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Autore: telesette    05/06/2012    0 recensioni
Volendo dedicare queste pagine alla memoria di Francesco B. e a tutto ciò che da lui ho imparato.
Nato a Firenze, il 16 agosto del 1915, Francesco B. è stato uno dei più autorevoli studiosi italiani del teatro shakespeariano. Negli ultimi anni della sua vita, dal 1980 al 1997, dopo aver concesso l'uso della sua casa colonica in provincia di Figline Valdarno alle Suore Calasanziane, si dedica alle attività ricreative e all'assistenza dei bambini ( in particolare quelli affetti da forme di handicap ). Fondatore della oggi scomparsa Compagnia Teatrale "Piccoli Diavoli", fino all'ultimo si preoccupò di trasmettere tutto ciò che sapeva alle nuove generazioni. Esempio di umiltà, benevolenza e generosità ineguagliabile, Francesco B. si spegne il 22 ottobre del 1997.
Purtroppo gli eredi, una volta preso possesso dei suoi beni, hanno cancellato ogni traccia del suo operato in ambito sociale. Molti oggi a Firenze non ricordano nemmeno la sua esistenza, altri invece ricordano soprattutto i suoi meriti in materia di studi e competenze sulle origini del Teatro e dello Spettacolo...
Io invece preferisco ricordarlo come era, come l'ho conosciuto, e come desiderava essere chiamato:
Un Vero Amico!
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da allora io e Francesco continuammo ad incontrarci e a giocare quasi tutte le settimane nel parco del Ventaglio, e ogni volta lui finiva sempre per insegnarmi qualcosa di nuovo: come costruire marionette con i rami secchi, come chiudere e sigillare la corteccia con il fango per farne piccole imbarcazioni, oppure come utilizzare paglia e saggìna di scope per fare modellini...
Sapeva un mucchio di cose e, nonostante io fossi parecchio imbranato, non faceva mai il saccente né mi faceva notare dove sbagliavo.

- Riprova - mi diceva. - Non avere fretta: osserva bene ciò che stai facendo, cerca di capire la funzione di ogni singolo passo, e prova a giungere da solo alla soluzione!

Aveva ragione.
A forza di provare, seguendo il mio istinto e imparando dai miei stessi errori, le mie mani si abituarono poco per volta. La prima cosa che Francesco riuscì ad insegnarmi, oltre a costruire vari oggetti, fu senza dubbio la pazienza; stando seduto accanto a me, senza brontolare o ripetere cose già dette, mi riportava sempre a riflettere con la mia testa e a capire da solo perché e in che cosa eventualmente sbagliavo; non mi metteva mai fretta, non ce n'era bisogno, e a volte impiegavamo anche pomeriggi interi finché io stesso non giungevo alla soluzione del problema.
A forza di esercitarmi, le mie mani erano quasi sempre spellate e ruvide ma ero contento lo stesso.
Senza rendermene neanche conto, stavo imparando come cavarmela da solo e a non contare sempre sull'appoggio degli adulti. In questo Francesco era davvero meglio di qualsiasi maestro: potevo impiegare giorni se non addirittura settimane, per imparare a fare qualcosa da solo, e vedere alla fine gli sforzi ripagati con qualche nuovo oggetto tra le mie mani.
Costruire, piegare, avvolgere, creare, sperimentare, inventare...
Verso i dieci anni, oltre ai modellini che Francesco mi aveva spiegato come costruire, imparai anch'io a realizzare qualcosa di nuovo e di personale. I giochi sulla mia mensola cominciarono a prendere polvere, presto rimpiazzati da un vero e proprio Laboratorio Artigianale che mi ero creato in camera, e ogni momento libero lo trascorrevo in mezzo a: carta, cartone, legno, spago, forbici e colla.
Tutto quello che passava per le mie mani ( tappi di bottiglie, fiammiferi usati, vecchie cannucce di plastica, pezzi di stoffa colorata, vecchie cianfrusaglie rotte e inservibili, e tanto altro ancora ) finiva per trasformarsi in qualche nuovo giocattolo per me: la vecchia caffettiera napoletana della nonna per esempio, con l'aggiunta di un paio di bastoncini e di quattro spesse ruote di cartone robusto, si trasformò nella mia prima locomotiva ( Il Cafferone! ); il vecchio giradischi di nonno Nicodemo invece, con qualche opportuna modifica, mi accorsi che era perfetto per "sparare" i tappi di sughero semplicemente girando la manovella; per non parlare della mia Armatura di Pegasus ( dei Cavalieri dello Zodiaco ), realizzata con cartone, carta stagnola, stoffa rossa e almeno centoventisette ore di lavoro...
E così verso il 1992, nonostante la moda per i computer e i videogiochi fosse in continuo aumento per quasi tutti i miei coetanei, la mia stanza assomigliava sempre di più al laboratorio di Archimede Pitagorico. Ormai era raro che chiedessi un giocattolo nuovo ai miei genitori, con loro grande sorpresa suppongo, eppure avevo talmente tante cose con cui divertirmi che potevo addirittura tirare a sorte.

***

Nel frattempo Francesco aveva legato tanto con me quanto con la mia famiglia, ed era diventato un amico per tutti. Mia madre lo riteneva una persona gentile e squisita; anche le suore calasanziane parlavano di lui molto bene, menzionando allegramente tutte le attività che svolgeva con i bambini del loro istituto; da quando era andato in pensione, aveva trasformato la sua villa a Firenze e la sua casa nei pressi di Figline Valdarno in un Centro Ricreativo gratuito e per i ragazzi più grandi aveva messo in piedi anche un piccolo gruppo teatrale.
Ogni volta che lo sentivamo parlare, era sempre allegro e affabile con chiunque; trovava sempre il modo di dedicare il suo tempo agli altri, senza mai dimostrarsi seccato o annoiato; conosceva un mucchio di battute spiritose e... come me, andava letteralmente pazzo per la pasta con i fagioli e il pane imburrato.
A vederlo quasi non dimostrava neppure l'età che aveva ( e non era certo un ragazzino ), ma faceva tutto con grande vitalità ed energia, e sapeva sempre come risolvere ogni tipo di situazione... anche nei momenti più difficili, quando perfino i miei genitori si trovavano in difficoltà.

***

Ricordo ancora quella volta quando, mentre ero in macchina con mia madre, lo incrociammo per caso sul marciapiede mentre passeggiava. Mia madre lo salutò attraverso il finestrino e accostò un momento per chiedergli se per caso gradiva un passaggio.

- No, ma scherza signora? - rispose lui sorridendo. - Mica sono vecchio, e poi una passeggiata fa bene alla circolazione!
- Noi andiamo a prendere il gelato da Badiani - gli dissi io con l'acquolina in bocca al pensiero. - Vieni con noi ?
- Ah, beh... Allora è un altro discorso: vorrà dire che mi sacrificherò per una coppa di buontalenti e stracciatella!

Subito salì in macchina e insieme cominciammo a cantare un brano de I Puffi, stonando come le campane della parrocchia a mezzogiorno. Eravamo appena giunti ad un incrocio con il semaforo verde e, nel mentre che attraversavamo, un pazzo ci tagliò la strada col suo vespino. Fortunatamente mia madre riuscì ad inchiodare in tempo, prima che succedesse un disastro, tuttavia il pazzo cominciò ad urlare e a sbraitare che era una cretina e che doveva risarcirlo.
Mia madre non sapeva come rispondere, più che altro visto il tono violento e arrogante dell'altro, tuttavia provò ugualmente a scendere dalla macchia e a ragionarci... inutile dire che, nel vedere come costui le stava gridando addosso, mi impressionai anch'io e molto. Tutti quelli che si erano fermati a guardare la scena, invece di chiamare qualcuno o di darle una mano, se ne stavano lì zitti ad osservare una donna sola e insultata pesantemente da un cafone maleducato. Dal momento però che la situazione stava degenerando troppo oltre, Francesco mi chiese di reggergli il bastone mentre lui andava a parlare con quel tizio.

- Scusi - esclamò Francesco, guardando costui in modo severo. - Mi permetto di farle notare che la signora stava procedendo sulla regolare, col semaforo verde, mentre lei le ha tagliato la strada senza guardare...
- Vaffanculo, vecchio di merda - rispose l'altro, spintonandolo.

Francesco non si scompose per niente anzi, ripetendo le sue ragioni con maggiore insistenza, prese le difese di mia madre con incredibile calma e sangue freddo. Io osservavo tutta la scena da dentro la macchina, preoccupato che quel tizio potesse anche tutt'a un tratto venire alle mani, ma non sapevo assolutamente né cosa dire né cosa fare...

- Prima di tutto - proseguì Francesco. - Si dovrebbe scusare con la signora ed assumere tutto un altro tono, visto che si trova palesemente in torto...
- Ma tu che ca**o vuoi ?!?
- Non voglio nessun "ca**o" ed esigerei invece un certo rispetto, soprattutto nei confronti della signora!

Per tutta risposta, il pazzo si slacciò il casco con rabbia e minacciò Francesco con il pugno.

- Tenga a posto le mani e abbassi la voce, che tanto non mi impressiona - disse calmo Francesco, senza abbassare lo sguardo.
- Se questa pu***na non mi veniva addosso, non avrei sfasciato la vespa - ruggì l'altro, sempre ostentando una ragione che non aveva assolutamente. - E adesso chi me li paga i danni? Gesù Cristo ?!?
- Sa come si dice: "Chi è causa del suo mal pianga sé stesso"...

Quando il pazzo afferrò Francesco per la giacca, per un attimo mi venne un groppo in gola.
Invece un istante dopo vidi il mio amico opporre uno schiaffo preciso sul polso dell'altro e spingerlo all'indietro con una manata sul petto. Costui non si aspettava evidentemente quel genere di reazione ma, senza considerare che si trovava di fronte ad un uomo anziano, fece per colpirlo nuovamente con un pugno.
Successe tutto così velocemente che, anche dopo che Francesco mi spiegò la meccanica dell'azione, mi riuscì difficile credere che ciò fosse reale o possibile.
Il mio amico aveva semplicemente spostato il volto dalla traiettoria dell'altro, opponendo il proprio gomito a mo' di scudo per allontanare il pugno, e costui era meccanicamente caduto in avanti per l'improvvisa perdita di equilibrio. Mia madre intanto era corsa al bar più vicino per chiamare immediatamente il centotredici, nel momento in cui quel pazzo aveva alzato le mani addosso a Francesco, ma quando la polizia giunse all'incrocio il mio amico non si era fatto un graffio mentre il pazzo era seduto e frastornato in terra accanto al vespino. I testimoni confermarono che il vecchio si era semplicemente difeso, senza tuttavia eccedere, e che l'aggressore aveva praticamente fatto tutto da solo.
Più tardi ovviamente, grazie anche alla collaborazione di un buon avvocato, sarebbe stata accertata la legittima difesa. Tuttavia restava un mistero che un uomo di settantasette anni fosse riuscito a difendersi dall'aggressione di un uomo sui trentacinque e con oltre novanta chili di peso.
La risposta risiedeva nel fatto che Francesco era stato un buon pugile in gioventù e, nonostante l'età, il suo corpo sapeva ancora istintivamente come evitare certi tipi di attacchi goffi e senza controllo.

- Prima di fare a pugni, devi essere soprattutto in grado di "evitare" i pugni - mi spiegò lui più tardi, quando provai nuovamente a chiedergli come aveva fatto. - Se una persona ti viene addosso senza controllo, come quell'idiota della vespa per esempio, è sufficiente spostarsi da un lato e lasciare che sia il suo stesso impeto a farlo cadere... In pratica è come se facesse tutto da solo, niente di più niente di meno!
- E funziona sempre? - domandai curioso.

Francesco mi guardò serio.

- Dado - esclamò. - Lo so che fa piacere "vendicarsi" dei bulletti che ti mettono sotto, ma c'è una bella differenza tra fare il prepotente e difendersi dai prepotenti... Chiunque può usare la forza fisica, entro le proprie possibilità ovviamente, ma il come usare questa forza è tutto un altro discorso!

Così dicendo, mi mise le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi.

- Io lo so che sei un bravo bambino, anche se un po' indisciplinato a sentire tua madre, ma cosa faresti se un tuo compagno ti tirasse un pugno?
- Glielo restituirei, è ovvio!
- E se dieci di loro dopo ti prendono a pugni tutti insieme, che cosa hai risolto?

Silenzio.
In effetti saper fare a pugni senza criterio non era certo una soluzione valida per tutti i problemi. Certe volte poteva essere molto più utile evitare di trovarsi coinvolti in una rissa, piuttosto che andarsela letteralmente a cercare e finire come quel tizio della vespa. Francesco non aveva colpito quel prepotente, anche se sarebbe stato perfettamente in grado di farlo, e questo aveva fatto la differenza.

- Mettiamola così - esclamò. - Io potrei anche insegnarti a difenderti, in questo non c'è nulla di male, ma tu devi promettermi di ricorrere alle mani solo quando è veramente necessario... Mi spiego? Le regole sono poche ma chiare: mai attaccare briga per primo, mai colpire chi non è in grado di difendersi, e soprattutto mai attaccare alle spalle!
- Attaccare alle spalle?
- Esatto, e non solo per fare a pugni... Attaccare qualcuno alle spalle, in combattimento come nella vita, è un comportamento da vigliacchi: è il modo di ragionare di chi colpisce sapendo che l'altro non sarà mai in condizioni di poter rispondere; non è una cosa di cui andare orgogliosi, bensì per vergognarsi tutta la vita!

A giudicare da come lo diceva, sembrava che la cosa lo riguardasse molto da vicino.
Gli chiesi se per caso qualcuno lo aveva mai "attaccato alle spalle", anche se non riuscivo ad immaginarmelo.

- Quando non provi rispetto per qualcuno, o quando approfitti della sua lealtà per attaccarlo dove è più debole, in quel momento puoi forse andare fiero come l'ultimo dei vigliacchi... E una persona del genere può solo fare ribrezzo, perché non ha più la dignità per potersi guardare allo specchio!

Anche stavolta non potevo comprendere subito il significato di quel discorso, o di quanto fosse vero purtroppo, tuttavia gli promisi che avrei fatto del mio meglio per seguire il suo consiglio. Francesco sembrò contento e, mantenendo la sua promessa, mi insegnò dunque tutto ciò che sapeva sulla boxe e sul combattimento in generale. Grazie a lui imparai a difendermi e a come reagire di fronte al pericolo, imparai ad anteporre gli amici e i familiari al mio interesse personale, e soprattutto imparai ad affrontare ogni tipo di ostacolo a viso aperto.
Negli anni a venire, come era logico, avrei avuto modo di riflettere meglio sulle sue parole e su cosa significasse attaccare qualcuno alle spalle... Ma questa è un'altra storia!

( continua )

 

Angolo dell'Autore:

Avevo quasi dimenticato gran parte dei discorsi di Francesco, perciò scrivere queste pagine mi sta aiutando a ricordare e a riflettere su ciò che mi andava sempre ripetendo. "Essere sempre corretto, anche di fronte alle scorrettezze degli altri, e non lasciarsi mai prendere dall'ira"...
Purtroppo nella realtà, per quanto uno ci prova, finisce per commettere inevitabilmente gli stessi errori degli altri.
Non è una giustificazione per nessuno, così come nessuno è in grado di definirsi migliore o peggiore di tanti altri. Ma arriva il giorno in cui un uomo si alza la mattina e, guardandosi allo specchio, ha solo due scelte davanti a sé
-
 sputarsi addosso per lo schifo che è diventato
- far finta di niente e autoconvincersi di essere comunque nel giusto
La verità è che io NON sarò mai neppure lontanamente paragonabile a quell'uomo eccezionale che era Francesco ( inutile farsi illusioni, lui era unico e inimitabile! ), ma il suo ricordo è una delle poche cose che ancora mi offre un motivo per ammettere i miei errori e sforzarmi di seguire per quanto possibile le sue orme.

"Mai attaccare briga per primo, mai colpire chi non è in grado di difendersi, e soprattutto mai attaccare alle spalle... in combattimento come nella vita!"

Proprio come dicevi tu, Francesco... Grazie amico mio, per tutto!

   
 
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