dell'uomo sfiorarono le sue in modo timido, quasi impercettibile.
Silente si separò da lei un attimo dopo e la guardò intensamente; la donna sentì il sangue affluirle alle guance e lottò con tutta la sua forza per impedirlo.
«Questi sono i miei sentimenti nei tuoi confronti: credo di essermi innamorato, come uno stupido vecchio quale sono».
L'espressione di Minerva si addolcì, la sua mano accarezzò la guancia di Albus. «Non pensare, nemmeno per un momento, di essere uno stupido vecchio, capito?», sussurrò.
I suoi occhi azzurri s'inumidirono di lacrime. Minerva avvicinò il viso a quello di Albus e sfiorò di nuovo le sue labbra. «Non-pensarlo-nemmeno-per-un-momento», mormorò, facendo una pausa dopo ogni parola per baciarlo di nuovo.
Lui le cinse la vita con le braccia e la strinse forte a sé. Per lungo tempo rimasero così: Minerva appoggiata al petto di Albus, ascoltando il suo cuore che batteva - a tratti calmo, a tratti rapido come le ali di un colibrì -, mentre lui le accarezzava i capelli e inspirava il suo profumo a pieni polmoni.
 
I took my love down to violet hill 
There we sat in the snow 
All that time she was silent still 

Quel pomeriggio di fine dicembre, il Preside e la professoressa di Trasfigurazione rientrarono da Hogsmeade più tardi del solito. Avevano trascorso l'intero pomeriggio su quella collina innevata, isolati da tutto il resto del mondo. Avevano trascorso l'intero pomeriggio l'una tra le braccia dell'altro, a contemplare la meraviglia di quel luogo che pareva incantato, magico - per ironia della sorte -, a contemplare la meraviglia dell'amare e dell'essere amati.

So if you love me 
Won't you let me know? 
If you love me, 
Won't you let me know?

 




Questa fic è stata una vera agonia. Quattro sere in cui l'ispirazione andava e veniva sempre nei momenti meno opportuni - tipo quando mia madre urla: Jooo, vai a letto!
Quattro sere in cui continuava ad avere il blocco, dopo mezzo paragrafo.
Quattro sere in cui avevo il cuore a metà per la sofferenza di Minerva e non vedevo l'ora di farli baciare, anche così, senza un particolare motivo... ma no, ho stretto i denti, ho tenuto duro, perché questa storia venisse decentemente. O almeno spero.
La canzone, Violet Hill dei Coldplay, parla di guerra ma, in realtà, è proprio la visione perfetta del rapporto tra Minerva e Albus, o almeno in questa storia che la mia mente malata ha concepito.
In costante tensione, in una guerriglia
sottile e delicata, fatta di sguardi, parole... per poi giungere alla pace, all'amore.
Spero che vi sia piaciuta, sul serio.
Io so di averci messo tutta me stessa.
Jo

   
 
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