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Autore: Dernier Orage    05/06/2012    1 recensioni
Genova. Ermanno, Enrico e Federico, un ménage à trois di sottomissione, dipendenza e realtà delirante. Dalle loro entità separate si dipanano altre relazioni, altre persone, altri mondi, Enrico e "Acca-acca", Federico e Lorenzo.
Esercizio di stile: una storia ruvida e sporca in un'ambientazione precisa e lineare.
Sono un’entità al plurale: due teste di capelli castani, due distese di epidermide chiara e liscia, tesa come corteccia sulle ossa e i muscoli, due lingue identiche e due voci coincidenti.
Federico non sa se sentirsi estraneo o di troppo, ha ventotto anni e occhi solo per Ermanno. Non lo riconosce nelle fotografie, non riconosce la sua voce o il suo modo di camminare, riconosce la sua aura, leggera. Un maglione blu portato su un paio di jeans sbiaditi, stretti sotto l’ombelico da una cintura vecchia, degli occhiali dalla montatura nera.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Genova'
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Bouquet de Nerfs.
Commercianti che richiedono insegne a cassonetto luminoso bombato. Commercianti che richiedono insegne a cassonetto luminoso e bombato per un’attività aperta al piano terra di un palazzo storico. Da posizionare tra i due telamoni di un palazzo storico. NO, decisamente NO.
« Katia parlaci tu. » Sbotta Federico lasciando la mediazione alla nuova assunta, non è in vena di parlare di regolamenti comunali e di belle arti con due scafati aspiranti baristi. Smorzare, adattare l’insegna all’architettura, utilizzare un carattere classico. Idealmente facile, praticamente lento e macchinoso: macchinoso mediare e convincere i clienti che le loro idee non sono affatto ottime, soprattutto se credono che il merito dei profitti sia della loro genialità e dell’insuccesso sia dei grafici e delle campagne pubblicitarie inadatte causate dalla loro superficialità nelle richieste.
Federico è tentato di disegnarsi dei puntini sul viso con la penna rossa perché i due scafati aspiranti baristi chiedono specificatamente di lui, l’hanno intravisto dai vetri nell’open space mentre entravano.
Cena da sua madre a Begato. Venticinque minuti all’andata e più di un’ora al ritorno se ritarda e perde l’ultima metropolitana.
La Noia inquadrabile in quelle quattro mura in un quartiere popolare.
La donna, vecchia e grassa, traballa sulle vene varicose delle caviglie gonfie. Cucina ancora una favola: gnocchi alla romana e vino bianco da discount.
« Perché ti sei impiastricciato il viso? Non hai più quattro anni. » Ha sempre un tono severo, supponente. Con la nipotina appena nata cambia faccia, diventa mostruosamente melensa e materna.
« Due clienti, ho cercato di glissarli. » Federico non sa se preferisce ignorarla od irritarla, però cucina bene ed ogni tanto fa un salto a casa sua per spostarle le riviste, dimenticare la grata di ferro che la divide dagli altri inquilini aperta, versare il vino sulla tovaglia.
« Non riesci a prenderti nemmeno le tue responsabilità. » Lei afferma. Ignorando volutamente il resto della vita del figlio. Il problema sarà sempre e per sempre l’aria indolente.
« Almeno non vivo alle tue spalle. » Mormora Federico rigirando il formaggio filante nella forchetta. Il televisore trasmette video di tanks abcasi, rapidi scatti sul decomporsi di un fiore, petali blu di oceani e mari e barriere coralline, incidenti e crash, tempeste di lampi su pianure sconfinate. Frame rallentati di un corto di Man Ray, si belle! Cybèle?
Federico si versa del pessimo vino, fermentato male e troppo dolce.
« Non parlare così di tua sorella. » Lo ammonisce la madre prima di scappare oltre la tenda del salotto a recuperare la nipote frignante. Beatrice è una bella bimbetta che dorme e piange, ogni giorno sempre più pasciuta, ha due mesi e mezzo e due mesi e mezzo fa Federico si trovava al Galliera con Ermanno, dopo una corsa nei corridoi e per gli ascensori per trovare il nido, ad osservare quella neonata dalla pelle trasparente sulle vene. Conserva nel portafoglio l’unica foto che possiede della bimba.
« Beabella, vieni in braccio allo zio! » Esclama tendendo le mani verso la bimba, pronto a sorreggerle la testa, perché, nonostante sua madre continui a ripetergli che Beatrice non è un bambolotto, lui è capace a tenerla e non farla piangere. Almeno non è ipocrita.











   
 
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